silenzio

  • Il colpevole silenzio istituzionale

    Per oltre quarant’anni il confronto tra i negazionisti delle Foibe e le vittime della furia titina ha rappresentato uno dei dibattiti più accesi e controversi all’interno della lettura della Seconda guerra mondiale.

    La peggiore sinistra di sempre, quella massimalista, per quarant’anni ha sempre negato l’esistenza delle stesse Foibe ed ancora oggi organizza, con la complicità dell’Anpi, congressi all’interno dei quali vengono ospitati appunto esponenti del negazionismo dello sterminio degli italiani.

    Pur esprimendo il massimo disprezzo intellettuale verso queste posizioni politiche che sostengono questa posizione negazionista, tuttavia nessuno ha mai pensato di vietare la loro libera espressione di pensiero. Piuttosto si sono solo contestati l’utilizzo dei finanziamenti pubblici a favore di queste associazioni che appoggiano il negazionismo del dramma degli infoibati.

    Il medesimo approccio intellettuale vale per gli ex brigatisti i quali, dopo avere scontato la propria pena, hanno il diritto di esprimere le proprie opinioni: sempre al di fuori di contesti pubblici o di associazioni che ricevano finanziamenti statali, come recentemente si era verificato all’interno di un ateneo.

    Questo “doloroso ed impegnativo” riconoscimento della libertà di pensiero sempre valido anche per esponenti intellettualmente disprezzabili, non è stato apprezzato come massima espressione del senso Democratico della Libertà.

    Ora, addirittura in un colpo solo, viene cancellato ogni valore democratico dalla proposta decisamente eversiva espressa da Bonelli, il quale intende inserire il reato d’opinione relativo al negazionismo ambientale.

    Un reato di opinione che porterebbe il nostro Paese indietro di settant’anni anni e il cui solo accenno avrebbe dovuto scatenare immediatamente le ire delle massime cariche istituzionali, a cominciare dal Presidente della Repubblica, della Camera e del Senato.

    Viceversa il silenzio istituzionale che rimbomba nel nostro Paese testimonia un supino assenso all’introduzione di questo reato di opinione, e contemporaneamente il sostegno ad un processo che vede un sistema democratico declinare verso uno stato etico all’interno del quale i diritti vengono riconosciuti se, e solo se, aderenti ai principi ed ai paradigmi statali.

    Mai come ora il silenzio delle massime autorità istituzionali e di una ampia parte dello schieramento politico di fronte ad un rigurgito eversivo, simbolo di un nuovo autoritarismo etico, si trasforma in una supina forma di complicità.

    Questo silenzio esprime, quindi, una inconfessabile forma di sostegno politico al nuovo autoritarismo etico.

  • Zitta!

    Che cosa vuole dire che contestare è un diritto? Quando si travalicano i limiti e si trasforma il proprio dissenso in un atto di pura violenza?

    Non dovrebbe essere difficile capirlo e ciò senza tirare in ballo l’intera cultura costituzionale.

    Basterebbe applicare il principio morale secondo il quale non si deve fare agli altri quello che non vorremmo fosse fatto a noi.

    Proviamo ad immaginare se, invece della ministra Roccella, fosse stata una esponente della parte avversa ad essere svillaneggiata: le contestatrici avrebbero ritenuto accettabile che venisse zittita? Certo che no. Ma, purtroppo, non per difendere una visione democratica, liberale della vita. Giusto per il contrario: per rivendicare la pretesa ad essere le sole autorizzate ad aprire bocca; le uniche le cui idee meritano di essere difese e divulgate.

    Come disse un Presidente della Repubblica, non da tutti amato, mi viene a questo punto da ripetere: “Non ci sto”.

    E’ per questo che rivendico il diritto a contestare la vostra contestazione arrogante e fanatica e, parafrasando uno slogan genitale a voi certamente noto, mi sorge spontaneo affermare che “il cervello è mio e lo gestisco io”. Vi piacciano o meno le mie idee e la pluralità delle voci che vorrei continuare ad ascoltare per informarmi.

  • Solitudine e silenzio

    Sono due situazioni complementari, che si possono integrare completamente, o che possono rivelarsi separatamente. Corrispondono quasi perfettamente alla mia natura. Le chiacchiere, dopo averne sentite moltissime durante i vari periodi della mia vita, ora mi disturbano. La retorica, dopo averla assimilata da mattino a sera durante il periodo fascista, non la sopporto più. Una volta la ammiravo per la sua capacità di rendere gradevole e accettabile a volte, il banale e l’incognito. I talk show mi annoiano. Gli oratori sono quasi sempre gli stessi e parlano di tutto, non solo di ciò di cui sarebbero competenti.

    La solitudine è la dieta dell’anima, disse qualcuno, ma Baudelaire aggiunse che la moltitudine e la solitudine sono termini uguali e convertibili per il poeta attivo e fecondo. Chi non sa popolare la propria solitudine, nemmeno sa essere solo in mezzo alla folla affaccendata. Sarà vero che essere soli è il destino di tutti i grandi spiriti? Un destino a volte deplorato, ma sempre scelto come il minore di due mali. Dentro di me, tuttavia, hanno sempre un’eco i versi di Quasimodo, quando afferma:

    Ognuno sta solo sul cuore della terra
    trafitto da un raggio di sole:
    ed è subito sera.

    Ecco, senza quel raggio la solitudine sarebbe buio e morte.

    Il silenzio, invece, è splendore dei forti, rifugio dei deboli – direbbe De Gaulle. Ma è proprio così? Gli risponde Anton Cechov che afferma: “In generale una frase per bella e profonda che sia, agisce soltanto sugli indifferenti, ma non sempre può appagare chi è felice o infelice. Perciò, suprema espressione della felicità, o dell’infelicità, appare più spesso il silenzio. Si può provare questa sensazione e vivere questa situazione quando si fa una solitaria su di una parete di roccia. Il silenzio allora è anche parlante. Ci dice la gioia di arrampicare e l’enfasi dell’ascesa, l’accettazione dello sforzo fisico e il tripudio dell’arrivo in vetta. Comunque sia, solitudine e silenzio vanno spesso di pari passo e aiutano a sconfiggere la lucida disperazione umana. La loro interscambiabilità li rende elementi connaturati all’animo umano. Quante volte, in solitudine, mi sento circondato dal silenzio parlante delle ombre che mi circondano. Con loro dialogo e vado ai ricordi, che rendono eterno ciò che abbiamo felicemente o infelicemente vissuto. La mia solitudine è popolata dalle anime di coloro che sono scomparsi, il mio silenzio è rotto dalla loro memoria. E solitudine e silenzio diventano parte di me stesso per riuscire ad essere al tempo stesso solo e insieme a chi non c’è più, silenzioso, ma dialogando con le loro ombre.

    Si, la solitudine ed il silenzio mi sono connaturali, non solo perché, con lo spirito, solo e silenzioso non sono mai, ma anche perché, fisicamente, godo le passeggiate solitarie nelle foreste del Lussemburgo, o nei boschi delle Dolomiti di Brenta, dove il silenzio della natura crea magie insospettabili e richiami all’infinito. Solitudine uguale a pace, silenzio uguale a quiete e tranquillità.

    Bella la solitudine in ascolto del silenzio siderale mentre si guardano le stelle luminose e la luna rosa di queste notti. Bello il silenzio nella solitudine del cielo nelle mattine di primavera. Solitudine e silenzio! Due doni impagabili, due condizioni da vivere, due situazioni da godere.

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