Spagna

  • Barcellona e Madrid verso l’intesa sull’autonomia fiscale della Catalogna

    Dopo oltre due mesi di complesse trattative, il leader socialista catalano Salvador Illa fa un passo decisivo verso la presidenza della regione, in cambio di un radicale cambiamento del sistema di finanziamento da parte del governo centrale spagnolo. Il pre-accordo raggiunto tra il Partito socialista catalano (Psc) e Sinistra repubblicana di Catalogna (Erc) prevede, infatti, che la regione esca dal sistema tributario comune e che l’Agenzia fiscale catalana gestisca, regoli, riscuota e ispezioni tutte le imposte (a partire da quella sulle persone fisiche). L’intesa dovrà ora ottenere il via libera dalla base del partito indipendentista attraverso una consultazione online. Il governo spagnolo di Pedro Sanchez ha dovuto dunque accettare una delle richieste storiche avanzate da Erc, pur di sbloccare l’investitura di Illa, che sembrava sul punto di arenarsi, con lo spettro della convocazione di nuove elezioni dopo quelle del 12 maggio scorso.

    L’esecutivo di Madrid ha celebrato l’accordo con Erc come un “trionfo del dialogo e della politica”, nonostante alcuni esperti parlino di “una grave violazione del principio di solidarietà”. Il patto sarà articolato attraverso la commissione bilaterale tra la Catalogna e lo Stato, i cui accordi saranno trasferiti alla commissione mista per gli affari economici per l’approvazione finale. L’Agenzia fiscale catalana assumerà “progressivamente” le competenze e la Generalitat catalana sarà dotata anche di “una maggiore capacità fiscale”. Il calendario dell’introduzione della riforma inizierà con la campagna di imposta sul reddito delle persone fisiche del 2025 ed in seguito si inizierà ad implementare il sistema di riscossione dell’Iva, la tassa sulle Piccole e medie imprese (Pmi) e gli affitti turistici. Il pre-accordo presuppone che la Catalogna, dopo la riscossione, versi due contributi annuali allo Stato: uno per pagare i servizi dell’amministrazione centrale in Catalogna e l’altro per solidarietà con il resto delle regioni. Entrambi gli importi dovrebbero essere negoziati bilateralmente.

    In concreto, il testo dell’intesa spiega che la regione “deve gestire, riscuotere, liquidare e controllare tutte le imposte che gravano sulla Catalogna e aumentare in modo sostanziale la sua capacità normativa in coordinamento con lo Stato e l’Unione Europea”. Il documento di 24 pagine si sofferma anche sulla “tesoreria catalana”: per attuare questo nuovo modello, “è essenziale che lo sviluppo della tesoreria catalana sia una priorità per il prossimo governo della Catalogna, con l’obiettivo di raggiungere la piena autonomia nella raccolta, gestione, liquidazione e ispezione di tutte le imposte” generate nel territorio regionale. Con l’obiettivo di implementare questo nuovo sistema di finanziamento singolare per la Catalogna, durante il primo semestre del 2025 l’accordo dovrà essere formalizzato nella commissione bilaterale tra il governo regionale e quello centrale. Gli obiettivi sono la progressiva assunzione, da parte dell’Agenzia fiscale della Catalogna, della gestione, della riscossione, della liquidazione, dell’ispezione e della disponibilità di tutte le imposte sostenute in Catalogna, insieme all’aumento sostanziale, da parte della Catalogna, della sua capacità di regolamentazione fiscale in coordinamento con lo Stato e l’Unione Europea.

    L’intesa ha provocato l’immediata reazione del Partito popolare (Pp), che ha parlato esplicitamente di “corruzione politica ed economica”. Il portavoce del Pp al Congresso dei deputati Miguel Tellado ha dichiarato che se venisse confermata si tratterebbe di “un errore storico” da parte dei socialisti. Sarebbe un attacco al resto delle comunità autonome, rompendo il multilateralismo e optando per il bilateralismo solo con alcune”, ha attaccato Tellado. Forti critiche sono state espresse anche dall’Associazione del corpo superiore degli ispettori fiscali dello Stato (Ihe) che ha diffuso, prima che si conoscessero i dettagli del pre-accordo, un duro comunicato nel quale si evidenzia che la presunta “indipendenza fiscale” concessa è una “barbarie” con “terribili conseguenze” per tutti gli spagnoli, minacciando di portare questa “rottura” in tribunale. Gli ispettori fiscali hanno manifestato il loro “rifiuto totale e assoluto” di questo “modello di finanziamento à la carte per la Catalogna, sotto il riconoscimento fallace di una singolarità storica che mira a rompere con i principi stabiliti nella Costituzione” e che “non rappresenta la maggioranza sociale”, dal momento che il potere fiscale corrisponde allo Stato. La Ihe ha evidenziato che “si romperebbe il coordinamento del sistema fiscale con il conseguente aumento delle frodi” e dei costi per tutti i cittadini “in modo inutile e inefficiente”, e si perderebbe, inoltre, “la stragrande maggioranza dei servizi forniti dallo Stato”.

  • In arrivo da InvestEU 64 milioni di euro a favore delle imprese del settore sociale, culturale e creativo

    Grazie al programma InvestEU, il Fondo europeo per gli investimenti (FEI) fornirà all’Istituto finanziario catalano una garanzia volta a mobilitare 64 milioni di euro a sostegno di imprese e organismi del settore sociale, culturale e creativo in Catalogna, Spagna.

    Più precisamente, grazie al sostegno di InvestEU ai settori culturali e creativi, l’Istituto finanziario catalano potrà potenziare l’accesso a finanziamenti a condizioni vantaggiose per progetti e imprese del settore creativo e culturale attivi in Catalogna. Mediante il sostegno di InvestEU alla microfinanza, agli investimenti e all’imprenditorialità sociali, e alle competenze, l’Istituto sbloccherà inoltre finanziamenti da destinare alle imprese sociali. L’accordo stimolerà la creazione di posti di lavoro e potenzierà le imprese del settore, rafforzandone così l’impatto sociale, e contribuirà al raggiungimento degli obiettivi stabiliti nel piano d’azione della Commissione per l’economia sociale, volto a incrementarne il potenziale economico e occupazionale, migliorando ad esempio l’accesso ai finanziamenti per le imprese dell’economia sociale, anche mediante InvestEU.

  • Pablo Iglesias lascia il governo della Spagna e si candida per le Regionali a Madrid

    L’annuncio è arrivato come un fulmine a ciel sereno: Pablo Iglesias, vicepremier nel governo spagnolo e leader di Unidas Podemos, abbandona l’esecutivo centrale e si lancia come candidato del proprio partito nella Comunità di Madrid per le prossime elezioni regionali, in programma il 4 maggio. Una mossa che non solo rappresenta uno scossone per la propria formazione e per gli equilibri della coalizione con il Partito Socialista, ma che si unisce a diversi altri movimenti tellurici che in pochi giorni hanno messo in subbuglio lo scacchiere politico nazionale.

    Dopo la Catalogna, sarà infatti nella regione della capitale spagnola, quella più ricca — e baluardo della destra del Partito Popolare da 26 anni — dove andrà in scena la prossima grande battaglia territoriale con un potenziale per provocare ripercussioni di più ampio raggio: saranno elezioni anticipate, proclamate la settimana scorsa, con un’altra mossa a sorpresa, dalla presidente regionale di Madrid, Isabel Díaz Ayuso. È su questa leader, apprezzata in particolare dall’ala più radicale dei popolari, che il partito scommette forte per dare un segnale di rilancio, dopo recenti delusioni elettorali segnate anche dall’ascesa dell’estrema destra di Vox.

    “Madrid si trova di fronte a un pericolo enorme, un rischio che è anche per tutta la Spagna: che ci sia un governo di estrema destra con Ayuso e con Vox”, ha detto Iglesias in un video su Twitter. “Metterò in gioco tutto quello che ho imparato in questi anni per costruire – ha aggiunto – una candidatura di sinistra forte e ampia”. Dal canto suo, Ayuso, accusata dalle opposizioni di aver assunto una decisione spregiudicata con la convocazione di elezioni anticipate mentre la regione è ancora alle prese con la pandemia (alcuni definiscono il suo stile di governo “trumpista”) ha subito raccolto la sfida: “La Spagna mi deve qualcosa da bere, abbiamo tolto Pablo Iglesias dal governo”, ha detto. A sostituirlo — secondo quanto anticipato dal quotidiano El País — sarà Yolanda Díaz, finora ministra del Lavoro, una delle esponenti di Unidas Podemos più stimate anche tra le fila del Partito Socialista. “Sta facendo un lavoro stupendo”, ha detto il premier Sánchez. Il presidente ha anche fatto gli auguri a Iglesias, aggiungendo però che preferisce che a Madrid vinca il candidato del suo partito, µngel Gabilondo.

    Per l’ormai ex vicepresidente e ministro dei Diritti Sociali, non ci sono dubbi: è proprio Díaz la sua erede designata alla guida di Podemos, formazione di cui è il leader indiscusso sin dai tempi dalla fondazione, nel 2014: la sua scommessa punta a ridarle slancio dopo una serie di risultati elettorali che hanno progressivamente ridotto la propria capacità di influenza sulle decisioni del governo.

    Intanto Ciudadanos, partito considerato un tempo la grande speranza del fronte anti-indipendentista in Catalogna e capace di occupare uno spazio di centro con alleanze sia con i socialisti, sia con il PP, vive una grave crisi interna dopo le dure sconfitte alle ultime elezioni nazionali e in quelle catalane di febbraio.

  • Nove leader indipendentisti della Catalogna condannati dalla Corte suprema spagnola

    La Corte Suprema spagnola ha condannato nove leader indipendentisti catalani accusati di sedizione a una pena compresa tra 9 e 13 anni di carcere. L’ex vicepresidente della Generalitat, Oriol Junqueras, ha ricevuto la pena più alta, 13 anni, per sedizione e malversazione.

    La sentenza pone fine a due anni di un processo iniziato il 16 ottobre 2017 con l’arresto preventivo dei leader dell’Assemblea nazionale catalana (ANC) e Òmnium Cultura, Jordi Sànchez e Jordi Cuixart. Due settimane dopo, l’ufficio del procuratore generale presentò una denuncia contro l’intero governo di Carles Puigdemont e i membri dell’Ufficio di presidenza del Parlamento che avevano autorizzato il voto per la dichiarazione unilaterale di indipendenza il 27 ottobre. L’allora presidente e cinque consiglieri fuggirono dalla Spagna, mentre le autorità spagnole arrestarono Junqueras e altri sei membri del governo.

    La Corte Suprema si occupa del caso dei 12 leader indipendentisti a processo, nove dei quali in detenzione preventiva, dallo scorso mese di febbraio. Oltre a Junqueras, Sànchez e Cuixart, si tratta degli ex consiglieri Dolors Bassa, Joaquim Forn, Raül Romeva, Jordi Turull e Josep Rull, e dell’ex presidente del Parlamento Carme Forcadell.Ogni giorno sono stati trasferiti alla Corte Suprema dalle carceri di Soto del Real (gli uomini) e Alcalß Meco (le donne) e sono tornati nelle loro celle a fine giornata. La Corte ha respinto tutte le richieste di messa in libertà avanzate dai legali della difesa prima e durante il processo, ma anche quelle presentate alla fine del processo, in attesa della sentenza.

    Il processo è durato 52 sessioni mattutine e pomeridiane, si è protratto per quattro mesi ed è stato completamente trasmesso online attraverso il sito web del Consiglio Generale della Magistratura (CGPJ). Lo streaming del sito web del Consiglio ha registrato oltre un milione di accessi.

    La sessione più seguita, secondo El Pais, è stata quella che ha visto protagonista l’ex capo del Mossos, Josep Lluís Trapero, che dovrà rispondere all’accusa di ribellione, nel prossimo mese di gennaio, davanti l’Audiencia National.

    Le difese degli imputati hanno già annunciato che faranno ricorso contro la sentenza della Corte, percorrendo le uniche due strade possibili: l’appello alla Corte costituzionale per violazione dei diritti fondamentali e la richiesta di intervento della Corte europea dei diritti Umani, con sede a Strasburgo.

  • Il sorpasso della Spagna espressione della “maggiore produttività complessiva”

    Da sempre in Italia la benzina e il gasolio rappresentano il nemico principale della classe pubblica  e, contemporaneamente, anche la cassa alla quale attingere in caso di ricerca di coperture per la finanza pubblica (il Governo Monti aumentò le accise sui carburanti di venti centesimi) o per finanziare nuovi capitoli di spesa corrente. Nella visione ideologica dominante che ha condizionato l’attività di tutti i governi alla guida del nostro Paese attraverso l’appesantimento dei costi dei carburanti si evidenziava, allora come oggi, la metafora dello scontro ideologico relativo alle strategie di mobilità privata alla quale la politica nel suo complesso ha sempre contrapposto quella pubblica.

    Per decenni non abbiamo avuto una singola professionalità in grado di comprendere come un sistema intermodale risultasse fondamentale per creare i fattori competitivi che permettessero a tutti i settori economici, primario, secondario e terziario, di presenziare nei tempi richiesti dai mercati. Una velocità che nel mercato globale e con una distribuzione che risponde al principio della riduzione del magazzino rappresenta adesso uno dei fattori fondamentali raggiungere gli obiettivi di budget.

    In altre parole, il sistema logistico o “intermodale” rappresentava, ieri come oggi, la sintesi di strategie  e risorse pubbliche destinate alla realizzazione di infrastrutture all’interno delle quali si sarebbero dovuti sommare gli investimenti privati delle aziende favorendo quindi una  crescita economica complessiva. Il maggiore gettito fiscale generato dalla crescita marginale del Pil avrebbero così coperto gli investimenti pubblici in infrastrutture. In Italia, invece, abbiamo assistito ad uno scontro frontale ideologico tra le opposte posizioni  che ha portato al crollo degli investimenti in conto capitale da oltre vent’anni (si omette il “valore sinergico” di Mose e per ora Pedemontana) con molteplici  danni per il tessuto economico italiano senza precedenti  progressivi ed esponenziali che ci hanno portato al disastro attuale.

    Un sistema logistico avanzato (termine  attuale per sistema intermodale) rappresenta il tessuto connettivo che permette o dovrebbe permettere alle aziende del settore primario e secondario ma anche il terziario di ridurre al massimo i tempi di risposta al mercato (time to market) e contemporaneamente a ridurre i costi che influiscono sul prezzo finale. Questo sistema evidentemente dovrebbe essere la sintesi di una visione strategica da parte del settore pubblico coniugata con gli investimenti del settore privato tali da rendere questo sistema economicamente competitivo e sostenibile.

    In questo disastro italiano quasi interamente attribuibile alla miopia della classe politica degli ultimi trent’anni (tanto nazionale che regionale e comunale) avviene quello che sembrava impossibile solo vent’anni fa, e cioè il sorpasso nel settore primario della Spagna. Il paese iberico, infatti, esporta tredici (13!) miliardi di prodotti agricoli, ben il triplo rispetto ai nostri quattro (4) miliardi, per altro in calo del 5% nell’ultimo anno. Una capacità di presidiare i mercati strettamente legata alla velocità di consegna, espressione di un sistema logistico competitivo. La produzione del settore agricolo così raggiunge i 21 milioni di tonnellate contro i 16,3 italiani. A fronte di un prezzo del gasolio di 1,20 euro noi rispondiamo con 1,60/1,90. Questo permette all’economia agricola spagnola di proporre  i propri prodotti come per esempio le arance ad un prezzo inferiore per kg di 0,50 euro. Legato infatti alla competitività del sistema logistico viene rilevato come il costo chilometrico risulti essere di 1,22 euro in Spagna per la merce trasportata che è di gran lunga inferiore rispetto al nostro di 1,6 euro: anche così vengono spiegati i prezzi minori dei prodotti ortofrutticoli spagnoli rispetto a quelli italiani. Questo divario spinge il sistema agricolo spagnolo verso il consolidamento del sorpasso nei confronti di quello italiano, se riportata ai settori industriali questa antieconomicità del sistema logistico si traduce in un aumento del proprio peso a livello esponenziale.

    Va infatti ricordato come i prodotti ormai rappresentino la sintesi di diversi know-how industriali e professionali “dispersi” sul territorio e quindi il singolo prodotto risulti  soggetto a diverse lavorazioni  successive ad alto valore aggiunto all’interno  dei siti produttivi dando così vita al traffico di perfezionamento passivo (TPP). In questo modo il saldo finale complessivo delle diseconomie legate ad un sistema logistico ed infrastrutturale inadeguato rende  l’intera filiera produttiva del nostro paese antieconomica e di conseguenza inospitale  ad ogni tipologia di investimenti. In altre parole, il sorpasso spagnolo nel settore primario dimostra quanto banali possono risultare le teorie economiche che prevedono ed indicano la soluzione alle problematiche italiane nel semplice aumento della produttività. Il concetto di produttività così come viene inteso dai professori Monti, Giavazzi e Alesina si riduce semplicemente nella compressione del C.L.U.P. (costo del lavoro per unità di prodotto). Viceversa, la produttività di un paese viene rappresentata dalla sintesi di un settore industriale integrato ad un sistema logistico adeguato e con una pubblica amministrazione a servizio di entrambi.

    Ancora oggi in Italia l’idea di realizzare le infrastrutture per diminuire i tempi del mercato e così consentire l’ingresso dei nostri prodotti nei mercati integrati viene intesa come un favore al settore privato in antitesi rispetto al trasporto pubblico. Una visione disastrosa la quale unita alle semplicistiche sovrapposizioni al concetto di produttività complessiva, la sola compressione del C.L.U.P., inesorabilmente ci destinano al declino economico e culturale.

  • Chiuso da due mesi lo zoo spagnolo Prudencio Navarro ma gli animali sono ancora al suo interno…

    Riceviamo e pubblichiamo un articolo di Remo Sabatini apparso sul quotidiano Leggo il 3 aprile 2019

     Lo Zoo Prudencio Navarro ha chiuso da due mesi ma gli animali sono ancora lì. Il parco zoologico di Ayamonte, cittadina spagnola a nord di Cadice, a due passi dal confine con il Portogallo e dalle fredde acque dell’Atlantico, era stata chiusa per motivi legati ad alcune morti di animali cui erano seguite le proteste di diverse associazioni animaliste. Al momento, non è dato sapere con certezza se, quelle morti, fossero legate alla situazione dello zoo che, dal punto di vista economico, stando alle ricostruzioni di questi giorni, non navigava in buone acque già da tempo.
    Fatto sta che oggi, dopo due mesi dalla chiusura, diversi animali sono rimasti lì. Orsi, tigri, leoni, babbuini, cervi, sono ancora dentro quelle gabbie. Soli e abbandonati, nutriti per quello che si può, quegli animali sembrano cominciare a soffrire gravemente di quella nuova e incredibile condizione cui sono costretti. Per non parlare, come hanno comunicato gli attivisti di Proyecto Gran Simio, l’organizzazione non governativa di Alicante che ha denunciato lo stato di abbandono degli animali, delle pozze d’acqua, ormai stagnante, fonte di proliferazione di malattie pericolose. Tutti fattori che, insieme all’apatia, potrebbero arrivare ad uccidere gli animali ancora detenuti.

    D’altronde, anche le immagini, riprese a favore della causa dell’organizzazione da Pedro Pozas Terrados, parlano chiaro. Molti di loro, trascorrono le loro interminabili giornate, stesi al sole. Quasi che fossero incapaci di muoversi, rimangono lì, immobili. Un attesa che sembra infinita. Aspettando qualcuno che sembra non arrivare mai.

  • Addestrati a correre e uccisi quando non occorrono più: il triste destini dei cani Calgos in Spagna

    E’ allarme in Spagna per la situazione dei cani calgos. Considerati ‘cani da lavoro’ e non animali domestici sono utilizzati come oggetti di reddito e quando non servono più per mansioni per le quali sono stati allevati vengono massacrati e abbandonati. I galgos possono raggiungere velocità molto alte e per questo sono adoperati per le gare di corsa e per la cacci a vista, mansione, quest’ultima, per la quale sono nutriti poco affinché diventino particolarmente aggressivi. Si calcola che la loro vita si aggiri attorno ai 3/5 anni. La situazione per i calgos diventa drammatica a febbraio, cioè quando la stagione della caccia volge al termine e quindi, non più utili, si realizza il loro tragico destino. Poco accuditi e curati sin dalla nascita vengono tenute in vita solo dal pane e dall’acqua. Sono costantemente addestrati, ma in modo esagerato, in modo pericoloso, per spingerli a correre a velocità estrema e, così facendo, sono spesso legati dietro una macchina da corsa o su un tapis rulant! Pur a conoscenza della tragica situazione il governo fa molto poco perché molti suoi membri sono cacciatori. In un paese che ha quasi 17 mila galgueros confederati (allevatori ufficiali) e dove non c’è alcun tipo di registrazione sulle loro nascite e morti, i galgos sono purtroppo lasciati al loro orribile destino. L’allevamento di Galgos è illegittimo in quanto non vi è alcun controllo e vengono uccisi numerosi cuccioli considerati di razza inadatta o non pura. Un singolo galguero può possedere fino a 10 cani, la maggior parte senza un tatuaggio o un microchip, segni particolari di identificazione sono i tagli alle orecchie, usando le forbici e senza anestesia. Vivono in condizioni igieniche precarie, sono scheletrici perché malnutriti e sebbene in Spagna ci siano delle leggi contro i maltrattamenti di animali non di rado si vedono per strada calgos ai quali sono state spezzate le zampe o addirittura appesi agli alberi a testa in giù. In Europa ci sono numerose associazioni che hanno recuperato e riabilitato cani calgos che per natura non sono aggressivi, una volta infatti riavvicinati alla ‘normale’ vita da cani vengono usati per la pet therapy, soprattutto per curare bambini affetti da autismo.

  • Italia e Spagna maggiori beneficiarie del sostegno della Bce a banche, imprese e famiglie

    Insieme alla Spagna, l’Italia è la maggior beneficiaria del programma Tltro (Targeted longer-term refinancing operations) con cui la Bce guidata da Mario Draghi in questi anni ha aumentato la disponibilità di liquidità per le banche (tramite prestiti alle banche di durata quadriennale a tassi favorevoli, condizionati però alla successiva erogazione di finanziamenti a famiglie e imprese da parte delle banche stesse).

    Al momento la Banca centrale europea ha portato a termine due programmi Tltro, il primo lanciato il 5 giugno 2014 e il secondo avviato il 16 marzo 2016: nella sostanza con tali prestiti la Bce ha offerto liquidità alle banche applicando un tasso corrispondente a -0,4%.

    Dalle elaborazioni di Jefferies International su dati Bce riportate dal Sole 24 Ore risulta che le banche italiane sono quelle che, in rapporto agli asset, hanno fatto maggior ricorso al sostegno di Francoforte. Sommando i prestiti settimanali al tasso di rifinanziamento principale (Mro, Main refinancing operations, che è a pari a 0) a quelli Tltro (al tasso negativo di -0,4%) le banche italiane hanno ottenuto 243 miliardi di euro, che corrispondono al 6,5% del totale degli asset (3.744 miliardi). Dietro l’Italia, la Spagna (6,4%), seguita dal Portogallo (4,8%),  Grecia (4,1%), mentre in fondo troviamo  Francia (1,7%) e Germania (1,1%).

  • Spanish PM Sánchez threatens to vote no over Gibraltar

    Spain’s Socialist Prime Minister Pedro Sánchez announced on November 20 that he would vote against the draft Brexit agreement if the text concerning the status of Gibraltar is not amended.

    “As things stand today, if there are no changes regarding Gibraltar, Spain will vote no on Brexit,” warned Sánchez over details of Article 184 of the agreement, which, according to Sánchez  “does not recognise that the case of Gibraltar, which must be negotiated directly between Spain and the United Kingdom. Our government will not accept it (as is),” adding, “The fact that our government, which is pro-European, finds itself in this situation proves that there is something wrong with Brussels.”

    Throughout the Brexit negotiations, Spain – along with Ireland and Cyprus – has conducted separate talks with the UK about specific border issues. Sánchez’s demands will likely cause more headaches for EU officials ahead of Sunday’s EU-27 meeting, but this could not lead the deal to a breakdown, as the Withdrawal Agreement could still be approved by a qualified majority.

    During an EU ministers meeting in Brussels, Spanish Foreign Minister Josep Borrell reiterated that the draft Brexit deal had failed to make clear that talks on Gibraltar were “separate negotiations” and not part of future talks between the UK and EU.

    Spain’s goal is to get a provision in the agreement that would guarantee that the future bilateral trade relationship between the Eu and UK will not apply to Gibraltar without Madrid’s approval. The European Council’s legal team has tried to reassure Spain about the details of the text, but Borrell is still demanding further clarification.

    Gibraltar’s chief minister, Fabian Picardo, said he regretted the decision of the Spanish government but said he was not surprised by Madrid’s last minute demands. “This is a normal tactic of Spain’s since it is in the EU,” he said.

    The European Commission’s chief spokesperson, Margaritis Schinas, responded to Borrell by saying that the bloc had agreed last year that “no agreement between the EU and the UK can apply to Gibraltar without an agreement between the United Kingdom and  Spain”.

  • Chi è diretto in Spagna faccia attenzione al virus Crimea-Congo e alle punture delle zecche

    Non si può parlare di epidemia ma di allarme sì. Per la seconda volta, infatti, in Spagna è stato segnalato un  caso di infezione da virus Crimea-Congo, acquisito localmente da un uomo di 74 anni che è deceduto durante il ricovero in ospedale. L’uomo ha dichiarato di essere stato punto da una zecca il 24 luglio, mentre partecipava a una battuta di caccia in un’area rurale di Badajoz (Estremadura). La febbre emorragica Crimea-Congo è trasmessa dalle zecche e può infettare animali selvatici e domestici ma solo gli uomini sviluppano sintomi gravi che possono portare anche alla morte. Il Ministero della Salute ha diffuso una serie di raccomandazioni per tutti coloro che stanno per recarsi in Spagna al fine di evitare punture di zecche.

    La malattia può trasmettersi anche venendo a contatto con tessuti di animali appena macellati visto che le zecche prediligono ovini, caprini e bovini (per loro tali presenze non sono letali) e alcuni uccelli. Chi invece è sensibile alle punture di zecche sono gli struzzi che possono mostrare un’elevata prevalenza dell’infezione nelle aree endemiche, dove hanno generato casi umani. Ad esempio, un’epidemia si è verificata in un mattatoio di struzzi in Sud Africa, senza malattia apparente in questi animali.

    In Europa, questa infezione è endemica nella regione balcanica. Il primo caso umano era stato riscontrato dalle autorità spagnole nel 2016. Inoltre, nel 2011, uno studio aveva segnalato la presenza del virus Crimea-Congo nelle zecche della provincia di Caceres. Il virus Crimea-Congo rientra nell’elenco dei Blueprints dell’OMS, i focolai di malattie che, in assenza di vaccinazione, potrebbero portare a una grave emergenza sanitaria globale

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