tributi

  • Barcellona e Madrid verso l’intesa sull’autonomia fiscale della Catalogna

    Dopo oltre due mesi di complesse trattative, il leader socialista catalano Salvador Illa fa un passo decisivo verso la presidenza della regione, in cambio di un radicale cambiamento del sistema di finanziamento da parte del governo centrale spagnolo. Il pre-accordo raggiunto tra il Partito socialista catalano (Psc) e Sinistra repubblicana di Catalogna (Erc) prevede, infatti, che la regione esca dal sistema tributario comune e che l’Agenzia fiscale catalana gestisca, regoli, riscuota e ispezioni tutte le imposte (a partire da quella sulle persone fisiche). L’intesa dovrà ora ottenere il via libera dalla base del partito indipendentista attraverso una consultazione online. Il governo spagnolo di Pedro Sanchez ha dovuto dunque accettare una delle richieste storiche avanzate da Erc, pur di sbloccare l’investitura di Illa, che sembrava sul punto di arenarsi, con lo spettro della convocazione di nuove elezioni dopo quelle del 12 maggio scorso.

    L’esecutivo di Madrid ha celebrato l’accordo con Erc come un “trionfo del dialogo e della politica”, nonostante alcuni esperti parlino di “una grave violazione del principio di solidarietà”. Il patto sarà articolato attraverso la commissione bilaterale tra la Catalogna e lo Stato, i cui accordi saranno trasferiti alla commissione mista per gli affari economici per l’approvazione finale. L’Agenzia fiscale catalana assumerà “progressivamente” le competenze e la Generalitat catalana sarà dotata anche di “una maggiore capacità fiscale”. Il calendario dell’introduzione della riforma inizierà con la campagna di imposta sul reddito delle persone fisiche del 2025 ed in seguito si inizierà ad implementare il sistema di riscossione dell’Iva, la tassa sulle Piccole e medie imprese (Pmi) e gli affitti turistici. Il pre-accordo presuppone che la Catalogna, dopo la riscossione, versi due contributi annuali allo Stato: uno per pagare i servizi dell’amministrazione centrale in Catalogna e l’altro per solidarietà con il resto delle regioni. Entrambi gli importi dovrebbero essere negoziati bilateralmente.

    In concreto, il testo dell’intesa spiega che la regione “deve gestire, riscuotere, liquidare e controllare tutte le imposte che gravano sulla Catalogna e aumentare in modo sostanziale la sua capacità normativa in coordinamento con lo Stato e l’Unione Europea”. Il documento di 24 pagine si sofferma anche sulla “tesoreria catalana”: per attuare questo nuovo modello, “è essenziale che lo sviluppo della tesoreria catalana sia una priorità per il prossimo governo della Catalogna, con l’obiettivo di raggiungere la piena autonomia nella raccolta, gestione, liquidazione e ispezione di tutte le imposte” generate nel territorio regionale. Con l’obiettivo di implementare questo nuovo sistema di finanziamento singolare per la Catalogna, durante il primo semestre del 2025 l’accordo dovrà essere formalizzato nella commissione bilaterale tra il governo regionale e quello centrale. Gli obiettivi sono la progressiva assunzione, da parte dell’Agenzia fiscale della Catalogna, della gestione, della riscossione, della liquidazione, dell’ispezione e della disponibilità di tutte le imposte sostenute in Catalogna, insieme all’aumento sostanziale, da parte della Catalogna, della sua capacità di regolamentazione fiscale in coordinamento con lo Stato e l’Unione Europea.

    L’intesa ha provocato l’immediata reazione del Partito popolare (Pp), che ha parlato esplicitamente di “corruzione politica ed economica”. Il portavoce del Pp al Congresso dei deputati Miguel Tellado ha dichiarato che se venisse confermata si tratterebbe di “un errore storico” da parte dei socialisti. Sarebbe un attacco al resto delle comunità autonome, rompendo il multilateralismo e optando per il bilateralismo solo con alcune”, ha attaccato Tellado. Forti critiche sono state espresse anche dall’Associazione del corpo superiore degli ispettori fiscali dello Stato (Ihe) che ha diffuso, prima che si conoscessero i dettagli del pre-accordo, un duro comunicato nel quale si evidenzia che la presunta “indipendenza fiscale” concessa è una “barbarie” con “terribili conseguenze” per tutti gli spagnoli, minacciando di portare questa “rottura” in tribunale. Gli ispettori fiscali hanno manifestato il loro “rifiuto totale e assoluto” di questo “modello di finanziamento à la carte per la Catalogna, sotto il riconoscimento fallace di una singolarità storica che mira a rompere con i principi stabiliti nella Costituzione” e che “non rappresenta la maggioranza sociale”, dal momento che il potere fiscale corrisponde allo Stato. La Ihe ha evidenziato che “si romperebbe il coordinamento del sistema fiscale con il conseguente aumento delle frodi” e dei costi per tutti i cittadini “in modo inutile e inefficiente”, e si perderebbe, inoltre, “la stragrande maggioranza dei servizi forniti dallo Stato”.

  • Contenzioso tributario cresciuto del 55% nel 2022, è tornato ai livelli pre-Covid

    Dopo il rallentamento dovuto alla pandemia, il 2022 ha visto aumentare il contenzioso in materia tributaria, tornato ai livelli del 2019: le controversie complessivamente arrivate fino al 31 dicembre 2022 presso le Corti tributarie provinciali e regionali sono state 187.023, con un aumento del 55% rispetto all’anno precedente quando erano state 120.511.Oltre 190mila le cause tra fisco e contribuente decise. E al 31 dicembre scorso pendevano complessivamente 269.809 controversie, a fronte delle 272.677 del 2021. Nelle sedi regionali vi è stata una riduzione dell’arretrato rispetto al 2021 del 11,3%.

    Dati positivi, che contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi del Pnrr, sottolinea il presidente del Consiglio di presidenza della Giustizia tributaria, Antonio Leone, anche se – è la critica – la riforma “frettolosa” approvata l’estate scorsa sta “creando problemi” anziché risolverli. Non ultimo il fatto di essere arrivata prima della riforma fiscale, “di cui si parla ormai da decenni e che avrebbe dovuto precorrerla”. La riforma del fisco, che dovrebbe arrivare giovedì sul tavolo del Consiglio dei ministri, porterà benefici sul futuro andamento del contenzioso, è sicuro il viceministro all’Economia Maurizio Leo, che ha ricordato che “le controversie fino a 5mila euro rappresentato il 56% dei ricorsi in primo grado”.

    Vi è “uno stato di confusione normativa – lamenta Leone – causata sia dalla fretta del legislatore e sia dalla non adeguata ponderazione di alcune scelte che via via si stanno facendo” e un “disinteresse” verso la “Cenerentola dalla giustizia” che si traduce in “assenza di investimenti” in mezzi e personale, e nonostante questo “sono stati garantiti rapidi tempi di definizione delle cause”, in linea con i parametri europei di ragionevole durata del processo. “Il governo è attualmente impegnato a completare il processo di riforma della giustizia tributaria”, ha assicurato Leo, e “nell’ambito del disegno di legge delega per la riforma fiscale si occuperà anche del processo”: le “direttrici che si intendono seguire riguardano l’accelerazione della fase cautelare nei gradi successivi al primo, l’eliminazione della mediazione, tenuto conto che “la delega intende rafforzare il contraddittorio fra le parti nella fase precedente l’atto impositivo”, l’immediata lettura del dispositivo in udienza, l’implementazione dell’informatizzazione, con la standardizzazione degli atti processuali e strumenti di intelligenza artificiale.

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