schiavitù

  • La schiavitù dietro a un prezzo troppo basso

    Di qualche giorno fa la notizia dell’arresto, da parte della Guardia di Finanza, di tre amministratori di imprese individuali nel settore calzaturiero in Lomellina.
    I tre arrestati sono accusati di sfruttamento della manodopera e intermediazione illecita in quanto obbligavano i dipendenti  a lavorare giorno e notte, 7 giorni su 7, con turni di 15 ore, senza  pause e giorni di riposo.
    I lavoratori erano anche costretti a vivere negli stessi luoghi dove lavoravano, in condizioni igieniche precarie, con giacigli approssimativi e ricevevano paghe da fame.
    Quello che particolarmente colpisce è che tutto questo avveniva vicino a Pavia, nel cuore del nord Italia!
    Sia gli amministratori arrestati che gli operai sono di nazionalità cinese e situazioni simili sono state già denunciate molte volte in passato e molte altre realtà simili rimangono, purtroppo, ancora sconosciute.
    Questo ennesimo episodio di schiavismo deve farci riflettere sulle condizioni di milioni di cinesi che in Cina, in fabbrica o in campagna, lavorano in condizioni disumane, per non parlare dei carcerati o degli uiguri costretti a lavorare in condizioni di vera schiavitù e spesso senza alcun salario.
    Ogni volta che comperiamo un prodotto il cui costo è irragionevolmente troppo basso prima di pensare che forse stiamo facendo  un affare pensiamo a quanta fatica e dolore può aver sopportato chi l’ha prodotto.
    La schiavitù, nei nostri paesi, si combatte con sempre più adeguati controlli, in paesi dove in pratica vige l’autocrazia e non c’è vera libertà dobbiamo cercare di contrastarla imparando a non avere rapporti commerciali con alcuni paesi  se prima non si ottengono e verificano un minimo di misure per la salvaguardia dei lavoratori e per il rispetto dei diritti umani.
    Lo diciamo all’Italia, lo diciamo all’Europa e all’Organizzazione Mondiale del Commercio troppo spesso pronta a chiudere un occhio verso la Cina e non solo.

  • La Commissione propone di bandire dal mercato dell’UE i prodotti ottenuti con il lavoro forzato

    La Commissione ha proposto di vietare i prodotti ottenuti con il lavoro forzato sul mercato dell’UE. La proposta riguarda tutti i prodotti, siano essi prodotti fabbricati nell’UE destinati al consumo interno e alle esportazioni o beni importati, senza concentrarsi su società o industrie specifiche. Questo approccio globale è importante perché, secondo le stime, 27,6 milioni di persone sono vittime del lavoro forzato, in molte industrie e in tutti i continenti. La maggior parte del lavoro forzato avviene nel settore privato, mentre in alcuni casi è imputabile agli Stati. La proposta si basa su definizioni e norme concordate a livello internazionale e sottolinea l’importanza di una stretta cooperazione con i partner globali. A seguito di un’indagine, le autorità nazionali avranno la facoltà di ritirare dal mercato dell’UE i prodotti ottenuti con il lavoro forzato. Le autorità doganali dell’UE individueranno e bloccheranno alle frontiere dell’UE i prodotti ottenuti con il lavoro forzato.

    Le autorità nazionali degli Stati membri attueranno il divieto attraverso un approccio di applicazione solido e basato sul rischio. In una fase preliminare valuteranno i rischi di lavoro forzato sulla base di molteplici fonti di informazione, che congiuntamente dovrebbero facilitare l’individuazione dei rischi e aiutare le autorità a concentrare i loro sforzi. Tra le fonti di informazione possono rientrare i contributi della società civile, una banca dati dei rischi di lavoro forzato incentrata su specifici prodotti e aree geografiche e il dovere di diligenza esercitato dalle imprese.

    Le autorità avvieranno indagini sui prodotti per i quali vi sono fondati sospetti che siano stati ottenuti con il lavoro forzato. Possono chiedere informazioni alle società ed effettuare controlli e ispezioni, anche in paesi al di fuori dell’UE. Se le autorità nazionali accerteranno la presenza di lavoro forzato, ordineranno il ritiro dei prodotti già immessi sul mercato e vieteranno l’immissione sul mercato dei prodotti interessati e la loro esportazione. Le società dovranno smaltire i prodotti. Le autorità doganali degli Stati membri saranno responsabili dell’applicazione delle norme alle frontiere dell’UE.

    Se le autorità nazionali non sono in grado di raccogliere tutti gli elementi di prova necessari, ad esempio a causa della mancanza di collaborazione da parte di una società o dell’autorità di uno Stato terzo, possono prendere la decisione sulla base dei dati disponibili.

    Durante l’intero processo le autorità competenti applicheranno i principi di valutazione basata sul rischio e di proporzionalità. Su tale base la proposta tiene conto in particolare della situazione delle piccole e medie imprese (PMI). Senza essere esentate, le PMI saranno agevolate dall’impostazione specifica della misura: le autorità competenti infatti, prima di avviare un’indagine formale, considereranno le dimensioni e le risorse degli operatori economici interessati e l’entità del rischio di lavoro forzato. Le PMI beneficeranno inoltre di strumenti di sostegno.

    Entro 18 mesi dall’entrata in vigore del regolamento la Commissione pubblicherà anche orientamenti, che comprenderanno indicazioni sul dovere di diligenza in materia di lavoro forzato e informazioni sugli indicatori di rischio di lavoro forzato. La nuova rete dell’UE sui prodotti del lavoro forzato fungerà da piattaforma per un coordinamento e una cooperazione strutturati tra le autorità competenti e la Commissione.

    La proposta deve ora essere discussa e approvata dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell’Unione europea prima di poter entrare in vigore e si applicherà a decorrere da 24 mesi dalla sua entrata in vigore.

    La proposta fa seguito all’impegno assunto dalla Presidente von der Leyen nel suo discorso sullo stato dell’Unione 2021. L’UE promuove il lavoro dignitoso in tutti i settori e ambiti strategici in linea con un approccio globale rivolto ai lavoratori nei mercati nazionali, nei paesi terzi e lungo le catene di approvvigionamento globali. Ciò comprende norme fondamentali del lavoro come l’eliminazione del lavoro forzato. La comunicazione sul lavoro dignitoso in tutto il mondo, presentata nel febbraio 2022, definisce le politiche interne ed esterne che l’UE mette in campo per realizzare l’obiettivo di un lavoro dignitoso in tutto il mondo, tra l’altro attraverso i partenariati internazionali, il commercio, le politiche di vicinato e di allargamento dell’UE, gli strumenti anti-tratta e gli appalti pubblici.

    L’UE affronta inoltre in modo proattivo le violazioni del lavoro dignitoso, tra cui il lavoro forzato, in molteplici contesti internazionali, quali l’Organizzazione internazionale del lavoro, il G7 e l’Organizzazione mondiale del commercio.

    Nel luglio 2021 la Commissione e il Servizio europeo per l’azione esterna hanno pubblicato orientamenti per aiutare le imprese dell’UE ad adottare misure adeguate per affrontare il rischio del lavoro forzato nelle loro operazioni e catene di approvvigionamento, come elemento di transizione verso una legislazione orizzontale vincolante in materia di dovere di diligenza.

    Nella sua proposta di direttiva sul dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità, adottata nel febbraio 2022, la Commissione ha stabilito obblighi di diligenza per le società più grandi, che dovranno individuare, prevenire, attenuare e rendere conto degli impatti negativi, siano essi effettivi o potenziali, delle loro attività sui diritti umani, compresi i diritti dei lavoratori, e sull’ambiente lungo le catene di approvvigionamento globali.

    Fonte: Commissione europea

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