scuola

  • ANMVI porta One Health nelle scuole

    Per il dodicesimo anno, la didattica veterinaria entra nelle scuole primarie e medie di tutta Italia. Anche l’anno scolastico 2022-2023 porterà i Medici Veterinari di Anmvi – Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani – nelle classi elementari e medie di tutta Italia per un nuovo progetto educational.

    Le direzioni scolastiche potranno ospitare a costo zero docenze veterinarie e materiali didattici per diffondere la cultura della relazione responsabile con gli animali. Quest’anno il progetto si intitola “Una Zampa in famiglia 3 – Con Zampa, a lezione di One Health”. I personaggi Zampa, Lillo e Mimì educheranno gli alunni al concetto One Health, grazie alla presenza di Medici Veterinari docenti che parleranno ai bambini dell’importanza di vivere in un ambiente sano, in cui ogni elemento, vivente e non vivente, partecipa al gioco della vita e contribuisce alla salute di tutti. Le parole chiave di questo anno scolastico saranno: Ambiente, Multiformità, Rispetto e Salute Unica. In totale sul territorio nazionale saranno finanziati 125 docenze Veterinarie, grazie al contributo non condizionante di MSD Animal Health.

    Per partecipare è richiesto l’invio del modulo “Richiesta di adesione al progetto Una Zampa in famiglia 3”. Insieme al modulo, nella stessa mail, andranno inviati il proprio curriculum vitae e la tabella Excel “Zampa 3 tabella vet” compilata , nello stesso formato (excel) con cui è stata ricevuta. Tramite questo modulo il veterinario indicherà non solo la propria richiesta di adesione, ma anche contemporaneamente l’interesse della/e scuola/e che avrà/avranno potenzialmente aderito.

    Fonte: Ufficio Stampa Anmvi

  • La giornata mondiale degli insegnanti per celebrare e riconoscere il loro ruolo cruciale

    In occasione della Giornata mondiale degli insegnanti, la Commissione sensibilizza il pubblico al ruolo fondamentale di insegnanti, formatori e dirigenti scolastici.

    Nel quadro di questa giornata, la rete Eurydice pubblica la relazione “Stipendi e indennità degli insegnanti e dei dirigenti scolastici 2021/2022”, dalla quale risulta che al di là delle condizioni di lavoro, delle prospettive di carriera, delle opportunità di sviluppo professionale e del riconoscimento, è la retribuzione a svolgere un ruolo sostanziale nell’attrarre le persone alla professione e nel garantire che gli insegnanti si sentano apprezzati e sufficientemente motivati per fornire un’istruzione di qualità.

    La relazione è accompagnata da schede per paese che illustrano i dati sugli stipendi e sulle indennità di insegnanti e dirigenti scolastici per ciascun sistema di istruzione.

    La Commissione attua una serie di azioni e iniziative complementari all’interno dello spazio europeo dell’istruzione per sostenere gli insegnanti lungo tutto l’arco della loro carriera, sia nella formazione iniziale sia nello sviluppo professionale continuo.

    Tali azioni comprendono la fondazione di 25 accademie degli insegnanti Erasmus+ entro il 2025 al fine di stabilire reti di istituti di formazione degli insegnanti, associazioni di insegnanti e parti interessate, aumentare il numero e la qualità dei periodi di mobilità degli insegnanti nell’ambito di Erasmus+, e attuare il premio europeo per l’insegnamento innovativo, volto a riconoscere il lavoro degli insegnanti e delle loro scuole.

  • Il Covid aumenta i Neet, 34% tra i 25-29enni e soprattutto tra le donne

    Istruzione e conoscenza aumentano, c’è un progresso nel bagaglio di competenze ma il ritmo è lento e l’Italia non riesce a portarsi ai livelli dei Paesi più moderni. In 20 anni – come spiega il report dell’Ocse ‘Education at a Glance – Uno sguardo sull’istruzione’ – il livello è aumentato più lentamente rispetto alla media dei Paesi dell’Organizzazione.

    Tra il 2000 e il 2021, la percentuale di giovani tra i 25 e i 34 anni con un’istruzione accademica è cresciuta in media di 21 punti percentuali, in Italia di 18, dal 10% nel 2000 al 28% nel 2021. L’Italia resta inoltre uno dei 12 Paesi in cui la laurea non è il titolo di studio più diffuso tra i gli under 34. Il Covid, poi, ha avuto un impatto pesante sulla formazione: è aumentata la quota dei Neet, i giovani adulti che non hanno un lavoro né studiano. Nella fascia 25 e 29 anni era al 31,7% nel 2020 e ha continuato ad aumentare fino al 34,6% del 2021, più giovani donne (il 39%) che uomini.

    Il ritardo dell’Italia viene da lontano: la quota di persone tra i 25 e i 64 anni è del 20%, meno della metà della media dei Paesi dell’Ocse. Eppure studiare conviene: “Il livello di istruzione – sottolinea il rapporto, che fotografa il grado di salute della scuola e dell’università in 38 Paesi membri dell’Ocse e in alcuni Paesi partner –  influisce non solo sulle prospettive di occupazione, ma anche sui livelli salariali”. I laureati in media guadagno il doppio di quelli che non hanno un titoli di studio, in Italia poco meno, il 76% in più. Un discorso che sembra non valere tanto proprio per chi lavora nel mondo della scuola, perché le retribuzioni dei docenti si confermano più basse degli altri laureati (circa il 27% in meno in Italia, e un dato simile anche considerano il valore medio).

    Non è solo e non è tanto una questione di spesa, perché se è vero che investiamo il 3,8% del Pil – oltre un punto in meno rispetto alla media dei Paesi (4,9%) – in numeri assoluti per studente la spesa è pienamente nella media. L’importo totale del finanziamento per studente da 6 a 15 anni è 105.754 dollari, la media di 105.502. E’ ampio, invece, il divario nella spesa per l’istruzione universitaria, in Italia di 12.177 dollari, contro 17.559.

    I dati “sono lo scenario che ci siamo trovati di fronte quando è iniziata l’esperienza di governo, che va vista nella sua interezza, compreso il fatto che è stata troncata”, ha detto il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, che rivendica la riforma degli Its e la scelta di aver investito per l’infanzia 4,9 miliardi del Pnrr, ma si congeda con il rammarico di non aver potuto lavorare sulle scuole medie: “Non ci sono arrivato, avevo bisogno di 6 mesi”. “Sarebbe necessario – ha sottolineato Andrea Govosto, direttore della Fondazione Agnelli – ripensare cosa si insegna e come. E c’è l’esigenza di attrarre i migliori laureati”. Secondo Save the Children, che ha ospitato la presentazione del report, “l’analisi individua nodi critici che devono essere messi al centro dell’agenda del nuovo Parlamento e governo”.

  • Chi sevizia od uccide un animale è già un criminale e presto potrà diventare un assassino

    Ormai da tempo anche gli studi scientifici hanno rilevato come la maggior parte delle persone che commettono gravi violenze contro altri esseri umani abbiano, in precedenza, commesso atti violenti e crudeltà verso gli animali. Già dal 1996 l’Organizzazione Mondiale della Sanità aveva inserito, tra i disturbi comportamentali, il maltrattamento degli animali.

    In Italia l’associazione link-Italia si occupa di monitorare il legame tra devianze, violenze verso gli animali e violenza verso gli umani, spesso le violenze contro le donne ed i femminicidi sono preceduti da violenze contro gli animali, anche quelli di casa.

    Chi sevizia od uccide un animale è già un criminale e presto potrà diventare un violentatore e un assassino in una escalation di violenza verso chi è più debole ed indifeso. Per questo è molto importante che ciascuno di noi impari a non voltarsi da un’altra parte quando vede qualcuno che commette violenza contro un animale, ogni violenza va denunciata anche nella speranza di impedire un futuro delitto contro un essere umano.

    È molto importante che in famiglia e nella scuola si insegni il rispetto per tutto quello che è vivo intorno a noi, si ricreino le condizioni perché tutti tornino a provare sentimenti di empatia affinché nessuno ignori la sofferenza altrui.

    Siamo in una società difficile, spesso violenta e perciò proprio i bambini e gli adolescenti devono essere guidati, indirizzati sulla strada del rispetto dell’altro, in questi anni anche l’aumento del bullismo nelle scuole dimostra purtroppo come ci sia molto da ricostruire e costruire per arrivare ad una società meno permissiva e tollerante di fronte a tante violenze e tanti soprusi.

  • Mind the STEM gap, un’installazione alla Triennale di Milano per superare gli stereotipi di genere

    Si intitola Mind the STEM Gap – A Roblox Jukebox l’installazione interattiva ideata da Fondazione Bracco e progettata da Space Caviar, con la collaborazione di Joseph Grima, visitabile fino al 31 ottobre presso il giardino della Triennale di Milano. Un viaggio virtuale con la fisica Marie Sklodowska–Curie, le matematiche Ada Lovelace e Maria Gaetana Agnesi, la filosofa Elena Lucrezia Cornaro Piscopia, la botanica Anna Atkins, l’astronoma Annie Jump Cannon, ovvero una “Virgilia”, una scienziata del passato che si è distinta in quella disciplina per introdurre bambini e bambine, ragazzi e ragazze, uomini e donne alla scoperta della bellezza delle scienze. Attraverso un vero e proprio gioco, che utilizza la piattaforma Roblox, con tanto di joystick che aiuta a districarsi nell’affascinante percorso, il progetto contribuisce al superamento degli stereotipi di genere nelle materie STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics) incoraggiando il libero accesso ai saperi di bambine e ragazze e dialoga con i temi della 23ª Esposizione Internazionale di Triennale Milano dal titolo “Unknown Unknowns. An Introduction to Mysteries” (15 luglio – 11 dicembre 2022) curata da Ersilia Vaudo.

    Un’operazione prima di tutto culturale quella di avvicinare le bambine e le ragazze alle discipline scientifiche a partire da una nuova educazione delle famiglie che spesso ostacolano o non incentivano abbastanza le figlie ad intraprendere studi e professioni STEM, questo il claim dell’incontro di presentazione del progetto. “Dobbiamo costruire nuovi uomini e nuove donne, bisogna trasmettere alle ragazze la voglia di sapere fare tutto e la consapevolezza di poter arrivare dappertutto”, sottolinea Diana Bracco, Presidente dell’omonimo Gruppo chimico farmaceutico che da 95 anni sostiene il valore aggiunto che le donne apportano ad un settore come quello tecnico scientifico da sempre ritenuto appannaggio degli uomini.

    Secondo le statistiche, infatti, appena il 9% delle ragazze decide di intraprendere un percorso universitario tecnico scientifico che, seppur terminato brillantemente, le vede operare in posizioni di secondo piano rispetto ai colleghi maschi.

    Della necessità di un cambio di passo, compreso il modo di comunicare che deve adeguarsi ai tempi, ha parlato anche il Ministro dell’Università, Maria Cristina Messa, affermando come “i cambiamenti culturali sono sempre i più complessi e scuola e famiglia insieme sono fondamentali. Le donne sono un valore aggiunto, la concezione sul loro ruolo sta cambiando anche se un sondaggio IPSOS racconta che l’80% degli intervistati vede la donna ancora legata ala cura della famiglia. E’ necessario che le aziende attivino un progetto per l’integrità di genere per poter avere accesso ai fondi”.

    Un processo culturale sposato da tempo anche da Confindustria che, attraverso programmi mirati, trasmette a famiglie e ragazzi un nuovo storytelling sul modo in cui stanno cambiando il mondo del lavoro e l’occupazione. “Il nostro Paese è a vocazione imprenditoriale – sottolinei a Giovanni Brugnoli Vice Presidente per il Capitale Umano – e l’impresa è al centro del progetto didattico. Le discipline STEM sono il fulcro della crescita perché c’è bisogno di capitale umano aderente alle richieste del mercato. Quando le ragazze decidono di iscriversi alle discipline STEM si sono già svincolate da vecchie logiche”.

  • La Rete non può sostituirsi alla scuola

    Nell’ultimo concorso di selezione per posti di magistrato ordinario la commissione ha giudicato idonei solo 220 elaborati su 3797 e alcuni membri della stessa commissione hanno parlato di elaborati neppure valutabili perché privi dei requisiti minimi.

    Lingua italiana primitiva, nessuna logica argomentativa, errori concettuali ed errori di diritto e un altissimo numero di refusi hanno fatto scartare la maggior parte dei testi scritti, sono risultati  idonei solo il 5,7% degli elaborati con il risultato che all’orale si presenteranno meno candidati dei posti disponibili.

    Questa notizia, unita a quella di pochi giorni fa che sottolineava come il 51% dei quindicenni non sia in grado di comprendere completamente un testo scritto, deve indurre tutti ad una seria riflessione e a conseguenti immediate decisioni da prendere sulla scuola e sull’Università ma anche a ragionare sulle conseguenze di un uso eccessivo della rete che porta troppi all’incapacità di ragionamento. Non si leggono libri, non si leggono giornali, non si discute e non ci si confronta né in famiglia né a scuola.

    Il linguaggio è sempre più povero, le immagini sostituiscono le parole ed i contenuti, l’improvvisazione ed il pressappochismo si sono sostituiti allo studio ed all’analisi, la mancanza di concetti va di pari passo con la perdita delle più elementari nozioni di sintassi e di grammatica.

    Le conseguenze sono gravi perché anche la democrazia, la libertà di parola, la certezza della giustizia, la convivenza civile si basano su una maggior cultura e non, come sta succedendo, con una costante e pericolosa regressione culturale ed incapacità di ragionamento.

    Se una persona non è in grado di esprimersi in modo compiuto, di decodificare correttamente i messaggi, palesi o surrettizi, che arrivano da tutte le parti, false notizie comprese, questa persona non è più libera e se non è libera non sarà in grado di difendere se stessa, di comprendere gli altri, di vivere dando il suo contributo al rafforzamento della democrazia, unico strumento per mantenere la pace e raggiungere un autentico equilibrio nella società.

    L’ignoranza non è mai una scusa e diventa una colpa sopratutto di chi consente che intere generazioni siano state e siano di fatto escluse, emarginate o comunque più deboli per colpa di sistemi scolastici inefficienti e perché si è in gran parte lasciato ai sistemi informatici l’educazione culturale e sociale.

  • Afghanistan: The secret girls school defying the Taliban

    Hidden away in a residential neighbourhood is one of Afghanistan’s new “secret” schools – a small but powerful act of defiance against the Taliban.

    Around a dozen teenage girls are attending a maths class.

    “We know about the threats and we worry about them,” the sole teacher tells us, but she adds, girls’ education is worth “any risk”.

    In all but a handful of provinces in the country, girls’ secondary schools have been ordered to remain closed by the Taliban.

    At the school we visit, they’ve done an impressive job trying to replicate a real classroom, with rows of neat blue and white desks.

    “We do our best to do this secretly,” says the female teacher, “but even if they arrest me, they beat me, it’s worth it.”

    Back in March, it seemed as if girls’ schools were about to reopen. But just an hour or so after pupils began arriving, the Taliban leadership announced a sudden change in policy.

    For the students at the secret school, and many other teenage girls, the pain is still raw.

    “It’s been two months now, and still schools haven’t reopened,” one 19-year-old in the makeshift classroom told us. “It makes me so sad,” she added, covering her face with the palms of her hands to hold back the tears.

    But there’s also a mood of defiance.

    Another 15-year-old student wanted to send a message to other girls in Afghanistan: “Be brave, if you are brave no-one can stop you.”

    Primary schools for girls have reopened under the Taliban, and have in fact seen a rise in attendance following the improvement in security in rural parts of the country, but it’s not clear when or if older girls will be allowed back into class.

    The Taliban have said the correct “Islamic environment” needs to be created first, though given schools were already segregated by gender, no-one seems sure what that means.

    Taliban officials have repeatedly insisted in public that girls schools will reopen, but also admit that female education is a “sensitive” issue for them. During their previous stint in power in the 1990s, all girls were prevented from going to school, ostensibly due to “security concerns”.

    Now, multiple sources told the BBC, a handful of hardline but highly influential individuals in the group appear to still be opposed to it.

    In private, other Taliban members have expressed their disappointment at the decision not to open girls’ schools. The Taliban’s Ministry of Education seemed as surprised as anyone when the leadership overruled their plans in March, and some senior Taliban officials are understood to be educating their daughters in Qatar or Pakistan.

    In recent weeks, a number of religious scholars with links to the Taliban have issued fatwas, or religious decrees supporting girls’ right to learn.

    Sheikh Rahimullah Haqqani is an Afghan cleric, based largely across the border in Peshawar, Pakistan. He’s well-respected by the Taliban and on a trip to Kabul last month met senior figures within their government.

    He’s careful not to criticise the continued closure of schools but, speaking at his madrassa in Peshawar, with his mobile phone in hand, scrolls through the text of his “fatwa”, which shares decrees from earlier scholars and accounts from the life of the Prophet Muhammad.

    “There is no justification in the sharia [law] to say female education is not allowed. No justification at all,” he tells the BBC.

    “All the religious books have stated female education is permissible and obligatory, because, for example, if a woman gets sick, in an Islamic environment like Afghanistan or Pakistan, and needs treatment, it’s much better if she’s treated by a female doctor.”

    Similar fatwas have been issued by clerics in Herat and Paktia provinces in Afghanistan. It’s a symbol of how widespread support for girls’ education now is in the country, even amongst conservative circles, but it’s not clear how much of an impact the decrees will have.

    The Taliban have formed a committee to examine the issue, but multiple sources with links to the Taliban told the BBC that while even senior Taliban ministers were on board with the reopening of girls schools in March, opposition to it centred around the group’s leadership in the southern city of Kandahar, where the “Amir” or Supreme Leader, Mullah Haibatullah is based.

    After initially adopting a more flexible attitude when taking power last August, the Taliban have recently been issuing more and more hardline edicts, including making the face veil compulsory for women and encouraging them to stay at home.

    Meanwhile, their tolerance for dissent, even in their own ranks, is dissipating.

    One Taliban member with a large following on social media, had tweeted critically about the closure of girls’ schools, as well as new rules ordering government employees to grow their beards. However, according to one source, he was called in for questioning by the Taliban intelligence department, later deleting his tweets and apologising for his earlier comments on beards.

    There appears to be very little grassroots opposition to female education in Afghanistan, but some Taliban figures cite concerns about the Islamic State group using the issue as a recruitment tool, if girls’ schools are opened up.

    Western officials, however, have also made clear that progress on women’s rights is key for the Taliban to be able to access some of the billions of dollars of foreign reserves that are frozen.

  • I presidi propongono un codice redatto nelle scuole per le chat di classe

    Non abolirle ma regolamentarle. Utilizzarle sono per le emergenze ma, secondo Antonello Giannelli presidente dell’Associazione Nazionale Presidi (Anp), sulla base di un codice di autodisciplina redatto direttamente dalle scuole. Le chat di classe in questi giorni sono al centro di un ampio dibattito nel mondo della scuola A scatenarlo sono stati i dirigenti scolastici dell’Anp di Roma favorevoli alla revisione del Codice Deontologico e all’emanazione di un regolamento utile per le scuole di tutta Italia.

    Nei due anni di pandemia le chat sono diventate uno strumento indispensabile soprattutto nel rapporto tra docenti e genitori. Ma in altre situazioni l’uso distorto ha generato situazioni così eclatanti da essere pubblicate sulle pagine delle cronache nazionali. E’ il caso di un bambino di una scuola primaria di Pavia che sarebbe stato bullizzato da tre maestre colleghe della mamma. Vicenda finita con una denuncia ai Carabinieri e un esposto all’ufficio scolastico dopo la scoperta in un computer della scuola delle chat di WhatsApp fra le maestre in cui definivano il bambino ‘sporco’, ‘pirla’ e con altri pessimi appellativi. Ma non è una situazione isolata, un bambino autistico sarebbe stato denigrato a Roma dalle sue maestre sempre su una chat di WhatsApp. E ancora nella Capitale il caso delle presunte chat tra uno studente e la preside del liceo Montale.

    Per il presidente Nazionale dei Presidi (Anp) Antonello Giannelli “la tecnologia in sé non è mai negativa o positiva. Di conseguenza anche l’utilizzo delle chat può apportare vantaggi ma può anche prestarsi ad un uso distorto. È necessario capire che devono essere utilizzate in modo corretto e a questo proposito è fondamentale – puntualizza – la formazione di tutti i soggetti coinvolti”. Per Giannelli “un eventuale codice di autodisciplina” dovrebbe essere redatto direttamente dalle scuole. “Non dimentichiamo che – conclude – queste tecnologie sono di recente introduzione e non c’è ancora un patrimonio comune di comportamenti”.

    Mario Rusconi presidente Anp (Associazione Nazionale Presidi) di Roma è tornato a ribadire che “le chat di classe devo essere usate solo per le emergenze. Altrimenti stravolgono completamente il rapporto che ci deve essere con le famiglie”. A suo giudizio “le chat tra famiglie e insegnanti e tra insegnanti e studenti stanno dilagando e stanno creando una sorta di cortocircuito”. Tanti gli esempi quotidiani citati da Rusconi: “C’è il genitore che dice ‘perchè mio figlio ha preso 7 e non’ 8? oppure ‘perchè avete spiegato con due mesi di ritardo la perifrastica passiva’? ed ancora ‘perchè aveva cambiato posto a mio figlio?'”. “Non siamo abolizionisti – ci tiene a precisare Rusconi – semplicemente vogliamo una regolamentazione che non faccia scadere le chat in una sorta di continuo ping pong aggressivo”.

    Le chat di classe per il presidente Anp di Roma devono essere adoperate “in via solamente emergenziale quando succedono dei fatti molto gravi: la sera precedente alla partenza all’aeroporto una gita viene sospesa. Un ragazzo sta male, una classe ha avuto un incidente e così via”.

  • Afghanistan: Taliban backtrack on reopening high schools for girls

    The Taliban have reversed a decision to allow Afghan girls to return to high schools, saying a ruling is still to be made on the uniforms they must wear.

    Schools were set to open nationwide after months of restrictions since the Taliban seized power in August.

    But the education ministry abruptly announced girls’ secondary schools would stay shut, causing confusion.

    Some girls were in tears as parents and students reacted with anger and disappointment to the last-minute move.

    Many had earlier talked of how happy and excited they were to be back in the classroom.

    The decision came a week after the education ministry announced schools for all students, including girls, would open around the country on Wednesday.

    “We inform all girls’ high schools and those schools that [have] female students above class six that they are off until the next order,” the notice said.

    The notice added schools would reopen after a decision over the uniform of female students was made in accordance with “Sharia law and Afghan tradition”.

    A man who did not want to be identified told the BBC his daughter had been in shock and in tears since being refused entry by Taliban officials into the school this morning.

    “If anything happens to my daughter, I will not forgive the Taliban,” he said.

    Activist Mahouba Seraj, founder of the Afghan Women’s Network, was bemused by the U-turn.

    “The excuse they gave was ‘you don’t have the proper hijab on’. There was no ruling, they just decided this morning that the hijab was not proper, for whatever reason,” she told the BBC.

    She said girls’ “school uniforms in Afghanistan are pretty covered up, always”. Secondary schools in Afghanistan are already segregated by gender.

    One of the demands of the international community was for the Taliban to grant women and girls the right to education before being able to access foreign aid.

    Ms Seraj said: “What I want to hear from them and see from them is for them to stand fast and say ‘okay, this is what you decided to do? Well, this is what we have decided to do: no recognition, no money. Period!'”

    The United Nations mission in Afghanistan said it “deplores today’s reported announcement by the Taliban”.

    US diplomats said closing schools undermined confidence in Taliban commitments and assurances.

    It “further dashes the hopes of families for a better future for their daughters,” US special envoy Rina Amiri tweeted.

  • 15 milioni di EUR nell’ambito di Erasmus+ per sostenere la formazione degli insegnanti con le accademie degli insegnanti Erasmus+

    La Commissaria Gabriel ha lanciato i primi progetti selezionati nell’ambito delle nuove accademie degli insegnanti Erasmus+. Beneficiando di 15 milioni di EUR provenienti dal bilancio di Erasmus+ nell’arco di 3 anni, gli 11 progetti offriranno agli insegnanti in tutte le fasi della loro carriera opportunità di apprendimento che comprendono la mobilità, le piattaforme di apprendimento e le comunità professionali. Le accademie degli insegnanti Erasmus+ sono partenariati europei tra erogatori di formazione per insegnanti che svilupperanno una prospettiva europea e internazionale nella formazione degli insegnanti. Queste accademie svilupperanno un approccio orientato al multilinguismo, alla consapevolezza linguistica e alla diversità culturale, promuoveranno la formazione degli insegnanti in linea con le priorità dell’UE in materia di politica dell’istruzione e contribuiranno alla realizzazione degli obiettivi dello spazio europeo dell’istruzione. I primi progetti selezionati comprendono 182 organizzazioni da 23 paesi. Delle 182 organizzazioni partecipanti, 43 sono erogatori di formazione iniziale per insegnanti, 24 sono fornitori di sviluppo professionale continuo, 47 sono scuole di formazione pratica e 68 rappresentano altre organizzazioni con competenze in materia di formazione degli insegnanti e/o enti che definiscono gli standard, le qualifiche o la garanzia di qualità della formazione e della ricerca degli insegnanti. Un nuovo invito a presentare proposte per un maggior numero di progetti nell’ambito delle accademie degli insegnanti Erasmus+ sarà aperto dal 15 marzo al 7 settembre 2022.

    Fonte: Commissione europea

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