storia

  • Addio a Donna Assunta Almirante, testimone di un’epoca della nostra storia

    Con la scomparsa di Donna Assunta Almirante viene a mancare una importante testimone di un’epoca, recente eppure lontanissima, della nostra storia. Difficile per chi è abituato a confrontarsi col mondo nell’immediatezza di un Twitter, spesso non ragionato a sufficienza per capirne le eventuali conseguenze, comprendere una realtà politica ed economica nella quale si intrecciavano avvenimenti tragici e delitti ideologici efferati mentre le comunicazioni erano affidate a poco più di un telefono fisso.

    Chiunque abbia vissuto i lunghi anni che hanno portato l’MSI da movimento marginale a motore di una nuova corrente di pensiero, che tentava di unire i valori della tradizione con le necessità ed urgenze del progresso, sa come quegli anni siano stati formativi e come il percorso indicato sia ancora in gran parte da percorrere.

    Donna Assunta ha conosciuto i dubbi, le inquietudini, le accelerazioni ed i rallentamenti, i tradimenti e le ingiustizie, i dolori e le disperazioni per tante vittime colpite dall’odio perché condivideva con Giorgio Almirante la strada difficile del Movimento Sociale italiano.

    Vogliamo ricordarla tenendo dentro di noi alcuni lontani ricordi che appartengono a un comune vissuto e la immaginiamo ora, elegante e sorridente, battagliera come sempre, mentre affronta questa nuova avventura che prima o poi tocca a tutti.

    A Giuliana, a tutti i famigliari, a quanti le hanno voluto bene, la nostra affettuosa partecipazione.

  • I dittatori devono essere trattati come tali e mai tollerati

    Fin quando ci saranno delle dittature, non avrò il coraggio di criticare una democrazia.

    Jean Rostand

    La storia, come sempre, ci insegna. Anche nel caso della Russia. Ci insegna che il territorio della Russia è stato occupato, sia quando era un Impero, che in seguito, quando era diventata l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, o semplicemente l’Unione sovietica. Il territorio russo è stato occupato dalle armate di Napoleone Bonaparte nell’ambito di quella che è nota come la campagna di Russia. Un’occupazione che iniziò il 23 giugno 1812 e finì, con una disastrosa sconfitta di Bonaparte, il 14 dicembre 1812. Dopo 129 anni, è stata attuata un’altra occupazione del territorio, questa volta da parte delle armate naziste del Terzo Reich, di quella che era diventata l’Unione sovietica (dal 1922, dopo il crollo dell’Impero zarista dei Romanov ed in seguito alla guerra civile in Russia; n.d.a.). Un’occupazione quella, nonostante i due Paesi avessero firmato a Mosca, il 23 agosto 1939, il trattato di non aggressione di durata decennale noto come Patto Molotov-Ribbentrop. L’occupazione dell’Unione sovietica cominciò il 22 giugno 1941 in seguito all’operazione Barbarossa. Un’occupazione che finì, sulla carta, l’8 maggio 1945, dopo la resa incondizionata del Terzo Reich. E queste sono le sole due occupazioni del territorio russo.

    La storia ci insegna però anche delle invasioni, da parte degli eserciti russi, di territori altrui. Invasioni sia durante il secolo passato, quando si chiamava ancora Unione sovietica, sia in seguito, quando divenne, dal 1991, la Federazione Russa, o semplicemente Russia. La storia ci testimonia e ci insegna che, addirittura dal 1939, l’Unione sovietica prima e la Russia poi non ha mai smesso di attaccare e di invadere altri Paesi. Lo ha fatto nel novembre 1939, quando attaccò la Finlandia. Quel conflitto tra l’Unione sovietica e la Finlandia, noto anche come la guerra d’inverno, ebbe fine nel marzo 1940. L’accordo di pace di Mosca tra i due Paesi diede all’Unione sovietica dei territori e alcune isole nel golfo di Finlandia. Ma prima ancora di attaccare la Finlandia, l’Unione sovietica, nell’ambito del patto Molotov-Ribbentrop, aveva attaccato ed occupato la parte orientale della Polonia. Sempre nell’ambito di quel patto, la Germania aveva occupato la parte occidentale della Polonia il 1o settembre 1939. L’occupazione della Polonia orientale da parte dell’Unione sovietica cominciò il 17 settembre 1939, calpestando il patto di non aggressione tra i due Paesi, firmato il 25 luglio 1932, con durata fino al 31 dicembre 1945. Un’occupazione che durò fino al 22 giugno 1941, quando l’Unione sovietica venne occupata, a sua volta, proprio dalla Germania nazista, nonostante tra i due Paesi fosse in vigore il patto Molotov-Ribbentrop di non aggressione di durata decennale. Si attuò così un meritato “castigo” all’Unione sovietica, subendo sulla propria pelle quello che, soltanto due anni prima, aveva fatto subire alla Polonia. Patti di non aggressione reciproche alla mano!

    Dopo la fine della seconda guerra mondiale, un’altra guerra, nota ormai come la “Guerra fredda”, iniziò, dal 1947, tra l’Unione sovietica e gli Stati Uniti d’America e i Paesi dell’Europa occidentale. Una guerra quella, per fortuna senza scontri armati tra i due blocchi, che durò fino al crollo del muro di Berlino ed il seguente sgretolamento della stessa Unione sovietica. Ma anche durante quel periodo, l’Unione sovietica non smise di attaccare e di invadere altri Paesi. Correva l’anno 1956 quando in Ungheria i cittadini si ribellarono contro il regime comunista ungherese, che seguiva le direttive dell’Unione sovietica. La ribellione popolare iniziò il 23 ottobre 1956. Ma quello che stava accadendo in Ungheria non poteva essere tollerato dell’Unione sovietica. Ragion per cui il 4 novembre 1956 un ingente contingente militare dell’Unione sovietica entrò ed invase Budapest e altre parti dell’Ungheria. Dopo alcuni giorni di scontri armati con tante vittime, il 10 novembre 1956 l’Unione sovietica prese di nuovo il controllo del Paese, costituendo anche un nuovo governo ubbidiente. Dodici anni dopo un’altra invasione si mise in atto. Questa volta contro un altro Paese membro del Trattato di Varsavia. Si trattava della Cecoslovacchia. Formalmente le truppe dell’invasione appartenevano all’Unione sovietica e ad altri quattro Paesi membri, anch’essi, del Trattato di Varsavia. Ma, si sa, era proprio l’Unione sovietica che comandava. Nella notte tra il 20 e il 21 agosto 1968 prese via l’invasione, il cui obiettivo era quello di fermare i processi della democratizzazione e della liberalizzazione della società cecoslovacca, messi in atto da quella che ormai viene nota come la “Primavera di Praga”. Le truppe d’invasione insanguinarono le piazze, prendendo il controllo e costituendo un altro governo, sempre controllato dall’Unione sovietica. Ormai si sa quanto accadde allora a Praga. Il simbolo, però, della resistenza antisovietica diventò un giovane studente di filosofia, Jan Palach. Con un estremo atto di abnegazione, il 16 gennaio 1969, arrivato nella piazza San Venceslao, in pieno centro di Praga, si cosparse di benzina e si diede fuoco con un accendino, diventando una torcia umana. Jan Palach morì tre giorni dopo. Ma la seria degli interventi militari attuati dall’Unione sovietica purtroppo non si fermò. Undici anni dopo, il 24 dicembre 1979 cominciò un’altra invasione, quella contro un altro Paese indipendente, l’Afghanistan. Un’invasione con l’obiettivo di deporre l’allora presidente della Repubblica democratica dell’Afghanistan, che non era visto di buon occhio dall’Unione sovietica. Al suo posto volevano un’altro presidente, ubbidiente all’Unione sovietica. Quell’invasione però diede vita ad un vasto movimento di vari raggruppamenti di guerriglieri afghani, noti come i mujaheddin. L’occupazione dei territori dell’Afghanistan durò per dieci lunghi anni. Il 15 febbraio 1989 ebbe fine l’occupazione sovietica, con la ritirata di tutti i suoi contingenti. Ragion per cui viene considerata anche come il “Vietnam sovietico”.

    Gli interventi armati portati in atto dall’Unione sovietica seguirono anche dopo, quando si costituì, dal 1991, la Federazione Russa. Sono note quelle che ormai si chiamano le due guerre cecene. La prima iniziò nel 1994, quando le truppe armate della Russia entrarono in Cecenia e attaccarono Groznyj. Ma dopo lunghe e devastanti battaglie e scontri armati tra le parti e dopo la determinata resistenza dei ceceni, nonché la reazione massiccia dell’opinione pubblica, la Russia decise di ritirarsi nel 1996 e di firmare un trattato di pace nel 1997. Purtroppo i conflitti tra la Russia e la Cecenia non finirono con quel trattato di pace. Nel 1999 le truppe armate russe ritornarono ad invadere, cercando di controllare i territori conquistati dai separatisti ceceni, dando così inizio alla seconda guerra cecena. Formalmente il conflitto armato ebbe inizio dopo le incursioni militari nel Caucaso settentrionale, parte della Federazione, di raggruppamenti armati delle sedicenti Brigate Internazionali Islamiche. La reazione armata delle truppe russe è stata immediata. Un anno dopo, nel maggio del 2000, la Russia ha preso il controllo del territorio in Cecenia. Ma la presenza delle forze russe ha scatenato la reazione dei guerriglieri locali nel Caucaso settentrionale. Reazione che ha causato ingenti danni ai russi. Nel aprile 2009, dopo dieci anni di continui e sanguinosi conflitti armati, la Russia considerò finita la sua missione militare in Cecenia. Ma non smisero le sue ambizioni d’invasione. L’occasione si presentò quando la Georgia entrò, all’inizio dell’agosto 2008, con le sue truppe armate nell’Ossezia del Sud, una regione autonoma del suo territorio. Non tardò la reazione della Russia che intervenne militarmente contro la Georgia. Le forze armate russe arrivarono molto vicino alla capitale Tbilisi. Il 15 agosto 2008 fu firmato un “cessate il fuoco” tra la Russia e la Georgia. Secondo gli impegni ufficialmente presi, la Russia si doveva ritirarsi dal territorio della Georgia, mentre quest’ultima non doveva usare la forza militare contro l’Abcasia e l’Ossezia del Sud, le due regioni filorusse che nel 1991 avevano proclamato la loro indipendenza. Tre le due regioni e la Georgia i conflitti armati iniziarono dal 1991, per poi diventare violenti tra il 7 e l’8 agosto 2008. Il che portò a quella che viene nota come la guerra tra la Russia e la Georgia. La Russia però non rispettò gli accordi del 15 agosto 2008 e in seguito proclamò la costituzione di una “zona cuscinetto” intorno all’Abcasia e l’Ossezia del Sud. Così facendo la Russia non ha mai, in seguito, ritirato completamente e come prestabilito, le sue truppe dalla Georgia.

    Ma la strategia espansionistica della Russia continuò. Il seguente obiettivo fu la Crimea. Era il 27 febbraio del 2014 quando delle truppe armate russe, senza insegne, entrarono in Crimea, prendendo possesso di siti strategici in tutta la penisola. In seguito è stato proclamato e costituito un governo filorusso in Crimea. La Russia ha ufficialmente riconosciuto il 18 marzo 2014 Sebastopoli e la repubblica di Crimea come parte della Federazione russa. A quella decisione della Russia si opposero duramente sia l’Ucraina che gli Stati Uniti d’America, l’Unione europea ed altri Paesi. Il che ha portato all’espulsione della Russia dal Gruppo G8. Alla Russia sono state imposte diverse sanzioni da parte degli Stati Uniti d’America, dall’Unione europea e da altri Paesi. Però, fatti accaduti alla mano, quelle sanzioni si sono rivelate un’arma a doppio taglio, con dei risultati, purtroppo, non simili a quelli prestabiliti e desiderati. Il resto è storia di questi ultimi giorni.

    Si, perché sembra la Russia non abbia mai smesso di attuare le sue ambizioni di invadere territori che non le appartengono. Ne è un’altra testimonianza, purtroppo, quanto è accaduto la settimana scorsa. Nelle primissime ore del 24 febbraio è cominciata una vasta invasione militare del territorio ucraino da parte delle forze armate della Russia. Invasione che era stata annunciata alcune ore prima dal presidente russo durante un suo intervento televisivo. E, all’occasione, ha minacciato non solo gli ucraini, ma tutto il mondo. Lui, perentorio, ha dichiarato che “…Chiunque provi a interferire deve sapere che la nostra risposta sarà immediata e porterà a conseguenze mai sperimentate nella storia”! Da allora sono passati cinque giorni e gli sviluppi si susseguono. Ma sembrerebbe che il piano russo non abbia portato i risultati prestabiliti ed attesi. Questo grazie soprattutto alla determinazione e allo spiccato patriottismo dei semplici cittadini ucraini. Gli esempi sono ormai di dominio pubblico e hanno commosso l’opinione pubblica in ogni parte del mondo. Opinione che ha, allo stesso tempo, fortemente condannato la decisione del presidente russo. Ne sono una eloquente dimostrazione e testimonianza anche le massicce manifestazioni nelle piazze di molte città europee la scorsa domenica, ma anche prima. Nel frattempo il presidente ucraino ha dato un personale esempio di determinazione e di patriottismo. Egli ha anche saputo dire con poche e chiare parole delle verità che altri avrebbero preferito non venissero note pubblicamente. Ha fatto una semplice domanda il 24 febbraio scorso, rivolgendosi ai “grandi del mondo” e chiedendo: “Chi è pronto a combattere con noi? Non vedo nessuno. Chi è pronto a dare all’Ucraina una garanzia di adesione alla NATO? Tutti hanno paura”. Oppure, reagendo all’offerta statunitense di metterlo al sicuro, ha semplicemente detto: “La battaglia è qui. Mi servono munizioni, non un passaggio”! Il conflitto è tuttora in corso e gli sviluppi si susseguono. Tutto potrebbe accadere, auspicando però che di nuovo si verifichi la metafora di Davide e Golia.

    Chi scrive queste righe non può non pensare, tra l’altro, anche dell’ipocrisia e dell’ambiguità verificate durante l’operato di alcuni dei “grandi del mondo” in questi giorni. Egli non può neanche ignorare determinati interessi economici e lobbistici e le derivate conseguenze. Chi scrive queste righe è convinto però che i dittatori devono essere trattati come tali e mai tollerati. Tornando agli insegnamenti della storia, egli nota che tutte le invasioni e le occupazioni da parte dell’Unione sovietica prima e poi dalla Russia sono state fatte sempre da dittatori come Stalin, Bréžnev e Putin. Ragion per cui chi scrive queste righe, parafrasando Jean Rostand, afferma che fin quando ci saranno dei dittatori, non si dovrebbe avere mai il coraggio di criticare una democrazia.

  • Rimuovere la storia senza contestualizzarla

    La nuova moda, la nuova pseudocultura, in diverse parti del mondo, è rimuovere la storia valutando gli accadimenti del passato senza contestualizzarli. E’ più che evidente, anche se non per tutti purtroppo, che la schiavitù è un orrore ma invece di indirizzare le nostre azioni contro quei governi che la praticano sul loro popolo, sulle minoranze, e a volte su altri popoli, la nostra indignazione si rivolge al passato quando culture diverse, e i gradi di rispetto dell’essere umano, erano inferiori e si analizzano quelle epoche con i nostri attuali parametri. Così la storia non può essere compresa e nella furia iconoclasta si distruggono monumenti, vestigia, simboli di epoche senza le quali noi non saremmo quelli di oggi.

    In molti siamo stati inorriditi quando i talebani hanno distrutto i Buddha di Bamiyan o l’Isis ha frantumato il Tempio di Baalshamin a Palmira ma le loro azioni non sono state molto diverse da quelle di chi in questi mesi ha abbattuto le statue di personaggi come Cristoforo Colombo o di chi a Siviglia invita i proprietari di quasi 500 case a togliere le targhe che, sulla facciata, ricordano il programma edilizio istituito nel 1950 dal regime franchista. Il vivienda de proteccion oficial, programma di edilizia popolare del governo di Franco, costruiva case per i cittadini meno abbienti ed oggi queste case, per come sono state edificate, sono ritenute di pregio e si trovano in quartieri centrali. Di questo passo dovremmo radere al suolo le piramidi perché costruite da schiavi e forse anche gli acquedotti romani per non parlare dei templi non solo dell’Antica Grecia?

    La storia della uomo è piena di ingiustizie, orrori ed errori ma attraverso di essi siamo arrivati all’attuale grado di civiltà, civiltà che rischia di perdersi per chi giudica la storia invece di studiarla e si dimentica, spesso per interesse ed opportunismo, di giudicare il presente e di impegnarsi per evitare moderne barbarie, dai bambini che continuano a lavorare nei paesi poveri, dove le nostre imprese delocalizzazione, alle donne e alle persone più fragili che anche nel più ricco mondo occidentale subiscono quotidiani soprusi.

  • In Egitto riemerge la ‘Città d’oro perduta’

    Dalle sabbie del sud dell’Egitto, a Luxor, è emerso per caso un nuovo affascinante pezzo di archeologia: un insediamento di oltre 3.000 anni fa asseritamente senza precedenti a livello di dimensioni e soprattutto con una fama tra gli specialisti che ha consentito di ribattezzarlo subito “la città d’oro perduta”. E connotarlo con almeno tre misteri archeologici.

    Il ritrovamento di “Aten” sulla sponda occidentale del Nilo è stata fatta da una missione egiziana guidata da Zahi Hawass, ex ministro delle Antichità e archeologo superstar. In linea con una dichiarata politica di rilancio del languente turismo egiziano attraverso l’archeologia, l’insediamento è stato presentato in maniera oltremodo evocativa con il nome di “città d’oro perduta” anche se per ora non sono stati rinvenuti oggetti preziosi. In ulteriori scavi la missione però “si aspetta di scoprire tombe inattinte piene di tesori”, segnala il ministero delle Antichità.

    Per una mediaticamente fortunata coincidenza, la fondazione della città risale al regno del grande faraone Amenhotep III: uno dei 22 regnanti egizi, tra cui quattro regine, le cui mummie sono state trasferite sabato scorso al Cairo con una spettacolare traslazione dallo storico Museo di piazza Tahrir a quello da poco inaugurato della Civilizzazione egiziana.

    “Molte missioni straniere hanno cercato questa città e non l’hanno mai trovata”, si è vantato Hawass giustificando implicitamente la legittimità dell’aggettivo “perduta” riferito all’antico centro abitato scoperto dichiaratamente per caso: “abbiamo cominciato il nostro lavoro cercando il tempio funerario di Tutankhamon”, ha ricordato l’archeologo evocando il faraone-icona dell’Egittologia.

    Il rilievo del ritrovamento è stato sottolineato da una docente di egittologia all’Università John Hopkins di Baltimora, Betsy Brian, la quale ha sostenuto che si tratta della “seconda scoperta archeologica più importante” dopo il rinvenimento della tomba di Tutankhamon del 1922.

    “Il Sorgere di Aten”, questo il nome completo dell’insediamento secondo un comunicato del ministero delle Antichità egiziano, inoltre sarebbe la “più grande città mai trovata in Egitto”. Amenhotep III, il nono re della XVIII dinastia, regnò dal 1391 al 1353, e la città fu attiva durante la coreggenza con suo figlio, il famoso Amenhotep IV/Akhenaton.

    Lo studio della “Città perduta”, secondo Brian, “ci aiuterà a gettare luce su uno dei più grandi misteri della storia: perché Akhenaten e Nefertiti decisero di spostarsi” da Luxor, l’antica Tebe, ad Amarna. Oltre a questo enigma, il dicastero ne segnala altri due incontrati dagli archeologi di Hawass: la sepoltura “di una persona” trovata con “i resti di una corda legata ai ginocchi”, in un luogo e posizione “piuttosto bizzarri”; e quella “di una mucca o di un toro” in “una delle stanze” di un edificio. In entrambi in casi sono i corso studi per capirne di più.

    Alla datazione dell’insediamento si è giunti attraverso geroglifici su tappi di ceramica di contenitori di vino ma anche mattoni con il cartiglio di Amenhotep. Gli scavi di Aten erano iniziati solo nel settembre scorso e la città, rimasta inattinta per 3 millenni sotto la sabbia, viene descritta “in buone condizioni di conservazione, con muri quasi completi e stanze piene di strumenti di vita quotidiana”. Un muro a serpentina con un solo punto di accesso testimonia di un sistema di sicurezza in un distretto amministrativo e residenziale con ambienti più grandi e ben strutturati che è ancora in parte sotto terra.

  • (Neuro) Psiche -16

    V sec. a. C. Pindaro: L’oro è figlio di Zeus. Scorre dalla sua stessa forza.

    65 d.C. L’imperatore romano Nerone avvia la costruzione della sua Domus Aurea (la Casa Dorata). Una enorme villa ricca di marmi pregiati, oro e pietre preziose provenienti dai saccheggi di ricche città Orientali.

    1271 Il mercante veneziano Marco Polo viene nominato consigliere dall’imperatore Kublai Khan della Dinastia Yuan.

    1296 Marco Polo, noto a Venezia come messer Marco Milioni (per via dei suoi racconti sulle enormi ricchezze viste in Oriente) viene imprigionato e interrogato per tre anni dai Genovesi. In cella dettò le memorie dei suoi viaggi allo scrittore Rustichello da Pisa che le pubblicò in lingua franco-veneta con il titolo di Livre qui est appelé le Divisiment dou monde.

    1300 Nasce e si diffonde la leggenda che al di là del Mare Oceano (come era chiamato al tempo l’Oceano Atlantico) esistessero sette città dorate note con i nomi di Aira, Anhuib, Ansalli, Ansesseli, Ansodi, Ansolli e Con.

    1338 Papa Benedetto XII invita ad Avignone (per ottenere informazioni?) una delegazione dell’imperatore cinese Zhiyuan della Dinastia Yuan.

    1371 Papa Gregorio XI invita ad Avignone (per ottenere informazioni?) una delegazione dell’imperatore cinese Xuānguāng della Dinastia Yuan.

    1405 L’imperatore cinese Yǒnglè della dinastia Ming commissiona i viaggi esplorativi dell’ammiraglio Zheng He il quale, tra il 1405 e il 1433 navigò con una imponente flotta (oltre 310 navi e circa 27 mila uomini) da oriente a occidente (1).

    L’imperatore invierà in Italia alcuni ambasciatori che in uno loro resoconto così descrivono Firenze: La terra di Fulin commercia in oro, argento, perle, vestiti, cavalli, olive e uva.

    1413 L’enorme flotta cinese, dell’ammiraglio Zheng He ha navi cariche d’oro e pietre preziose. In uno dei suoi viaggi, ospita come interprete un commerciante veneziano, Niccolò de’ Conti che aveva trascorso già molti anni in Asia.

    1420 A Pechino, l’imperatore Yǒnglè della dinastia Ming riceve una delegazione inviata (in missione esplorativa?) da Papa Martino V (Il Re di Lumi (Roma) negli scritti cinesi).

    1432 o 1433 Una delegazione Ming viene ricevuta (in gran segreto?) a Firenze alla presenza di delegati del Papa, delle famiglie nobili e degli eruditi del tempo, fra i quali Paolo del Pozzo Toscanelli. La delegazione porta in dono: il calendario Datong (il più accurato dell’epoca nel prevedere le fasi lunari, il passaggio delle stagioni e le varie eclissi), il calendario delle comete (i cinesi registrano il passaggio delle comete, compresa quella di Halley, già da diversi secoli), varie mappe con longitudine e latitudine (una di questa tracciava il continente americano?) e molte altre informazioni astronomiche, matematiche, architettoniche, etc. sconosciute al tempo in Europa.

    1433 A Firenze la potente famiglia Albizi costringe all’esilio Cosimo de’ Medici il quale si rifugerà a Venezia ospite dell’amico e socio in affari, il Doge Francesco Foscari. Nello stesso anno Paolo del Pozzo Toscanelli traccia le orbite delle comete (farà la stessa cosa negli anni a venire 1449-1450, 1456, 1457 e 1472).

    Nello stesso anno l’artista-ingegnere fiorentino Mariano Danniello detto il Taccola pubblica un manoscritto intitolato De machinis dove illustra il funzionamento di nuovi macchinari di notevole ingegno per l’epoca tra i quali macchine idrauliche e macchine da guerra. Disegni e studi utilizzati in seguito dal Brunelleschi e da Leonardo da Vinci.

    1434 Cosimo de’ Medici fa rientro a Firenze dove riesce a prendere il potere della città e dove ospiterà il veneziano Papa Gabriele Condulmer (Eugenio IV) costretto a scappare da Roma. Da qui a pochi anni Cosimo con il suo Banco Medici (che ha filiali in tutta Europa) diventerà uno degli uomini più ricchi del Mondo (e della storia).

    1436 Paolo del Pozzo Toscanelli presenta un primo progetto di riforma del calendario Giuliano.

    1439 Niccolò de’ Conti rientra a Venezia. Come penitenza per la sua conversione all’Islam, Papa Eugenio IV gli impone di raccontare i suoi viaggi al segretario papale Poggio Bracciolini. De’ Conti descrisse il Sud-est asiatico come superiore a tutte le altre regioni per ricchezza, cultura e magnificenza.

    1441 Il Bracciolini pubblica i resoconti del De’ Conti includendoli nel libro IV del suo De Varietate Fortunae. Le informazioni del De’ Conti vennero usate da diversi esploratori e viaggiatori, come Ludovico di Varthema e Antonio Pigafetta, che navigarono attorno al mondo con la spedizione di Ferdinando Magellano finanziata da importanti famiglie italiane di commercianti.

    1444 Fra Mauro, un monaco camaldolese disegna a Venezia il più dettagliato mappamondo dell’epoca (in Europa).

    1456 Paolo del Pozzo Toscanelli è il primo europeo a prevedere esattamente il passaggio della cometa di Halley.

    1460 Paolo del Pozzo Toscanelli viene considerato il più eminente matematico e astronomo del tempo. A Toscanelli si rivolgevano eminenti studiosi per avere conferme o delucidazioni in merito alle sue teorie scientifiche, come il filosofo Nicola Cusano o l’astronomo e astrologo tedesco Regiomontano.

    1471 Paolo del Pozzo Toscanelli è il primo europeo a suddividere la mappa del pianeta per longitudini e latitudini. Mappa che destò molto interesse fra le più influenti e ricche famiglie dell’epoca (3).

    1. 1471. Sale al soglio pontificio con il nome di Sisto IV, Francesco della Rovere il quale, consigliato dal nipote Girolamo Riario, signore di Imola e di Forlì, porta avanti una politica espansionistica ai danni degli altri Stati italiani.

    1474 Paolo dal Pozzo Toscanelli scrive al canonico della cattedrale di Lisbona, l’arcivescovo Martines sulla possibilità di navigare verso Occidente per raggiungere le Indie allegando una carta nautica da lui disegnata per raggiungere il Giappone (il Cipangu di Marco Polo) facendo rotta dall’Europa verso Ovest. In una lettera successiva, inviata a Cristoforo Colombo, il Toscanelli scrive di una lunga conversazione che Papa Eugenio IV avrebbe avuto con un testimone diretto (forse il de’ Conti?) il quale avrebbe affermato che questo paese vale la pena essere conosciuto dai Latini, non solo perché è grande la ricchezza che può essere ottenuto da esso, oro e argento, tutti i tipi di gemme, e spezie, che non raggiungono mai noi, ma anche per i suoi dotti, filosofi, geografi e astrologi esperti […] e tale viaggio è non solo possibile, ma è vero e certo di essere onorevole di portar profitti incalcolabili. Sempre in questa lettera menziona anche la visita di uomini da Catai (Cina) durante il regno di papa Eugenio IV (quindi fra il 1431 e il 1447). In una seconda lettera il Toscanelli aggiunge di avere informazioni ricche e dettagliate da uomini eminenti venuti da quelle terre fino alla corte papale.

    1475 Paolo del Pozzo Toscanelli fa costruire nel Duomo di Firenze un grande gnomone, strumento astronomico per studiare il moto del sole. Grazie a ciò fu possibile correggere le tavole dei moti solari del tempo.

    1478 A Firenze, per espugnare il potere dei De’ Medici, la famiglia di banchieri fiorentini de’ Pazzi, tramite l’appoggio di Papa Sisto IV ed altri appoggi esterni organizzano un piano per assassinare i due nipoti di Cosimo. La congiura portò all’uccisione di Giuliano e al ferimento di Lorenzo, noto come Lorenzo il Magnifico, senza tuttavia condurre alla fine del potere mediceo su Firenze, come era nei piani.

    1484 A Roma, con l’appoggio dei De’ Medici, viene nominato Papa Giovanni Battista Cybo (di una ricca famiglia genovese alleata della potente famiglia fiorentina) che prenderà il nome di Innocenzo VIII. Per molti anni il Papa affidò a Lorenzo de’ Medici il ruolo, non ufficiale, di suo primo consigliere. Uno dei suoi figli illegittimi, Francesco “Franceschetto” Cybo nel 1488 prenderà come moglie una figlia di Lorenzo de’ Medici, Maddalena.

    1485 Cristoforo Colombo parte per il “Nuovo Mondo”? (Con la mappa del Toscanelli copia di una mappa cinese)? Di sicuro si sa che su una carta del 1513, attualmente conservata nel museo Topkapi di Istanbul, c’è un’annotazione sull’area delle coste americane dove si legge che questi lidi vennero scoperti nell’anno 890 dell’era araba da un infedele di Genova chiamato Colombo. L’anno arabo 890 corrisponde nel nostro calendario al 1485.

    1488 Cristoforo Colombo parte nuovamente per il “nuovo mondo”? Nel 1582 lo studioso e letterato romano Francesco Sansavino nella sua opera intitolata “Cronologia del Mondo” scrive che nel 1488 Colombo ottenne dai Reali di Spagna huomini, navali, vettovaglie e armi e partitosi dalle Gadi, trova con maraviglia d’ogniuno, il mondo di sotto, incognito per quanto si crede à gli antichi.

    1492 17 Aprile. I Reali di Spagna e Cristoforo Colombo firmano un contratto (noto come Capitolaciones) dove si precisa che la Corona avrebbe concesso a Colombo quanto stabilito per quello che ha scoperto… (che ha già scoperto?) e dove si fa riferimento al fatto che metà della somma necessaria per l’armamento della flotta l’avrebbero messa alcuni finanziatori italiani e l’altra metà gli spagnoli. Da recenti studi è emerso, tuttavia, che nessuna delle risorse per finanziare l’impresa provenga dai Re spagnoli ma da banchieri genovesi e fiorentini legati a Papa Innocenzo VIII e da fondi della Chiesa in Spagna che erano stati istituiti per volere del papato per sostenere la guerra contro i Mori nella Penisola Iberica.

    Per contratto e per legge, quindi, tutti i diritti sulle terre conquistate sarebbero state dei finanziatori italiani ma all’improvviso cambia tutto.

    25 Luglio. Muore improvvisamente Papa Innocenzo VIII (forse avvelenato?).

    6 Agosto. In tutta fretta, dopo soli 11 giorni dalla morte del Pontefice e, nonostante gli scarsi mezzi di comunicazione e di trasporto dell’epoca, ha inizio il Conclave.

    11 Agosto. Il Collegio Cardinalizio sceglie come Papa lo spagnolo Rodrigo Borgia (Roderic Llançol de Borja) che prende il nome di Alessandro VI. Papa che assegnerà tutte le nuove terre conquistate (e tutti i diritti al loro sfruttamento) ai Re di Spagna, Isabella e Ferdinando (che, come dimostrano i documenti storici, nell’impresa, non misero un soldo). Il resto di questa storia è nota. In questa corsa all’eldorado (abbreviazione di El rio dorado – Il fiume d’oro) i de’ Medici videro l’inizio della loro fine mentre la Spagna divenne in pochi anni e per oltre due secoli una super potenza mondiale.

    1896 Canada: tre cercatori scoprono notevoli quantità di oro in due fiumi canadesi, lo Yukon e il Klondike. La notizia si diffuse rapidamente dando inizio all’ennesima corsa all’oro.

    2019 La Nasa dichiara di avere in programma un viaggio nel 2022 per raggiungere Psiche-16, un asteroide che si trova tra Marte e Giove al fine di estrarvi molti metalli preziosi, in primis l’oro, di cui pare ve ne siano decine di tonnellate.

    2020 Russia, Europa, Cina e Giappone hanno già avviato programmi simili. L’ammontare attuale degli investimenti tecnologici in questo settore si stima abbia già raggiunto la cifra di un miliardo di dollari.

    L’ennesima nuova corsa all’oro è appena cominciata…

    Quante corse (e quanta distruzione) per un semplice minerale.

    E quante altre violenze, nei secoli, per pochi altri semplici minerali.

    Quanti uomini, animali e vegetali sono morti a causa di tanta avidità? E quanti altri devono continuare a morire? Quanti bambini stanno morendo ancora oggi nelle miniere di tutto il mondo? Eppure siamo stati tutti bambini. Ma cosa fa diventare un innocente bambino, di ogni epoca e luogo, in un adulto indifferente, avido sfruttatore e consumatore di altri esseri umani e di ogni risorsa naturale?

    Dai mitici racconti greci, passando dalle leggendarie storie medioevali di città dorate, fino alle trame dei cartoni animati moderni (straripanti di re, regine, pirati e fantastici mondi luccicanti) pare che il livello di giudizio di molti popoli su cosa davvero sia importante per la convivenza vitale su questo pianeta non sia molto cambiato. E a questo riguardo, quanto contano i racconti e l’esempio nell’educazione di un bambino e sulle sue scelte future? E quanto contano sul futuro di un popolo?

    “Non ostentare ciò che può desiderarsi, fa sì che il cuore del popolo non si turbi”

    Lao Zi

    (1) Nel XV secolo la Cina è all’avanguardia mondiale in tutte le scienze e le arti, fra le quali l’astronomia e la navigazione.

    (2) Nonostante il diametro terrestre fosse stato misurato con notevole precisione da Eratostene nel II secolo a.C. e nel IX secolo d.C. dagli astronomi arabi, la cultura cristiana aveva a disposizione solo il risultato di questi ultimi, che era espresso in miglia arabe; più lunghe delle miglia in uso in Europa; perciò attribuirono alla Terra una circonferenza di 30.000 km invece dei 40.253 misurati dagli Arabi e dei 40.075 misurati da Erastotene. Quest’errore condusse Toscanelli, e come lui Colombo, a valutare la distanza tra Lisbona e le Indie in circa 6.500 miglia navigando verso ovest.

    (3) Lo storico contemporaneo Wang Tai Peng ricorda che fino a quell’epoca la cartografia europea era relativamente arretrata: i navigatori occidentali dovevano affrontare i mari senza un’accurata misurazione delle longitudini. Le lacune delle mappe rispecchiavano a loro volta i ritardi dell’astronomia europea. Le flotte cinesi, invece, da secoli perlustravano l’Oceano Indiano utilizzando conoscenze astronomiche più avanzate per determinare sia la latitudine che la longitudine di una nave in mare.

  • 2058

    Il primo test nucleare della storia dell’umanità è stato il Trinity e ha avuto luogo nel deserto di Jornada del Muerto nel New Mexico (Stati Uniti) il 16 luglio 1945 alle ore 5:29:45 quando venne lanciata una bomba con il nome in codice The Gadget (“il regalo”) nell’ambito del Progetto Manhattan. Solo pochi mesi dopo venne costruita una seconda bomba atomica, la Mk.1 – nome in codice Little boy (“ragazzino”); la prima arma nucleare a essere stata utilizzata su civili inermi.

    Lo sgancio del ragazzino sul centro della città giapponese di Hiroshima avvenne alle 8:15:17 del 6 agosto 1945 alla quota di 9.467 metri. La bomba esplose all’altezza predeterminata di 580 metri per sortire i maggiori effetti distruttivi (come previsto e calcolato dallo scienziato John von Neumann). A Hiroshima morirono istantaneamente circa 70.000 persone; una cifra simile rimase ferita e migliaia di persone morirono nei mesi e negli anni successivi a causa delle radiazioni (molte donne incinte persero i loro figli o diedero alla luce bambini deformi). Il ragazzino è stata anche la prima bomba ad utilizzare l’uranio (il “Trinity test” aveva fatto uso di un’arma al plutonio). Si trattava, quindi, di un prototipo mai sperimentato e il suo lancio su Hiroshima rappresentò un test di funzionamento.

    La mattina del 9 agosto 1945 un bombardiere statunitense si alzò in volo con a bordo una bomba atomica soprannominata Fat Man (“grassoccio”), alla volta della città giapponese di Kokura, primo obiettivo della missione. Dopo vari passaggi su questa città, causa maltempo, all’equipaggio fu ordinato di sganciare l’ordigno sulla più vicina città di Nagasaki. Tre giorni dopo la bomba di Hiroshima, intorno alle ore 11 il grassoccio venne sganciato. Anche in questo caso, il computo delle vittime fu elevatissimo. Le stime parlano di circa 80/100.000 persone, incluse quelle esposte alle radiazioni nei mesi seguenti.

    Dopo le esplosioni di Hiroshima e Nagasaki, mano a mano che nuovi stati si aggiungevano a quello che sarebbe poi stato chiamato il “club nucleare” e la guerra fredda spingeva verso l’alto il numero delle armi nucleari, le esplosioni atomiche per test scientifici, si sono moltiplicate: 1.032 gli esperimenti nord americani, 715 quelli russi, 210 quelli francesi etc.

    Il ragazzino sprigionò una potenza pari a 15 chilotoni (15 mila tonnellate di tritolo), il grassoccio pari a circa 21 chilotoni mentre il più potente ordigno termonucleare mai esploso, denominato lo Zar, aveva una potenza di 50.000 chilotoni. Era il 1961. Insomma, il ragazzino è cresciuto e in pochi anni ha messo pancia, famiglia ed è diventato persino Zar!

    2058 non è una data ma il numero di esperimenti nucleari condotti dal 1945 al 2017. Di questi, 1.528 sono stati effettuati nei fondali marini e 530 in superficie (fonte Arms Control Associartion).

    Non ci è dato sapere nulla sugli importantissimi risultati scientifici ottenuti grazie a questi utilissimi esperimenti nucleari effettuati su questo pianeta perché è tutto top secret, ma ci è dato subirne i loro strabilianti effetti mortali per più tempo di quanto sia stimata la vita del nostro Sistema Solare (il solo tempo di dimezzamento della radioattività dell’uranio utilizzato per questi esperimenti, infatti, è stimato in 4.510.000.000 di anni).

    A solo titolo di esempio, è di pochi mesi fa il ritrovamento di materiale radioattivo nella Fossa delle Marianne, uno dei più remoti ed inaccessibili luoghi del pianeta che si trova a circa 11.000 metri sotto il livello del mare, fra il Giappone e la Papa Nuova Guinea.

    Di tutto questo se ne parla poco. Forse perché i danni di questi crimini contro tutti gli esseri viventi sono invisibili all’occhio umano o perché facilmente confondibili (o occultabili) con altre cause di morte (inquinamento, carestie, epidemie e violenza di ogni sorta che si sono succedute in questi anni). Oppure, più semplicemente, perché fa comodo a qualcuno.

    Ho fatto 5 anni di elementari, 3 anni di scuola media e 5 anni di liceo scientifico e, come per la stragrande maggioranza di tutti voi, nessun programma scolastico di storia è mai arrivato oltre alla prima guerra mondiale (nei casi più virtuosi). E, da quello che mi risulta, è ancora così. Generazioni di ragazzi che sanno nulla, poco o, ancor peggio, male di quanto è successo nel Mondo negli ultimi 100 anni. Poco importa, pare.

     

    Tuttavia, l’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che ogni anno circa 8 milioni di bambini (1 su 20) nasca con malformazioni di vario genere. Di questi, circa 3 milioni sono destinati a morire prima del loro quinto compleanno. Insomma, pare che ad alcuni ragazzini, quelli veri (esseri umani, animali o vegetali che siano) non è dato crescere.

    “Non fa niente” è la seconda più grande bugia dopo “Va tutto bene”

    Vox Populi

     

  • Presentazione del libro ‘Storia dell’integrazione europea in 2500 anni’

    Venerdì 25 settembre, alle ore 18, presso i locali di Vol.To – Centro Servizi per il Volontariato, in via Giolitti, 21 a Torino, verrà presentato il libro di Roberto Amati Storia dell’integrazione europea in 2500 anni. Con l’autore a discutere dell’attualità della vicende storiche e culturali che hanno portato fino all’Europa odierna ci sarà Andrea Donna, presidente dell’Associazione Difendiamo il Futuro.  L’incontro sarà trasmesso in diretta Facebook: https://www.facebook.com/PolisPolicyhttps://www.facebook.com/taglimagazine/

  • I Longobardi? Erano immigrati, arrivarono dall’Ungheria

    I Longobardi raggiunsero l’Italia settentrionale dall’Ungheria e si insediarono progressivamente
    nei nuovi territori. A rileggere e a supportare le conoscenze storiche sulla migrazione dei Longobardi in Italia un nuovo studio coordinato dal Laboratorio di Paleoantropologia e bioarcheologia della Sapienza, in collaborazione con il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), l’Università di Parma
    e l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha ricostruito le dinamiche con cui i Longobardi arrivarono nella nostra penisola dopo la caduta dell’Impero Romano e si stanziarono sul territorio. I risultati del lavoro, pubblicati sulla rivista Scientific Reports, sono stati ottenuti attraverso analisi biomolecolari su denti e ossa di individui rinvenuti nella necropoli longobarda di Povegliano Veronese.

    La grande marcia dei Longobardi nella nostra penisola comincia nel 568 d.C., quando i guerrieri dalle lunghe barbe cominciarono a premere imponentemente alle porte delle Alpi alla conquista di nuove terre. Seguendo l’antica via Postumia, fondarono una serie di insediamenti, tra i quali Povegliano Veronese (VR), la cui area sepolcrale è stata oggetto di numerose indagini durante gli scavi archeologici condotti fra gli anni ’80 e ’90.  Oggi, un nuovo studio pubblicato su Scientific Reports, risultato di una missione coordinata da Mary Anne Tafuri del Laboratorio di Paleoantropologia e bioarcheologia della Sapienza, ha ricostruito le dinamiche con cui i Longobardi arrivarono nella nostra penisola dopo la caduta dell’Impero Romano e si stanziarono sul territorio.

    Il lavoro, svolto in collaborazione con il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), l’Università di   Parma e l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, si è basato su analisi biomolecolari effettuate sui fossili di alcuni individui rinvenuti nella necropoli longobarda di Povegliano Veronese, con l’obiettivo di indagare la mobilità della popolazione germanica e gli aspetti socioculturali che ne sono conseguiti. Nello specifico, Mary Anne Tafuri e il suo team hanno esaminato la concentrazione di stronzio e ossigeno e dei loro isotopi stabili (atomi con numero di massa variabile) all’interno di ossa e denti di un “campione” di 39 individui inumati e 14 animali, selezionati fra i reperti emersi dalla necropoli.

    L’ossigeno e lo stronzio, come tutti gli elementi naturali, hanno una distribuzione isotopica ben precisa che può però essere alterata da fattori biochimici e ambientali. L’aspetto interessante è che i valori relativi tali alterazioni risultano caratterizzanti per una determinata area geografica piuttosto che per un’altra. “Rilevando questi dati biomolecolari – spiega  Mary Anne Tafuri – abbiamo potuto evidenziare all’interno del campione una eterogeneità di valori ed effettuare una suddivisione statistica in tre “sotto-popolazioni”, distinte da  firme geochimiche differenti: gli autoctoni, ovvero coloro che  hanno trascorso a Povegliano Veronese tutta la vita; gli  alloctoni, che arrivano nel Veronese nel corso della vita e gli outliers, individui con valori al di fuori della variabilità osservata nei primi due gruppi”.

    I ricercatori hanno poi approfondito la provenienza e le dinamiche di mobilità di quella parte di comunità, circa il 26%, che non nacque a Povegliano, ma vi migrò nel corso della vita, comparando i dati isotopici di questo gruppo con quelli di individui provenienti da altre necropoli longobarde. I valori isotopici degli alloctoni di Povegliano sono risultati compatibili con quelli dei Longobardi sepolti nella necropoli ungherese di Szo’la’d, una delle ultime località occupate dai Longobardi prima del loro arrivo in Italia, confermando la ricostruzione effettuata dagli studiosi. Inoltre, grazie alle datazioni fornite dalle strutture tombali in cui sono rinvenuti gli individui e dagli oggetti di corredo, è stato possibile distinguere tra sepolture ascrivibili alla più antica fase d’uso della necropoli (fine VI – inizio VII secolo d.C.) e a quelle più recenti (prima metà VII – prima metà VIII secolo d.C.), cioè fra individui appartenenti alle prime generazioni di coloni e a quelle successive. “Abbiamo dimostrato che tutti gli individui alloctoni rinvenuti nell’area sepolcrale di Povegliano Veronese appartenevano alle prime generazioni – aggiunge Mary Anne Tafuri – in quanto accompagnati da un corredo databile alla prima fase d’uso della necropoli, mentre quelli autoctoni, dunque nati e morti a Povegliano, sono caratterizzati da corredi più tardi”. I risultati dello studio, che combina dati archeologici e isotopici, costituiscono un tassello importante nella ricostruzione delle dinamiche di insediamento e di mobilità dei Longobardi nel loro insieme, ma anche sulle modalità con cui questo popolo di guerrieri si è  integrato nel contesto di una civiltà, dando vita a una cultura nuova, capace di coniugare la tradizione germanica con quella classica e romano-cristiana.

  • 2500 anni di storia europea raccontati da Roberto Amati in un saggio che riceverà il Premio Casentino

    Una ricerca personale durata oltre 20 anni che ha dato vita al libro “STORIA DELL’INTEGRAZIONE EUROPEA IN 2500 ANNI. Le antiche origini si rinnovano nelle attuali aeternitas”. Si intitola così il progetto del giornalista torinese Roberto Amati che, per l’approfondimento, l’attenzione, lo studio, ha meritato il Premio Speciale “Letteratura e Geopolitica” dalla Giuria della 45° edizione del Premio Letterario “CASENTINO” per la saggistica edita. La cerimonia di premiazione avverrà sabato 5 settembre a Poppi (AR), presso l’Abbazia di San Fedele.

    Grande l’entusiasmo di Amati per il riconoscimento. “Trattandosi di un concorso prestigioso e di una giuria composta da tutti professori universitari di letteratura, non posso che essere soddisfatto perché oltre al valore di contenuto riconosciuto dai selezionatori, costoro hanno ritenuto la struttura in parti tematiche e in stili letterari differenti meritoria, unitamente alle collezioni in allegato di Cartine storiche De Agostini, di un Glossario sui termini antichi e brocardi citati nel libro e ad un’ampia e variegata bibliografia”.

    Il testo, autoprodotto e vera propria novità nel settore della saggistica storica, presenta un’interpretazione originale dell’intera storia continentale, partendo dalle più antiche civiltà fino ai giorni nostri, per riscoprire quegli elementi eterni che sostengono ogni aspetto della comunità europea.

    Partendo dal confronto fra euroentusiasti ed euroscettici l’autore si chiede se siamo davanti alla fine di un percorso o davanti ad un bivio, se l’idea di Europa unita sia ancora un sogno o può concretizzarsi per i nostri giovani. L’Europa unita è nata molto prima di Maastricht e la riscoperta delle sue radici aiuta a capirlo.

    Gli «Europei» sono diventati un popolo unico col sorgere dell’Impero Romano Cristiano (con Costantino) e dal momento in cui si sono riconosciuti nell’appartenenza alla religione del Cristo (Carlo Magno), soprattutto nei rapporti con altri culti e regioni del mondo e nonostante le innumerevoli divisioni interne e differenziazioni che hanno segnato profondamente la storia continentale.

    Conoscere la storia dei popoli europei, delle diverse integrazioni culturali, i feudi, i regni, i principati, le lotte tra guelfi e ghibellini è fondamentale per comprendere che l’Europa odierna è il prodotto della lotta fra indipendentismi e totalitarismi che ha generato gli stati nazionali attuali.

     

  • Bruxelles inserisce i reperti di Ostia Antica tra i patrimoni europei

    L’area archeologica di Ostia Antica diventa patrimonio storico e culturale europeo. Lo ha annunciato la Commissione Ue, che ha insignito del ‘Marchio del patrimonio europeo’ dieci siti dell’Unione, dalla Polonia al Portogallo. Questi luoghi “offrono a tutti i cittadini europei una grande possibilità di avvicinarsi al loro patrimonio culturale e rafforzare il proprio sentimento di appartenenza all’Ue”, ha dichiarato in una nota la commissaria europea responsabile per la cultura, Mariya Gabriel.

    I siti sono stati selezionati da una giuria di esperti indipendenti. Con l’aggiunta dei 10 di oggi, salgono a 48 i

    luoghi detentori del marchio europeo, fra i quali figurano anche il Forte di Cadine (Trento) e il Museo casa Alcide de Gasperi (Pieve Tesino). A differenza di quelli patrimonio mondiale Unesco, questi siti (la cui selezione è cominciata nel 2013) sono considerati importanti per la storia e la cultura europea, non solo dal punto di vista estetico.

    Il titolo di “Marchio del Patrimonio Europeo”, assegnato su iniziativa del commissario per l’Innovazione, la Ricerca, la Cultura, l’Educazione e la Gioventù, riconosce al sito dell’antico porto di Roma – sottolinea il Mibact in una nota – un ruolo significativo nella storia e nella cultura europea, valorizzato dall’intenso programma di rilancio attuato negli ultimi anni.

    Ostia Antica – fa notare il ministero di Beni culturali e Turismo – ha guadagnato il primo posto nella classifica dei 10 siti storici insigniti quest’anno del titolo: un risultato reso possibile dall’impegno, la capacità e la passione dei tanti professionisti dei beni culturali che vi lavorano. Il Parco Archeologico di Ostia Antica – si ricorda ancora – è uno dei musei autonomi istituito con il secondo step della riforma promossa dal ministro Dario Franceschini. E’ diretto dall’archeologa Mariarosaria Barbera.

    Il riconoscimento è stato istituito nel 2013 e finora ha premiato 48 siti europei. Ostia Antica è stata scelta insieme agli altri 9 siti per il 2020 al termine di una procedura di selezione che ha visto impegnati esperti indipendenti provenienti da tutto il continente nella valutazione delle candidature avanzate dagli Stati membri.

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