ristoranti

  • I controlli dei Nas scoprono irregolarità nel 35% delle strutture turistiche ispezionate

    Un laboratorio per la preparazione di poké sul lago di Lecco con la cucina sporca e piena di animali infestanti, un ristorante di Cagliari con un deposito pieno di frigoriferi vecchi e dove si aggiravano le blatte, un bar ristorante vicino di un’area di servizio stradale dalle parti di Pisa con la cucina infestata da escrementi di topi. Ha portato anche a provvedimenti di chiusura e sospensione delle attività oltre a sanzioni per oltre 3 milioni e 506mila euro e al sequestro di tonnellate di cibi avariati o mal conservati, la campagna messa in campo quest’estate in tutta Italia dai carabinieri per la tutela della Salute (Nas) per salvaguardare la qualità e la sicurezza dei servizi turistici e vacanzieri.

    Intitolata “Estate Tranquilla 2022” e organizzata di concerto con il ministero della Salute, la missione dei carabinieri è andata avanti da giugno a settembre, con 10.058 ispezioni che hanno portato all’accertamento di irregolarità in 3.483 strutture, ovvero il 35% circa degli obiettivi controllati, a seguito delle quali sono stati denunciati 3.214 operatori di settore e contestate oltre 5mila sanzioni per un valore complessivo, appunto, che supera i 3,5 milioni di euro. Nell’ambito dei controlli sono state sequestrate 40 tonnellate di alimenti e chiuse o sospese 240 imprese commerciali ritenute irregolari.

    Su 4.986 controlli fatti in agriturismi, punti di ristoro, stabilimenti balneari, villaggi turistici, stabilimenti termali e centri benessere, gli esperti dei Nas hanno trovato irregolarità in 1.983 locali (40%). E tra le violazioni più significative, ci sono soprattutto cibi in cattivo stato di conservazione. Da qui i provvedimenti di chiusura o di sospensione per 150 tra ristoranti, pizzerie, gastronomie e take-away. Verifiche anche nelle gelaterie: dei 1.005 locali controllati 317 sono stati sanzionati e 12 chiusi mentre sono stati sequestrati 64 quintali di gelati. Per quanto riguarda invece stabilimenti balneari e villaggi turistici, su 1.350 ispezioni ci sono state 386 sanzioni (29%).

  • Il caro energia minaccia il 10% di bar e ristoranti

    Almeno il 10% delle imprese della ristorazione sono a rischio chiusura a causa del caro energia. E traballano soprattutto quelle più giovani e meno patrimonializzate. A lanciare l’allarme la Fipe-Confcommercio, la Federazione italiana dei Pubblici esercizi, e la Fic, la Federazione italiana Cuochi. La guerra in Ucraina, le sanzioni alla Russia e il prezzo dei beni energetici – affermano – stanno mettendo seriamente a rischio, insieme alla pausa caffè degli italiani, anche il futuro di tante piccole imprese.

    E anche secondo Confesercenti, l’altra grande associazione, se non interviene una variante ad invertire la curva degli energetici, il settore rischia un colpo peggiore di quello subito dalle varie misure di contenimento del Covid. Già con le tariffe correnti Confesercenti stima che nei prossimi 12 mesi il comparto della ristorazione sosterrà per le bollette di energia e gas quasi 2 miliardi in più rispetto ai 12 mesi precedenti (1.944 milioni di euro), mentre le imprese di servizio bar si troveranno a sborsare oltre un miliardo in più (1.045 milioni). Le ultime bollette arrivate (relative al periodo giugno-luglio) mostrano incrementi anche del 400% rispetto allo scorso anno. Un colpo che potrebbe mettere fuori mercato circa 30mila pubblici esercizi.

    Secondo Confartigianato, per le piccole imprese del settore alimentare – in cui operano 70mila aziende artigiane con 271mila addetti – i rincari dell’energia elettrica hanno provocato, negli ultimi 12 mesi, un maggiore costo delle bollette pari a 1,2 miliardi. In particolare, per le 17.500 gelaterie e pasticcerie artigiane, le bollette, nell’ultimo anno, sono aumentate in media tra il 300 e il 350%.

    Per Confcommercio è “drammatico” lo scenario che si profila da qui ai primi sei mesi del 2023. Col caro energia nel 2022 il terziario di mercato ha speso 33 miliardi di euro, cioè il triplo rispetto al 2023. Sono a rischio circa 120mila piccole imprese del terziario di mercato e 370mila posti di lavoro.

    “Tutti i settori produttivi del Paese sono in ginocchio – sottolinea Aldo Cursano, vicepresidente di Fipe-Confcommercio – Ma se le imprese a monte della filiera riescono a scaricare gli extra-costi sugli altri anelli della filiera, bar e ristoranti non possono farlo con facilità perché i consumatori non sono imprese”.

  • La Commissione approva un regime italiano da 110 milioni di euro a sostegno dei settori dell’intrattenimento, alberghiero, ristorativo, del catering e dei matrimoni nel contesto della pandemia di coronavirus

    La Commissione europea ha approvato un regime italiano da 110 milioni di euro a sostegno dei settori dell’intrattenimento, alberghiero, ristorativo, del catering, dei matrimoni e degli altri settori colpiti nel contesto della pandemia di coronavirus. Il regime è stato approvato nell’ambito del quadro temporaneo per gli aiuti di Stato.

    Nell’ambito del regime, l’aiuto assumerà la forma di sovvenzioni dirette. La misura sarà accessibile alle imprese di ogni dimensione attive nei settori dell’intrattenimento, alberghiero, ristorativo, del catering, dei matrimoni e degli altri settori colpiti che, nonostante la revoca delle misure restrittive in vigore per limitare la diffusione del virus, non si sono ancora ripresi completamente. Lo scopo del regime è soddisfare il fabbisogno di liquidità dei beneficiari e aiutarli a proseguire le loro attività durante e dopo la pandemia.

    La Commissione ha constatato che il regime italiano è in linea con le condizioni stabilite nel quadro temporaneo. In particolare, l’aiuto i) non supererà i 2,3 milioni di € per beneficiario; e ii) sarà concesso entro il 30 giugno 2022.

    La Commissione ha pertanto concluso che la misura è necessaria, adeguata e proporzionata per porre rimedio a un grave turbamento dell’economia di uno Stato membro in linea con l’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), del TFUE e con le condizioni stabilite nel quadro temporaneo.

    Su queste basi la Commissione ha approvato le misure in conformità delle norme dell’Unione sugli aiuti di Stato.

    Foto: Commissione europea

  • Aiuti di Stato: la Commissione approva un regime italiano da 100 milioni di euro a sostegno degli operatori di servizi di ristorazione nel contesto della pandemia di coronavirus

    La Commissione europea ha approvato un regime italiano da 100 milioni di € a sostegno dei servizi di ristorazione nel contesto della pandemia di coronavirus. Il regime è stato approvato nell’ambito del quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato.

    Nell’ambito del regime, l’aiuto assumerà la forma di sovvenzioni dirette fino a 10 000 € per operatore. Il bilancio rimanente sarà ripartito tra i beneficiari ammissibili in base al rapporto tra il numero di dipendenti di ciascun operatore e il numero totale di dipendenti di tutti i beneficiari. La misura sarà aperta agli operatori di servizi di ristorazione di qualsiasi dimensione. Lo scopo del regime è aiutare i beneficiari a soddisfare il fabbisogno di liquidità e a proseguire le loro attività durante e dopo la pandemia.

    La Commissione ha constatato che il regime italiano è in linea con le condizioni stabilite nel quadro temporaneo. In particolare, l’aiuto i) non supererà i 2,3 milioni di € per beneficiario; e ii) sarà concesso entro il 30 giugno 2022.

    La Commissione ha concluso che la misura è necessaria, adeguata e proporzionata per porre rimedio a un grave turbamento dell’economia di uno Stato membro in linea con l’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), del TFUE e con le condizioni stabilite nel quadro temporaneo. Su tale base la Commissione ha approvato le misure in conformità delle norme dell’Unione sugli aiuti di Stato.

  • Il coprifuoco

    Con il coprifuoco alle 22 o alle 23, ma anche con il minimo dubbio che non possa venire annullato per l’inizio della stagione turistica (che per le città d’arte parte sicuramente prima), fioccano già le prime disdette di prenotazioni per i mesi di giugno e luglio. Da Cortina d’Ampezzo alla Riviera romagnola i flussi turistici esteri dirottano le proprie prenotazioni verso lidi più “sicuri” non solo per la prevenzione pandemica ma soprattutto in relazione per la libertà di movimento. Il solo annuncio di un possibile mantenimento del coprifuoco (e della mancanza di certezza del suo annullamento) si è trasformato nell’ennesima mazzata per il settore turistico dopo una già disastrosa stagione invernale.

    La compagine governativa, così come la maggioranza parlamentare, sembra non possedere quel minimo di sensibilità comunicativa e di marketing che la renda in grado di comprendere gli effetti devastanti anche solo attraverso le dichiarazioni rilasciate.

    Dopo oltre 14 mesi di disastrosa gestione pandemica e finalmente alle porte di una decente piano vaccinale, il mantenimento del coprifuoco, specialmente in prospettiva della stagione turistica, rappresenta un autogol clamoroso anche per la sua scarsissima influenza sotto il profilo epidemiologico. Probabilmente è sconosciuto all’intera classe governativa lo studio pubblicato dall’università di Stanford nel quale vengono confrontati gli effetti di lockdown rigidi rispetto a politiche di contenimento del contagio meno restrittive. I risultati dimostrano come le differenze tra le due strategie risultino minime (https://www.borsainside.com/news/76083-uno-studio-e-di-stanford-rivela-i-lockdown-non-frenano-la-diffusione-del-virus/).

    Questa scellerata imposizione rappresenta un ulteriore aiuto alla concorrenza turistica estera e l’ennesima dimostrazione di come si possa annientare giorno dopo giorno, mese dopo mese uno dei principali settori di sviluppo italiano come quello turistico. Si possono ottenere tutte le risorse europee del Recovery Fund ma in considerazione dello spessore strategico dimostrato negli ultimi 14 mesi gli effetti saranno quelli di un ulteriore aumento della spesa pubblica con ricadute decimali sul PIL e ancora meno diventeranno fattori stabili moltiplicativi di sviluppo: difficile, se non impossibile, creare le condizioni per un disastro più completo.

    Durante la prima fase dell’esplosione pandemica il coprifuoco poteva rappresentare uno strumento emergenziale finalizzato ad una prima azione di contrasto alla diffusione del contagio in previsione della individuazione di una strategia alternativa in attesa della vaccinazione. Viceversa, dopo oltre un anno e con la possibilità di avviare finalmente (ma con un ritardo indegno) una campagna di vaccinazione di massa il suo mantenimento diventa semplicemente uno strumento di controllo di massa. Lo stesso nelle mani di questo governo, come di quello precedente, si manifesta anche come un fattore devastante per i suoi effetti in previsione di una ripresa dell’economia turistica.

  • Se il lavoro diventa business

    Anche nella vicenda complessa ed articolata della gestione pandemica e vaccinale, soprattutto in relazione ad una possibile riapertura, il confronto purtroppo si tinge dei colori ideologici degli schieramenti politici.

    Al di là dei contenuti scientifici che competerebbero esclusivamente al settore medico e scientifico (salvo questi ultimi affermare come verità consolidate le stesse negate anche solo poche settimane prima), il prolasso della politica spinge gli schieramenti, in particolare rispetto alle prossime possibili aperture, ad esprimere valutazioni come semplici espressioni di posizione ideologiche, spesso lontane dalla realtà quotidiana.

    Per semplice carità di patria si evita di commentare anche la polemica relativa ad un possibile posticipo alle 23 del coprifuoco (una vera e propria sospensione della democrazia va ricordato) in quanto anche solo sotto il profilo funzionale sarebbe inevitabile se si lasciassero aperti ristoranti fino alle 22. Mantenere inalterato il limite orario del coprifuoco alle 22 di fatto annullerebbe anche l’effetto “leva” generato dall’apertura del servizio di ristorazione alla sera. Il fatto stesso, invece, di come questo elementare concetto funzionale sia oggetto di discussione dimostra il livello ignobile del dibattito politico raggiunto in questo periodo.

    Emerge in più la sempre più sconcertante contrapposizione tra i due schieramenti politici (centro-sinistra e centro-destra uniti ora nella maggioranza del governo Draghi) nell’individuazione delle priorità da indicare nelle riapertura: in altre parole quali settori sarebbero da premiare con una riapertura equilibrata. Viceversa, la stessa classifica viene stilata sulla base di una propria superiorità ideologica, una serie di indicazioni ovviamente mortificante per tutti gli altri settori invece penalizzati.

    Dalla semplice analisi ed in considerazione dell’assenza, durante quest’ultimo anno pandemico, di qualsiasi tipo di investimento relativo ai mezzi pubblici da parte di tutte le religioni (competenti per materia ma private di risorse aggiuntive) risulta evidente come riportare la scuola in presenza al 100% (in zona gialla o arancione) con la medesima disponibilità di mezzi pubblici ridotta al solo  50-60% significherebbe inevitabilmente ritrovarsi alla fine di maggio con un’impennata di contagi.

    Questo andamento facilmente prevedibile, perché va ricordato come nel 2020 l’impennata dei contagi sia avvenuto ad ottobre, esattamente due settimane dopo l’apertura delle scuole, provocherebbe ora una inevitabile chiusura (lockdown) durante il periodo estivo, con un ulteriore danno per il settore turistico già fortemente compromesso dalla doppia chiusura del settore nel periodo invernale.

    In questo contesto sarebbe ‘carino’ individuare chi, nella compagine governativa e nella maggioranza parlamentare, sarebbe in grado di spiegare agli operatori turistici sia della montagna che del mare come organizzare tutte le attività turistiche le quali ORA stanno studiando una programmazione. Questo in previsione di un possibile aumento dei contagi dalla terza settimana di maggio e con probabile ricadute di chiusure nei mesi di giugno e luglio.

    Indipendentemente dall’individuazione dei soggetti istituzionali responsabili degli investimenti nel potenziamento dei mezzi pubblici la priorità di apertura riservata alla scuola rappresenta la posizione strategica e politica del centrosinistra. E per giustificare la propria legittima posizione viene indicata la corrente avversa di pensiero favorevole, invece, ad una priorità all’apertura, anche se parziale, del settore turistico e della ristorazione, come espressione della prevalenza del valore del “business” rispetto a quello dell’istruzione.

    Questa contrapposizione dimostra come, ancora una volta, la politica di fronte a pensieri complessi ed a problematiche articolate si riduca ad esprimere vecchi concetti classisti ed ideologici aggiornati magari con qualche neologismo inglese.

    Indicare il settore del turismo, della ristorazione e dell’horeca come settori legati al “business”, quindi “di basso lignaggio e speculativi rispetto al supremo valore dell’istruzione”, dimostra semplicemente la assoluta ignoranza relativa alla intensità di manodopera garantita da un albergo, un ristorante, un bar e da tutti i grossisti di bevande, prodotti gastronomici ed alimentari, servizi di lavanderia che servono questi settori (horeca).

    Perdipiù anticipare rispetto alle scuole l’apertura di questi settori economici permetterebbe di avviare una timida ripresa economica senza per contro l’aggravio di una utenza aggiuntiva per i mezzi pubblici, quindi, anche sotto il profilo della pandemia, una scelta conservativa.

    Il terzo millennio indicato come un periodo storico segnato dal declino delle ideologie dimostra invece come proprio di fronte alla complessità di un problema la classe politica utilizzi, ancora una volta, i paradigmi politici espressione del secolo precedente.

    E’ stupefacente come il lavoro una volta indicato come un diritto ora, proprio per la contrapposizione ideologica, sia diventato l’espressione di un business.

    Il declino culturale del nostro Paese dimostra ancora una volta di avere raggiunto un nuovo limite.

  • Il food delivery alimenta il business della ristorazione meneghina e capitolina

    I galoppini in bicicletta fanno pedalare gli affari della ristorazione. A Milano e Roma, il food delivery ha portato a una crescita degli ordini, nel 2019, rispettivamente del 98% e del 91%.  «Questi risultati – spiega Matteo Sarzana, General Manager di Deliveroo Italia – confermano non soltanto il trend positivo registrato dalla nostra piattaforma. Ma sottolineano tutte le potenzialità del nostro settore, in termini di sviluppo della ristorazione e creazione di nuovi posti di lavoro». Sarzana sottolinea che «a crescere, infatti, non sono solo le città in cui il servizio è arrivato più recentemente, ma anche quelle, come appunto Milano e Roma, in cui Deliveroo, nonostante sia ormai un’abitudine consolidata, continua a crescere in termini di nuovi consumatori, aree del territorio raggiunte, nuovi ristoranti e frequenza dell’utilizzo della App».

    Riguardo i ristoranti delle due città in piattaforma, Milano guida la classifica dei ristoranti ‘live’ con più di 2.000 mentre a Roma i ristoranti da cui è possibile ordinare cibo a domicilio sono oltre 1.500. «Il numero dei ristoranti che scelgono di collaborare con la nostra piattaforma è aumentato considerevolmente nell’ultimo anno, fino a superare, in tutta Italia, quota 9.000», riferisce ancora Sarzana sottolineando che grazie al food delivery la piattaforma «rappresenta un canale di fatturato incrementale, che non impatta sui costi fissi, che rende più efficiente il servizio e consente di aumentare, in media, il giro d’affari del ristorante in media fino al 30%».

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