spiagge

  • Quale futuro

    Quale futuro, viene da chiedersi, potrà mai avere un Paese nel quale i partiti si adoperano a favore del prolungamento delle concessioni balneari (che mi vede favorevole ad un periodo di transizione) fino a cinque anni con la previsione anche di un possibile indennizzo quando, contemporaneamente, vengono “messe a gara” le concessioni idroelettriche che rappresentano il 40% di quella energia sostenibile la quale, unita allo sfruttamento dei notevoli giacimenti di gas naturale dei quali il nostro Paese è dotato (invece di investire sui rigassificatori finalizzati all’import di gas), determinerebbe la vera ed unica via verso una maggiore indipendenza energetica da ogni forma di import di prodotti energetici?

    Solo in questo modo si potrebbe preservare e sviluppare un asset fondamentale nell’ottica di uno sviluppo del nostro Paese libero da ricatti politici o bellici grazie ad una maggiore indipendenza energetica.

    Adottare, invece, ancora una volta, la scolastica applicazione del principio della concorrenza porterebbe il nostro Paese ad una situazione di vulnerabilità proprio come già accade ora in tempi di guerra e pandemia. In questo senso andrebbe ricordato come la privatizzazione dell’ENI, spacciata per una sorta di efficientamento del settore pubblico, alla fine abbia visto l’ingresso di due fondi privati all’interno della società la quale, ora, come da copione, specula sull’aumento della quotazione del prodotto finanziario legato al Gas pur godendo di forniture di gas con contratti a lunga scadenza, quindi con prezzi sostanzialmente stabili.

    Nonostante ci si dimostri non ancora in grado di comprendere la lezione strategica ora si intende adottare la medesima strategia per le concessioni idroelettriche le quali, invece, rappresentano, pur con i necessari adeguamenti tecnologici ed investimenti, un asset strategico fondamentale nel settore dell’approvvigionamento energetico che non può essere soggetto a speculazioni private (e tantomeno estere) come le recenti privatizzazioni hanno dimostrato con la vicenda Autostrade (ponte Morandi) ed Eni, attualmente attiva con la propria azione speculativa finalizzata alla massificazione del Roe dei fondi privati ora azionisti.

    Potrebbe essere molto utile ricordare a questi professionisti dei paradigmi liberali sic et nunc ed impermeabili ad ogni tipo di aggiornamento come le privatizzazioni con l’adozione del principio di libera concorrenza, se veramente venissero adottate per il raggiungimento di un miglioramento del servizio/prodotto ad un prezzo più equo, non dovrebbero avere mai come oggetto dei Monopoli, ed a maggiore ragione se infrastrutturali, i quali sono per loro stessa natura indivisibili mentre invece possono venire applicate piuttosto ai servizi a questi collegati .

    Viceversa la classe politica italiana si batte strenuamente a favore della concessioni balneari anche in previsione di un ritorno elettorale immediato nel voto amministrativo o per le prossime elezioni politiche del 2023 e pongono le basi per la cessione di un importantissimo asset energetico come le concessioni idroelettriche italiane a capitali ed interessi privati i quali possono declinare anche verso forme speculative.

  • Turismo autarchico e il settore della balneazione

    Le conseguenze dell’epidemia di Covid-19 che hanno colpito il turismo in modo più duro di qualsiasi altro evento (dalle Torri Gemelle alla crisi del 2009) continuano a farsi sentire. E a piangere sono anche i luoghi in cui solitamente in questo periodo di registrava il sold out, come ad esempio le spiagge. Anche se l’Enit, l’agenzia nazionale del turismo, vede in qualche modo segnali di ripresa e comunque una perfomance dell’Italia migliore rispetto alle rivali Spagna e Francia.

    A certificare lo stato di salute precario dell’industria balneare è il Sindacato Italiano Balneari che aderisce a Fipe Confcommercio e associa più di 10mila imprese. Anche a luglio le spiagge hanno registrato una buona affluenza, ma soltanto nei week end, mentre nei giorni feriali sono rimaste desolatamente vuote. I cali più vistosi si registrano in Sardegna (-70% delle presenze rispetto allo stesso periodo del 2019), Campania, Calabria, Sicilia e Veneto (-40%). Cali del 35% invece in Basilicata, Liguria, Marche, Molise e del 30% invece in Abruzzo, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Puglia e Toscana. Regge un po’ meglio il Lazio che registra “solo” un -20%.

    “La gran parte degli italiani sta riscoprendo la bellezza dei litorali nazionali vicino ai propri luoghi di residenza – dice il presidente del Sib Antonio Capacchione – ma mancano all’appello gli stranieri, tanto che diverse località a vocazione turistica sono state maggiormente penalizzate. Siamo ottimisti per il mese di agosto, da sempre scelto dalla maggior parte degli italiani per le vacanze, anche se siamo già consapevoli che il comparto turistico-balneare del 2020 rispetto allo scorso anno, complessivamente, non raggiungerà purtroppo il segno ‘+’ in nessuna delle nostre regioni”.

    Sulla questione interviene anche il Codacons secondo cui “alla base della scarsa affluenza sulle spiagge non vi è solo l’assenza dei turisti stranieri, ma anche il fenomeno del caro-lettino e gli ostacoli al bonus vacanza, che finiscono per allontanare i cittadini dal mare”.

    Tira su il morale il bollettino dell’Enit che parla di “quasi sold out in Italia a Ferragosto”: dal 10 al 16 agosto l’Italia fa meglio della Spagna con il 79% delle disponibilità di offerte online già “vendute”, mentre il Paese iberico è al 72%. Spiccano le maggiori destinazioni balneari: non più disponibili l’80% a Rimini, l’81% a Ravello, l’86% a Cavallino-Treporti, il 94% nel Cilento ed il 98% nel Salento. Anche la montagna vede le destinazioni delle Alpi non più disponibili all’84% in competizione con quelle francesi (87%). In termini economici, tenendo costante il Pil totale dell’Italia 2019, il confronto – spiega l’Enit – indica che il contributo diretto del turismo all’economia italiana diminuirà di -2,6 punti percentuali nel 2020 rispetto al 2019 quando rappresentava il 5,7 del prodotto interno lordo. Si prevede, quindi, che il contributo totale (che comprende gli effetti indiretti e indotti, nonché l’impatto diretto) del settore diminuirà di -5,8 punti percentuali, rispetto al 13% del Pil nel 2019. Come per gli impatti diretti, la riduzione prevista per l’Italia è inferiore rispetto agli altri Paesi selezionati (-7,4% la Spagna sul valore 2019).

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