Sostenibilità

  • Non c’è fine all’improvvisazione

    Da qualche tempo vari esponenti politici fanno a gara per vedere chi è più verde, più green, più ambientalista, in testa a tutti molti sindaci che, scatenati nella guerra contro le macchine, aboliscono parcheggi, creano sempre più cari balzelli per entrare in città e costruiscono sempre più pericolose corsie ciclabili.

    Tutti questi illustri paladini del verde, responsabili come e più degli altri del dissesto ambientale del Pianeta, non per altro hanno tutti abbondantemente governato, tacciano però sui fondi Pnrr che l’Europa ha stanziato per creare ampi polmoni verdi nelle aree urbane e che loro, in gran parte, non hanno voluto o saputo usurare, in sintesi li hanno persi.

    Migliaia di alberi avrebbero dovuto essere piantati mentre invece molte città, a partire da Milano, non hanno fatto nulla e così sono stati lasciati i fondi europei e si è invece proseguito nella strada del cemento e dell’inquinamento, alla faccia dei tanti proclami ecologici.

    Sono mancate le idee, la progettazione, la capacità, la volontà politica ma di questo ben pochi media hanno parlato.

    Alla propaganda green non è corrisposta l’azione politica, per altro non è una novità, da anni assistiamo all’abbattimento di alberi, più facile abbatterli che curarli, a piccole sporadiche piantumazioni con fuscelli che presto muoiono, e alla cementificazione selvaggia di ogni oasi verde, comprese molte aree agricole.

    Da Messina a Milano progetti presentati e poi irrealizzati o neppure fatti, solo Milano, al momento, ha già perso 12 milioni di euro destinati dall’Europa alla piantumazione di nuovo verde mentre la città ha la ZTL tra le più grandi d’Europa e alla fine di ottobre entrare nel grande ed allargato centro città, oltre all’obbligo di guidare macchine Diesel euro 6, costerà al giorno ben 7 euro, più ovviamente le salatissime ore di parcheggio.

    Non contento il sindaco Sala fa pagare l’ingresso in città anche ai residenti, un po’ meno, certo, ma non si è mai visto che una persona debba pagare per entrare a casa propria!

    Siamo ormai all’assurdo, parliamo di macchine elettriche, che spesso vanno a fuoco, importiamo dalla Cina quanto serve, penalizzando l’industria automobilistica europea, e non sappiamo ancora dove, e quanto costerà, smaltire le batterie.

    Intanto si abbattono alberi invece di piantarne, si perdono i milioni dati dall’Europa, chissà se, come in passato, questi fondi andranno ad altri paesi con amministratori locali più avveduti, si distruggono sempre più le aree verdi, necessarie per abbattere l’inquinamento, e si fa propaganda green mentre si procede con una politica che è tutto il contrario.

    Ogni commento diventa inutile, non c’è fine alla malafede, all’improvvisazione ed alla falsità.

  • La Commissione raccoglie pareri per rendere i settori del commercio all’ingrosso e al dettaglio più resilienti, digitali e verdi

    La Commissione invita le parti interessate ad esprimersi su come far sì che l’ecosistema industriale al dettaglio possa realizzare la trasformazione digitale, verde e nel campo delle competenze e diventare più resiliente e competitivo, seguendo principi di giustizia ed equità. Come base per la consultazione la Commissione ha pubblicato un documento  in cui si analizzano le principali problematiche e opportunità legate alla transizione.

    Le imprese e le associazioni di categoria di tutto l’ecosistema oltre alle amministrazioni pubbliche, le parti sociali, i consumatori, gli istituti di ricerca, il mondo academico e altri interessati potranno rispondere al questionario EU Survey fino al 26 settembre 2023.

    Oltre alla consultazione, la Commissione organizza anche workshop con le parti interessate per comprendere meglio le sfide che l’ecosistema in questione si trova ad affrontare. I risultati della consultazione e dei workshop confluiranno nel processo di co-creazione di un percorso di transizione che prevede interventi e impegni concreti intesi a promuovere la digitalizzazione e la transizione ecologica dell’ecosistema del commercio al dettaglio, percorso che si concluderà all’inizio del 2024.

    Con 30 milioni di occupati in 5,5 milioni di aziende e un valore aggiunto di circa 1,5 miliardi di euro, l’ecosistema del commercio al dettaglio, comprendente il commercio al dettaglio e all’ingrosso, è il più importante di tutti gli ecosistemi industriali dell’UE. Visti i legami con la maggior parte degli ecosistemi industriali, il fatto di renderlo più competitivo può avere ricadute positive per l’intera economia dell’UE, che serve 450 milioni di consumatori.

    La Commissione ha proposto di istituire percorsi di transizione in vari comparti nell’aggiornamento della strategia industriale del maggio 2021, nell’ambito delle iniziative volte ad accelerare la duplice transizione verde e digitale dell’industria europea. Oltre all’aggiornamento della strategia la Commissione ha presentato la prima relazione annuale sul mercato unico, che analizza le sfide cui devono far fronte i diversi ecosistemi e funge da base per la preparazione dei percorsi di transizione.

  • 450

    Questo numero rappresenta i blackout registrati nella città di Milano nell’ultimo mese, mentre città come Roma, Napoli e Palermo si trovano anch’esse alle prese con l’emergenza elettrica.

    Un situazione critica causata dalla prima ondata di calore dell’anno che spinge all’utilizzo massivo dei condizionatori d’aria.

    Mai come in questo frangente emerge evidente la assoluta insostenibile visione espressa da una ideologica, imposta in Italia quanto in Europa, di una transizione ecologica ed energetica. Basti pensare che se anche avessimo un parco circolante solo del 20% di auto elettriche, quindi poco più di 7,8 milioni, l’intera rete elettrica non sarebbe in grado di sostenere la richiesta di energia aggiuntiva risultando già sotto stress per l’utilizzo dei condizionatori d’aria.

    La realtà, ancora una volta, dimostra come l’approccio puramente massimalista applicato alla vita quotidiana rappresenti una deriva ideologica da evitare in quanto insostenibile (luglio 2019 https://www.ilpattosociale.it/attualita/linquinamento-ideologico/).

    In altre parole, la prima forma di inquinamento è sempre rappresentata da una deriva ideologica, priva di ogni collegamento con la realtà ed utilizzata come strumento per imporre una visione politica.

    L’ambientalismo contemporaneo in definitiva rappresenta l’extrema ratio per il conseguimento di un progetto di economia pianificata espressione di uno Stato etico e socialista.

  • Per la maggioranza degli europei la transizione verde andrebbe accelerata

    Secondo una nuova indagine Eurobarometro appena pubblicata, la grande maggioranza degli europei (93%) ritiene che i cambiamenti climatici rappresentino un grave problema su scala mondiale. Più della metà (58%) crede che la transizione verso un’economia verde andrebbe accelerata, soprattutto alla luce delle impennate dei prezzi dell’energia e delle preoccupazioni per gli approvvigionamenti del gas originate dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Dal punto di vista economico, il 73% degli europei concorda sul fatto che i costi dei danni causati dai cambiamenti climatici siano molto superiori agli investimenti necessari per la transizione verde. Tre quarti degli intervistati (75%) pensano che la lotta ai cambiamenti climatici favorirà l’innovazione.

    Quasi nove europei su dieci (88%) concordano sulla necessità di ridurre al minimo le emissioni di gas a effetto serra e di compensare allo stesso tempo le emissioni residue per far sì che l’UE raggiunga la neutralità climatica entro il 2050. Quasi nove europei su dieci (87 %) credono che sia importante che l’UE fissi obiettivi ambiziosi per aumentare il ricorso alle energie rinnovabili e una percentuale analoga (85%) ritiene altrettanto cruciale che l’UE intervenga per migliorare l’efficienza energetica, ad esempio incoraggiando i cittadini a isolare le abitazioni, installare pannelli solari o acquistare automobili elettriche. Sette intervistati su dieci (70 %) credono che ridurre le importazioni di combustibili fossili possa aumentare la sicurezza energetica e avvantaggiare economicamente l’UE.

    La grande maggioranza dei cittadini dell’UE (93 %) s’impegna già individualmente in favore del clima e opta per scelte sostenibili nella vita di tutti i giorni. Tuttavia, quando è stato chiesto loro chi debba farsi carico della lotta ai cambiamenti climatici, i cittadini hanno evidenziato la necessità di altre riforme che accompagnino l’azione individuale, segnalando anche la responsabilità dei governi nazionali (56 %), dell’UE (56 %), delle imprese e dell’industria (53%).

    I cittadini europei percepiscono inoltre i cambiamenti climatici come una minaccia anche nella vita quotidiana. In media, oltre un terzo degli europei si sente personalmente esposto ai rischi e alle minacce ambientali, una preoccupazione che in 7 Stati membri è condivisa da più della metà dei cittadini, soprattutto nei paesi dell’Europa meridionale, ma anche in Polonia e Ungheria. L’84% degli europei concorda sul fatto che gli interventi per combattere i cambiamenti climatici e risolvere le questioni ambientali dovrebbero essere una priorità anche per migliorare la salute pubblica, mentre il 63% degli intervistati ritiene che prepararsi agli effetti dei cambiamenti climatici possa avere conseguenze positive per i cittadini dell’UE.

  • La Commissione accoglie la sollecitazione dell’On. Muscardini sui problemi dei paesi terzi per inquinamento da macchine usate provenienti dall’Europa

    Il nuovo pronunciamento della Commissione sul miglioramento della progettazione e della gestione del fine vita delle auto è in linea con quanto chiesto, nel novembre 2022, dall’on. Cristiana Muscardini che aveva chiesto al commissario all’Ambiente, Virginijus Sinkevičius, di intervenire mettendo con una proposta che da un lato vietasse l’esportazione di vecchi veicoli inquinanti fuori dall’Unione Europea e dall’altro creasse, per i paesi africani, possibilità di acquisto di veicoli per il trasporto privato, pubblico e per l’agricoltura a prezzi calmierati attraverso i fondi per la cooperazione e tramite accordi con le case automobilistiche.

    Il commissario aveva risposto che la Commissione stava lavorando alla revisione della direttiva “End-of-Life Vehicle” (ELV) mirata a ridurre i rifiuti derivanti dai veicoli fuori uso fissando nuovi obiettivi per i costruttori di veicoli, vietando l’uso di sostanze pericolose e rendendo i nuovi veicoli più ecologici. La revisione della direttiva avrebbe puntato ad accrescere il riciclo, il recupero e la riutilizzabilità dei veicoli e dei loro componenti, migliorando le prestazioni ambientali di tutti gli operatori economici coinvolti nel ciclo di vita dei veicoli. Ciò avrebbe dovuto portare a prolungare l’idoneità alla circolazione dei veicoli e consentire l’ammodernamento dei veicoli usati con nuove parti, limitando l’impatto sull’ambiente e sulla sicurezza stradale. La direttiva riveduta si sarebbe concentrata anche sul divieto di esportare i cosiddetti “veicoli fuori uso” verso i Paesi terzi, con maggiore attenzione sul loro smantellamento e smaltimento ecologico.

    Sinkevičius aggiungeva che la Commissione europea avrebbe contribuito anche a limitare l’esportazione di veicoli vecchi e inquinanti in Africa attraverso iniziative specifiche come il supporto al cosiddetto “African Transport Policy Programme”, al fine di migliorare la sicurezza stradale.

    In questi giorni la Commissione ha comunicato ufficialmente di aver affrontato il problema con misure riguardanti la progettazione, la produzione e il trattamento dei veicoli a fine vita per migliorare la circolarità del settore automobilistico, azioni che dovrebbero generare 1,8 miliardi di € di entrate nette entro il 2035 e creare nuovi posti di lavoro e maggiori flussi di entrate per l’industria della gestione e del riciclaggio dei rifiuti. Le misure proposte contribuiranno inoltre a migliorare la sicurezza stradale nei paesi terzi, impedendo l’esportazione di veicoli non idonei alla circolazione stradale e riducendo l’inquinamento nocivo e i rischi per la salute nei paesi che importano veicoli usati dall’UE.

    In questo modo si assisterà ad una riduzione annuale di 12,3 milioni di tonnellate di emissioni di CO2 entro il 2035 e a un maggiore recupero delle materie prime critiche.

  • King of the Big Stomach: Chinese eatery in trouble over dumpling-eating race

    China is investigating a restaurant over a dumpling-eating contest that allegedly flouts anti-food waste laws.

    Those who finish 108 spicy dumplings at the fastest time win a free meal and the title “King of the Big Stomach”.

    But the viral challenge has “misled” people into ordering excessively, resulting in wastage, authorities say.

    China enacted laws in 2021 to tackle what leader Xi Jinping described as a “shocking and distressing” squandering of food.

    Two years on however, people are still adjusting to the regulations. After all, China is a country where hosts offering more food than their guests can stomach is regarded as a form of hospitality.

    At least 34 million tonnes of food are wasted in Chinese restaurants every year, according to a 2020 survey conducted by China’s national legislature.

    The eatery in Sichuan province is one of several under investigation for violating the laws.

    A hotel in Fujian province is also being investigated over a contest last March that challenged participants to finish a 3kg burger in 30 minutes.

    Eateries that “induce or mislead customers to order excessively to cause obvious waste” can be fined. Businesses can also collect a waste disposal fee from customers who leave large amounts of leftovers on their plates.

    China also banned the livestreaming of binge eating and competitive eating. Many online accounts that feature such eaters have been shut down.

    Some Chinese internet users have criticised the authorities’ recent investigations on restaurants as an overreach.

    “Why is this an issue policed by the government? Must it be?” a user wrote on China’s micro-blogging platform Weibo.

    “It would be better for the authorities to pay greater attention to food safety issues,” another wrote on video-sharing app Douyin.

    Several local authorities and individual eateries have also laid down their own policies to support the crusade against wasted food.

    For example, the Wuhan Catering Industry Association urges restaurants in the city to follow a system where groups must order one dish less than the number of diners.

    Some restaurants even weigh customers before their meals to determine how much food they should be given.

  • Dal viaggio alle mete: il 70% dei viaggiatori italiani sceglie la sostenibilità

    Risulteranno sempre più decisive le scelte di viaggio sostenibili, nel 2023 per oltre il 70% dei viaggiatori italiani, europei e americani, incidendo nella selezione delle mete di più di 200 milioni di presenze turistiche nel nostro Paese. L’Italia si conferma inoltre un brand consolidato e tra le destinazioni più gettonate in Europa: primo per intenzioni di viaggio (47% quasi un viaggiatore su 2) e attrattività (in particolare per i britannici, col 54%, e gli americani, col 47%, con un vantaggio rilevante verso i competitor diretti Francia e Spagna).

    A indicare le nuove tendenze di un settore in ripresa, e che punta a superare i valori pre-pandemici del 2019, è la terza edizione dell’indagine Comunicazione, media e turismo. Realizzata dal Centro di ricerca sulla televisione e gli audiovisivi (CeRTA) e Cattolica per il Turismo, in collaborazione con Publitalia ’80 (autori Massimo Scaglioni, Vincenzo Zulli e Matteo Cardani) la ricerca è stata illustrata a fine maggio all’Università Cattolica, presente la ministra del Turismo Daniela Santanchè.

    Dai dati risulta che il 2022 per l’Italia è stato un anno di avvicinamento dei flussi turistici quasi ai livelli pre-pandemia, trainato soprattutto dalla domanda interna, ma anche da una forte accelerazione di quella estera. Le presenze italiane (95%) e straniere (90%) infatti sono state rispettivamente vicine ai livelli del 2019. Già nel 2022 il saldo positivo della bilancia turistica nazionale, con un surplus pari allo 0,9% del Pil, è tornato a essere un settore strategico per l’economia nazionale. In prospettiva, il 2023 sarà l’anno del sorpasso sul 2019, visto che l’81% degli intervistati in Italia, Europa e Usa afferma che nell’anno viaggerà come o più del 2022 (con un incremento di 6 punti rispetto al 75% relativo a quanto dichiarato per l’anno 2021).

    I viaggiatori stanno mostrando inoltre una robusta capacità di adattamento rispetto alle attuali preoccupazioni e problematiche che si verificano a livello mondiale (crisi economica, guerra in Europa). Non si rinuncia affatto alla possibilità del viaggio, ma lo si approccia modificando alcune abitudini; in particolare, circa un intervistato su tre afferma che sceglierà destinazioni più economiche (33%), oppure che selezionerà destinazioni e itinerari con maggior precauzione (32%), oppure ancora si accontenterà di destinazioni raggiungibili più facilmente (32%).

    In questa forte ripresa del settore turistico un ruolo strategico sarà giocato dalla sostenibilità e la ricerca delinea come venga percepito il “viaggiare sostenibile” dai turisti internazionali e italiani: non solo attenzione ai temi dell’ambiente ma anche di sensibilità per gli aspetti culturali (produzioni artigianali, prodotti enogastronomici a km 0, tradizioni dei borghi e delle città, bellezze naturali) e per il sostegno dell’economia locale. Ad alimentare la leadership di attrattività dell’Italia fondamentali saranno ancora una volta comunicazione e media audiovisivi. I media, digitali e tradizionali, rappresentano un fattore cruciale nell’attrattività dei territori e nella percezione della sostenibilità dei luoghi: per esempio film, serie, documentari, pubblicità sono indicati dal 51% degli intervistati come canali prevalenti attraverso cui ci si costruisce l’immagine dell’Italia come mèta attrattiva per un viaggio. E l’Italia, per quanto in testa nel ranking delle destinazioni più attrattive per i turisti internazionali, potrebbe ottenere risultati superiori se la comunicazione riuscisse a valorizzare meglio quella dimensione di ‘sostenibilità nativa’ legata al suo patrimonio artistico-culturale.

  • Tre nuovi accordi per un totale di 88 milioni di euro a sostegno della transizione verde e delle piccole e medie imprese in Italia

    Il Fondo europeo per gli investimenti, sostenuto dal programma InvestEU, ha firmato tre nuovi accordi con Endeka SGR, Banca Cassa di Risparmio di Savigliano S.p.A. e Azimut Investment SA per un valore totale di 88 milioni di € a sostegno della transizione verde e delle piccole e medie imprese in Italia.

    L’accordo con Endeka SGR riguarda un impegno del Fondo per 25 milioni di € in qualità di investitore principale del fondo Endeka Credito Italia I, incentrato sul finanziamento di piccole e medie imprese italiane e sulla promozione delle caratteristiche ambientali e/o sociali.

    L’accordo con Banca Cassa di Risparmio di Savigliano S.p.A prevede una garanzia del Fondo per 32,9 milioni di € a sostegno delle piccole e medie imprese e delle piccole imprese a media capitalizzazione italiane, con un’attenzione particolare alla sostenibilità. Oltre l’80% delle risorse messe a disposizione dal Fondo sarà destinato a progetti verdi e sostenibili, che faciliteranno l’accesso ai finanziamenti per oltre 65 piccole e medie imprese che operano principalmente in Piemonte.

    L’accordo con Azimut Investment SA fa riferimento a un impegno del Fondo per 30 milioni di € in qualità di investitore principale del fondo Azimut Diversified Corporate Credit, che aiuterà le imprese italiane, in particolare le piccole e medie imprese e quelle a media capitalizzazione, a finanziare i loro piani di investimento e di crescita. Il fondo mira a promuovere e migliorare gli aspetti sociali e ambientali dei mutuatari, quali una maggiore efficienza energetica, la transizione verso un’economia circolare, la parità di genere e lo sviluppo delle comunità locali.

    Paolo GentiloniCommissario per l’Economia, ha dichiarato: “InvestEU svolge un ruolo fondamentale nel facilitare l’accesso ai finanziamenti per le piccole e medie imprese, consentendo loro di innovare, espandersi e creare nuovi posti di lavoro. Grazie a questo accordo siamo lieti di aiutare le imprese a dispiegare il loro pieno potenziale in questo settore e contribuire alla transizione verde dell’Italia”.

  • Nucleare no! O nucleare (per forza) sì?

    Da illuso ambientalista, il fatto che si ritorni a parlare del nucleare come di una probabile e imminente soluzione al fabbisogno energetico del Paese mi rattrista non poco. Soprattutto dopo che per ben due volte, nel referendum del 1987 e in quello del 2011, noi italiani abbiamo fortemente espresso la nostra volontà per abrogarne il suo utilizzo. Tuttavia non possiamo che prendere atto del fatto che il consumo di energia elettrica sta crescendo in modo esponenziale e che la produzione delle nostre centrali termoelettriche, idroelettriche e geotermoelettriche, anche se sommata a quella degli impianti eolici e fotovoltaici, è ben lontana dal soddisfare la domanda. Per questo motivo siamo costretti ad acquistare energia elettrica dall’estero. Stessa cosa per gli idrocarburi liquidi e gassosi necessari al nostro fabbisogno (importiamo quasi l’80% delle nostre esigenze). Per risolvere il problema qualcuno ha ritirato fuori il dibattito sul nucleare. Qualcun altro la proposta di sfruttare al massimo i giacimenti di petrolio e di gas presenti sul nostro territorio. Qualcun altro l’idea che si debbano investire maggiori risorse economiche nelle energie alternative. Insomma, nessuno o quasi, sembra mettere in discussione il fatto che si debba continuare a consumare (senza darsi un limite) sempre più energia, elettrica in primis. Tutt’altro. Il Governo Italiano, come altri Governi europei, continua a stanziare ingenti somme di denaro (nell’ordine di miliardi di euro) per “calmierare” le sempre più care bollette e allo stesso tempo a riconsiderare l’apertura o la riapertura di impianti di estrazione di risorse naturali nei propri territori. Come dicono i portoghesi, non è possibile avere il sole in cortile e la pioggia sull’orto (noi diremmo, la botte piena e la moglie ubriaca) pertanto fino a quando non ci sarà una inversione della crescita dei consumi questo è l’unico scenario possibile.

    Ma veniamo a noi. In quante case oltre a tutte le luci interne ed esterne troviamo vari cellulari, uno o più telefoni cordless, uno o più tablet, uno o più computer, l’impianto wi-fi, una o più TV, il decoder, l’impianto stereo, gli amplificatori bluetooth, le cuffie bluethooth, una stampante, uno scanner, una telecamera, una o più macchine fotografiche, la lavatrice, l’asciugatrice, il phon, il rasoio elettrico, il frigorifero, il congelatore, il forno elettrico, il forno a microonde, i piani a induzione, il frullatore, la friggitrice, il tostapane, il coltello elettrico, il minipimer, la gelatiera, lo spremiagrumi, il robot da cucina, lo scalda acqua, la macchinetta del caffé elettrica, il tritarifiuti elettrico, l’aspirapolvere, il robot da pavimenti, la scopa elettrica, i condizionatori d’aria, il deumidificatore elettrico, il depuratore d’aria elettrico, i ventilatori, la stufetta elettrica, la coperta elettrica, il citofono, il sistema di allarme, la pompa per lavare l’auto, il tagliaerba elettrico, la sega elettrica, il trapano elettrico, l’avvitatore elettrico, giocattoli e videogiochi, un drone, un monopattino elettrico, una bicicletta elettrica, una moto elettrica, un’auto elettrica, il cancello elettrico, la porta del garage elettrica, etc. etc. etc. Se così stanno le cose e si prospettano sempre più strumenti e mezzi e automezzi elettrici sarà difficile intraprendere la via di una decrescita razionale e sostenibile. Le stesse energie cosiddette “alternative”, per quanto oggetto di grande attenzione, mai riusciranno da sole a soddisfare l’attuale domanda a meno che non riempiamo il Paese di pale eoliche e di pannelli fotovoltaici. Tutte cose comunque che hanno un ciclo di vita alquanto breve e quindi da rimpiazzare (con quali risorse?) entro pochi anni.

    Nucleare sì o nucleare no allora? Al momento e al di là di qualsiasi nostra opinione al riguardo, pare che i lunghi tempi di realizzazione di impianti nucleari di nuova generazione e i loro enormi costi stiano facendo desistere gli speculatori di settore (e quelli finanziari). Per ciò, grazie a questi problemi e non di certo a ragioni di tipo ambientale e sociale, pare che sul discorso del nucleare possiamo stare tranquilli per qualche anno. Tuttavia, come detto sopra, vista l’ingente e urgente domanda di energia, il metodo più rapido per immettere sul mercato altra energia sia quella di fare altre dighe, altri inceneritori e di trivellare, ovunque lo si riesca ancora a fare, nel mare, sulle coste, in pianura, in collina, lungo le vallate e sui monti. E allora, nuova domanda: nuove dighe, inceneritori e trivelli sì o no? La risposta è sempre quella del portoghese. Se non pensiamo e non ci prepariamo ad un modello di vita più sobrio e sostenibile la risposta è necessariamente sì. Vi ricordate tutte le battaglie per non avere le antenne dei cellulari vicino casa? Nessuno dice più una parola perché tutti vogliamo e usiamo il cellulare. Stessa cosa sarà per i nuovi impianti di estrazione degli idrocarburi solidi e liquidi e le centrali elettriche. Da una parte aumentiamo i consumi e dall’altra parte vogliamo un ambiente più pulito e pagare sempre di meno per le bollette. Non è possibile. Vivendo in un Paese che importa circa l’85% del suo fabbisogno di energia primaria la conclusione della storia la conosciamo già. Dopo alcuni timidi focolai di protesta (da parte delle comunità direttamente interessate da nuovi progetti di inceneritori come di trivelle, etc.) tutto tornerà come prima, o meglio, continuerà a peggiorare l’ambiente più di prima.

    Se una scimmia accumulasse più banane di quante ne può mangiare quando la maggioranza delle altre scimmie muore di fame, gli scienziati studierebbero quella scimmia per scoprire cosa diavolo le stia succedendo. Quando a farlo sono gli esseri umani, li mettiamo sulla copertina di Forbes.”

    Emir Simão Sader, sociologo brasiliano

  • L’apocalisse

    L’apocalisse economica, industriale e sociale è già alle porte. Alcuni dati macroeconomici stanno definendo i contorni della prossima apocalisse economica ed industriale che investirà tutti i paesi europei, azzerando in poco tempo il progresso industriale espresso dalla cultura europea nell’ultimo secolo e mezzo.

    Il dato relativo alla diminuzione dell’export di automobili verso la Cina (-23%) abbinato ad un aumento dell’import di auto dalla Cina (+28%) delinea già ora il quadro di quanto anticipatamente previsto.

    La contemporanea flessione della produzione industriale tedesca (-3,4%) certifica l’andamento economico che diventa europeo e soprattutto italiano in rapporto alle filiere produttive complesse che coinvolgono le imprese del nostro Paese (https://www.ilpattosociale.it/europa/il-suprematismo-europeo/).

    Il “socio di minoranza” di questa esplosione dell’industria cinese, la quale si giova dell’attività di distruzione operata dai vertici europei, può essere tranquillamente individuato nella Commissione Europea e la sua presidente Ursula von der Laien con la sottomessa complicità del Parlamento Europeo.

    Va ricordato, infatti, come queste tre figure istituzionali cardine dell’Unione Europea abbiano inserito, caso unico al mondo, il divieto di vendita e produzione di automobili a combustione interna a partire dal 2035, regalando così le chiavi del mercato a chi come la Cina detiene il monopolio mondiale della raffinazione delle ” terre rare” necessarie nella produzione di automobili elettriche.

    La motivazione politica e ideologica di tali comportamenti e scelte strategiche, economiche e politiche andrebbe attribuita ad una ipotetica lotta all’inquinamento atmosferico da combattere attraverso una semplicistica transizione ecologica ed energetica adottata all’interno di una visione ideologica in grado di annullare  così in un colpo solo tutti i risultati ottenuti dal sistema Industriale Europeo (https://www.ilpattosociale.it/attualita/la-transizione-energetica-di-quinto-orazio-flacco/).

    Esiste, poi, un aspetto paradossale che delinea l’assoluta distanza tra la realtà e l’ideologia espressa dalle principali cariche istituzionali europee. Nell’ultimo trimestre l’andamento delle emissioni del colosso cinese hanno registrato una crescita (+4%). Un dato enorme in quanto calcolato sulle emissioni totali del primo paese al mondo per inquinamento. Si pensi che degli otto (8) miliardi di tonnellate di carbone utilizzati nel mondo la sola Cina ne brucia  quattro (4) miliardi (la metà) e con il resto delle economie asiatiche arrivano a sei (6) miliardi di tonnellate.

    Dati che da soli di fatto annullano e mettono in ridicolo ogni ipotetico beneficio derivante dalla applicazione del talebano pensiero ecologista europeo (https://www.carbonbrief.org/analysis-chinas-co2-emissions-hit-q1-record-high-after-4-rise-in-early-2023/).

    L’ideologica strategia europea applicata all’economia reale, con la conseguente politica adottata, rappresenta il primo alleato dell’economia cinese e del proprio sistema industriale, ma contemporaneamente si conferma ancora una volta come il più grande nemico del sistema economico ed industriale europeo.

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