Persino la scelta del logo è stata oggetto di personali interessi attraverso il tentativo di influenzare l’esito telefonico, e questo è stato il primo atto della tragedia greca delle Olimpiadi in Italia: “Olympicus, ᾿Ολυμπικός in greco antico”.
Partendo dalla scelta banale del logo delle prossime Olimpiadi invernali 2026, attribuita all’esito di un improbabile televoto, fin dall’inizio si è cercato di inserire le proprie personali influenze con l’obiettivo di modificarne l’esito. Si possono solo immaginare con questo modus operandi quale sia stata la ratio del resto delle successive decisioni strategiche ed operative nel percorso verso il 2026.
L’influenza personale compare quindi fin dall’inizio nella procedura decisionale istituzionale della fondazione, partendo appunto dal suo primo atto, come appunto la scelta del logo.
In questo contesto, allora, ogni singola decisione e soprattutto la sua difesa ad oltranza anche oltre ogni ragionevole giustificazione, come quella della realizzazione della pista di bob a Cortina d’Ampezzo, potrebbe risultare viziata da interessi personali come di gruppi di pressione.
Infatti, dopo i primi bandi, andati deserti, che prevedevano un importo per la realizzazione della pista di bob a Cortina d’Ampezzo di 120 milioni, pur di mantenere all’interno della Conca Ampezzana la competizione olimpica del bob venne varato un progetto light del valore di circa 81,6 milioni.
Il secondo bando “emergenziale” prevedeva un impianto infrastrutturale meno impattante rispetto al progetto originale, il senso del termine light, e quindi meno oneroso.
Viceversa, risultano già ad oggi oltre 125 i milioni necessari per la realizzazione dell’impianto, anche se nella versione light, in più con il beneficio della mancanza di vincoli ambientali che la procedura d’urgenza assicura.
Le responsabilità sono ormai ipotizzabili ad ogni livello, sia regionale che nazionale, alle quali tutti hanno concorso per l’interesse dei singoli esponenti istituzionali come dei presidenti degli enti competenti, tutti avvinti da un narcisismo politico senza precedenti.
Il danno immediato ed immenso è rappresentato dal taglio di cinquecento (500) larici secolari, già purtroppo operativo, al quale si replica che ne verranno piantumati diecimila (10.000) di nuovi alberi.
In considerazione del fatto che ogni ettaro permette la piantumazione di duecentosettantadue (272) piante, saranno quindi necessari 36,7 ettari per piantare 10.000 alberi: una superficie immensa di oltre 367.000 metri quadrati.
Una affermazione che delinea la competenza del suo autore (il presidente del Veneto) in quanto si giustifica l’abbattimento di un patrimonio secolare sostituendolo con un ipotetico immenso bosco in una realtà montana che paga da decenni l’avanzamento boschivo.
Con il tempo dovrà essere quantificato anche il danno di immagine per il nostro Paese legato alla rappresentazione di questa orgia di potere che nella realizzazione della pista di bob ha subito, come certificato dalle perentorie prese di distanza del Cio dal delirio di onnipotenza dimostrato dai diversi organi istituzionali competenti.
Usando un’iperbole, cioè una figura retorica, il sindaco di Cortina d’Ampezzo con l’intera giunta in carica, proprio per salvaguardare il patrimonio ampezzano, dovrebbero chiedere da subito il fermo immediato dei lavori e contemporaneamente l’annullamento delle competizioni di bob slittino e skeleton nella conca ampezzana, concentrandosi sulle discipline di sci alpino femminile e curling.
Successivamente dovrebbero essere valutate le condizioni per aprire una causa di risarcimento danni nei confronti degli imputati di oggi ma anche nei confronti delle istituzioni regionali e nazionali, compresi i diversi presidenti degli enti, per aver trascinato il nome di Cortina d’Ampezzo in questo disastro epocale, non solo di natura comunicativa e di immagine ma anche sostanziale.
Il danno arrecato all’intero complesso degli sport invernali, e alle diverse località montane ed a Cortina d’Ampezzo in primis, dalla gestione delle Olimpiadi 2026 risulta a tutt’oggi incalcolabile, ma di certo farà sentire i proprie effetti nelle prossime stagioni.
In ultima analisi, la vicenda del logo rappresenta il primo atto di una occasione persa, come potevano risultare le Olimpiadi invernali 2026.