Russia

  • L’oro e la nuova moneta internazionale

    Riceviamo e pubblichiamo un articolo di Mario Lettieri e Paolo Raimondi apparso su notiziegeopolitche.net il 17 febbraio 2023

    I media occidentali sono talmente impegnati ad analizzare gli andamenti dello scontro militare in Ucraina da sottovalutare quanto sta avvenendo in altri settori strategici, ad esempio quello monetario.
    Qualche settimana fa si era evidenziato come, in alternativa al dollaro, la Russia, la Cina e altri Paesi stessero discutendo di una nuova moneta internazionale per regolare i propri scambi commerciali e altre operazioni finanziarie. In particolare, si segnalava la proposta del noto economista russo Sergey Glazyev che prefigurerebbe una moneta basata su un paniere di valute, tra cui il rublo e lo yuan, ancorata al valore di alcune materie prime strategiche, incluso l’oro.
    Durante il 2022 l’inasprimento delle sanzioni occidentali nei confronti della Russia ha indotto Mosca a preferire altri partner economici come la Cina, l’India, l’Iran, la Turchia, l’Egitto, gli Emirati Arabi Uniti, ecc. Con ciascuno di loro, la Federazione Russa ha un surplus commerciale. Secondo le stime della Banca centrale russa, nel periodo gennaio-settembre 2022 esso sarebbe di 198,4 miliardi di dollari, cioè 123,1 miliardi in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
    L’ammontare indubbiamente non compensa quanto si è perso nei commerci con l’Europa e con l’intero occidente, ma rappresenta uno sviluppo alternativo. Detto ciò il cambiamento ha spinto molti economisti russi e dei Paesi non ostili alla Russia a promuovere delle nuove proposte in materia monetaria.
    Lo rivela un recente articolo pubblicato sulla rivista russa Vedomosti da Sergey Glazyev, insieme a Dmitri Mityaev, segretario esecutivo del Consiglio scientifico e tecnico della Commissione economica eurasiatica. Vi si afferma che a settembre la Russia è diventata il terzo Paese al mondo nell’utilizzo dello yuan per i pagamenti internazionali. Lo yuan oggi rappresenta il 26% delle transazioni in valuta estera della Federazione Russa. Glazyev afferma che con tutti i partner commerciali c’è stato un grande utilizzo delle monete locali e, a seguito dei surplus, Mosca ha accumulato grandi quantità di tali monete nelle banche dei partner.
    Poiché si stima che l’accumulo di fondi in queste valute aumenterà in futuro e che esse potrebbero essere soggette a rischi di cambio e di possibili sanzioni, gli economisti russi propongono di cambiare questa massa di monete locali in oro. In parte sarebbe tenuto nelle riserve dei Paesi coinvolti e utilizzato per regolamenti transnazionali, scambi di valute e operazioni di compensazione, e in parte rimpatriato in Russia.

    L‘analisi afferma inoltre che anche in occidente si pensa che, a causa dei rischi finanziari, nel 2023 l’oro potrebbe diventare un importante strumento d’investimento, accrescendone il suo valore. Il che andrebbe a beneficio dei Paesi detentori del metallo prezioso. Le grandi riserve auree consentirebbero loro di perseguire una politica finanziaria sovrana e di ridurre la dipendenza dai creditori esterni.
    Glazyev afferma che la Russia ha già grandi riserve auree e valutarie. E’ la quinta al mondo, dopo Cina, Giappone, Svizzera e India, e davanti agli Stati Uniti. A livello mondiale il volume dell’oro accumulato sarebbe pari a 7mila miliardi di dollari, di cui le banche centrali non avrebbero più di un quinto. Sarebbe in atto, secondo gli economisti russi, una vera e proprio corsa all’oro, tanto che nel terzo trimestre del 2022 le banche centrali avrebbero acquistato una quantità record di 400 tonnellate d’oro.
    La People’s Bank of China ha annunciato per la prima volta in molti anni che sta aumentando le sue riserve auree. La Cina è al primo posto nella produzione di oro e ne vieta l’esportazione. L’India è considerata il campione mondiale nell’accumulo di oro: più di 50mila tonnellate in gran parte in mani private e molto meno nella Reserve Bank of India. Negli ultimi 20 anni il volume dell’estrazione dell’oro in Russia è raddoppiato, mentre negli Stati Uniti si è quasi dimezzato.
    A Mosca però tale politica non avrebbe un completo sostegno, tanto che Glazyev attacca la Banca centrale perché per essa l’acquisto di oro provocherebbe un’eccessiva monetizzazione dell’economia.
    Si potrebbe, quindi, dire che non è tutto oro ciò che luccica, ma sarebbe miope non analizzare quanto scritto in Vedomosti e quanto accade in molti Paesi. Nel mondo delle monete, il ruolo dell’oro sta ritornando al centro delle discussioni. E’ un fatto!

    *Mario Lettieri, già deputato e sottosegretario all’Economia;  **Paolo Raimondi, economista

  • Cosa c’è in Donbass e cosa c’è dopo

    Il Donbass è una delle più importanti aree industriali e minerarie ucraine con circa 23.000 km quadrati a sud del Donets, con i suoi giacimenti di carbone si estendono fino al Dnepr.

    Dal 2014, dopo il conflitto separatista organizzato dalla Russia, la produzione industriale si è più che dimezzata, è aumentato l’inquinamento, strade e ferrovie sono state in parte distrutte.

    Il progetto di Putin di occupare parte dei territori ucraini nasce da lontano e l’invasione dell’Ucraina del 2022 è la logica, per lui, conseguenza di quel progetto, progetto che non ha nulla a che vedere con motivi religiosi o culturali o con il proposito di dare al Donbass protezione e libertà contro Kiev.

    Il progetto è strettamente economico e di potere, il potere di Putin e di Mosca che vogliono tornare il più possibile ai confini dell’Unione sovietica, economico in quanto impadronirsi delle vaste miniere di carbone, senza sottovalutare gli altri essenziali giacimenti, garantisce alla Russia di poter accontentare la Cina rispettando l’accordo per la fornitura, da parte della Russia, di quasi 100 milioni di tonnellate nei prossimi anni. Inoltre la Russia deve anche rispettare l’accordo con l’India, per la fornitura di 40 milioni di tonnellate di carbone all’anno.

    Non entriamo qui nel merito del problema inquinamento ma occorrerà meditare sui giusti sacrifici chiesti all’Occidente e sul consumo di carbone che Cina ed India non intendono diminuire e sul fatto che ci sono anche guerre, in apparenza meno sanguinose, che si combattono anche sul piano ambientale.
    Il Donbass, inoltre, ha molte ricchezze, giacimenti di gas, ferro, uranio (necessario per i reattori nucleari), titanio (serve dalla costruzione di missili a quella di navi spaziali), manganese (necessario per produrre varie leghe e acciaio), mercurio (componente per sistemi spaziali, missilistici e per spolette per munizioni.

    In sintesi il Donbass è un grande affare per lo zar, un affare per il quale ha violato ogni noma internazionale, mandato a morte certa decine di migliaia di cittadini russi, distrutto e raso al suolo città e villaggi ucraini mietendo vittime e lasciando commettere stragi ed atrocità si suoi soldati e mercenari.

    Alcuni analisti si sono chiesti per quale motivo lo zar non sia ancora riuscito nel suo disegno conquistatore.

    Certamente nessuno al Cremlino, e neppure in occidente, si aspettava lo straordinario coraggio degli ucraini, soldati e civili, una resistenza che dimostra un amore per la libertà e per la propria terra che dovrebbe essere di insegnamento a molti.

    Contando su informazioni sbagliate e sulla propria smodata presunzione di ritenere gli altri deboli ed inferiori, Putin ha scatenato una guerra di conquista per la quale di fatto non era preparato, non era preparato alla resistenza ucraina ed alla solidarietà ed agli aiuti che gran parte delle democrazie hanno fornito a Kiev.

    Così lo zar ha cambiato strategia, non potendo prendere in breve tempo l’Ucraina ha unito tentativi di conquista di precisi territori alla specifica distruzione di acquedotti, centrali elettriche per rendere sempre più difficile la vita dei civili privati in inverno di luce, acqua, riscaldamento, e poi di abitazioni, ospedali, scuole per spargere ovunque la paura.

    Nel frattempo continua a minacciare il mondo agitando la possibilità di una terza guerra mondiale, addirittura di una guerra nucleare che colpirebbe tutti, con lo scopo di cercare di indurre l’Occidente a non fornire più all’Ucraina i mezzi effettivamente necessari a difendersi. Putin sta saggiando il terreno, fino a dove le democrazie saranno in grado di proseguire nella concreta solidarietà a Kiev?

    Se l’Occidente desiste l’Ucraina soccombe, Putin ha vinto e diventa il padrone di un’area immensa che presto potrebbe aumentare con l’annessione di altri paesi. La sua vittoria segnerebbe l’inesorabile declino, almeno per alcuni decenni, della democrazia, un sistema politico che con i suoi difetti continua ad essere l’unico che garantisce libertà ed opportunità per tutti.

    Se l’Occidente continua, giustamente, a difendere la sovranità di un paese violentemente attaccato presto, casuale o voluto, potrebbe esserci l’incidente necessario a Putin per ampliare i suoi obiettivi ed il campo di battaglia e per diventare, nell’immaginifico di coloro che hanno bisogno di un capo supremo, l’uomo che da solo si è contrapposto al consesso internazionale.

  • Why Russia and Mali are firm friends

    Sergey Lavrov’s is the first visit by a Russian foreign minister to Mali as he tries to expand his country’s footprint on the continent.

    Relations first blossomed between the two in December 2021 with Russian forces being welcomed into the West African country in December 2021 to help with the fight against extremist groups.

    The authorities in Mali describe them as security advisers, but Western officials insist they are mercenaries from the private security company, Wagner, which the US recently designated as an international criminal organisation.

    Mali’s co-operation with these forces had led to a souring of relations with its traditional Western partners.

    French forces, which had been in the country fighting Islamist militants for close to a decade, withdrew last year as did their partners, including US special forces.

    In recent weeks, the authorities in Bamako expelled French ambassador Joel Meyer.

    The US government told the BBC it could not exist in the same space as a group it accuses of committing crimes.

    “That is not an organisation that would bring any value to the fight against terrorism,” the US ambassador to the UN Linda Thomas-Greenfield told the BBC last month about Wagner.

    She made the comment during a visit to the continent, which coincided with Mr Lavrov’s first tour of Africa this year.

    Last week, UN experts published a report calling for the Malian army and their Russian partners to be investigated for war crimes, drawing the ire of the military junta in Bamako and culminating in their expulsion of the UN Human Rights Representative, Guillaume Andali, from the country over the weekend.

    The UN High Commissioner for Human Rights, Volker Turk, has deplored the decision and asked Malian authorities to rescind it.

    Analysts say the fallout with forces engaged in the fight against militants in the Sahel, including the UN peacekeeping mission in Mali (Minusma), complicates efforts to deal effectively with the problem.

    Politically, the country has also found itself isolated in the region following successive military coups in 2020 and 2021.

    But the military junta has found a friend in Russia. The realignment of alliances has been rather swift and in both countries’ current interest. Mali hopes this engagement enables it to boost and “diversify security and defence ties”.

    Russia, on the other hand, has a foothold in Africa and it hopes to court more support amid its international isolation following its invasion of Ukraine.

  • Rispetto degli altri, giustizia, empatia: concetti ancora difficili

    Da quando è iniziata la devastante guerra di Putin contro l’Ucraina il pensiero del Patto Sociale e mio personale è sempre stato espresso in modo chiaro ed inequivocabile.

    Anche oggi che vediamo, ogni giorno di più, proseguire le nefandezze dell’autoproclamatosi zar continuiamo e continueremo ad essere a fianco del coraggioso popolo ucraino. Sappiamo bene che ogni giorno vi è il rischio che il conflitto si allarghi ulteriormente e che l’insano orgoglio di Putin gli impedirà di fermare se stesso e la propria follia.

    Putin non ammetterà mai di avere sbagliato ed i tiepidi mediatori di pace, da Erdogan al presidente cinese, non otterranno altro che quello che già hanno ottenuto: nulla. Perché nulla possono, nel caso di Erdogan, o vogliono ottenere nel caso di Xi Jinping.

    Ciascuno pensa di guadagnare qualcosa, dalla guerra, Iran e Corea del nord in primis.

    Putin ragiona con la forza e meno forza comprende di avere più scatena tutto quanto è ancora in suo possesso, supportato da una frangia di corrotti e sanguinari personaggi che, in un paese civile e libero, sarebbero al 41 bis.

    Il rischio di una terza guerra mondiale esiste e forse è il prezzo che tutti dobbiamo pagare rispetto ai silenzi, alle indifferenze, alle incapacità di prendere decisioni e di guardare alle conseguenze di ogni scelta politica, finanziaria, economica e sociale che in questi decenni sono state prese e non prese da chi ha governato i più importanti paesi del mondo.

    Come sanno bene gli analisti politici ci stiamo tutti giocando il futuro, economico, democratico, in sintesi l’assetto di vita in libertà che gran parte del mondo si era sanguinosamente e faticosamente conquistato nei decenni scorsi.

    Non è più solo un problema di territori ucraini da difendere dall’annessione alla Russia ma il concetto stesso di libertà, sovranità, democrazia.

    Lo dimostrano le commesse militari tra Iran e Putìn, il lancio di missili super potenti della Corea del nord, i palloni cinesi che sconfinano nei cieli degli Stati Uniti o del Sud America, le comprensibili paure israeliane, gli interessi americani, le mollezze europee, le titubanze tedesche, ora si ora no, l’uso di internet senza regole, il decadimento di una società mondializzata nei suoi aspetti peggiori, o anche la capacità di farsi corrompere di una certa politica.

    In questi panorami che ci vedono tutti a rischio voglio dedicare un pensiero anche a quei milioni di cittadini russi, e delle repubbliche alleate, che devono, incapaci, impossibilitati ad opporsi, vivere senza libertà e giustizia, trascinati al massacro in una guerra decisa e voluta solo per gli interessi di Putin e dei suoi accoliti a partire da quel nefasto e corrotto personaggio di Kirill.

    E il pensiero corre alle troppe realtà che, in questo mondo, vedono soprusi ed ingiustizie, povertà enormi con ricchezze ingiuste, carestie e siccità, missili e bombe a grappolo, persone che perdono tutto sotto un missile, altre il cui tutto è una capanna di fango.

    Perché il rispetto degli altri, la giustizia, l’empatia rimangono concetti così difficili?

  • Inutile retorica

    Se gli ucraini colpiscono, difendendosi da una guerra di aggressione, un edificio civile secondo i russi è un crimine contro l’umanità ma se i russi, ormai da quasi un anno, radono al suolo edifici civili, ospedali, scuole, università, centrali elettriche, intere città in tutta l’Ucraina per Putin è normale, è giusto.

    Se gli ucraini ottengono, sempre dopo grandi pressioni e spesso in ritardo, aiuti militari dagli alleati occidentali, per difendersi dai bombardamenti e dai carri armati russi, Mosca minaccia la terza guerra mondiale ma se Mosca, come avviene da mesi, ottiene armi dall’Iran, dalla Corea del Nord, e  anche da altri paesi, questo deve essere considerato lecito e non come la vera escalation che può portare ad una guerra più vasta!

    Può essere accettato, da chiunque abbia un minimo di discernimento e di onestà intellettuale, che gli ucraini, che combattono per difendere la loro vita, la loro terra, la loro cultura siano chiamati dai russi  nazisti, mentre l’arruolamento fatto da Putin di centinaia di migliaia di uomini, con una chiamata coatta, mandandoli al fronte a morire, ed il suo finanziamento, con l’amico Prigožin, alle milizie della Wagner e alle le più crudeli formazioni cecene si deve considerare lecito e normale?

    Si può ragionevolmente pensare che un popolo libero possa accettare, nel terzo millennio, di essere invaso con la forza, soggiogato, annesso ad altro Stato senza opporsi, combattere, chiedere aiuto a chi può fornirlo?

    Si può ragionevolmente pensare che i paesi confinanti con quello aggredito non temano anch’essi per la propria  libertà, per la democrazia conquistata dopo anni di gioco comunista?

    Si può ragionevolmente credere che noi si possa essere immuni da ogni conseguenza nascondendo a noi stessi la verità ed il pericolo, negando le armi necessarie agli ucraini? Pensiamo sia sufficiente mandare, per sgravarci la coscienza, qualche cassa di vestiti usati, qualche camion di cibo in scatola o di giubbotti antiproiettile? Che basti accogliere un po’ di profughi e fare qualche donazione alla Croce Rossa per dire che abbiamo fatto il nostro dovere?

    Pensiamo veramente che Putin ci guardi con benevolenza perché un po’ di suoi gerarchi venivano in vacanza da noi e comperavano ville e tenute e che oggi sia stupito, addolorato perché l’Italia sta dimostrando di essere un paese serio non asservito ai suoi interessi? Pensiamo veramente che basterebbe stare un po’ defilati per essere un domani trattati con riguardo dallo zar per poterci dedicare tranquillamente a riannodare le fila di antichi affari?

    Veramente c’è qualcuno in Italia che non ha capito la portata dello scontro tra il potere mafioso di Putin che minaccia, blandisce, ricatta con la paura e la democrazia, difficile, sofferta, necessaria per garantire libertà ed uguaglianza di diritti e doveri a tutti?

    Certo non bisogna mai abbandonare la speranza della via diplomatica e se la via non c’è bisogna tentare di ricostruirla ma non sulla pelle degli altri, non sulle spoglie della libertà e della giustizia.

    Solo chi ha invaso l’Ucraina può scegliere la pace riportando le sue armi dentro i confini legittimi della Russia, abbandonando le terre strappate con la forza, fino ad allora gli ucraini, dopo tanti morti, feriti, stupri, violenze, distruzioni subiti hanno il diritto  di continuare a difendere la loro nazione e noi abbiamo il dovere di aiutarli in modo concreto ed immediato.

    Le armi per difendersi non servono domani quando le stragi saranno già compiute ma oggi per impedirle.

    Tutto il resto è inutile retorica.

  • Il non senso

    La sospirata e tardiva decisione di Germania e Stati Uniti di fornire finalmente all’Ucraina i carri armati, dei quali ha bisogno da mesi e che da mesi Polonia e Repubbliche baltiche chiedono di poter inviare, non servirà nel breve tempo a dare un vero aiuto per impedire le scellerate violenze dei russi. Infatti, dato l’annuncio dell’invio è stato anche specificato che occorreranno circa tre mesi per addestrare i soldati ucraini al loro utilizzo.

    Ed eccoci ad uno dei tanti non senso di questa guerra perché non ha senso non aver addestrato per tempo i soldati Ucraini anche all’uso di questi super tecnologici carri armati, carri armati che rischiano di arrivare in un tempo troppo lontano, visti i massacri di oggi, ed in condizione meteo, il fango della primavera, che potrebbe renderli meno attivi per parecchio.

    Le guerre si fanno con molti strumenti che si possono predisporre in anticipo o in ritardo ma le condizioni meteo non dipendono né da presidenti o generali e non tenerne conto è improvvido e pericoloso.

    Tra tre mesi, se è questo il tempo che occorre, come comunicato ieri da Stati Uniti e da Germania, perché gli ucraini possano utilizzare i carri armati sarà aprile, la stagione del disgelo ed il fango regnerà sovrano più che mai rendendo molto più difficoltoso il passaggio dei tank, l’abbiamo già visto l’anno scorso.

    Tra pochi giorni entreremo nel secondo anno di guerra, l’Ucraina è stata quasi tutta rasa al suolo dalle bombe e dai missili russi ma i sistemi antimissili sono stati consegnati dagli alleati, anche questa volta, con molti ritardi e tutt’ora manca un supporto aereo adeguato per contrastare i bombardieri di Putin.

    Gli ucraini hanno dimostrato un coraggio fuori dal comune sia come soldati che come civili, sono inenarrabili le violenze fisiche ed i patimenti che questa popolazione ha dovuto sopportare senza cibo, acqua, luce, riscaldamento e troppo spesso senza casa, senza più nulla della propria vita passata.

    Inutile negarlo, per mettere d’accordo tra loro, per contemperare le paure, gli interessi, chiari o più oscuri, di ciascuno Stato dell’Unione e poi per mettersi d’accordo con Stati Uniti, Onu, Nato, ed altri alleati non è stato né semplice né veloce.

    I ritardi, le titubanze, le promesse non seguite da azioni immediate non hanno ammorbidito Putin, nessun tentativo, più o meno autorevole, di mediazione ha portato risultati se non quello di perdere ulteriore tempo mentre le varie milizie, dalla Wagner alle altre, hanno sempre intensificato le loro atrocità.

    Tutti coloro che conoscono un po’ di storia della guerre recenti sanno bene come la tempestività sia fondamentale mentre gli stalli, i tentennamenti, i ritardi incancreniscono i conflitti, né hanno grande esperienza i russi e gli americani in Afghanistan, gli americani anche in Vietnam.

    In questo conflitto non tutti gli interessi degli alleati sono chiari mentre è chiarissimo che se Putin continua a trovare sulla sua strada gli ucraini non armati a sufficienza, e tempestivamente, il destino, non solo dell’Ucraina, è segnato, sarà bene cominciare a tenerne conto in modo più adeguato.

    Molte possono essere le giustificazioni per i ritardi anche nell’addestramento degli ucraini ma in tempo di guerra non ci sono giustificazioni accettabili se non sono chiari i percorsi ed i tempi, come sempre dovremmo sentire meno annunci e più tempestività nel dare gli aiuti promessi.

    Certo è che non potremo guardare con serenità al futuro della democrazia e della pace nel mondo se Putin non sarà fermato o portato a miti consigli, inoltre il mondo di domani ha bisogno già da oggi di una totale riorganizzazione dell’Onu, della Nato e della stessa Unione Europea.

  • Gli oligarchi russi hanno perso 330 milioni al giorno dopo l’attacco all’Ucraina

    Le sanzioni occidentali, imposte per la guerra in Ucraina, colpiscono duro gli oligarchi russi: secondo il Bloomberg Billionaires Index, ripreso dal Guardian, i miliardari dello zar hanno perso quasi 95 miliardi di dollari quest’anno, pari a 330 milioni al giorno da quando il Cremlino ha invaso l’Ucraina. Il grande perdente è stato Roman Abramovich, l’ex proprietario del Chelsea FC, con la sua fortuna in calo del 57% a 7,8 miliardi di dollari.

    Secondo la statistica dell’agenzia finanziaria, Abramovich è stato uno dei primi oligarchi a essere sottoposto a sanzioni britanniche il 10 marzo dopo che la Gran Bretagna lo ha accusato di avere “chiari legami” con il regime di Vladimir Putin e di far parte di un gruppo di ricchi uomini d’affari russi che avevano “le mani sporche di sangue”.

    Anche il patrimonio di Gennady Timchenko, miliardario investitore energetico e amico intimo di Putin, si è ridotto del 48% a 11,8 miliardi di dollari, e Suleiman Kerimov, un altro alleato del presidente russo e attuale proprietario della compagnia mineraria Polyus, ha perso il 41%, scendendo a 9 miliardi di dollari, secondo l’indice.

    Solo nel Regno Unito sono stati congelati più di 18 miliardi di sterline di beni appartenenti a oligarchi e altri russi con sanzioni imposte a 1.271 persone.

    Non ha perso solo soldi a causa delle sanzioni ma è incappato anche in guai con la giustizia inglese un altro milionario russo di primo profilo: Mikhail Fridman, nato nell’ucraina e allora sovietica Leopoli dove ancora vivono i suoi genitori ma cresciuto in Russia, è stato fermato il 3 dicembre dalla National Crime Agency (Nca) con l’accusa di riciclaggio di denaro sporco e falsa testimonianza al ministero dell’Interno. Fridman, cofondatore del gigante russo di investimenti Alfa-Group, era, secondo Forbes, il settimo uomo più ricco di Russia nel 2017 e, stando al Bloomberg Billionaire Index, nell’agosto 2022, nonostante le sanzioni, aveva ancora un patrimonio netto teorico di circa 11 miliardi di euro.

  • “Combatteremo fino alla vittoria”, il messaggio di fine anno del Presidente ucraino Zelensky

    “Il 2022 ci ha ferito al cuore. Abbiamo pianto tutte le lacrime. Abbiamo gridato tutte le preghiere. 311 giorni. Abbiamo qualcosa da dire su ogni minuto. Ma la maggior parte delle parole non sono necessarie. Non abbiamo bisogno di spiegazioni, di decorazioni. Abbiamo bisogno di silenzio. Per ascoltare. Abbiamo bisogno di pause. Realizzare.

    Non sappiamo con certezza cosa ci riserverà il nuovo anno 2023. Voglio augurare a tutti noi una cosa: la vittoria. E questo è l’aspetto principale. Un augurio a tutti gli ucraini. Che quest’anno sia l’anno del ritorno. Il ritorno del nostro popolo. I guerrieri alle loro famiglie. I prigionieri alle loro case. Gli sfollati interni alla loro Ucraina. Restituzione delle nostre terre. E chi è temporaneamente occupato sarà libero per sempre.

    Ritorno alla vita normale. Ai momenti felici senza coprifuoco. Alle gioie terrene senza raid aerei. Restituzione di ciò che ci è stato rubato. L’infanzia dei nostri figli, la serena vecchiaia dei nostri genitori”, ha concluso, “che il nuovo anno porti tutto questo. Siamo pronti a lottare per questo. È per questo che ognuno di noi è qui. Sono qui. Siamo qui. Siete qui. Sono tutti qui. Siamo tutti ucraini. Gloria all’Ucraina! Buon anno!”

  • Suicidi sospetti

    Morto anche Pavel Antonov, un altro oligarca russo apparentemente suicidatosi in India subito dopo la morte, sempre nello stesso albergo, di un turista russo suo caro amico.

    Antonov già da mesi si era dichiarato contrario alla guerra in Ucraina.

    Continua, lentamente ed inesorabilmente, a salire la lista degli oligarchi russi che si uccidono, alcuni dopo aver sterminato la propria famiglia, morti sempre più misteriose sulle quali non si hanno più notizie di accertamenti, e che continuano  dall’ inizio della guerra scatenata da Putin in Ucraina.

    L’improvvisa epidemia di “suicidi“ racconta un altro inquietante aspetto della realtà russa e il fatto che molti di questi ‘suicidi” si siano verificati all’estero testimonia inoppugnabilmente come lo zar possa colpire dove vuole e come vuole tramite una fitta rete di spie e sicari.

  • Ci sono parole

    Ci sono parole per definire un essere che ordina al suo esercito di bombardare un supermercato la vigilia di Natale causando decine di morti tra donne e uomini che comperavano le poche cose disponibili in una città distrutta dalla guerra?

    Qualunque parola, qualunque condanna non può esprimere il disgusto profondo per un essere che non possiamo che paragonare ad un mostro sanguinario, mostri come solo certi umani possono diventare quando sono abituati a conquistare e detenere il potere passando sui cadaveri di amici e nemici.

    Nel giorno di Natale dobbiamo essere buoni e dobbiamo saper perdonare, anch’io, forse, perdonerò Putin e Kirill quando saranno morti, oggi so solo unirmi al dolore per i tanti ucraini che hanno ingiustamente massacrato.

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