Tasse

  • Nessun rincaro delle tasse per universitari della Ue in Inghilterra nel 2019

    Gli studenti Ue pagheranno ancora le stesse tasse universitarie (pari a 9.250 sterline) dei compagni britannici nell’autunno 2019, il momento dell’avvio del primo anno accademico dallo scattare della Brexit. E’ l’impegno preso dal segretario all’educazione del governo britannico, Damian Hinds, secondo quanto riferiscono i media britannici. I ragazzi che si iscriveranno l’anno prossimo nelle facoltà in Gran Bretagna beneficeranno ancora di questo trattamento eguale a quello degli studenti locali per il tempo del loro percorso di studi universitari. Al momento non c’è ancora nessun accordo tra Ue e Gran Bretagna sul reciproco trattamento degli studenti post Brexit. Se gli europei dovessero essere considerati studenti di Paesi terzi a tutti gli effetti, i costi d’iscrizione alle università britanniche salirebbero in modo sensibile.

  • Italia al 19esimo posto nella Ue per innovazione e seconda per gettito fiscale delle imprese

    L’Italia resta diciannovesima nella classifica stilata dalla Commissione europea dei Paesi più innovatori confermando il risultato dell’anno precedente. Lo comunica l’esecutivo europeo in una nota. Nel quadro europeo di valutazione dell’innovazione, la Svezia si conferma il Paese leader nell’Ue insieme a Danimarca, Finlandia, Paesi Bassi, Regno Unito e Lussemburgo, mentre la Germania retrocede dal gruppo dei Paesi leader a quello dei ‘forti’ innovatori.

    “Il quadro di valutazione del 2018 dimostra ancora una volta che l’Europa è ricca di talenti e di spirito imprenditoriale – ha commentato Elżbieta Bieńkowska, commissaria per l’industria – ma che deve impegnarsi di più affinché quest’eccellenza si traduca in risultati positivi”. A livello mondiale l’Ue sta recuperando il ritardo nei confronti di Canada, Giappone e Stati Uniti e mantiene il proprio vantaggio sulla Cina che però si sta riducendo progressivamente a causa di un tasso di incremento del rendimento innovativo cinese superiore di quasi tre volte a quello europeo.

    “Le nostre proposte per Orizzonte Europa, il prossimo programma di ricerca e innovazione dell’Ue”- ha aggiunto Carlos Moedas, Commissario per la Ricerca, la scienza e l’innovazione – “permetteranno di accelerare l’innovazione lungo l’intera catena del valore e di individuare e potenziare le innovazioni rivoluzionarie».

    Indietro nell’innovazione, il Belpaese è invece in cima alla classifica europea per incidenza del prelievo fiscale delle imprese sul gettito tributario totale: le aziende italiane versano al fisco 101,1 miliardi di euro l’anno e tra i principali Paesi europei solo l’Olanda (14,2%) registra una incidenza del prelievo fiscale sul gettito fiscale totale superiore (14,1%)., secondo quanto segnala la Cgia di Mestre, sottolineando che con i nostri principali competitor, invece, scontiamo dei differenziali preoccupanti; tutti presentano un “sacrificio fiscale” nettamente inferiore al nostro. Sulle aziende tedesche, ad esempio, grava un prelievo sul gettito totale del 12,3%, sulle spagnole dell’11,6%, su quelle britanniche dell’11,4% e sulle francesi del 10,2%.

  • Il Comune di Milano regola la Tari per il 2018, ma non decide sui rimborsi Tari per il 2017

    Con 26 voti a favore e 6 contrari, il Consiglio comunale di Milano ha approvato il piano tariffario per il 2018 della tassa sui rifiuti (Tari) e ha anche approvato il nuovo regolamento Tari, modificato dopo la circolare del Ministero delle Finanze sull’applicazione della quota variabile della Tari per le utenze domestiche e le loro pertinenze. Sulla base delle nuove indicazioni del Mef sono cambiate le tariffe perché aumenta la quota variabile per le utenze domestiche: sono previsti sconti fino al 50% della parte variabile della tariffa per le attività commerciali e industriali che producono e distribuiscono generi alimentari e che cedono gratuitamente parte dei beni eccedenti agli indigenti e alle persone in condizioni di bisogno attraverso una rete di onlus certificate; ci sarà una riduzione del 25% della tariffa per le attività commerciali e artigianali nelle aree chiuse al traffico a causa dello svolgimento di cantieri di opere pubbliche e verranno esclusi dal conteggio 145.348 tra box e autorimesse sui quali prima veniva applicata la quota variabile.

    Resta però aperta la grana per la Tari pagata nel 2017, anno in cui una circolare del Ministero delle Finanze ha cambiato i criteri di calcolo e quindi di pagamento. In attesa che sulla questione si pronunci la Corte dei Conti, il Comune non intende restituire nulla di quanto ha percepito, anche se i calcoli di quanto dovuto sono mutati, in alcuni casi riducendo l’importo dovuto da chi pure aveva già pagato. Una situazione da far west così sintetizzata da Maurizio Giannattasio sul Corriere della Sera: «Prendiamo un’abitazione di cento metri quadri. Con il regolamento ante-Mef un nucleo famigliare con un’abitazione di cento metri quadrati senza box avrebbe pagato un totale di 298,67 euro, 187,79 euro per la parte fissa e 111,08 per la quota variabile. Con la nuova disciplina il totale aumenta e arriva a 316,39 euro: 187,8 per la parte fissa e 128,58 per la parte variabile. Al contrario un nucleo composto da tre persone con un appartamento di 80 metri quadri a cui si aggiunge un box pertinenziale di 20 vedrà diminuire la sua spesa. Prima pagava in tutto 390,14 euro di cui 261,31 per l’abitazione (150,2 per la parte fissa e 111 per la variabile), e 128,83 per il box (33,62 per la fissa e 95,21 per la variabile. Adesso il suo contributo per la Tari scende a 316,39 euro (187 per la parte fissa, 128,59 per la variabile). Altro esempio che sembra andare nella direzione opposta, ma che serve meglio a chiarire le ‘limitazioni’ delle pertinenze. Se si prende un nucleo famigliare di 4 persone che vivono in una casa di 140 metri quadrati e sono proprietari di 8 garage pertinenziali la cifra che andranno a spendere nel 2018 per la tari sarà di 1.492,35 euro contro i 1.453,63 del 2017. Perché? Perché viene ritenuto pertinenziale uno solo degli otto box, il più grande, mentre gli altri sette sono sottoposti alla quota variabile. Manca l’esempio più «doloroso». Un single che vive in un appartamento senza box. Per lui o lei, l’aumento dovrebbe arrivare fino a un massimo del 4 per cento. Ma, oltre agli esempi, sono arrivate in commissione anche le polemiche sul nuovo regolamento con l’opposizione scatenata. Non tanto sulle nuove regole quanto sui mancati rimborsi dopo il «congelamento» da parte di Palazzo Marino in attesa di un parere della Corte dei Conti sulla possibilità di restituire i soldi prelevandoli dalla fiscalità generale. Fino a quel momento, il Comune non metterà mano al portafoglio».

  • Addio alla scheda carburante

    Tra le novità di maggior impatto della legge di bilancio 2018 (Legge n. 205/2017) possiamo annoverare sicuramente la scomparsa della scheda carburante con effetto dal 1 luglio 2018. Anche in questo caso si tratta di misure varate dal legislatore per contrastare l’evasione fiscale.

    Tutti sappiamo che per dedurre i costi del carburante per autotrazione acquistato nell’esercizio di imprese, arti e professioni e per detrarre la relativa imposta sul valore aggiunto, ai sensi del DPR 444/1997 il soggetto acquirente è tenuto a compilare in modo analitico la scheda carburante che sostituisce a tutti gli effetti la fattura. Facciano attenzione i malintenzionati che proprio questa integrale sostituzione della fattura con la scheda carburante, tra l’altro, comporta l’estensione della normativa sanzionatoria di cui all’emissione di fatture false alle operazioni di falsificazione o manomissione delle schede carburanti.

    Nonostante le conseguenze insite nell’uso distorto delle schede carburanti, evidentemente il malcostume è diffuso tanto che il settore dei carburanti e della certificazione dei relativi corrispettivi presenta, ancora oggi, ampie sacche di evasione. Ed è proprio per questo, riteniamo, che la deducibilità del relativo costo e la detraibilità della relativa IVA subiscano delle decurtazioni legislative che, altrimenti, non troverebbero ragion d’essere.

    Tutto ciò non è stato sufficiente. Con l’intento appunto di contrastare questi fenomeni il legislatore ha imposto, con decorrenza 1 luglio 2018, l’obbligo di pagamento del carburante con moneta elettronica per consentirne la deducibilità del costo. Inoltre, con la medesima decorrenza, gli acquisti di carburante effettuati da soggetti titolari di partita iva dovranno essere certificati tramite fattura elettronica (anticipando l’obbligo della fattura elettronica generalmente previsto per il 1 gennaio 2019).

    Con riferimento alla tracciabilità dell’acquisto tramite moneta elettronica già era intervenuto il Decreto sviluppo del 2011 prevedendo l’esonero dall’obbligo di compilazione della scheda carburante per coloro che si impegnassero ad effettuare i pagamenti dei rifornimenti esclusivamente con carte di credito o di debito intestate al titolare dell’impresa. Nonostante tale previsione sia tutt’ora in vigore e non sia stata formalmente abrogata, di fatto lo sarà con l’entrata in vigore delle nuove norme più sopra presentate.

    Non pochi saranno i problemi pratici: si pensi alle possibili code connesse con i tempi di emissione della fattura elettronica, ai rifornimenti presso le stazioni automatiche.  Probabilmente una semplificazione in tal senso dovrà essere concessa ai contribuenti. Una soluzione operativa potrebbe essere quella di stipulare contratti di netting con le compagnie petrolifere: in modo semplice il contribuente potrebbe effettuare i rifornimenti nei circuiti convenzionati, pagare con l’apposita carta e ricevere a fine mese la fattura elettronica dei rifornimenti effettuati.

    Concludiamo con un’osservazione: se pur condivisibile lo spirito della norma, ancora una volta sembrano aumentare le difficoltà amministrative dei contribuenti senza comunque che venga a crearsi il legame tra la targa del mezzo e il relativo rifornimento di carburante che consentirebbe la certezza di escludere usi fraudolenti. Allo stato dei fatti, forse, sarebbe stato sufficiente rendere obbligatoria la tracciabilità dei pagamenti così come previsto dal regime opzionale istituito dal decreto sviluppo.

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