tribunali

  • In attesa di Giustizia: senza speranza

    L’impegno è la competenza della Ministra Cartabia sono fuori discussione, tuttavia un riassetto del “sistema giustizia” risolutivo appare ancora come una chimera e le ragioni sono molteplici.

    Una è la permanente e molesta presenza dei Cinque Stelle tanto nelle Aule Parlamentari che nella compagine di Governo: solo la mediazione ha consentito di varare dei progetti di riforma che, sfortunatamente, soffrono di prese di posizione ideologiche ed autentiche idiozie provenienti  non del tutto espunte da precedenti  iniziative a firma del Guardasigilli Ridens e dei suoi accoliti.

    L’Ufficio del Processo valga come esempio, senza entrare nell’analisi di aspetti tecnici delle innovazioni adatta solo ad operatori del settore. Parliamo di 16.000 addetti, dignitosamente pagati e divisi in due cicli con contratti a termine della durata di due anni e mezzo ciascuno: si tratta di semplici laureati in giurisprudenza che dovranno affiancare i giudici nella redazione dei provvedimenti ed allo studio delle controversie. Già, ma essendo privi di qualsiasi esperienza, quale sarà il livello qualitativo del loro contributo? Aspetto non secondario, nei Tribunali non vi sono spazi fisici dove sistemarli e come supporto operativo – forse e a malapena –  saranno forniti con una biro e un blocco per gli appunti.

    Come si è visto in un articolo precedente, neppure il reclutamento di magistrati ordinari offre motivi di sollievo, anzi: il numero elevatissimo di non ammessi all’orale del concorso per scarsa conoscenza della lingua italiana impedisce la copertura dei posti disponibili (già, di suo, inferiore alle reali necessità) e c’è da temere che tra coloro che si sono guadagnati il diritto di sostenere la prova orale non vi siano esattamente dei luminari del diritto. Forse, solo candidati che si destreggiano nell’uso dell’imperfetto e del passato remoto (per quello dei congiuntivi c’è ancora tolleranza): come dire “beati gli orbi nel regno dei ciechi”.

    Nel frattempo, torna ad impazzare la pandemia con le immaginabili conseguenze: magistrati e cancellieri contagiati, udienze rinviate, notifiche omesse, uffici e sportelli di relazione con il pubblico a mezzo servizio e – perché no? – richieste di differimento da parte di avvocati per “legittimo impedimento” qualora positivi al tampone. Ma è sufficiente la temperatura a 37,5 per impedire loro l’ingresso a Palazzo di Giustizia; magari non se n’erano neppure accorti e la sorpresa avviene al punto di controllo. In questo caso, che fare, come si può documentare all’ultimo momento la impossibilità a comparire?

    Ci si renderà conto della reale situazione dopo il 10 gennaio: già, perché fino ad allora nei Tribunali quasi nessuno lavora, né in presenza né in smart working.

    Un contentino anche all’Associazione Nazionale Magistrati viene dalla proroga per tutto il 2022 della modalità di decisione “a distanza”: vale a dire, camere di consiglio in teleconferenza con magistrati che discutono “a domicilio” delicate questioni mentre i bambini scorrazzano per casa, la moglie li rimprovera mentre cuoce il minestrone e la radio, ad alto volume, è sintonizzata dal primogenito su un canale di musica rap.

    Tra infiniti problemi c’è chi, con creatività degna di miglior destino, riesce ad alleggerire il carico di segreterie ormai allo stremo…come è capitato di recente in un Tribunale della Repubblica Italiana di cui – per immeritato decoro – non verrà fatto il nome.

    In un processo con più imputati accade che uno di essi muoia (forse di vecchiaia, in attesa di giudizio) e il difensore chiede, come è previsto dalla legge, che venga emessa sentenza di non doversi procedere per morte del presunto reo.

    Tutto ciò, a causa dei bizantinismi ancora presenti nel nostro sistema, comporta la separazione della posizione (c.d. “stralcio”) con la formazione di un distinto fascicolo destinato, in sostanza, solo alla dichiarazione di “estinzione” del processo insieme a quella del supposto autore. Faticoso: mancano cancellieri, carta, toner delle fotocopiatrici, anzi sono rotte pure le fotocopiatrici e il call center che da contattare per la manutenzione è in Uzbekistan e gli operatori destreggiano l’italiano come gli aspiranti giudici di cui sopra, manca anche il tempo…e allora ecco che non si procede allo stralcio e sui verbali, accanto a nome, cognome e nominativo dell’avvocato (che deve continuare a partecipare alle udienze…) viene apposta la dicitura: “libero, deceduto, assente”. E non c’è da ridere, siamo senza speranza: anche questa è attesa di Giustizia.

  • In attesa di Giustizia: facce d’angelo

    Nell’immaginario collettivo il delinquente non solo è cattivo ma è anche brutto, trasandato, oppure agghindato in maniera vistosa e pacchiana. Per intenderci, lo stereotipo perfetto è il Pietro Gambadilegno di Walt Disney che a tutto il resto aggiunge anche una mutilazione che deve supporsi esito di qualche azione violenta.

    Del resto la Scuola Positiva di Cesare Lombroso aveva elaborato una teoria secondo la quale – in sintesi – dalla fisiognomica dell’uomo potevano riconoscersi le differenti forme di una sua inclinazione criminale: donde la definizione di “soggetto lombrosiano” entrato nel linguaggio comune per indicare una persona poco raccomandabile.

    Sui  moduli di schedatura del Ministero dell’Interno, fino a qualche decennio fa, tra i segni distintivi dei pregiudicati o sospettati rientrava il mancinismo essendo l’uso della “mano del diavolo” un indicatore di potenziale pericolosità: si parla, infatti, di personaggio sinistro a proposito di delinquenti. L’annotazione fu eliminata solo grazie all’intervento dell’On. Mino Martinazzoli, nella sua qualità di Ministro della Giustizia e…mancino.

    Insomma, è vario il palinsesto delle caratteristiche – più o meno attendibili che siano –  che descrivono un criminale o un’indole malvagia. L’abito, peraltro, come suol dirsi, non fa il monaco e non è certo mancante tra i criminali la rappresentanza dei cosiddetti “colletti bianchi”: professionisti, dirigenti d’azienda, servitori dello Stato, politici e imprenditori, spesso insospettabili, che seppur elegantemente vestiti, colti e di bell’aspetto commettono reati meno esecrabili.

    Questa riflessione nasce dall’arresto recentissimo di una serie di tecnici e dipendenti della società che cura la manutenzione delle autostrade quale strascico delle indagini sul crollo del ponte Morandi a Genova che, a vario titolo, avrebbero negligentemente svolto le rispettive attribuzioni volte a garantire la sicurezza della circolazione ovvero eluso doverosi interventi. L’accadimento, nel rispetto della presunzione di non colpevolezza di tutti costoro svolge una mera funzione di stimolo alla riflessione prendendo ad esempio, piuttosto, persone e fatti rispetto ai quali vi è stata già una sentenza definitiva; e la casistica è infinita da Michele Sindona (il salvatore della lira) in avanti, ma anche indietro. Corrotti, corruttori, trafficanti di influenze, bancarottieri, grandi evasori e chi più ne ha più ne metta con nomi, cognomi e reati loro ascritti.

    E viene da chiedersi:  i rapinatori stile Pietro Gambadilegno, sono peggio? Talvolta no, anzi, spesso non è così almeno con riguardo a certe tipologie di crimini e di criminali. Chi è peggio tra il rapinatore – caso realmente accaduto – che assalta un furgone blindato munito di un falso bazooka costruito con tubi da impianto idraulico senza far male a nessuno e senza che alla fine la ricchezza di banche e assicurazioni eviti, insieme al loro tracollo, conseguenze per chicchessia o il bancarottiere che prima si arricchisce e poi fallisce e scappa con il malloppo mettendo sul lastrico intere famiglie di lavoratori? Chi preferite tra l’abile truffatore che sfila un bel po’ di denaro dai fondi neri di imprenditori ingordi con l’illusione di un investimento che potrebbe fare da trama a un film di Totò (altra storia vera) e l’industriale che risparmia sui presidi di sicurezza sul lavoro e così mette a rischio quando non manda a morire i propri dipendenti?

    E si potrebbe andare avanti con gli esempi senza che ciò debba valere a giustificazione di nessuno ma solo per ricordare un po’ a noi stessi che se si delinque si è comunque delinquenti indipendentemente dall’abito firmato o meno che si indossa e che la Giustizia non è velocissima ma prima o poi arriva per tutti…anche se qualcuno, alla fine e sebbene non abbia la faccia d’angelo, può risultare un po’ più simpatico di altri.

Pulsante per tornare all'inizio