Terrorismo

  • Lotta al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo in tutto il mercato unico

    La Commissione ha adottato la relazione sulla valutazione sovranazionale dei rischi (SNRA), uno strumento per aiutare gli Stati membri a individuare e affrontare i rischi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo.

    Sebbene la maggior parte delle raccomandazioni contenute nelle valutazioni precedenti (l’ultima relazione di questo tipo risale al 2019) sia già stata attuata, la relazione sottolinea il fatto che le debolezze nell’individuare la titolarità effettiva continuano a rappresentare una grave minaccia per il sistema finanziario, in quanto l’anonimato rimane una vulnerabilità critica per tutti i settori e tutte le attività.

    La relazione ricalcola inoltre i livelli di rischio di alcuni settori in cui sono stati rilevati cambiamenti dal 2019, ad esempio nelle cripto-attività e nel gioco d’azzardo online, in cui i rischi sono ora più elevati. Le recenti norme antiriciclaggio proposte nel pacchetto legislativo del 2021 mirano a migliorare l’individuazione delle operazioni e delle attività sospette e a colmare le lacune utilizzate dai criminali per riciclare proventi illeciti o finanziare attività terroristiche attraverso il sistema finanziario.

    La relazione odierna riconosce l’importanza del pacchetto, attualmente in discussione al Parlamento europeo e al Consiglio.

  • In attesa di Giustizia: liberté, egalité, ospitalité

    Pietrostefani, Tornaghi, Manenti ed altri ancora sono nomi noti alle cronache sebbene a lungo dimenticati, almeno fino a quando non è sembrato che la Francia – Paese nel quale avevano trovato da decenni  rifugio – si fosse determinata ad estradarli verso l’Italia per scontare le pene a cui erano stati condannati per gravi reati di sangue e di eversione contro l’ordinamento dello Stato.

    Hassan Iquioussen, invece, è un personaggio sicuramente meno conosciuto, almeno al di qua delle Alpi Graie, e si tratta di un Imam nei cui confronti il Ministro dell’Interno francese aveva recentemente emesso un decreto di espulsione in quanto considerato pericoloso: vicino ai Fratelli Musulmani, che in varie occasioni non ha mancato di manifestare apertamente antisemitismo, omofobia, xenofobia e di legittimare l’omicidio di chi avesse tradito la fede musulmana, spesso abilmente impiegando i termini usati salvo poco tempo fa quando gli è sfuggita la frase “taglieremo loro le teste prima che loro taglino le nostre”. Chi siano i destinatari di tale auspicio è piuttosto chiaro: siamo noi, gli infedeli.

    Dunque, una personcina che sarebbe stato di tutta opportunità rispedire al suo Paese di origine ma… grazie ad un tempestivo ricorso, il Tribunale amministrativo ha annullato la decisione ministeriale e l’Imam può serenamente continuare a risiedere nella sua zona prediletta, al confine con il Belgio.

    La sentenza è un inno all’ospitalità affermando che qualche parolina di troppo, per quanto di esplicita provocazione non può giustificare l’espulsione di chi mantiene il pieno diritto di condurre una normale vita famigliare con i suoi congiunti nella terra che ha scelto come sua residenza.

    Insomma, tiene famiglia ed i  francesi, si vede, non hanno il corrispondente diritto a sentirsi un po’ più sicuri di non incappare in qualche giovanotto (Iquioussen è un idolo nella fascia di età andante dai quindici ai quarant’anni) indottrinato al taglio delle teste.

    Molto ospitali, i giudici francesi: per chi non lo sapesse anche gli ex brigatisti italiani, alla fine, non sono stati consegnati alla nostra giustizia perché – in fondo – è ormai storia vecchia, questi gentiluomini si sono comportati bene per tanti anni, hanno messo su famiglia pure loro, hanno un lavoro e qualche ammazzatina a fondamento ideologico anni ’70 non può certo giustificare la prigione proprio adesso che sono dei miti pensionati o quasi. Figuriamoci, poi, in Italia! Dove – sempre secondo la Corte parigina – non vi è garanzia che siano stati sottoposti ad un giusto processo nel quale non hanno neppure potuto difendersi personalmente. E, certo: hanno preferito restare serenamente seduti in qualche barettino della Rive Gauche a sorbirsi un Pernod o a gustarsi un croque monsieur piuttosto che accomodarsi sulle panche di una Corte d’Assise.

    Liberi tutti, allora! Del resto siamo nella terra della libertà, della uguaglianza ed – evidentemente – della ospitalità.

    Far scontare una pena, tuttavia, non equivale a riparare le vittime di un delitto o i loro famigliari ma non è neppure vendetta sociale, anche se sono passati molti anni dai fatti: è semplicemente quella giustizia degli uomini che prima o poi ci si aspetta che arrivi e si manifesti con uno dei suoi esiti possibili.

    Non sempre è così, e i lettori di questa rubrica lo sanno bene: se poi il Presidente di un Collegio giudicante – come quello che si è occupato dei nostri terroristi – si chiama Belin, forse non ci si deve sorprendere più di tanto delle idee che gli passano per la testa. Una testa di Belin, appunto, con licenza parlando.

  • L’arresto del militante del Daesh segnale del pericolo reale di proselitismo che arriva dal web

    I carabinieri del Ros hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare a carico di un 37enne egiziano, per i reati di partecipazione a un’associazione con finalità di terrorismo internazionale. Le indagini sono partite due anni fa in seguito ai sospetti scaturiti dall’attivismo sul web dell’uomo che visionava e rilanciava materiale di propaganda jihadista a favore di una vasta comunità virtuale di utenti. L’uomo risultava segnalato, proprio in quel periodo, assieme a un altro co-indagato, come frequentatore dell’area turistica del Vaticano.

    Il 37enne egiziano militante del Daesh arrestato dai carabinieri del Ros nell’ambito della cosiddetta “jihad della penna”, era un combattente virtuale per conto dello Stato Islamico.

    Secondo gli investigatori il materiale diffuso esaltava lo Stato Islamico attraverso video ad alta valenza evocativa e aggiornamenti sui ‘successi’ delle campagne di insorgenza nei territori di conflitto, diffondendo l’idea che esso potesse continuare a sopravvivere, cooptando sotto la propria bandiera ideologica il maggior numero di aderenti, i quali erano chiamati a colpire nei territori di origine, anche in Occidente.

    Del pericolo che continua ad arrivare, malgrado non sia più notizia da prima pagina, dallo stretto rapporto web e propaganda terroristica ne abbiamo parlato, qualche giorno fa anche sulle nostre colonne con l’articolo di Cristiana Muscardini Mantenere alta la guardia sul terrorismo in Rete che è possibile leggere al seguente link https://www.ilpattosociale.it/attualita/mantenere-alta-la-guardia-sul-terrorismo-in-rete/

  • Mantenere alta la guardia sul terrorismo in Rete

    Mentre la guerra della Russia contro l’Ucraina continua a radere al suolo case, ospedali, fabbriche e uomini, donne, bambini muoiono, restano gravemente feriti, subiscono violenze e paure dalle quali sarà difficile riprendersi ed è sempre più lento l’aiuto dell’Occidente, si ha la sensazione che il mondo politico sia più attento all’inflazione che a tenere alta la guardia sul terrorismo.

    Certo rispetto ai momenti tragici degli attentati sul suolo europeo, con molte vittime, da qualche tempo sembra vi sia un miglior coordinamento tra le intelligence e fatti così gravi non sono più avvenuti in Europa ma sappiamo che in altre parti del mondo, in Africa specialmente, nuove e vecchie formazioni continuano ad organizzarsi e ad uccidere.

    Altrettanto bene sappiamo che il terrorismo continua a fare proseliti usando i vari sistemi che la rete consente di rendere, troppo spesso, anonimi o criptati. sono nati  così i lupi solitari di ieri e di oggi e controllarli, prevenire le loro azioni, sarà sempre più difficile se la rete continuerà ad essere l’unica realtà che non ha regole.

    L’Unione Europea dovrebbe riprendere, confrontandosi anche con gli altri stati, un percorso che porti ad impedire che la Rete, da strumento di progresso, diventi il veicolo  sicuro e costante per tenere raccordati criminali di varie specie e pericolosi e sanguinari agenti del terrore.

    L’Europa dovrebbe vigilare sui progressi dell’intelligenza artificiale prima che, anche in questo campo, il progresso sfugga di mano all’uomo e alle regole della convivenza, i segnali stanno già diventando preoccupanti.

  • Al-Shabab denies plan to attack Somali leaders

    The al-Qaeda-allied al-Shabab militant group has dismissed reports that it was planning an attack against the Somali president and prime minister.

    Pro-al-Shabab Somali Memo website quoted an unnamed senior al-Shabab commander who termed the claim by the Somali National Intelligence and Security Agency (Nisa) “laughable”.

    The Shabab commander said Nisa was “not capable” of unearthing the group’s operations.

    The militants claimed the statement from the spy agency “indicates an imminent threat” against some officials because of political disputes.

    “Although the leaders and the officials of the apostate (Somali government) are always our target, we will not allow them to involve us in their disputes,” the jihadist commander was quoted as saying.

    The group also denied the existence of a senior al-Shabab operative named Mohamed Mahir, who Nisa said was leading the alleged attack plot.

    Somalia’s security situation continues to be be jeopardised by political wrangles over its delayed election.

  • US sanctions alleged IS financiers based in South Africa

    The US has warned that Islamic State (IS) members in South Africa are playing a key role in transferring money to the group’s branches across the continent.

    This comes after the US imposed sanctions against four alleged Islamic State of Iraq and Syria (Isis) and Isis-Mozambique (Isis-M) facilitators based in South Africa.

    Among the four men is alleged Durban Isis cell leader, Farhad Hoomer. He was arrested in 2018, but later released along with his associates, for their alleged involvement in a plan to deploy improvised explosive devices near a mosque and commercial and retail buildings in the region.

    The case against them was thrown out of court because of delays by the prosecution in submitting evidence. Mr Hoomer was never asked to plead in court and has threatened to sue the state for damages.

    On Tuesday, the US Office of Foreign Assets Control (OFAC) also listed three others, aside from Mr Hoomer, as being sanctioned including one Ethiopian and one Tanzanian national.

    They are allegedly linked to recruitment, robberies, kidnapping and extortion. They have not commented on the accusations.

    The OFAC has said that IS members and associates in South Africa are “playing an increasingly central role in facilitating the transfer of funds from the top of the ISIS hierarchy to branches across Africa”.

    They say IS has recently attempted to “expand its influence in Africa through large-scale operations in areas where government control is limited”.

    The sanctions mean the four men are effectively blocked from doing business with the United States.

    In response to the sanctions, South Africa’s main opposition party, the Democratic Alliance (DA), has urged the country’s finance minister to act against terrorism financing.

    It said in a statement that “South Africa’s robust financial system should not be a safe haven for terrorism, nor should it be subject to abuse by terrorists who harm innocent people on our continent and abroad”.

  • Myanmar charges US journalist with terrorism

    Military-ruled Myanmar has charged an American journalist with sedition and terrorism, which carry a maximum sentence of life imprisonment, his lawyer says.

    Danny Fenster, 37, who was managing editor of Frontier Myanmar, was detained at Yangon international airport in May.

    Dozens of local journalists have been detained since a coup in February.

    Mr Fenster’s trial on these charges is scheduled to begin on 16 November.

    He is already on trial for allegedly encouraging dissent against the military, unlawful association and breaching immigration law.

    But the new charges are the most serious, carrying a maximum sentence of life imprisonment. It is not clear what Mr Fenster is accused of doing.

    “He has become quite thin,” his lawyer, Than Zaw Aung, told the AFP news agency.

    Thousands of people were detained during bloody demonstrations earlier this year after military leaders seized power.

    At least 1,178 people were killed and 7,355 arrested, charged or sentenced during a crackdown on dissent that followed Aung San Suu Kyi being ousted from power, according to the Assistance Association for Political Prisoners.

    The military has since clamped down on the country’s independent media, arresting dozens of journalists.

    The military government released hundreds of political prisoners last month but Mr Fenster was not among them.

    The United States has urged Myanmar’s junta to free Mr Fenster immediately.

    “The profoundly unjust nature of Danny’s detention is plain for all the world to see,” a State Department spokesperson told AFP.

    “The regime should take the prudent step of releasing him now… His continued detention is unacceptable. Journalism is not a crime.”

    His brother Bryan Fenster said in a message to Reuters: “We are as heartbroken about these charges as we have been about the other charges brought against Danny.”

    Frontier Myanmar is an English-language news magazine and website based in Yangon, which describes itself as independent and has covered the military coup extensively.

    Mr Fenster, who worked for Frontier Myanmar for around a year, was arrested as he was about to fly out of the country to see his family in May. He has been held in Yangon’s notorious Insein prison since.

  • A volte l’Occidente sa ancora imporsi: la Francia elimina il capo dell’Isis nel Grande Sahara

    Della morte di ‘Awas’ si parlava ormai da un mese. L’ufficialità l’ha voluta annunciare direttamente Emmanuel Macron, con un tweet che ha utilizzato la parola “neutralizzato” per descrivere la fine di Adnan Abou Walid Al-Sahraoui, detto appunto Awas, capo del gruppo jihadista Stato Islamico nel Grande Sahara (EIGS). Si tratta “di un nuovo importante successo nella battaglia che conduciamo contro i gruppi terroristici nel Sahel”, ha sottolineato il presidente francese celebrando le gesta di Barkhane, la forza francese che opera nella regione.

    Mentre Joe Biden faceva la figura del nuovo Jimmy Carter in Afghanistan, facendo di Kabul la nuova Saigon, Parigi in piena estate aveva annunciato senza scendere in dettagli la morte o la cattura di diversi alti dirigenti dell’EIGS da parte di Barkhane e dei suoi alleati sul territorio. Il raid francese che ha ucciso Adnan Abou Walid al-Sahraoui risale a “metà agosto”, ha precisato oggi in un punto stampa sull’argomento la ministra della Difesa, Florence Parly, definendo l’operazione “una manovra di raccolta di informazioni di ampio respiro insieme a diverse altre operazioni di cattura di collaboratori di al-Sahraoui”. L’azione è avvenuta mentre l’emiro del terrore circolava su una moto, al posto del passeggero. Il veicolo è stato colpito da un drone in una regione a sud di Indelimane, nel Mali, nella cosiddetta zona delle 3 frontiere, secondo quanto precisato dal capo di stato maggiore francese Thierry Burkhard.

    Era stato lo stesso Awas, ex membro del Fronte Polisario, il movimento indipendentista sahraoui, e poi di AQMI (Al Qaida del Maghreb islamico), a creare l’EIGS nel 2015 prima di essere designato come “nemico pubblico numero 1” nella regione. Il vero nome del capo di EIGS eliminato sarebbe stato Lahbib Abdi Said, nato negli anni Settanta nel Sahara occidentale nella grande tribù nomade dei Reguibat. Nel nord del Mali apparve attorno al 2010, un paio d’anni dopo era fra i più attivi nell’organizzare la mobilitazione bellica di gruppi armati jihadisti nella regione. Dal 2016 si sono registrati i primi attacchi del suo movimento, EIGS: da allora Awas era diventato il comandante delle operazioni nella zona delle tre frontiere.

    La ministra Parly ha ricordato che l’EIGS è stato protagonista di attacchi sanguinosi contro militari ma anche civili, nel Mali, in Niger e in Burkina Faso. Viene considerato responsabile della morte di “2.000-3.000 civili dal 2013”. Il successo militare è particolarmente benvenuto in questo momento a Parigi, dopo l’annuncio da parte di Macron del progetto di ridurre la presenza francese nel Sahel di qui alle elezioni presidenziali del prossimo aprile.

  • Afghanistan: la beffa dei terroristi e dei talebani all’Occidente

    In Afghanistan diventano sempre più violenti e potenti i talebani mentre a Herat da giorni è in atto un vero conflitto a fuoco tra i sodati regolari e gli estremisti che continuano ad attaccarli e ad uccidere tutti coloro che, in qualche modo, hanno collaborato con gli occidentali. Era tutto prevedibile e previsto, come per altro avevamo detto appena fu annunciato il cosiddetto piano di pace voluto dagli Stati Uniti. L’accordo con le forze  militari e religiose eredi del mullah Omar era e resta impossibile, come impossibile era pensare di riportare in Afghanistan un minimo di democrazia e pace senza che prima  sul territorio rinascesse una forza simile a quella che era il comandante Massud. Il 9 settembre, pochi ricorderanno la sua uccisione per mano di terroristi provenienti, come in altri attacchi terroristici, da Bruxelles, pochi ricorderanno quanto inutilmente il comandante avesse richiesto l’aiuto dei paesi occidentali per impedire che l’Afghanistan precipitasse definitivamente nel terrore e nella barbarie riportando nuovamente indietro la storia. Molti ricorderanno invece l’11 settembre dello stesso anno, l’attacco agli Stati Uniti, la strage di innocenti cittadini ignari dell’ escalation di violenza e terrore che dal giorno della loro morte sarebbe cominciata in tutto il mondo. Sono passati 20 anni, sono state distrutte molte, moltissime vite e siamo punto e a capo, incapaci anche di salvare la vita a coloro che in Afghanistan hanno creduto in noi. Questa pace falsa, inesistente, è la nuova beffa che i terroristi ed i talebani hanno fatto all’Occidente e la nostra, purtroppo, consolidata ignavia condannerà di fatto a morte, ancora, coloro che avremmo dovuto salvare.

  • Terrorista islamico arrestato a Salerno

    Era stato in Siria nel 2012 e si era arruolato nelle file di al-Nusra, braccio armato di al-Qaeda, poi quando il Califfato aveva preso terreno sotto la guida di Abu Bakr al-Baghdadi, aveva deciso di continuare a combattere per lo Stato islamico, di cui era diventato uno dei capi militari. Afia Abderrahman, più noto tra i foreign fighter con il nome di battaglia di Abu al-Bara, 29 anni, marocchino, è stato catturato dalla polizia a Lago, in provincia di Salerno. Su di lui, fanno sapere le autorità, pendono le accuse di associazione a delinquere finalizzata alla preparazione e alla commissione di atti di terrorismo, detenzione illegale di armi da fuoco, attività collettiva avente fine di attentare all’ordine pubblico e raccogliere fondi per il finanziamento di atti di terrorismo. A firmare il mandato d’arresto è stato il procuratore generale presso la Corte di appello di Rabat, in Marocco, il 28 giugno scorso. La misura è poi stata estesa a livello internazionale l’8 luglio.

    La cattura dell’ex foreign fighter è avvenuta grazie alla collaborazione tra l’intelligence italiana, marocchina e l’Interpol, che attraverso una minuziosa attività di osservazione, controllo e pedinamento, grazie anche all’uso di tecnologie all’avanguardia, sono riusciti a localizzare l’uomo vicino a un bar in Campania, mentre si trovava lì con altri cittadini extracomunitari. A quel punto è scattata l’operazione che ha portato all’arresto del 29enne, a carico del quale risultano segnalazioni nella banca dati Schengen inserite da Spagna e Francia. L’uomo era inoltre già emerso all’attenzione del Comparto sicurezza nel 2018, in quanto segnalato dall’intelligence come combattente jihadista. Adesso è detenuto nel carcere di Salerno, a disposizione dell’autorità giudiziaria in attesa del perfezionamento della procedura per l’estradizione.

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