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  • REACT-EU: 4,7 miliardi di euro per sostenere l’occupazione, le competenze e le persone più bisognose in Italia

    La Commissione ha concesso 4,7 miliardi di € all’Italia a titolo di REACT-EU per sostenere la risposta del paese alla crisi del coronavirus e contribuire a una ripresa socioeconomica sostenibile.

    Il nuovo finanziamento è il risultato della modifica di due programmi operativi del Fondo sociale europeo (FSE) e del Fondo di aiuti europei agli indigenti (FEAD). Il programma nazionale FSE dell’Italia dedicato alle “Politiche attive per l’occupazione” riceverà 4,5 miliardi di euro per sostenere l’occupazione nelle zone più colpite dalla pandemia. I fondi supplementari contribuiranno ad aumentare le assunzioni di giovani e donne, consentiranno ai lavoratori di partecipare alla formazione e sosterranno servizi su misura per le persone in cerca di lavoro. Contribuiranno inoltre a proteggere i posti di lavoro nelle piccole imprese delle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna.

    In particolare:

    1. per sostenere l’occupazione l’Italia utilizzerà 2,7 miliardi di euro per ridurre del 30% le imposte versate dai datori di lavoro sui contributi previdenziali. Le piccole imprese delle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna beneficeranno di tale riduzione se il lavoratore conserverà l’occupazione per almeno nove mesi dopo il periodo per il quale è richiesta l’agevolazione;
    2. per promuovere l’occupazione giovanile l’Italia investirà 200 milioni di euro per ridurre i contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro che, nel 2021 e nel 2022, assumeranno persone di età inferiore ai 36 anni con contratti a tempo indeterminato. È compresa la conversione dei contratti a tempo determinato. Un importo supplementare di 37,5 milioni di euro sarà utilizzato per sostenere i datori di lavoro che assumono donne e si tratterà anche in questo caso di un sostegno che ridurrà i contributi previdenziali;
    3. il “Fondo nuove competenze” riceverà un sostegno pari a 1 miliardo di euro; tale iniziativa associa la necessità di ridurre le conseguenze dell’emergenza del coronavirus sull’occupazione con la formazione dei lavoratori, finanziando le ore non lavorate (ad esempio a causa di difficoltà dell’impresa) a condizione che siano utilizzate dai lavoratori per frequentare corsi di formazione;
    4. l’Italia utilizzerà inoltre 500 milioni di euro per rafforzare e modernizzare la rete di servizi pubblici per l’impiego per attuare politiche attive del mercato del lavoro. Grazie a questo investimento, le persone in cerca di lavoro, in particolare i disoccupati di lunga durata, potranno concludere un contratto su misura con i centri per l’impiego, cosa che li aiuterà a trovare un’occupazione in base alle loro esigenze e alle competenze che possiedono;
    5. infine, 81,7 milioni di euro aiuteranno le autorità italiane a preparare, gestire, controllare e valutare i nuovi programmi;
    6. oltre ai nuovi finanziamenti dell’FSE, il programma nazionale italiano FEAD riceverà 190 milioni di euro per fornire aiuti alimentari alle persone bisognose. La domanda di aiuto per accedere a un’alimentazione sana e sufficiente è cresciuta notevolmente da quando è iniziata la crisi del coronavirus. Circa 10.000 organizzazioni partner in Italia forniranno pacchi alimentari più numerosi e di migliore qualità ad almeno 2,5 milioni di persone bisognose, oltre che migliori servizi sociali per i destinatari;

    Quale componente di NextGenerationEU, REACT-EU fornisce un’integrazione di 50,6 miliardi di euro in finanziamenti aggiuntivi (a prezzi correnti) ai programmi della politica di coesione nel corso del 2021 e del 2022. Le misure si concentrano sul sostegno alla resilienza del mercato del lavoro, all’occupazione, alle piccole e medie imprese e alle famiglie a basso reddito. Contribuiscono inoltre a predisporre basi che possano far fronte alle esigenze future per le transizioni verde e digitale e per una ripresa socioeconomica sostenibile, conformemente agli obiettivi di REACT-EU e alle raccomandazioni specifiche per paese del 2020 formulate per ciascun paese interessato nel contesto del semestre europeo.

    Tali risorse aggiuntive dovrebbero essere utilizzate per progetti che promuovano le capacità di superamento degli effetti della crisi nel contesto della pandemia di coronavirus, come anche per investimenti in operazioni che contribuiscano a preparare una ripresa verde, digitale e resiliente dell’economia.

    REACT-EU è entrato in vigore il 24 dicembre 2020 e può finanziare spese retroattivamente dal 1º febbraio 2020 al 31 dicembre 2023.

    I fondi REACT-EU integrano le risorse che l’Italia riceve dal dispositivo per la ripresa e la resilienza.

    Fonte: Commissione europea

  • Richard Nixon fece un grosso pateracchio 50 anni fa, cancellando il gold standard e introducendo la fluttazione dei cambi

    Riceviamo e pubblichiamo un articolo di Mario Lettieri e Paolo Raimondi pubblicato su ItaliaOggi il 14 agosto 2021

    Sono passati cinquant’anni dal discorso tenuto dal presidente Richard Nixon il 15 agosto 1971 in cui annunciava misure radicali per il futuro dell’economia e della politica mondiale. Non c’è, però, nulla da festeggiare. Infatti, allora si decise la fine del gold standard. Da quel momento il dollaro non sarebbe stato più convertibile e rimborsabile in oro. In teoria, fino a quel giorno i Paesi con riserve in dollari potevano in ogni momento richiedere la loro riconversione in oro. Gli Usa tornarono liberi di «stampare moneta» senza l’obbligo di possedere una quantità d’oro pari ai biglietti verdi in circolazione.

    Fu accantonato anche il regime dei cambi fissi, che regolava i rapporti tra le maggiori monete, uno dei pilastri del sistema di Bretton Woods, realizzato nella cittadina del New Hampshire nel 1944. Nel sistema monetario internazionale s’introdusse, invece, il cambio fluttuante, che è stato ed è sempre sotto la minaccia della speculazione dei mercati valutari. Purtroppo fu anche l’inizio della «deregulation».

    Negli Usa furono congelati anche i salari e i prezzi per 90 giorni, con una sovrattassa del 10% sulle importazioni. I controlli sui prezzi bloccarono temporaneamente l’inflazione, che, però, ritornò poco dopo più forte di prima.

    Con la decisione unilaterale di far fluttuare il cambio del dollaro si aprì un periodo d’instabilità che portò alla svalutazione della valuta americana, che favorì i conseguenti shock petroliferi del 1974 e del 1979 e, alla fine degli anni settanta, portò i tassi di interesse della Federal Reserve al 20%. Fu uno choc economico globale senza precedenti.

    L’intento di Nixon era quello di indurre i Paesi industrializzati a rivalutare le loro monete rispetto al dollaro per ridurre il crescente deficit della bilancia dei pagamenti americana. Gli effetti, però, furono fuori controllo e incalcolabili. Le cose andarono diversamente. Le nuove «regole del gioco» spianarono la strada alla globalizzazione della finanza.

    È vero che la situazione economica americana non era più sostenibile, anche per i debiti dovuti alle spese della guerra in Vietnam. Le stesse riserve auree erano scese dai 24 miliardi di dollari del 1948 ai 10 del 1971.

    Da quel momento gli Stati Uniti hanno affrontato i loro deficit di bilancio e le loro spese crescenti stampando sempre più dollari. Anzi hanno inondato il mondo di dollari. Nel 1971 in Usa il rapporto debito pubblico/pil era di 36,2%. Oggi ha superato il 135%. In realtà, si dovrebbero aggiungere i debiti dei due giganti immobiliari pubblici, Freddie Mac e Fannie Mae, che furono causa non secondaria della crisi del 2008.

    Da cinquant’anni l’America ha vissuto al di sopra delle proprie possibilità. Per gestire un debito crescente e una situazione finanziaria sempre più malata, gli Usa hanno cambiato nel tempo molte altre norme, abbattendo l’intero apparato di regole realizzate dal presidente Franklin Delano Roosevelt per superare la Grande Depressione del ’29. In particolare nel 1998 fu accantonato il Glass Steagall Act, la legge del 1933, che stabiliva la separazione bancaria tra le banche commerciali e quelle d’investimento, proibendo alle prime di usare i depositi e i risparmi dei cittadini in operazioni finanziarie speculative e ad alto rischio.

    Dopo la Grande Crisi del 2008, dopo i giganteschi quantitative easing finanziari, le tante sfide planetarie e l’attuale crisi pandemica ed economica, dovrebbe essere chiaro che, per evitare pericolose guerre tra le valute, si dovrebbe costruire un nuovo accordo internazionale anche nel campo monetario. Potrebbe essere un sistema multipolare basato preferibilmente su un «paniere stabile di monete». Purtroppo questo problema non è stato ancora risolto!

    Nel discorso del 1971 lo stesso Nixon parlò della «necessità urgente di creare un nuovo sistema monetario internazionale». Forse era consapevole più degli altri della gravità della sua decisione.

    *già sottosegretario all’Economia **economista

  • Stangata carte di credito e bancomat, fino a 85 euro l’anno

    Riceviamo e pubblichiamo un articolo di Wall Street Italia del 13 agosto 2021

    La gestione di una carta di credito arriva a costare fino a 85 euro all’anno tra canoni, costi di attivazione e gli altri balzelli, con una spesa media annuo in crescita del +8,5% nell’ultimo biennio. Lo rimarca Consumerismo No profit, che segnala i pericoli insiti nel “Piano cashless” avviato dal Governo.

    Il canone mensile sul carte di credito applicato da banche e società finanziarie va da un minimo di 0 euro a un massimo di 6,30 euro, a seconda del tipo di carta utilizzata. Tale canone mensile è spesso gratuito solo per il primo anno di emissione della carta, mentre per i successivi periodi viene applicato un costo, aggiornato di anno in anno. A tale spesa, aggiunge Consumerismo, si aggiungono i costi di attivazione ed emissione della carta, che possono raggiungere i 10 euro e, quando si effettua un prelievo con carta di credito presso gli sportelli Atm, si va incontro a commissioni pari al 4%, che raggiungono addirittura il 5,2% in caso di prelievi all’interno di un paese extra Ue (circa il 4% in area Ue).

    A tali spese occorre poi aggiungere i costi per blocco o sostituzione della carta in caso di furto o smarrimento, quelli di ricarica per le carte prepagate, invio dell’estratto conto cartaceo, commissioni di cambio valuta applicate nei casi di pagamenti effettuati all’estero, ecc.

    Non va meglio sul fronte del Bancomat – aggiunge Consumerismo – il canone annuale di tale strumento può anche arrivare a 45 euro, e se si decide di prelevare da uno sportello ATM diverso da quello della banca presso la quale si ha il conto corrente, la commissione su ogni prelievo è pari a 1,83 euro.

    “Il piano del Governo per disincentivare i pagamenti in contanti rischia di tradursi in una stangata per i consumatori, mentre il Bonus Pos recentemente varato dall’esecutivo va ad unico vantaggio dei negozianti e non risolve il problema degli eccessivi costi di carte di credito e bancomat – afferma il presidente di Consumerismo, Luigi Gabriele – Una beffa per gli utenti che da un lato sono spinti a eseguire pagamenti elettronici, dall’altro devono affrontare costi crescenti per carte e bancomat, quando invece denaro elettronico e contanti dovrebbe coesistere all’interno del mercato.”

    “Chiediamo a Bankitalia e Ministero dell’economia di intervenire per creare una infrastruttura che abbatta le commissioni interbancarie sui pagamenti elettronici, e azzeri balzelli e costi assurdi applicati dalle banche su carte di credito e bancomat”, conclude Gabriele.

     

  • Da Bruxelles arrivano i primi 24,9 mld per l’Italia

    “Oggi i primi fondi NextGenerationEU all’Italia danno il via a una ripresa duratura per il Paese. Il piano di ripresa italiano, Italia Domani, ha l’ambizione necessaria per fare dell’Italia un motore per la crescita di tutta l’Unione europea. Un’Europa forte ha bisogno di un’Italia forte”. Lo scrive su Twitter Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea. Nel tweet un’infografica in cui campeggia la cifra di 24,9 miliardi di euro (un pre-finanziamento pari al 13% del Pnrr).

    Da Wall Street Italia del 13 agosto 2021

  • L’integralismo digitale

    Non ha alcuna importanza se il blackout digitale procurato al sistema informatico della Regione Lazio sia legato ad un attacco di un gruppo di hacker che pretenderebbero un riscatto per riportare alla normalità il sistema regionale oppure, siamo nella seconda ipotesi, se questo terremoto digitale risultasse legato ad un virus inseritosi nel computer di un impiegato a casa in smart working e successivamente utilizzato dal figlio durante una navigazione in siti hot. In entrambi i casi le conseguenti considerazioni non potrebbero modificarsi in alcun modo.

    Nessuno oggi è in grado di quantificare gli effetti di questa “guerra informatica”, soprattutto in relazione ai  “dati sensibili” ai quali dovrebbe venire assicurata la massima tutela, oppure ai profili personali che dovrebbero godere della privacy più assoluta o anche alle semplici banche dati. Attualmente, quindi, si brancola ancora nel buio in relazione alla genesi di questo atto di “terrorismo digitale“.

    Da anni, giustamente, gli investimenti in Cyber security continuano ad aumentare quanto gli esiti vincenti di attacchi tanto a siti istituzionali quanto ad aziende private. Finora questo tipo di problematiche legate alla malavita digitale ha avuto effetti pericolosi ed onerosi economicamente “solo“ per i singoli Stati o le imprese private.

    In piena pandemia e soprattutto in piena campagna di vaccinazione, invece, questo attacco, di fatto, ha bloccato pericolosamente la possibilità di prenotarsi per i prossimi vaccini e, di conseguenza, l’iter per ottenere il Green pass e quindi la stessa libertà dei singoli. Una situazione che si ripercuote direttamente sulla salute e sulla possibilità di libertà di movimento che il vaccino e il Green pass combinati assieme possono assicurare. Di fatto i cittadini della Regione Lazio si trovano in una situazione di default sanitario in relazione alla campagna vaccinale pagando le conseguenze in prima persona.

    È la prima volta che la cittadinanza è colpita da un attacco informatico limitando la possibilità ai cittadini stessi di accedere alle strutture sanitarie dedicate nello specifico alla campagna vaccinale. Questo effetto dovrebbe far pensare e rendere meno integralista la digitalizzazione della nostra economia e della nostra esistenza quotidiana. Per il semplice motivo che nel momento in cui un attacco informatico avesse per obiettivo la struttura digitale relativa ai pagamenti ed ai prelievi stessi presso i bancomat allora l’intera popolazione si troverebbe assolutamente priva di risorse economiche e di sostentamento, anche solo per una semplice spesa alimentare.

    Nella quotidianità della vita rappresenta di certo una forma di intelligenza quella di mantenere sempre una possibilità alternativa rispetto a quella in attuazione al fine di assicurare comunque lo “standard giornaliero qualitativo e valoriale” raggiunto. Nel momento in cui, invece, una parte dell’establishment economico e politico intende digitalizzare completamente ogni forma di pagamento allora un attacco informatico produrrebbe un default devastante per l’intera cittadinanza nella sua complessità.

    Mentre purtroppo per l’accesso ai sistemi sanitari e soprattutto al sistema di vaccinazione non esiste ancora un’alternativa per quanto riguarda i sistemi i pagamenti, l’uso del contante, ora più che mai, dovrebbe venire tutelato per evitare gli effetti devastanti di un attacco informatico che avesse per obiettivo i sistemi di pagamento elettronici.

    L’integralismo digitale che ammanta  buona parte della politica e del mainstream europeo dovrebbe trarre una serie di considerazioni importanti proprio in relazione alla sempre maggiore esposizione digitale” alla quale si sta portando l’intero sistema politico ed economico come quello relativo ai rapporti con la pubblica amministrazione.

    In questo contesto l’obiettivo di rendere sempre operativo e non penalizzante una possibilità alternativa al sistema informatico e all’uso del contante dovrebbe diventare un obiettivo di sicurezza finalizzato al mantenimento, anche se sotto attacco informatico, degli standard acquisiti.

    Una scelta che dimostrerebbe la volontà di assicurare il mantenimento dello stato dell’arte ad un sistema complesso come quello economico, politico e sociale di una società evoluta rispetto alla pura esaltazione dello strumento digitale.

  • Washington esorta la Ue a spendere di più per la ripresa

    Il Next Generation EU, con le sue sovvenzioni a fondo perduto, è un passo storico per l’Unione europea ma potrebbe non bastare a mettere il turbo alla ripresa, quindi l’Europa deve prepararsi a spendere di più. L’invito a tenere ancora alti gli stimoli e gli aiuti all’economia arriva dagli Usa, ed è la segretaria al Tesoro, Janet Yellen, a consegnarlo direttamente nelle mani dei responsabili delle economie della zona euro, o nel giorno in cui hanno valutato se e quando mettere fine agli aiuti a pioggia e passare a sostegni più mirati, proprio per tornare progressivamente a politiche di bilancio prudenti.

    “Siamo tutti d’accordo che l’incertezza rimane alta. In questo contesto, è importante che l’orientamento di bilancio rimanga di sostegno fino al 2022. In futuro, è importante che gli Stati membri prendano seriamente in considerazione ulteriori misure di bilancio per garantire una solida ripresa nazionale e globale”, ha detto Yellen partecipando alla riunione dell’Eurogruppo. La segretaria al Tesoro si è spinta oltre, invitando la zona euro, che in autunno riavvierà la discussione sulla revisione del Patto di Stabilità, a creare “un quadro Ue di bilancio con flessibilità sufficiente per consentire ai Paesi di rispondere con forza alle crisi e di investire”, e che non porti “a risultati economici pro-ciclici”.

    L’Eurogruppo non si è scomposto di fronte alle sollecitazioni del ritrovato alleato americano, e conferma la strada intrapresa da mesi: serve “un orientamento di bilancio che sostiene l’economia, e il sostegno pianificato è considerato sufficiente per ora”, ha spiegato il presidente dell’Eurogruppo Paschal Donohoe al termine della riunione. I ministri si sono confrontati già da qualche tempo sul passaggio dalle misure d’emergenza a quelle più mirate che è già “gradualmente in corso”. Il presidente ha fatto solo riferimento alla necessità di avere “la giusta flessibilità per adattare le politiche” qualora dovessero esserci ricadute dovute ad esempio a nuove varianti che tengono tutti con il fiato sospeso. “Ma su questo torneremo dopo l’estate”, ha assicurato. Anche perché in autunno, ha ricordato il commissario all’economia Paolo Gentiloni, ripartirà ufficialmente la discussione sulla revisione del Patto, che terrà impegnata la zona euro nel 2022, prima che torni in vigore il vecchio quadro di bilancio. L’obiettivo è proprio adattare le regole alla nuova situazione, per evitare che pesino come un macigno su bilanci già provati dalla crisi

    La visita della Yellen all’Eurogruppo è stata anche l’occasione per l’Ue per ‘accontentare’ gli Usa sulla digital tax.: Bruxelles sospende il lavoro per una web tax europea, che avrebbe dovuto aumentare le risorse proprie del bilancio comune, per favorire il lavoro in corso all’Ocse e al G20 per una riforma globale della tassazione delle imprese, cercando un accordo entro ottobre. Nonostante l’intesa al G20 di Venezia, i dettagli non saranno facili da definire, anche perché alcuni Paesi europei, come Irlanda, Ungheria ed Estonia, sono ancora contrari.

  • Bruxelles presenta uno standard unico per green bond e finanza sostenibile

    Per fare la transizione verde servono tanti soldi e investimenti privati. Questa la spiegazione offerta da un funzionario Ue sul motivo che ha spinto la Commissione europea ad adottare una nuova strategia “per rendere più sostenibile il sistema finanziario dell’Ue” e a proporre uno “standard europeo sui Green bond”.

    Garantire l’effettiva sostenibilità dei titoli ‘verdi’ immessi nel mercato finanziario è al centro dell’azione Ue, anche se gli stessi funzionari ammettono che il volume d’affari è ancora piuttosto limitato. “Le stime parlano di un mercato globale da circa 900 miliardi, che pesano dal 2% al 4% del totale”, ma è anche vero che “si registra una crescita annua del 40%”, ha spiegato una fonte Ue a un gruppo di giornalisti.

    Insomma, la cosiddetta finanza verde è agli albori, ma per farla crescere in maniera sana occorre fissare delle regole. I testi adottati dal Collegio dei commissari, riunito a Strasburgo in occasione della sessione plenaria del Parlamento europeo, prevedono la creazione di uno “standard volontario” per questo tipo di titoli, che vada ad “evitare il rischio di greenwashing”, cioè dell’eco-sostenibilità di facciata dei bond verdi.

    Chi immetterà nel mercato questo tipo di obbligazioni “avrà a disposizione – si legge nel documento Ue – uno strumento robusto per dimostrare che si stanno finanziando progetti verdi in linea con la tassonomia dell’Ue”, adottata mesi fa e che mette nero su bianco quali sono le attività umane sostenibili. D’altro canto, le aziende interessate dovranno sottoporsi ai revisori esterni e questi ultimi saranno a loro volta registrati presso l’Autorità europea dei mercati finanziari (Esma), che garantirà il rispetto dei requisiti in materia di qualifiche, esperienza, tenuta dei registri, trasparenza e gestione dei conflitti di interesse. Chi spaccia sul mercato titoli ‘green’ pur finanziando attività insostenibili per l’ambiente rischierà di andare incontro a un procedimento per responsabilità civile e dunque a una possibile condanna a risarcire gli ignari investitori amici dell’ambiente. “Ci deve essere piena trasparenza su come vengono allocati i proventi delle obbligazioni attraverso doveri di rendicontazione dettagliate”, precisa il testo. “Per raggiungere i nostri obiettivi climatici, abbiamo bisogno di importanti sforzi per garantire maggiori flussi di denaro verso un’economia sostenibile”, ha detto la commissaria alla Stabilità finanziaria, Mairead McGuinness. “Sono necessari investimenti significativi per rendere verde l’economia e creare una società più inclusiva, in modo che tutti possano fare la loro parte”, ha aggiunto la commissaria Ue.

  • L’Euro digitale darà il colpo di grazia al sistema bancario?

    Negli ultimi 10 anni solo in Italia sono spariti ben 266 Istituti di Credito, sono state chiuse oltre 10.126 filiali o sportelli bancari, nello stesso periodo di tempo hanno lasciato il sistema 47.121 bancari. E l’arrivo dell’EuroDigitale fa pensare al peggio.

    I dati arrivano direttamente dal report statistico di Banca D’Italia dal titolo “Banche e Istituzioni Finanziarie: Articolazione territoriale”

    Negli ultimi 12 mesi sono stati invitati a lasciare gli sportelli bancari ben 6.900 dipendenti (il 14% della perdita totale nei 10 anni). Sono scomparsi 14 Istituti di Credito e, al tempo stesso, sono state chiuse 831 filiali sul territorio. Tutto questo ha costretto ben 119 comuni italiani ad essere privati di ogni riferimento bancario. In totale sarebbero ormai oltre 500 i comuni italiani privi di Sportelli Bancari. Si tratta soprattutto di piccoli centri, dove l’unico vero riferimento ora resta l’Ufficio Postale

    Ma, a quanto pare, il peggio per il vecchio sistema bancario deve ancora arrivare con l’introduzione dell’Euro Digitale che la BCE sta preparandosi a lanciare. L’euro digitale sarebbe più sicuro e privo di rischi rispetto al contante anche se nessun mezzo di pagamento privato è davvero completamente. Un danno per le Banche Commerciali, soprattutto quelle poco solide e sicure e quelle che non si sono riuscite ad adattare ai ritmi dettati dalla digitalizzazione.

    In Europa vige ancora il Bail-In, cioè la norma che lega i fallimenti bancari al rischio per i depositi dei clienti che hanno scelto quella banca poco solida. Non essendo perciò sicuro al 100% alcun tipo di pagamento privato ed esistendo un sistema alternativo di valuta digitale supportato e regolato dalle banche centrali, è molto probabile che tanta gente cercherà di avvalersi di quel sistema che offrirebbe maggiori garanzie e sicurezza ai loro risparmi.

    Poiché l’Euro Digitale sarà un sostituto completo del denaro fisico il ruolo di intermediario delle banche commerciali o online sarebbe, in teoria, molto limitato. Con il denaro trattenuto direttamente dal cliente (sul suo telefono o altro dispositivo digitale) non ci sarebbe motivo di coinvolgere un intermediario potenzialmente costoso e non garantito.

    La data ipotetica per l’introduzione dell’Euro Digitale potrebbe essere 2026, come preannuncia in un articolo di Wall Street Italia Fabio Panetta, uno dei fautori della valuta digitale.

  • La Ue prolunga al 2022 le garanzie per sgravare le banche del peso dei crediti deteriorati

    Le Gacs, le garanzie pubbliche per facilitare la cessione di crediti andati a male nate per far fronte ai crac bancari dopo la grande crisi finanziaria, tornano in grande spolvero, con il via libera della Commissione europea a una nuova estensione, fino a giugno 2022.

    Un segnale di attenzione al credito e alla tenuta del sistema bancario, assieme alle garanzie pubbliche sui prestiti e alle moratorie, nel post-pandemia. E arriva in coincidenza con una data simbolo, quella in cui l’Unione europea andrà per la prima volta sui mercati con un eurobond che è al suo debutto assoluto: quello per finanziare il recovery fund. Se la Bei, per gli investimenti, e il fondo Sure, per le misure per il lavoro, sono già all’opera, dopo il via libera dei parlamenti nazionali Ue ora tocca alla parte più consistente del pacchetto europeo, il ‘Next Generation Ue’, andare alla prova del mercato.

    Con un bond sindacato stimato in circa 10 miliardi di euro e che dovrebbe ‘prezzare’ poco sopra il tasso di riferimento mid-swap. Da qui ad agosto sono tre le emissioni sindacate in programma per finanziare gli investimenti green e digitali del recovery. E da settembre, pubblicata la documentazione necessaria, potranno partire i green bond, che dovranno costituire circa un terzo dei nuovi eurobond.

    Il sistema di garanzie italiano per le banche era stato approvato per la prima volta nel febbraio 2016 e prolungato l’ultima volta nel maggio 2019. Ora sarà valido fino al 14 giugno 2022. L’intento – con gli Npl italiani che costituivano la massa più ampia nella Ue – era quello di ridurre il divario fra il prezzo richiesto dalle banche, alle prese con una tabella di marcia stringente (e mal digerita) dell’Europa per ripulire i bilanci da crediti andati a male, e quello che i compratori erano disposti a pagare. Per evitare quella che allora si temeva sarebbe stata una svendita a saldo di attivi bancari. A

    settembre scorso, con 27 ‘accessi’, l’aiuto pubblico aveva liberato qualcosa come 74 miliardi di crediti cattivi, la metà della riduzione complessiva di quel fardello sul credito italiano. Dunque, se ha funzionato, si continuerà ad usarlo ora che gli Npl sono attesi nuovamente in rialzo a causa della pandemia: varrà per le banche che soddisfano determinate condizioni e sui titoli senior a basso rischio, emessi da veicoli di cartolarizzazione privati che li aiutino a finanziare la vendita dei loro portafogli. Le tranche di finanziamento più rischiose, invece, saranno vendute a investitori privati e non saranno garantite dallo Stato. Accanto a questa facilitazione, ci sono quasi 144 miliardi di moratorie attive sui prestiti in Italia, richieste di garanzie pubbliche sui prestiti alle pmi per oltre 170 miliardi, garanzie Sace alle imprese medio-grandi per oltre 24 miliardi

  • La lotta contro le frodi e la corruzione ai danni del budget europeo nel nuovo episodio di UÈ! che Podcast

    È possibile ascoltare il nuovo episodio di UÈ! che Podcast per scoprire come l’Unione europea lavora ai casi di frode e corruzione ai danni del budget europeo, insieme a Rita Di Prospero, Capo unità di intelligence e analisi operativa di OLAF, l’Ufficio europeo per la lotta antifrode.

    L’OLAF si muove a livello transnazionale per assicurarsi che i soldi dell’Ue, erogati sotto forma di fondi, non siano utilizzati illegalmente. Dagli scambi di merci tra stati alle indagini interne, le segnalazioni di casi sospetti possono essere effettuate dagli uffici che si occupano della gestione dei fondi europei, dagli operatori economici ma anche dai cittadini stessi. Si tratta quindi di uno strumento di controllo e verifica che lavora a stretto contatto con le autorità nazionali per portare a termine indagini molto importanti: lo dimostrano le ricerche sui recenti casi di frode legati all’arrivo di dispositivi di protezione individuale durante la pandemia Covid-19, che hanno portato al sequestro di oltre 44 milioni di articoli. E poiché frode e criminalità non conoscono confini, vengono messe in atto anche operazioni congiunte con paesi terzi per indagare su traffici mondiali di prodotti specifici quali, ad esempio, pesticidi contraffatti.

    Un impegno che si coordinerà al lavoro della nuova Procura Europea (EPPO), organo indipendente dell’Unione, di cui fanno parte 22 paesi membri, diventato operativo dal 1 giugno 2021 per svolgere indagini e azioni penali a protezione del budget europeo contro attività illegali.

    Ascoltando il podcast si saprà come l’Unione europea agisce nella lotta alle frodi e alla corruzione al budget europeo.

    Fonte: Commissione europea

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