Terrorismo

  • In attesa di Giustizia: Noi siamo ciò che siamo stati

    Il 28 aprile del 1977 a Torino venne ucciso in un agguato delle Brigate Rosse il Presidente dell’Ordine degli Avvocati, Fulvio Croce. Cinque colpi di pistola, tre al torace e due alla testa a dimostrazione che la condanna a morte per tutti gli avvocati che avessero accettato di difenderli annunciata un anno prima dal brigatista Maurizio Ferrari non costituiva una minaccia vana.

    Gli appartenenti alle Brigate Rosse si dichiaravano combattenti prigionieri politici di un regime di cui ripudiavano il sistema giustizia e con esso la difesa tecnica che – in assenza conseguente di nomine fiduciarie – veniva affidata ad avvocati di ufficio. Senonchè, dopo quel proclama nessuno di coloro che venivano incaricati accettò l’incarico; in alcune sedi di processi ai terroristi vennero stilate liste di volontari ma a Torino si dovette ricorrere al disposto dell’art. 130 del codice di procedura penale vigente che prevedeva la nomina del Presidente dell’Ordine laddove non fosse disponibile nessun altro difensore: e così fu che Croce – civilista, tra l’altro –  venne prescelto, accettò l’incarico mostrando coraggio ed alto senso delle istituzioni e fu seguito da altri Consiglieri del Foro nella difesa di 44 imputati, tra cui i vertici delle Brigate Rosse rinviati a giudizio avanti alla Corte d’Assise di Torino.

    Ferrari, tra gli accusati alla sbarra, ribadì l’avvertimento rivolto agli avvocati sospettati di collusione con giudici strumenti di un sistema contro rivoluzionario.

    Ma nessuno fece un passo indietro, nemmeno dopo quel 28 aprile, un giorno in cui su Torino pioveva a dirotto quasi che anche il cielo piangesse quella Toga martire.

    Non tutti, partitamente i più giovani, ricorderanno questo passaggio della storia che non può essere dimenticato non solo per l’onore che deve rendersi a uomini come Fulvio Croce ma perché è simbolo di un periodo in cui l’Italia ha saputo resistere al più violento attacco alle istituzioni che la storia repubblicana ricordi. Resistere e uscire vincitrice.

    Lodevole è dunque la recente iniziativa del Consiglio Nazionale Forense che ha istituito un premio, costituito da una Toga e una targa al merito intitolato a Fulvio Croce e destinato da quest’anno ogni anno a un difensore di ufficio che si sia distinto nel ruolo secondo parametri dettati dal regolamento.

    L’iniziativa è volta a valorizzare la difesa di ufficio che è concreta rappresentazione sociale dell’avvocatura, strumento essenziale per il funzionamento della giurisdizione e garanzia del godimento dei diritti e attuazione dei principi costituzionali per i più deboli, vanto di civiltà giuridica di uno Stato di diritto.

    Di questi valori, Fulvio Croce è stato ed è simbolo e stimolo ad onorare un ruolo, quello del difensore, che in base all’art. 24 ha rango costituzionale.

    Noi siamo ciò che siamo stati e in ciò risiede il valore della memoria. E quella Toga intrisa di sangue sotto la pioggia di Torino aiuta a non dimenticare e ad essere sempre migliori nell’adempimento del sacro dovere della difesa degli uomini.

  • Lo scontro di civiltà del mondo d’oggi raccontato a fumetti

    Presentata a Milano, nella sede del museo del fumetto, una significativa iniziativa editoriale della Signs Publisherg: la collana reportage graphic journalism. Tre volumi a fumetti con il testo scritto da tre famosi giornalisti di guerra, Tony Capuozzo, Fausto Biloslavo, Giancarlo Micalessin, e con le illustrazioni grafiche di Armando Miron Polacco. Coordinamento redazionale di Federico Goglio, lettere e impaginazione di Luca Bertolli, progetto grafico di copertina di Daniele Kirchmayer e cartina introduttiva di Emanuele Mastrangelo.

    Il primo volume presentato è «La culla del terrore, l’odio in nome di Allah diventa Stato», dai reportage di Capuozzo.

    L’obiettivo editoriale è restituire ad alcune vicende ormai storiche quella verità e conoscenza divulgativa che in troppe occasioni sembra mancare alla memoria del nostro Paese. La nascita dell’Isis, la vicenda di Quattrocchi, troppo spesso passata in secondo piano, i cristiani uccisi in Siria e la fine di Gheddafi in Libia trovano, nella storia raccontata a fumetti, insieme ad altri importanti e tragici avvenimenti degli ultimi anni, una capacità di sintesi e di possibilità di tornare all’attenzione e alla conoscenza anche dei più giovani, o dei più adulti disattenti.

    Durante la presentazione è stato evidenziato come, finché il mondo musulmano non ammetterà che al suo interno c’è un terribile filone che apre continue strade all’islamismo radicale e violento, non potrà esserci una vera soluzione, così come in Italia non si risolse il problema delle Brigate Rosse finché non si volle ammettere la presenza, in un mondo di sinistra, di omertà e complicità. Anche il silenzio è complicità, anche il non voler vedere è complicità. Alcune vicende, come quella di Quattrocchi, che una meschinità amministrativa del nostro Paese non ha voluto riconoscere come un segno importante, dimostra come sia difficile far crescere gli anticorpi per difenderci dalla cultura della morte e della violenza fine a se stessa. Durante la presentazione della nuova collana sono stati anche ricordati Almerigo Grilz, drammaticamente morto in Mozambico, e la sua idea, rimasta utile per tanti altri inviati di guerra, non solo di sostenere la necessità di avere immagini e foto sui luoghi dei reportage ma anche di disegnare precise mappe.

    Vi è una tradizione nel fumetto di guerra, basta ricordare ‘Supereroica’, e Biloslavo, noto anche per essere stato uno dei pochi a incontrare e intervistare il comandante Massoud e narrare le vicende afghane, ha ricordato, nel parlare di Corto Maltese, di avere scelto la vita che ha fatto per cercare non solo l’avventura ma anche di spiegare al pubblico fatti e persone senza conoscere i quali è ormai impossibile comprendere quanto sta avvenendo e trovare gli antidoti.

  • Impronte nelle carte d’identità dei Paesi Ue? La lotta al terrorismo incappa nella privacy

    Secondo una proposta della Commissione europea per la lotta al terrorismo, le carte d’identità dei Paesi Ue dovranno contenere le impronte digitali e altri dati biometrici dei titolari. Dubbi legati direttamente o indirettamente a questo tipo di misure, e a quelle proposte a dicembre per rafforzare il database di Schengen e gli scambi di informazioni, però, sono già stati sollevati dai garanti per la privacy europei.

    “Dobbiamo dare un giro di vite finché non ci sia più spazio né mezzi per i terroristi o i criminali” e questo “significa che dobbiamo bloccare il loro accesso ai soldi, ai documenti falsi, alle armi e agli esplosivi, impedendo loro di attraversare le frontiere indisturbati”, ha affermato il commissario Dimitris Avramopoulos.

    In Belgio però il Garante nazionale della privacy ha bocciato la legislazione nazionale che intende rendere obbligatorie le impronte digitali sulla carta d’identità belga dal 2019. E anche il garante Ue per la protezione dei dati Giovanni Buttarelli ha emesso un’opinione piuttosto critica nei confronti delle proposte presentate lo scorso dicembre dalla Commissione Ue, nel precedente pacchetto su sicurezza, visti e controllo delle frontiere. Questo prevede di rafforzare la base di dati del sistema Schengen rendendolo un sistema centralizzato contenente milioni di dati biometrici di cittadini, anche non Ue, facilitando lo scambio di informazioni. “Nella loro forma attuale, le proposte della Commissione altererebbero la struttura e la modalità operativa dei database Ue esistenti e cambierebbero il modo in cui i principi legali fondamentali in quest’area sono stati tradizionalmente interpretati” obbietta il garante, sollecitando “maggiore chiarezza” sulle “precise implicazioni per i diritti e le libertà individuali”.

  • Il bracconaggio dell’avorio finanzia le attività terroristiche

    La recente scomparsa di Daphne Sheldrick, che da anni si occupava, in Kenya, del salvataggio dei piccoli di elefanti feriti o abbandonati ripropone, ancora una volta, il tema dello sterminio di questi magnifici animali con i conseguenti gravi rischi per la conservazione della specie  e la salvaguardia dell’ecosistema.

    La Sheldrick, prima con il marito, direttore del Parco del Tsavo, poi, dopo la sua morte, da sola, ha salvato, dal 1960, più di 230 elefantini orfani ai quali, una volta diventati grandi, ha riconsegnato la libertà. Le sue battaglie contro i bracconieri sono state innumerevoli e a lei si deve una maggiore presa di consapevolezza, sia dei governi che delle popolazioni, dell’importanza di difendere i pachidermi che rappresentano anche una grande attrazione turistica  e perciò un importante ritorno economico. La Regina Elisabetta le assegnò un premio e Daphne fu insignita di una laurea Honoris Causa per avere trovato la formula per alimentare gli elefantini in assenza del latte materno e intolleranti al latte di mucca.

    Gli elefantini salvati da Daphne e diventati adulti tornavano spesso a trovarla anche con i loro piccoli dimostrando così come nella nota grande memoria di questi animali sia anche presente la gratitudine, sentimento che troppo spesso manca negli esseri umani.

    Proprio alle costanti ricerche della Sheldrick si devono gli impressionanti dati che testimoniano come nel 2016 gli elefanti, in tutta l’Africa, si sono ridotti a circa 400.000 esemplari contri i 3 milioni presenti un secolo prima. Ogni anno vengono uccisi dai bracconieri più di 30.000 elefanti e spesso l’avorio è fonte di denaro non solo per i bracconieri ma anche per le organizzazioni terroristiche come Boko Haram e Al Shabaab.

    Certamente in questo ultimo periodo i governi africani, in primis quello del Kenya, hanno iniziato una vera battaglia contro i bracconieri armati di kalashnikov e non più solo di affilate panga, utilizzate per tagliare i tendini delle gambe posteriori degli elefanti e ridurli all’immobilità, ed hanno aumentato i sistemi di controllo e il numero delle guardie nei parchi. Anche le iniziative che hanno portato alla distruzione di ingenti quantitativi di zanne d’avorio sequestrate sono state un segnale a tutti per rendere chiaro che è illegale il commercio di qualunque oggetto d’avorio. Ciò nonostante vi è ancora molto da fare perché il mercato nero continua più fiorente che mai ed ogni elefante rimane a rischio.

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