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  • Una crisi energetica, economica o culturale?

    Quando frequentavo il liceo classico R. Franchetti a Mestre alla fine degli anni ‘70 in un editoriale apparso sul Corriere della Sera Alberto Ronchey, commentando le difficoltà di relazione con il mondo sovietico che si apriva timidamente all’economia occidentale, scrisse che sarebbero stati sufficienti 6/8 mesi di studio della lingua russa impegnandosi dieci ore al giorno per assumere una padronanza decente.

    Da perfetto liceale perditempo mi rivolsi a mio papà affermando: “questo dev’essere matto se pensa che mi metta a studiare il russo…”. Mio papà mi guardò sorridendo, avendo ben chiaro di quale gamba andassi zoppo, e mi replicò: “quando sarai laureato comincerai a studiare…”.

    Non capii francamente il senso di quella frase ma sapevo perfettamente che se lo diceva era solo per il mio interesse poiché mi voleva bene, ma lo stesso non capii.

    I dati riportati da una ricerca di Ansa-Centimetri, anche se relativi a qualche anno addietro, dimostrano quanto avessero ragione e soprattutto quale fosse l’idea di cultura di mio papà ed ovviamente del grande Ronchey.

    La cultura non è tanto il conoscere la letteratura ed altre discipline culturali ed umane. Queste sono importanti, anzi fondamentali, e devono o dovrebbero rappresentare la conditio sine qua non. La cultura, poi, si manifesta con l’apertura mentale alla conoscenza e alla valutazione di quanto non si conosca e che si presenta alla nostra attenzione.

    Non sono le citazioni o i riferimenti ad opere di persone importanti (o non solo) ma la consapevolezza di conoscere solo una millesima parte di quanto offra il mondo intelligente umano.

    Solo queste persone culturalmente evolute potrebbero gestire gli investimenti in cultura di cui un paese ne ha bisogno come oggi della corrente elettrica in piena crisi energetica ed economica.

    I risultati avvilenti riportati dimostrano quanto siano rare le persone aperte ed intelligenti mentre la politica culturale, ancora oggi, si coniuga con una scuola ed una università utilizzati come strumenti per l’affermazione di valori ideologici.

    La nostra crisi, l’ennesima da trent’anni a questa parte, emerge innanzitutto come culturale e la crisi economica ne risulta l’espressione più evidente ma non l’unica. Pensare di superarla senza un processo culturale complesso ed articolato è assolutamente impossibile.

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