Terrorismo

  • L’unica soluzione? Il riconoscimento dei due Stati, Israele e Palestina

    Lo si dice da anni, lo si ripete in ogni occasione di conflitto o di azioni terroriste, una litania che rischierebbe di diventare patetica se non esprimesse una sacrosanta verità negata, nei fatti, da molti di quelli che la pronunciano.

    E’ il mondo arabo, o almeno la maggior parte di esso, nel suo complesso e nelle sue diverse forme organizzative, che ha negato ai palestinesi il loro diritto a vivere in uno stato indipendente e riconosciuto nel momento nel quale, per decenni, si è rifiutato di riconoscere Israele.
    Anche l’Occidente ha le sue colpe nel non avere fatto comprendere al mondo arabo moderato i pericoli di lasciare nel limbo del non riconoscimento sia Israele che i palestinesi, nel non aver controllato come si usavano i molti soldi inviati come aiuti umanitari, nel non avere portato fino in fondo la guerra al terrorismo, nel non avere approntato in Europa regole comuni per l’immigrazione e per il rispetto delle regole e delle leggi europee.
    I più o meno recenti accordi di Abramo, i quali seguono altri tentativi di accordi siglati e disattesi, che sembravano aprire finalmente la strada per arrivare al riconoscimento di Israele e di conseguenza della Palestina, sono stati sabotati nel sangue che Hamas ha scientemente, e con inaudita ferocia, versato in Israele nel tentativo di fare imboccare a tutti una strada senza ritorno.
    Hamas pur avendo usato i soldi degli aiuti umanitari, che arrivavano da gran parte del mondo, Europa in testa, per dotarsi di nuove armi e di fabbriche per incrementare il suo arsenale di  guerra, invece che per dare migliori condizioni di vita ai palestinesi, non avrebbe potuto preparare un piano così efferato e preciso se non avesse avuto a monte il fattivo sostegno di altre potenti realtà, non soltanto dell’Iran.
    L’Iran, messo in difficoltà dalle proteste interne, nell’ultimo anno diventate più evidenti e ormai all’attenzione mondiale, non poteva aspettare oltre visti i colloqui e le intese che si andavano costruendo anche  tra Arabia Saudita ed Israele.
    Stabilizzare il Medio Oriente creando condizioni di civile convivenza, di sicurezza per Israele e di maggiore benessere per i palestinesi, non era e non è un obiettivo né degli islamisti radicali, né del terrorismo islamista, sia esso al Qaeda o  Isis, ma neppure di quelle  potenze che, negli ultimi anni, stanno cercando di creare sinergie per dare vita ad un nuovo sistema mondiale sia politico che economico.
    Gli incontri tra Putin e il presidente cinese, la guerra che lo zar ha scatenato contro l’Ucraina, la sempre più forte penetrazione in vari paesi africani sia da parte cinese che russa, anche se con metodi diversi, fanno parte di un ampio disegno che vede nell’attacco ad Israele, senza pari per violenza ed capacità organizzativa, un nuovo spaventoso scenario nel quale tutti possono restare coinvolti ma solo alcuni hanno l’arma, che potrebbe diventare vincente, del ricatto e del terrore.
    Siamo tutti consapevoli che nei bombardamenti su Gaza soffriranno migliaia di civili che perderanno la casa se non la vita, ma dobbiamo essere altrettanto consapevoli che da Gaza continuano a piovere missili su Israele, assediata anche dagli Hezbollah e non solo.
    Siamo consapevoli che Israele non può, come nessuno stato può, che reagire con estrema fermezza alla mattanza fatta dai terroristi di Hamas perché non può ignorare il disegno, che esiste da sempre, di distruggerla e che la chiamata alla jihad è un pericolo per tutto il mondo, non lo può ignorare Israele e non lo possiamo ignorare noi.

    Né si possono ignorare le manifestazioni che sono state tenute in vari paesi, Italia compresa, a favore dei palestinesi, di Hamas ed inneggianti la distruzione di Israele. Legittimo, anzi giusto chiedere attenzione per i civili palestinesi, per la loro salvezza, barbaro non avere pietà e rispetto per le persone, i bambini trucidati da Hamas.

    I tanti, Cina compresa, che chiedono, con più o meno arroganza e mistificando le realtà, che gli israeliani non entrino a Gaza perché non chiedono ad Hamas di cessare il lancio di razzi contro Israele? Perché non condannano, senza se e senza ma, quello che Hamas ha fatto ad Israele e contro gli stessi palestinesi?

    Chiedere pace bruciando le bandiere di Israele e non condannando il terrorismo è la strada per ancora più odio e guerra.

    La doppia verità è sempre menzogna e l’arma del terrore deve essere distrutta perché tutti possano aspirare ad un mondo nel quale diritti umani, libertà e sicurezza non siano soltanto parole.

  • Difendere Israele e l’Ucraina imperativo per tentare di garantire il futuro di chi crede nella civiltà

    Dopo gli orrori di Bucha  e dei troppi luoghi ove si è accanita la crudeltà e l’efferatezza di alcuni reparti russi, nella criminale guerra di Putin, ecco ora gli orrori che gli islamisti hanno commesso in Israele, trucidando persone inermi e decine e decine di bambini, alcuni di questi, secondo le notizie apparse su diversi media, sono stati sgozzati e decapitati.

    Difficile trovare parole idonee per condannare questo orrore, difficile pensare in modo razionale, non farsi prendere dall’odio.

    Chiedere giustizia sembra ormai inutile perché di fronte al terrore, ad uomini che non hanno remore del dichiararsi terroristi o di comportarsi come tali, di farsi saltare in aria o di mandare a sicura morte altri uomini incuranti di ogni principio comune, di ogni pietà e rispetto, le leggi, le associazioni internazionali sembrano non avere più capacità di intervento, oltre alle solite dichiarazioni.

    Gli antichi dicevano “se vuoi la pace prepara la guerra” e tutto il nostro difficile tentativo, protrattosi nei secoli, per arrivare a una società che riconoscesse la civiltà come bene comune deve riportarci a considerare quella frase, purtroppo, ancora attuale.

    Difendere Israele come difendere l’Ucraina sono imperativi per tentare di garantire il nostro futuro di italiani, di europei, di donne e uomini che credono nella civiltà.

    Il terrore non ci deve impaurire e piegare, non ci sono né se né quando la stessa civiltà è messa in serio pericolo: in poche ore siamo tornati indietro nel tempo prima in Ucraina ed ora in Israele.

    Le risposte, anche le più cruente, al terrorismo ed alla violenza contro civili, contro bambini, non sono solo giustificate ma necessarie perché le belve umane sono le più sanguinarie e pericolose che esistono e solo rendendole inoffensive, definitivamente, il mondo ritroverà quella civiltà che loro stanno tentando di sopprimere.

  • Israele, Ucraina, le guerre del terrore e nessuno si salva da solo

    La nuova guerra alla quale è chiamato Israele, dopo gli attacchi terroristici di questi giorni, mette in evidenza una serie di aspetti.

    I sistemi di sicurezza, benché ultramoderni e sofisticati, non mettono al riparo da incursioni di terroristi che non hanno alcuna considerazione della propria vita e perciò sono pronti a tutto, come già in altre occasioni avevamo visto.

    Le guerre oggi si avvalgono contemporaneamente di sistemi altamente tecnologici come di quelli  tradizionali mentre strumenti che, normalmente, sono utilizzati per divertimento e sport diventano armi di distruzione come i deltaplani ed i droni.

    Le armi possono essere di diversa efficacia letale ma dietro di esse devono esserci uomini disposti a morire per raggiungere lo scopo, o costretti a morire perché i loro capi lo raggiungano, quanto sta avvenendo in Ucraina, in Israele o in alcuni paesi africani, quanto è avvenuto in Afganistan, dimostra chiaramente che l’arma più letale resta l’uomo, sia quando si fa esplodere sia quando impone agli altri di marciare verso la morte.

    Queste guerre hanno dimostrato e dimostrano che se non si è capaci di preparare la propria difesa ogni paese può essere attaccato e la sua sopravvivenza è messa a rischio.

    Alcuni capi di stato e di governo preferiscono usare ogni disponibilità economica per migliorare sempre più gli armamenti, reclutare disperati, spendere per gli addestramenti piuttosto che dare alle proprie popolazioni i mezzi per vivere più dignitosamente, in questo modo ottengono il duplice risultato di avere sempre persone disperate da reclutare e da aizzare contro fantomatici avversari esterni.

    Il recente tentativo di trovare finalmente un accordo, come quello a suo tempo raggiunto con l’Egitto, tra Israele e l’Arabia Saudita ha scatenato, specie da parte dell’Iran, la decisione di attaccare, tramite i palestinesi, Israele ritenendo, erroneamente, che in questo momento fosse più debole per alcune spaccature interne.

    Certamente i servizi di sicurezza, spionaggio e controspionaggio, di Israele hanno dimostrato di non essere all’altezza della loro fama, infatti l’attacco che Israele ha subito è stato programmato con dovizia di mezzi e ha dimostrato grande capacità di penetrazione frutto di studi meticolosi e di organizzazione precisa.
    Non è sicuramente stata all’oscuro di tutto Mosca che importa dall’Iran armi e droni e che spera che l’Occidente, specie gli Stati Uniti, si distragga dalla guerra criminale che Putin ha portato in Ucraina per occuparsi invece di quanto sta avvenendo in Medio Oriente.

    Non è da escludere che si possa avere anche un ritorno alla strategia degli attentati in vari altri paesi, la stessa uccisione in Egitto di due turisti israeliani può essere l’inizio, da parte dei terroristi che si annidano ovunque, di una nuova stagione del terrore.

    Le guerre che sono ormai, dichiarate o meno, in mezzo mondo ci sembrano spesso lontane e a volte guardiamo le notizie che arrivano da vari fronti con occhi distaccati, poi ci si trova in mezzo e capiamo cosa  vuol dire doversi  rifugiare sotto terra e sentire le bombe che ci esplodono sulla testa, come è successo ai molti turisti italiani che sono in questi giorni in Israele.

    Quando qualcuno pensa di lasciare che gli ucraini se la sbrighino senza il nostro aiuto, perché noi vogliamo la pace o non vogliamo fare nuovi sacrifici per altri, pensiamo a come potrebbe cambiare la nostra vita se fossimo lasciati soli sotto il fuoco nemico, sotto le bombe o sotto il ricatto economico di un altro paese.

    La pace è un obiettivo che va raggiunto per il bene comune ma ricordiamo tutti che non vi può essere pace, civile convivenza, se non si rispettano le leggi internazionali, se chi inizia una guerra ha come obiettivo la pulizia etnica o culturale, l’annientamento di ogni diritto, l’uccisione indiscriminata di civili.

    Nessuno si salva da solo, nessuno si salva se il terrore vince, nessuno si salva senza la capacità di prevedere e di conseguenza di prepararsi.

  • Le forze somale prendono il controllo delle aree lasciate libere dalle truppe dell’Unione Africana

    Le forze somale hanno assunto responsabilità di sicurezza in cinque dei sei settori in cui sono state dispiegate le truppe dell’Unione Africana (UA).

    Il ministero della Difesa ha detto di aver apprezzato i “sacrifici” compiuti negli anni dalla missione dell’UA e dai paesi che avevano fornito soldati: Burundi, Gibuti, Etiopia, Kenya e Uganda.

    La dichiarazione è arrivata dopo il previsto ritiro di 2.000 soldati dell’UA il 30 giugno.

    La maggior parte delle basi militari finora consegnate si trovano nella regione del Basso Shabelle ed erano gestite dal contingente burundese della missione.

    Altri 3.000 soldati dell’UA dovrebbero partire entro la fine di settembre, con l’intera forza che dovrebbe lasciare la Somalia entro la fine del 2024.

    L’UA aiuta il fragile governo somalo a combattere il gruppo militante islamista al-Shabab dal 2007.

  • Ancora una strage degli al Shabaab ma il Kenya è sempre più determinato nella guerra contro il terrorismo islamista

    A coloro che pensavano che il terrorismo islamista si fosse acquietato accontentandosi, come nel caso degli al Shabaab, di continuare a colpire e mietere vittime solo in Somalia, ha violentemente risposto la realtà: nelle ultime ore i terroristi somali, ben noti per le molte stragi ed assassini che hanno compiuto anche in Kenya, hanno nuovamente colpito ed ucciso proprio nella repubblica africana che solo pochi giorni fa aveva siglato un importante accordo con l’Unione Europea.

    Cinque fino ad ora le vittime accertate, sgozzate e decapitate, tutti civili.

    L’efferata violenza è una delle tante che gli al Shabaab hanno compiuto contro un paese che da anni è in prima fila per cercare di supportare il governo somalo e ripristinare l’ordine a Mogadiscio sostenendo la fragile presidenza, eletta nel modo più democratico possibile, in un paese dove ormai, da decenni, il terrorismo è padrone pressoché incontrastato.

    Il governo keniota, nonostante i molti attentati subiti sul suo territorio, non si è tirato indietro continuando a offrire aiuto militare alle istituzioni somale, il Kenya soffre da anni le conseguenze della guerra che i terroristi jihadisti stanno portando in varie parti dell’Africa, ora sotto l’insegna di al Qaeda ora sotto quelle dell’Isis.

    Ricordiamo, perché la memoria a volte non aiuta, alcuni dei più sanguinosi attentati subiti dal Kenya (sparatoria al centro commerciale Westgate settembre 2013; strage all’Università di Garissa il 2 aprile 2015; attacchi di Mombasa il 28 novembre 2002 contro un hotel di proprietà israeliana e un aereo appartenente ad Arkia Airlines).

    Non si deve inoltre dimenticare che in Kenya vi è a Dadaab il più grande campo profughi che vede rifugiati decine di migliaia di somali scappati dalla tragica situazione del loro paese afflitto, oltre che da sanguinosi scontri tra le forze del terrore e le forze governative, da una persistente carestia che rende la popolazione sempre più affamata e disperata.

    Il Kenya, giustamente considerato tra i paesi più evoluti ed affidabili dell’Africa, ha siglato, nei giorni scorsi, un importante accordo di partenariato economico con l’Unione Europea che promuoverà gli scambi di merci e creerà nuove opportunità economiche per le imprese e gli esportatori kenyoti, aprirà il mercato dell’UE ai prodotti kenyoti e incentiverà gli investimenti dell’UE in Kenya. Anche questo ha certamente reso ancora più violenti ed aggressivi gli al Shabaab che vedono nell’accordo un altro importante tassello per rendere il Kenya più forte e l’Africa più libera e stabile anche dal punto di vista economico.

  • Nessuna parola

    La cultura rappresenta un dono, che può essere alimentato dall’istruzione, ma nella sua essenza molto simile alla fede, la quale trova nella religione il proprio ambito di crescita.

    La cultura e la fede, quindi, permettono di considerare ed individuare dei valori superiore ed insindacabili, i quali vengono riconosciuti a tutte le creature indipendentemente dalla loro posizione politica individuale, personale o professionale.

    La recente sentenza francese ha sottratto definitivamente dei terroristi italiani al principio della responsabilità, cardine di uno Stato di diritto, e rappresenta l’ennesimo insulto ai familiari delle vittime per i quali non esiste né una prescrizione né tanto meno fine pena per il proprio dolore.

    In questo contesto di forte contrapposizione ecco però esplodere la più ignobile ideologia ampiamente rappresentata persino in Parlamento da sottoprodotti politici (AVS) i quali manifestano soddisfazione per l’esito giudiziario.

    Dimenticando e, quindi, non avendo alcuna parola per il dolore delle vittime di cui questi latitanti risultano per la storia reale gli unici ed inequivocabili responsabili…

    Questo approccio ideologico, sostanzialmente parte dalla sempreverde idea che considera ancora questi terroristi come “compagni che sbagliano” e rappresenta la negazione tanto della cultura quanto di una qualsiasi e laica fede politica in quanto esprime priorità valoriali in rapporto alla vicinanza politica ed ideologica…

    Qualsiasi ideologia, infatti, seleziona sulla base di propri valori e fattori squisitamente politici la considerazione esclusiva, escludendo ogni elementare attenzione per gli esclusi dal paradigma ideologico.

    Come nel caso del Generale Antonio Varisco, ucciso a Roma nel marzo 1979: era un amico d’infanzia di mio papà, Nino Pontelli, nati e cresciuti assieme a Zara. Lui, come tutte le vittime del terrorismo di destra o di sinistra ed i loro familiari, rappresenta quella parte di popolazione dimenticata da questi volgari ideologi che oggi plaudono la sentenza della Cassazione francese, ma non dimostrano neppure una residuale attenzione verso i familiari delle vittime del terrorismo.

  • Somalia to expand offensive against al-Shabab

    Somalia’s President Hassan Sheikh Mohamud has said the government will soon launch the second phase of an offensive against al-Qaeda-allied al-Shabab militants in the south-west, where the group controls several towns and villages.

    Speaking at a reconciliation conference in Baidoa on Tuesday, the president said al-Shabab had blockaded some towns in Bay and Bakool regions.

    He added that after recent military successes in the central regions of Somalia, the planned offensive would take a shorter time “because al-Shabab is weakened”.

    Mr Mohamud’s remarks came after the Somali National Army, with the help of pro-government clan militias, recaptured three strategic towns from al-Shabab.

    The president added that his government had prepared a military strategy to eliminate al-Shabab in Somalia.

  • Taliban conduct first public execution since return to power

    The Taliban have carried out what is thought to be their first public execution since their return to power in Afghanistan last year.

    A Taliban spokesperson said a man was killed at a crowded sports stadium in south-western Farah province after he confessed to murder.

    Dozens of the group’s leaders, including most top ministers in their government, attended the hanging.

    It comes weeks after judges were instructed to fully enforce Sharia law.

    The Taliban’s supreme leader Haibatullah Akhundzada issued the edict last month, ordering judges to impose punishments that may include public executions, public amputations and stoning.

    However, the exact crimes and corresponding punishments have not been officially defined by the Taliban.

    While several public floggings have been carried out recently – including that of a dozen people before a crowded football stadium in Logar province last month – it marks the first time the Taliban have publicly acknowledged carrying out an execution.

    According to their spokesperson Zabihullah Mujahid, the execution was attended by several Supreme Court justices, military personnel and senior ministers – including the justice, foreign and interior ministers.

    Mohammad Khaled Hanafi, charged with imposing the Taliban’s strict interpretation of Islamic law as minister for vice and virtue, was also present. However, Prime Minster Hasan Akhund did not attend, the statement said.

    According to the Taliban, the executed man named Tajmir, a son of Ghulam Sarwar and a resident of Herat province, had stabbed a man named Mustafa about five years ago.

    He was subsequently convicted by three Taliban courts and his sentence was approved by Mullah Akhundzada.

    Before the execution, a public notice was issued publicising the event and “asking all citizens to join us in the sport field”.

    The murdered man’s mother told the BBC that Taliban leaders had pleaded with her to forgive the man, but she had insisted upon his execution.

    “Taliban came to me and begged me to forgive this infidel,” she said. “They insist me to forgive this man in sake of God, but I told them that this man must be executed and must be buried the same as he did to my son.

    “This could be a lesson to other people,” she added. “If you do not execute him he will commit other crimes in the future.”

    A listener to the BBC’s Afghan radio service in Farah said his son had witnessed the execution.

    “The victim was executed by the father of the man who was killed five years ago,” the man said.

    During their rule from 1996-2001, the Taliban were condemned for regularly carrying out punishments in public, including executions at the national stadium in Kabul.

    The Taliban vowed that they would not repeat the brutal repression of women. Since they seized power, women’s freedoms have been severely curbed and a number of women have been beaten for demanding rights.

    At present, no country has recognised their new government and the World Bank has withheld around $600m (£458m), after the Taliban banned girls from returning to secondary schools.

    The US has also frozen billions of dollars held by Afghanistan’s central bank in accounts around the world.

  • Il Consiglio europeo si muova in sintonia con il Parlamento nel dichiarare la Wagner organizzazione terroristica

    Il Parlamento europeo ha finalmente dichiarato la Wagner organizzazione terrorista, ci ha messo molto tempo, troppo tempo ma alla fine ha prevalso il buon senso o almeno la realtà, perchè la verità può essere soggettiva ma la realtà è inoppugnabile.

    Il cuoco di Putin ed i suoi tristi, sanguinari, accoliti e mercenari, che da anni stanno insanguinando vari paesi del mondo commettendo atrocità di ogni genere, sono una realtà che deve essere fermata.

    La lentezza e le titubanze dell’Europa, unite a interessi economici contrastanti e ad una incapacità di vedute a lungo termine che si uniscono ai veti incrociati ed alla, ormai annosa, necessità di rivedere l’organizzazione ed i poteri delle tre principali Istituzioni, sono le cause di ritardi che hanno parte della responsabilità di quanto sta accadendo in Ucraina, con riflessi in tutto il mondo.

    Che i mercenari della Wagner siano in gran parte assassini a piede libero, teleguidati dal governo di Mosca, è noto a tutti da tempo, per questo condividiamo, pur ritenendola tardiva, la decisione del Parlamento europeo ma, come sappiamo bene, se anche il Consiglio europeo non si muoverà in sintonia tutto resterà poco più che una dichiarazione d intenti.

    Siamo tutti chiamati ad evitare un’escalation che coinvolga altri Stati, la guerra mondiale deve essere evitata ma è altrettanto evidente che la comunità civile non può continuare ad accettare lo sterminio del popolo ucraino che Putin sta consapevolmente e inesorabilmente portando avanti, dopo le bombe ed i missili che continuano a cadere, con il gelo ed il buio nel freddo dell’inverno.

  • Il Presidente del Consiglio

    Questa è la testimonianza inequivocabile della “ideologia eversiva” dei centri sociali e degli antagonisti di sinistra: la sagoma posta a testa in giù ed appesa “esanime” è pronta per l’orrendo vilipendio del corpo ripercorrendo la storia di 75 anni fa.

    Ovviamente si sprecheranno le giustificazioni espresse dai vertici di tutti i partiti di sinistra, fino ad arrivare alla famosa frase “sono solo compagni che sbagliano” magari solo nella forma e nei modi.

    Per chi ha vissuto, invece, anche se solo da liceale, gli anni di piombo con le vittime innocenti di azioni assassine e delle stragi operate da organizzazioni terroristiche tanto di sinistra quanto di destra, non sarà difficile percepire le similitudini nei toni degli slogan e nei conseguenti comportamenti dei centri sociali (gli epigoni di Autonomia Operaia e Lotta Continua) i vagiti di una nuova sinistra non più solo antagonista. Ora vengono poste le basi ideologiche per un substrato “culturale” nel quale possano attecchire le malsane menti malate di una nuova forza eversiva.

    La storia spesso si ripete con forme forse diverse, ma attraverso contenuti decisamente simili anche se espressi a decenni di distanza. Allo Stato, nella sua articolata struttura istituzionale, e alle forze politiche va attribuita la responsabilità di comprendere i pericoli e le criticità di questa situazione esplosiva. Di conseguenza dagli stessi ci si dovrebbe attendere la capacità di attuare un diverso monitoraggio delle evoluzione di questi movimenti, ma, al tempo stesso, dovrebbe emergere una volontà politica di riconoscere le radici sociali, economiche e politiche che originano le cause di simili comportamenti.

    La risultante di queste due strategie dovrebbe portare alla conoscenza dalla quale elaborare e dimostrare la volontà di porvi rimedio togliendo così le ideologiche giustificazioni addotte da sempre dalle organizzazioni estremiste e quindi evitare di  arrivare ancora ad una nuova ondata terroristica.

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