Nel “lontano” 2007 Apple reinventò completamente il telefono, destinato a diventare in pochi anni uno strumento di connessione globale anche attraverso l’introduzione della tastiera touch.
In pochi anni i due leader del mercato di inizio millennio, Nokia e BlackBerry, incapaci di leggere le potenzialità della nuova tecnologia, hanno visto ridursi in poche stagioni la propria quota di mercato, fino alla loro inevitabile uscita dal mercato.
Attualmente, nel solo primo trimestre del 2024,le spedizioni globali di smartphone sono aumentate del 7,8% rispetto allo stesso periodo del 2023, con 289,4 milioni di dispositivi, e sono Samsung ed Apple a detenere le maggiori quote del mercato globale.
Nel 1997, Toyota lanciò la Prius, prima autovettura elettrica in pochi anni diventata una icona del politicamente corretto e delle forze politiche che amano definirsi “progressiste e moderne”. Del successo “naturale” (inteso come semplice scelta dei consumatori), ad oltre ventisette anni dall’inizio di una potenziale elettrificazione della mobilità su gomma, la quota di mercato detenuta dalla trazione elettrica si aggira attorno al 10% delle vendite globali.
Tuttavia questa quota di mercato (10%) è stata raggiunta unicamente attraverso l’impegno di migliaia di miliardi dei bilanci pubblici, finalizzati a favorirne la produzione da una parte e dall’altra la vendita di queste autovetture.
Paradossale, poi, se si considera che buona parte della produzione di autoveicoli elettrici provenienti dalla Cina veda non solo le prime cinque aziende partecipate direttamente dallo Stato, ma soprattutto l’utilizzo di quella energia necessaria per la produzione direttamente fornita dalle centrali a carbone.
Prova ne sia che attualmente alla Repubblica cinese venga attribuita una quota di emissioni superiore a tutta quella del mondo occidentale.
Risulta quindi, non solo finanziariamente, suicida continuare in questo cieco ed ideologico sostegno, e con risorse pubbliche, a favore di una transizione elettrica in quanto aumentano le emissioni globali, una follia che vede la propria massima espressione nel divieto nel 2035 imposto dalla Comunità europea della vendita dei motori endotermici.
Per di più, uno sforzo che ha come ridicolo obiettivo quello di ridurre una quota già risibile dell’inquinamento totale, cioè il solo 1% che viene imputato all’autotrazione (*). Prova ne è che il punto di pareggio in relazione alle emissioni tra il ciclo produttivo delle auto elettriche e quelle a motore endotermico trova il punto di equilibrio solo una volta raggiunti i 100/120.000 km. Senza dimenticare come la composizione di queste emissioni da autotrazione risulti per lo più attribuibile soprattutto alla resistenza al rotolamento dei pneumatici ed all’utilizzo dei freni piuttosto che alle emissioni dei motori endotermici.
Tornando, quindi, al quadro comparativo queste semplici considerazioni relative ai diversi esiti nelle scelte del mercato sulle due tipologie di innovazione (ammesso e non concesso che l’auto elettrica rappresenti una innovazione) dimostrano come il processo di elettrificazione della mobilità risulti solo l’espressione di un disegno politico ed ideologico al quale si aggiunge quello speculativo.
Un processo che ha fatto della auto elettrica l’icona di una parte dello schieramento politico europeo, quello stesso orfano da decenni di una ideologia massimalista di riferimento dopo la caduta del muro e Berlino, e della quale si è appropriata.
In altre parole, in rapporto alle risorse pubbliche utilizzate a favore di questa elettrificazione (sia per quanto riguarda la produzione che l’acquisto) e gli esiti del mercato probabilmente la sanità sarebbe stata un settore molto più strategico verso il quale dirottare queste ingenti risorse pubbliche, le quali stanno continuando a diminuire, specialmente del nostro Paese.
Questa deriva elettrica assolutamente ideologica e priva di una sostenibilità economica, la cui produzione non fa che aumentare le emissioni, porterà inoltre ad una ulteriore desertificazione industriale e conseguente perdita del posto di lavoro in quelle economie occidentali le quali ancora oggi detengono i piu importanti primati nei motori endotermici e che assicurano oltre 1.000 miliardi di tasse e milioni di posti di lavoro.
Il mercato, in altre parole, non avendo recepito la visione ideologica e politica di una classe politica in relazione alla mobilità elettrica e falsamente sostenibile, ha già dimostrato di essere molto più “smart” dell’intera classe politica italiana ed europea.