scuola

  • Nuova relazione Eurydice: differenze significative tra gli stipendi degli insegnanti di paesi europei diversi

    In occasione della Giornata mondiale degli insegnanti, celebrata il 5 ottobre, la rete Eurydice della Commissione ha pubblicato la relazione annuale sugli stipendi e le indennità degli insegnanti e dei dirigenti scolastici, che riguarda le scuole pubbliche dell’infanzia, primarie e secondarie per il periodo 2021-2022.

    Dalla relazione emergono grandi differenze in termini di retribuzione degli insegnanti in Europa, che riguardano non solo gli stipendi iniziali, ma anche la possibilità che questi aumentino nel corso della carriera. In media gli insegnanti della scuola dell’infanzia tendono a guadagnare meno rispetto a quelli della scuola secondaria superiore, sebbene in alcuni paesi europei lo stipendio a inizio carriera sia lo stesso per tutti gli insegnanti. In nove paesi lo stipendio annuo iniziale degli insegnanti adeguato per tenere conto dell’inflazione è diminuito per tutti i livelli di istruzione tra il 2014/2015 e il 2021/2022.

    Le conoscenze, le competenze e la dedizione degli insegnanti e dei dirigenti scolastici sono fattori essenziali per conseguire risultati educativi di alta qualità; per questo motivo docenti e formatori sono al centro della politica europea dell’istruzione.

    Nell’ambito della creazione dello spazio europeo dell’istruzione, la Commissione collabora con gli Stati membri e le parti interessate per affrontare tali questioni, in particolare mediante un gruppo di lavoro per le scuole, che si riunisce regolarmente e in cui vengono condivise esperienze e pratiche per ispirare cambiamenti positivi in tutta l’UE. Tali esperienze e pratiche vengono poi diffuse attraverso corsi e risorse per lo sviluppo professionale sulla piattaforma europea per l’istruzione scolastica. Entro il 2025 verranno sviluppate 27 accademie degli insegnanti Erasmus+, al fine di offrire sostegno agli insegnanti all’inizio e nel corso della carriera. Annualmente la Commissione organizza inoltre il premio europeo per l’insegnamento innovativo, allo scopo di celebrare e riconoscere il lavoro degli insegnanti e delle scuole. Nel febbraio 2023 la Commissione ha pubblicato orientamenti per lo sviluppo di quadri di carriera nazionali degli insegnanti e dei dirigenti scolastici. La rete Eurydice spiega e mette a confronto i sistemi di istruzione in Europa. La relazione odierna fornisce una sintesi comparativa delle politiche e delle misure adottate nei sistemi di istruzione di 39 paesi.

  • Rapporto Invalsi 2023: buoni i risultati in inglese, ma le competenze di italiano e matematica non sono sempre adeguate

    Un quando in chiaroscuro quello che emerge dal rapporto Invalsi 2023 pubblicato il 12 luglio. In particolar modo il peggioramento è evidente rispetto al 2019, anno prima della pandemia, segno evidente che dad, isolamento e programmi forzatamente rivisti e a tratti ridotti hanno giocato, in maniera purtroppo negativa, una parte importante rispetto ai risultati diramati.

    In alcune regioni del Mezzogiorno solo 1 ragazzo su 2 delle scuole medie comprende correttamente quello che legge e addirittura 2 studenti su 3 (il 35-40%) non sono capaci di leggere e comprendere un testo in inglese. Si confermano forti evidenze di disuguaglianza di opportunità di apprendimento nelle regioni del Mezzogiorno sia per quel che concerne l’attenuazione dell’effetto delle differenze socio-economico-culturali sia in termini di differenze tra scuole e, soprattutto, tra classi.

    Metà dei giovani che termina le scuole superiori non è in grado di comprendere quello che legge (solo il 51% degli studenti -1 punto rispetto al 2022 raggiunge almeno il livello base, con un divario tra Nord e Sud che raggiunge la quota di ben 23 punti percentuali); in Matematica il 50% degli studenti (invariato rispetto al 2022) raggiunge almeno il livello base con un divario tra le aree del Paese che raggiunge i 31 punti, anche se c’è un leggero progresso al Sud e nelle Isole. In Inglese il 54% degli studenti raggiunge il B2 nella prova di reading (+2% rispetto al 2022) e il 41% in quella di listening (+3% sul 2022 e + 6% dal 2019).

    Alle scuole medie si è fermato il calo in Italiano e Matematica riscontrato tra il 2019 e il 2021. Gli esiti di Inglese (sia listening sia reading) sono invece in miglioramento. A livello nazionale gli studenti che raggiungono risultati almeno adeguati sono: Italiano: 62% (+1 punto percentuale rispetto al 2022, invariato rispetto al 2021), Matematica: 56% (invariato rispetto al 2021 e al 2022), Inglese-reading (A2): 80% (+2 punti percentuali rispetto al 2022, +4 punti percentuali rispetto al 2021), Inglese-listening (A2): 62% (+3 punti percentuali rispetto al 2022, +5 punti percentuali rispetto al 2021 e +11 punti rispetto al 2018, inizio della rilevazione). Le prove Invalsi 2023 hanno coinvolto oltre 1 milione di allievi della scuola primaria (classe II e classe V), circa 570.000 studenti della scuola secondaria di primo grado (classe III) e più di 1 milione di studenti della scuola secondaria di secondo grado. Le prove hanno raggiunto una copertura sempre superiorw al 95-96%.

    Peggiora il rendimento degli studenti italiani: il confronto nel tempo degli esiti della scuola primaria mostra un indebolimento dei risultati in tutte le discipline sia in II che in V elementare, incluso l’Inglese. Il rapporto Invalsi 2023 evidenzia una differenza dei risultati tra scuole e tra classi più accentuata nelle regioni meridionali, specie per quanto riguarda la Matematica e la prova di Listening. Ciò significa – evidenzia l’istituto Invalsi – che la scuola primaria nel Mezzogiorno fatica maggiormente a garantire uguali opportunità a tutti, con evidenti effetti negativi sui gradi scolastici successivi In seconda elementare, in Italiano circa il 69% (era il 72% nel 2022) raggiunge almeno il livello base (dalla fascia 3 in su). Molise, Basilicata e Umbra sono le regioni con quote più elevate di allievi almeno al livello base, la Calabria e la Sicilia quelle con le quote più basse; In Matematica circa il 64% (era il 70% nel 2022) raggiunge almeno il livello base (dalla fascia 3 in su). Molise, Provincia Autonoma di Trento e Basilicata sono le regioni con quote più elevate di allievi almeno al livello base, la Calabria, la Sicilia e la Sardegna quelle con le quote più basse. In V elementare in Italiano circa il 74% (era l’80% nel 2022) raggiunge almeno il livello base (dalla fascia 3 in su). Molise, Umbria, Abruzzo e Friuli Venezia Giulia sono le regioni con quote più elevate di allievi almeno al livello base, la Sicilia è quella con la quota più bassa; in Matematica circa il 63% (era il 66% nel 2022) raggiunge almeno il livello base (dalla fascia 3 in su). Umbria, Molise, Provincia Autonoma di Trento e Friuli-Venezia Giulia sono le regioni con quote più elevate di allievi almeno al livello base, la Calabria, la Sicilia e la Sardegna quelle con le quote più basse; anche i risultati d’Inglese sono in calo rispetto al 2022. L’ 87% (era il 94% nel 2022) degli allievi raggiunge il prescritto livello A1 del Qcer nella prova di lettura (reading), mentre nella prova di ascolto (listening) è l’81% di allievi (erano l’85% nel 2022) a raggiungere il prescritto livello A1. Calabria, Sicilia e Sardegna sono le regioni con le quote più elevate di allievi che non raggiungono il livello A1 sia nella prova di Reading sia in quella di Listening.

    «La pandemia ha reso ancora più attuale il problema della dispersione scolastica. Da qualche tempo – si sottolinea nel rapporto Invalsi – è sempre più evidente che particolare attenzione va rivolta non solo agli studenti che abbandonano la scuola ma anche a tutti coloro che terminano il ciclo di studi scolastico senza possedere le competenze di base necessarie, quindi a forte rischio di limitate prospettive di inserimento nella società, molto simili a quelle degli studenti che non hanno concluso la scuola secondaria di secondo grado. Tale forma di dispersione scolastica è definita dispersione scolastica implicita o nascosta. Nel 2019 la dispersione scolastica implicita si attestava al 7,5%, per salire al 9,8% nel 2021, probabilmente a causa di lunghi periodi di sospensione delle lezioni in presenza. Nel 2022 si era già osservata una leggera inversione di tendenza sia a livello nazionale, passando al 9,7% (‐0,1 punti percentuali). Gli esiti del 2023 confermano un più rilevante calo della dispersione scolastica implicita che si attesta all’8,7% (‐1 punto percentuale rispetto al 2022)».

    La quota dei giovani tra i 18 e i 24 anni che abbandonano prematuramente l’istruzione e la formazione senza aver conseguito titoli di studio superiori alla secondaria di secondo grado o qualifiche professionali con corsi con durata di almeno due anni (ELET) sembra avvicinarsi al traguardo prescritto dal Pnrr alla fine del 2025 (10,2%).

    Il Ministro dell’Istruzione e del merito, Giuseppe Valditara si dice pronto, con il suo Ministero, ad intervenire con “la presentazione, anche con il contributo di Invalsi e la collaborazione di Indire, di una Agenda Sud in dieci punti che prevede l’individuazione di scuole dove maggiori sono le fragilità del contesto sociale per abbandoni, insuccesso formativo e assenze. Iniziamo con 240 scuole. Investiremo risorse importanti. È un passaggio che vedrà più insegnanti in ogni scuola soprattutto per le materie più critiche come matematica, italiano, inglese”. Nelle intenzioni di Valditara e prevista anche “un’estensione del tempo pieno oltre a una formazione specialistica per docenti che insegnano in queste scuole con una retribuzione aggiuntiva per le attività extracurricolare. Avremo interventi per favorire lo sviluppo territoriale grazie allo sviluppo formativo, ci sarà il coinvolgimento delle famiglie. Bisogna ricostruire l’alleanza fra famiglia e scuola”.

  • Uno studente su cinque ha difficoltà nell’apprendimento

    Uno studente su cinque, il 20% quindi, è fragile negli apprendimenti: o ha abbandonato troppo presto gli studi, oppure, pur avendo conseguito un titolo, non ha raggiunto le competenze adeguate.

    Anche se l’Italia rispetto a 20 o 30 anni fa ha fatto molti passi in avanti – la dispersione nel 1992 era il 37,5%, per attestarsi al 12,7% nel 2021- siamo avanti solo a Spagna (13,3) e Romania (15,3) tra i paesi dell’Ue, mentre 16 Stati membri hanno già raggiunto l’obiettivo europeo di scendere sotto la soglia del 9% in materia di dispersione, in largo anticipo rispetto al 2030. Di tutto questo ha parlato il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, in un’audizione in commissione Cultura e Istruzione al Senato.

    L’obiettivo che impone il Pnrr è quello di ridurre la percentuale di ulteriori 2,5 punti, evitando quindi che nei prossimi anni circa 470 mila giovani abbandonino la scuola prima del conseguimento di un diploma. Per questo il ministro ha illustrato le varie azioni messe in campo grazie anche a fondi Pnrr: oltre al potenziamento dei sistemi di vigilanza delle assenze e di segnalazione dell’evasione scolastica, sono stati previsti 600 milioni per le mense scolastiche, perchè il tempo pieno è uno strumento fondamentale per combattere la dispersione, e sono stati stanziati 500 milioni a favore di quei territori, soprattutto al sud, in cui l’abbandono è più alto – 21,1% in Sicilia, 17,6% in Puglia, in Campania il 16,4% e in Calabria il 14% – con progetti dedicati proprio alle scuole che più hanno manifestato avere alunni con fragilità di apprendimento. E ancora, docenti tutor e docenti orientatori, “primo passo verso una sempre maggiore personalizzazione della didattica”, 600 milioni per sviluppare le competenze Stem, 150 milioni per la formazione dei docenti sul multilinguismo. Le scuole, poi, devono essere anche “esteticamente belle, riqualificate, dove si studia con piacere, dobbiamo dare indicazioni precise unitarie per un prototipo architettonico di scuola italiana”, ha detto Valditara, anche raccogliendo i suggerimenti di alcuni senatori.

    Il ministro si è anche impegnato a presentare una proposta di riforma degli istituti tecnici professionali che sia sperimentale e che vada ad affiancare il percorso tradizionale. “Ho molto apprezzato il clima costruttivo e stimolante su un tema fondamentale, per dare a tutti i nostri giovani un’opportunità di successo formativo e di realizzazione professionale. Il ministero sta lavorando a una serie di iniziative importanti che potranno essere arricchite dalle proposte parlamentari”, ha detto uscendo, soddisfatto, il ministro.

  • UE e UNICEF: impegnarsi di più per un’istruzione sicura e di qualità per i minori in situazioni di crisi

    I crescenti livelli di sfollamento e la durata prolungata dei conflitti stanno gravando su minori e giovani in tutto il mondo. Si stima che gli adolescenti e i bambini in età scolastica che necessitano di istruzione siano 222 milioni, 78 milioni dei quali non frequentano la scuola.

    La Commissione europea e l’UNICEF invitano a rafforzare l’impegno collettivo e ad aumentare i finanziamenti pubblici per aiutare i minori in contesti umanitari fragili a restare o a tornare a scuola. L’invito è stato pronunciato durante la conferenza congiunta di alto livello sull’istruzione nelle situazioni di emergenza tenutasi il 22 marzo 2023 a Bruxelles, in concomitanza con il Forum umanitario europeo.

    Nel 2023 l’UE mira a fornire 158 milioni di € a sostegno di progetti per l’istruzione nelle situazioni di emergenza in tutto il mondo.

    L’Unione destina il 10% del bilancio iniziale per gli aiuti umanitari all’istruzione in contesti di emergenza. Lo stesso vale per gli aiuti allo sviluppo: con il 10% del bilancio iniziale stanziato per l’istruzione, l’obiettivo è assicurare una base solida che permetta ai minori di sviluppare i loro talenti e realizzare il loro potenziale.

    Nel periodo 2015-2022 l’UE ha stanziato 970 milioni di € a sostegno dell’istruzione in situazioni di emergenza, a favore di oltre 20 milioni di bambini e giovani.

  • Nel 2022 calo degli irregolari in arrivo in Italia, ma aumento degli sbarchi

    Con oltre 6 milioni di stranieri in Italia, al 1 gennaio del 2022, si registra una moderata crescita con 88mila presente in più rispetto a due anni fa. Sono più che raddoppiati i permessi di soggiorno e sono aumentati gli sbarchi. I dati emergono dal XXVIII Rapporto sulle migrazioni elaborato da Fondazione Ismu Ets, presentato a inizio mese all’Università Cattolica di Milano.

    Diminuisce invece del 2,5% la componente irregolare, che costituisce l’8,4% della popolazione straniera complessiva e che nel 2022 si attesta sulle 506mila unità contro le 519mila dell’anno precedente. Un calo, questo, dovuto principalmente all’avanzamento delle pratiche relative alla sanatoria 2020. Secondo quando stimato da Ismu, poi, aumentano del 127% i nuovi permessi di soggiorno, circa 242mila, un valore più che doppio rispetto al 2021, quando l’effetto Covid aveva ridotto i flussi. Circa 6 stranieri su 10 provengono da Paesi terzi (+5,6%) e i cittadini non comunitari provengono per la maggior parte da Marocco (408mila), Albania (397mila), Cina (291mila), Ucraina (230mila). In crescita il numero degli sbarchi che si sono registrati sulle coste italiane nel 2022, 105.129 in tutto con un aumento del 55,8%. I maggiori flussi provengono da Egitto (20.542), Tunisia e Bangladesh.

    Sul fronte scolastico, sempre secondo il rapporto Ismu, per la prima volta da circa 40 anni, nell’anno scolastico 2020/2021 si è verificata un’inversione di tendenza con una diminuzione del numero degli alunni con background migratorio, che risultano essere circa 865mila con una flessione di 11.413 rispetto al precedente anno scolastico. Il 45% degli alunni stranieri ha origini europee e gli studenti con cittadinanza non italiana sono originari di quasi 200 paesi differenti: più di un quarto sono africani, il 20% asiatici e circa l’8% dell’America latina. Romania, Albania e Marocco sono le comunità più numerose nelle scuole superando ciascuna le 100mila presenze. La Lombardia accoglie più di 220mila alunni con cittadinanza non italiana, confermandosi la prima regione italiana, seguita da Emilia-Romagna (104,799), Veneto (94.699), Lazio (80.051) e Piemonte (78.256). I nati in Italia rappresentano il 66,7% degli alunni con Cni. Il 27% degli studenti con cittadinanza non italiana è in ritardo scolastico.

    Per quanto riguarda infine le confessioni religiose, Ismu stima che al primo luglio 2022 i cristiani nel loro complesso rappresentino la maggioranza assoluta (53,1%) tra gli stranieri residenti in Italia.

  • La lingua inglese sta colonizzando il sapere e la cultura?

    Chi non parla inglese può scordarsi di trovare un lavoro, perché la lingua di Shakespeare è data per scontata anche in un Paese in cui non è poi così diffusa come l’Italia, dove i bambini incominciano la studiarla dai 6 anni ma dove il programma Intercultura, che consente agli adolescenti di trascorrere un anno all’estero imparando anche la lingua e la cultura del luogo, continua  a non prevederla come un requisito, nonostante sia richiesta per gli studenti che vogliano recarsi nei Paesi anglofoni. E se all’università, Erasmus ha contribuito a espandere l’uso dell’inglese per favorire gli scambi internazionali, molti atenei in Paesi non anglofoni hanno introdotto corsi in inglese.

    A dispetto della sua importanza, l’insegnamento dell’inglese anziché essere sollecitato continua a suscitare resistenze. Se in Olanda è lingua ufficiale insieme a quella originale del posto, nel Belpaese Claudio Marazzini, storico della lingua italiana e presidente dell’Accademia della Crusca, osserva che «La convivenza fra due lingue implica un equilibrio da perseguire con attenzione» e ammonisce che «l’inglese non deve diventare l’assassino dell’italiano» ricordando che ogni due settimane sparisce una delle circa 6800 lingue del pianeta. A difesa della biodiversità linguistica, peraltro, prende posizione anche Patricia Ryan, docente di inglese nei Paesi del Golfo per oltre 30 anni: «Se si usa un’unica lingua, il pensiero si può bloccare su una questione che diventa superabile, magari, ragionando in un idioma differente».

    La spinta a privilegiare l’inglese ha portato il Politecnico di Milano al centro di una lunga diatriba. Nel 2012 l’ateneo decide che i corsi per le lauree magistrali e i dottorati per ingegneri e architetti devono svolgersi solo in inglese. Ne deriva una battaglia legale a colpi alterni, in cui sono coinvolti Tar, Corte Costituzionale e Consiglio di Stato, che nel 2017 ha riconosciuto la libertà d’insegnamento in inglese, purché affiancato da un numero adeguato di corsi in italiano, il cui numero resta a discrezione dell’ateneo. Attualmente al Politecnico i corsi di dottorato sono tutti in inglese, mentre dei 48 corsi della magistrale 35 sono solo in inglese, 4 solo in italiano e 9 in entrambe le lingue. Marazzini rimane critico: «La nostra classe dirigente non ha capito come dovrebbe essere il rapporto fra italiano e inglese, che dovrebbe affiancare e non sostituire la nostra lingua. Eppure, il bando ministeriale per il Fondo Italiano per la Scienza (del 2021, ndr) chiede di presentare le domande solo in inglese, e a eventuali colloqui è bandito l’italiano. Capirei in presenza di commissari stranieri, ma altrimenti perché non usare la nostra lingua?».

    Lo stesso scenario si ripete nel mondo delle pubblicazioni degli studiosi. «L’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (Anvur) considera superiori quelle in inglese, senza tenere conto che in materie come la letteratura o la filosofia è una forzatura».

  • Il Censis stima due milioni di Neet in Italia e ne individua al Sud quasi 1 su 3

    “Il fenomeno della dispersione scolastica dei 18-24enni riguarda in Italia in media il 12,7% di loro, percentuale che al Sud sale al 16,6%con un distacco di 7 punti dalla media europea del 9%”.

    Allarmano il mondo della scuola i dati forniti oggi dal direttore del Censis, Massimiliano Valerii, nell’ambito del convegno annuale dell’Associazione nazionale presidi, una intensa giornata di talk, workshop e tavole rotonde che ha acceso i riflettori su tutte le criticità del panorama scolastico.

    Non confortanti sono anche i dati sui Neet, gli under 30 che non studiano, non lavorano e non sono inseriti in un percorso di formazione  su cui lo stesso ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, è al lavoro per avanzare una proposta. “La media europea – ha spiegato sempre Valerii – è del 13,1%, in Italia del 23,1%, cioè riguarda due milioni di persone. Al Sud il dato è ancora più drammatico salendo al 32,2%, 19 punti in più della media europea”.

    La dispersione scolastica si riaffaccia dunque con tutta la sua drammaticità in una scuola, ha ribadito oggi il ministro, che vuole rimettere al centro i principi di merito, autorevolezza, rispetto e tornare ad essere “ascensore sociale”. Con un chiarimento da parte del titolare del dicastero sull’idea di sanzioni contro gli studenti violenti che prevedano il ricorso ai lavori socialmente utili: “Se sospendo per un anno un ragazzo – ha spiegato davanti all’assemblea di dirigenti scolastici – non faccio il bene del ragazzo e della società, quel ragazzo magari diventerà persino un deviante e quindi accentuerà le sue propensioni devianti verso altre derive che possono essere socialmente pericolose mentre invece molto meglio sarebbe coinvolgerlo in lavori socialmente utili.  Dobbiamo insegnare ai ragazzi a maturare e a crescere”.

    La dispersione scolastica in Italia è figlia in gran parte dell’indigenza delle famiglie, dal momento che un milione e 400mila giovani vivono in condizioni di povertà assoluta. Ma trae la sua origine anche dai fattori che determinano le disuguaglianze educative, rimuovere i quali è l’obiettivo dei Patti Educativi Territoriali, accordi tra istituzioni scolastiche, Enti Locali e associazioni del Terzo Settore, che coinvolgono intere comunità locali in progetti di crescita e di sviluppo per il rilancio di territori marginali.

  • L’umiliazione “educativa”?

    Il bullismo rappresenta sicuramente un aspetto problematico dell’area adolescenziale. Una complessità che nasce proprio in ragione della difficoltà di crescita dei giovani, all’interno della quale, oltre alla famiglia, la scuola dovrebbe proporre un quadro valoriale aggiuntivo di riferimento. In questo contesto, poi, sicuramente la maggiore tutela andrebbe assicurata alle vittime di queste violenze, fisiche e psicologiche, delle quali purtroppo molto spesso porteranno per tutta la vita i segni.

    Come in ambito penale, così anche in quello scolastico, dovrebbe valere il principio della certezza di una sanzione adeguata all’atto di bullismo come espressione, per quanto possibile, di una tutela a favore della vittima. Contemporaneamente si dovrebbe permettere all’autore del gesto non solo di pagare, ma anche magari di comprenderne la gravità e gli effetti del proprio comportamento.

    In questo contesto, quindi, anche l’introduzione dell’obbligo di aderire da parte del “bullo” a dei programmi di lavori socialmente utili potrebbe rappresentare una sanzione adeguata rispetto alle classiche sospensioni dalla frequentazione dell’istituto scolastico. In più si potrebbe interpretare soprattutto un primo atto “educativo” in grado di riconnettere il soggetto all’ambito sociale. Nello specifico, però, il Ministro dell’Istruzione indica la scelta dei lavori socialmente utili come una forma di deterrente per il compimento di altri atti di bullismo in quanto questi determinano una umiliazione per i soggetti aderenti a questo programma di pena alternativa.

    In un sol colpo non solo viene snaturata completamente la funzione stessa dei lavori socialmente utili, i quali rappresentano un’alternativa ad altre pene, ma offrono contemporaneamente la possibilità ai soggetti di riconnettersi con il contesto sociale proprio attraverso la consapevolezza del proprio operato.

    A maggior ragione nel caso dei ragazzi colpevoli di spregevoli atti di bullismo i lavori socialmente utili, proprio per la loro essenza, dovrebbero rappresentare un modo per riposizionarsi nella realtà circostante anche in considerazione della percezione della propria azione nell’attività alla quale verrebbero inviati.

    Viceversa, se questi vengono considerati semplicemente come uno strumento finalizzato ad umiliare uno studente, anche se colpevole di atti di bullismo, non solo vengono snaturati nella loro essenza ma in più determinano una crescita del distanziamento tra la realtà circostante ed il ragazzo, rendendo vana ogni speranza di un possibile o anche parziale recupero.

    Un sistema educativo può e deve proporre i più diversi valori educativi di riferimento, anche come espressione delle diverse ideologie declinate nell’ambito formativo.

    Viceversa nessuna “umiliazione educativa” di un giovane studente, anche se reo di gravi atti di bullismo, potrà mai rappresentare l’espressione di un modello educativo e tanto meno valoriale quando manifesta, in modo inequivocabile, la povertà intellettuale di una società e del ministro della Pubblica Istruzione che la propone.

  • Costruire lo spazio europeo dell’istruzione

    La Commissione ha approvato la relazione sui progressi compiuti per la realizzazione dello spazio europeo dell’istruzione. La relazione fa il punto sulle iniziative e le tendenze in atto nell’UE per quanto riguarda i progressi compiuti verso il conseguimento degli obiettivi dell’UE in materia di istruzione e formazione e fissa l’agenda per il 2025.

    Le 40 iniziative in corso a livello di UE comprendono azioni strategiche che spaziano dall’apprendimento misto all’apprendimento per lo sviluppo sostenibile, dalla strategia europea per le università fino ai progetti finanziati dall’UE come le accademie degli insegnanti, la coalizione “Istruzione per il clima” o i centri di eccellenza professionale. Viene inoltre dato seguito ai lavori dei gruppi di esperti, come quelli sulla disinformazione o gli investimenti di qualità, e sono attuate misure per rendere più inclusivi il programma Erasmus+ e il Corpo europeo di solidarietà. Grazie all’impegno comune per lo spazio europeo dell’istruzione, queste iniziative stanno rafforzando l’attività degli Stati membri.

    Questo approccio comune, nazionale e dell’UE, si è rivelato particolarmente efficace nella risposta alle nuove problematiche che i sistemi di istruzione e formazione dell’UE hanno dovuto affrontare negli ultimi due anni, vale a dire la pandemia di COVID-19 e l’accoglienza di discenti e insegnanti rifugiati a seguito della guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina. Il quadro strategico rafforzato, che riunisce gli Stati membri e i principali portatori di interessi, ha consentito la messa in comune di conoscenze e risorse, la condivisione organizzata di buone pratiche e l’attuazione di soluzioni concrete.

    Nella relazione di monitoraggio del settore dell’istruzione e della formazione che accompagna la relazione sono riportati alcuni esempi dei passi avanti fatti verso il conseguimento degli obiettivi a livello di UE, come la diminuzione dell’abbandono scolastico e l’aumento del tasso di istruzione terziaria e della partecipazione all’educazione e cura della prima infanzia. Allo stesso tempo alcuni segnali mostrano che sono necessari sforzi sistemici a più lungo termine per migliorare l’equità nel campo dell’istruzione e affrontare la carenza di insegnanti. Grazie a nuovi indicatori a livello di UE per entrambi gli ambiti, le politiche potranno basarsi su dati concreti e sarà favorito l’apprendimento reciproco.

    Si stima che fra il programma Erasmus+, il dispositivo per la ripresa e la resilienza e i fondi della politica di coesione dell’UE, la spesa totale dell’UE per l’istruzione e la conoscenza tra il 2021 e il 2027 sarà triplicata rispetto al periodo 2014-20. Sarà pertanto essenziale porre l’accento, nei prossimi anni, sull’attuazione, gli investimenti di qualità, l’assorbimento e il monitoraggio attento dei progressi compiuti dagli Stati membri per consolidare le riforme sistemiche e produrre effetti positivi sui discenti, sugli insegnanti, sull’economia e sulle nostre società.

    La Commissione darà seguito alla relazione sull’andamento dei lavori con un processo di revisione intermedia nel 2023, dal quale sarà tratto insegnamento e slancio per il periodo fino al 2025, quando dovrà essere stilata una relazione completa sulla realizzazione dello spazio europeo dell’istruzione.

  • Ministro Salvini prima di occuparsi del ponte sullo Stretto bisogna risolvere le vere urgenze

    Il governo deve ovviamente concentrarsi sulle priorità: 1) aiuti per le bollette e approvvigionamento energetico, 2 )nuove opportunità di lavoro, 3) maggiore sicurezza, in tutti gli ambiti, 4) certezza e celerità della giustizia.

    Detto questo rimaniamo perplessi di fronte all’urgenza e accelerazione che il ministro Salvini, e Forza Italia, stanno dando al ponte sullo Stretto.

    Senza entrare nel merito di una questione che si trascina da anni, e che è stata e sarà fonte di molte polemiche, vogliamo solo ricordare al ministro che, ad oggi, Calabria e Sicilia sono in gran parte prive di strade e linee ferroviarie adeguate e che sarebbe il caso di cominciare a risolvere, prima di tutto  e cioè prima del ponte sullo stretto, questo problema.

    Ricordiamo al ministro come molte scuole ed università siano ad alto rischio crolli, quanto è recentemente avvenuto in Sardegna è stato preceduto da altri eventi simili, pertanto la messa in sicurezza di questi edifici, su tutto il territorio nazionale, è una priorità per studenti ed insegnanti e sarebbe un notevole volano, in tutta Italia, per l’edilizia.

    Lo stesso problema di mancanza di sicurezza dopo i controlli, per altro non completi, effettuati dopo il crollo del ponte di Genova, esiste per molti ponti e cavalcavia, sempre più fatiscenti, e che ogni giorno sono percorsi da decine di migliaia di automobilisti.

    Nell’emergenza dovuta alla carenza d’acqua vogliamo credere che al ministro non sarà sfuggito quanto si denuncia da molti, troppi anni, e cioè le condizioni fatiscenti nelle quali versa la rete idrica nazionale con un sperpero di almeno il 40% dell’acqua potabile, acqua irrimediabilmente perduta, e il danno dovuto alla mancanza di quei bacini di contenimento dell’acqua l’assenza dei quali ha ulteriormente messo in ginocchio la nostra agricoltura  questa estate e per questo è necessario un azione urgente da parte del governo.

    Vogliamo credere che a nessuno sfugga quali sono le priorità per gli italiani.

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