Ucraina

  • Ucraina: riconoscimento reciproco delle sentenze tra l’UE e l’Ucraina ai sensi della convenzione dell’Aia

    E’ appena entrata in vigore la convenzione dell’Aia sulle sentenze, che garantisce il riconoscimento internazionale e l’esecuzione delle sentenze emesse dagli organi giurisdizionali di altri paesi in materia civile e commerciale. L’UE e l’Ucraina hanno aderito alla convenzione e altri paesi dovrebbero aderirvi in futuro.

    Oggi la diversità delle leggi e delle pratiche nel mondo rende spesso difficile per i cittadini e le imprese dell’UE ottenere il riconoscimento e l’esecuzione delle sentenze di altri paesi. Questa incertezza giuridica e i relativi costi possono indurre molte persone a rinunciare a far valere i loro diritti o a decidere di non impegnarsi nelle relazioni internazionali.

  • Tutto è vero e nulla è vero

    In Russia tutto è vero e nulla è vero perché quello che appare non è quello che veramente accade e quello che accade non è quasi mai quello che si pensava sarebbe accaduto, quello che era stato annunciato.

    Così il giallo della morte di Prigožin, vera o presunta, continuerà ad alimentare le più fantastiche supposizioni: morto per vendetta di Putin, ucciso perché non rivelasse a Putin le dissidenze e le diaspore interne, eliminato per consentire a Putin di impossessarsi subito delle sue grandi ricchezze, vivo, sull’altro aereo, o addirittura mai partito, per proseguire nell’azione iniziata ed interrotta due mesi fa quando minacciava di marciare su Mosca, vivo ma fingendosi morto per sfuggire alla vendetta di Putin, sparire, cambiare connotati e vita come tanti fuorilegge hanno fatto e fanno. O ancora un’altra complessa attività di contro, contro informazione dello stesso Putin che ormai non sa neppure lui se può credere a se stesso e di chi di può fidare? Ancora una manovra diversiva o un’uccisione voluta dallo zar per dare un esempio al proprio cerchio magico?

    Tante le ipotesi, le congetture, mentre una cosa è assolutamente certa e cioè la menzogna degli organi di stampa del regime russo quando affermano che i corpi di Prigožin e del suo vice sono stati identificati tra i rottami dell’aereo perché, se le foto che abbiamo visto sono reali, dal rogo di quell’aereo non può essere rimasto nessun corpo identificabile con certezza, ed anche facendo il dna sui pochi resti chi di noi avrebbe la sicurezza che quanto comunicato dagli organi ufficiali russi corrisponda alla verità?

    Prigožin, l’uomo dai mille volti e travestimenti finito banalmente sotto il fuoco “amico“, l’uomo dalle cento furbizie vittima di una imprudenza, di un tradimento, della propria eccessiva sicurezza?

    Nessuno sembra stupirsi della sua morte, in tanti la consideravano una morte annunciata dopo il così detto fallito golpe, forse anche lui, come tanti, credeva nei propri super poteri, in una sorta di pericolosa onnipotenza.

    Resta certo che un altro inquinante dubbio si aggiunge agli altri confermando, dopo tante guerre passate e tanti errori recenti che gli occidentali non riescono a capire cosa muove il pensiero dei russi e questo resta un problema, come resta un grave problema l’annuncio di vari aiuti militari all’Ucraina mentre invece continuano gli sciagurati ritardi nella consegna degli armamenti necessari.

  • “Dure risposte”

    “La parte russa si riserva il diritto di adottare dure misure di risposta” per gli attacchi con droni su Mosca e sulla Crimea.

    Riesce difficile, se non si è Putin od uno dei suoi stretti collaboratori, capire la logica per la quale se i russi colpiscono Kiev, Odessa, tutto il territorio ucraino, ammazzano, seviziano, distruggono, in speciale modo abitazioni civili, chiese, ospedali, scuole, silos per il grano, luoghi per le derrate alimentari etc, gli ucraini e noi dovremmo trovarlo più o meno normale mentre se gli ucraini, od altri, mandano droni su Mosca o colpiscono la Crimea i russi hanno il diritto di adottare dure risposte.

    Diventa anche difficile capire cosa intendano i russi per dure risposte dopo avere fatto scempio di uno stato libero e sovrano distruggendo tutto quello che riuscivano, dopo aver deportato migliaia di bambini, distrutto gran parte delle riserve alimentari che servono a popoli affamati, impedito il traffico di navi che trasportano il grano causando altre tragedie in altri paesi, cosa devono fare ancora!

    Hanno già fatto, continuano a fare, non penseranno di stupirci con le loro minacce, ormai chi è in buona fede li conosce bene e chi è in mala fede continua come prima magari aspettandosi qualche rublo in premio.

  • Un bel tacer non fu mai scritto

    Siamo abituati da tempo, molto tempo, alle notizie contrastanti, alle smentite, ai proclami, alle minacce, alle contro controinformazioni che arrivano dalla Federazione Russa, sappiamo che in periodo di guerra anche da altre parti si annunciano e smentiscono interventi di vario genere ma restiamo un po’ perplessi di fronte agli annunci di aiuti militari a Kiev poi smentiti o corretti in modo sostanziale.

    Diceva un vecchio detto “un bel tacer non fu mai scritto” e noi restiamo del parere che, durante una guerra, una crisi internazionale, un momento di tensione, pur rispettando il dovere degli organi di informazione di informare, bisognerebbe usare maggiore prudenza e fare uso di quel silenzio necessario a portare a termine operazioni delicate.

    Credo che a pochi abbia fatto piacere apprendere la notizia, vera o falsa, che si volevano fornire all’Ucraina, dagli Stati Uniti, quelle famose bombe a grappolo che la Russia ha abbondantemente usato dall’inizio dell’invasione e il cui uso tutti abbiamo contestato come crimine di guerra, bombe a grappolo messe al bando per la pericolosità che avranno, anche dopo la fine del conflitto, per la popolazione civile, soprattutto per i bambini.

    Oggi sembra vi sia una nuova dilazione per l’invio degli aerei che Kiev chiede da sempre e che, finalmente, sembrava sarebbero stati consegnati.

    La minaccia nucleare continua ad incombere su tutti mentre, risulterebbe, che a Prigozhin siano stati riconsegnati i molti beni sequestrati dopo la surreale marcia verso Mosca.

    Sul futuro del capo della Wagner si fanno le più diverse ipotesi ma è il presente che deve indurci a riflettere per capire, o almeno provare a decodificare, il messaggio che arriva dalla cosiddetta ribellione poi rientrata.

    Se Putin, come alcuni sostengono, è diventato più debole difficile dichiarare con certezza che può fare a meno della Wagner e la Wagner difficilmente può fare a meno di Prigozhin e dei molti rapporti, contatti, ricchezze che lo stesso ha accumulato in molti paesi africani.

    Non è fantapolitica immaginare che Putin e Prigozhin possano essere ancora molto uniti e che il cosiddetto cuoco del Cremlino abbia sostenuto una parte difficile e pericolosa ma in accordo, almeno parziale, con il suo amico presidente.

    Certo nessuno dei due si fiderà completamente dell’altro ma entrambi hanno bisogno sia di stanare nemici interni e coperti sia di trovare una via d’uscita al labirinto nel quale sono finiti.

    Non giova però all’Occidente e al futuro di libertà, pace, rispetto delle regole internazionali, vedere che proprio paesi occidentali si prestano a dare e smentire notizie ed interventi come se il germe della menzogna avesse superato, come in Russia, ogni livello di guardia.

    Sì un bel tacer non fu mai scritto ma sarebbe ora che tanti leader, a vario livello, tante agenzie di intelligence, e tanti operatori dei media capissero che in certi momenti tacere è meglio.

  • Niente è come appare e come si vuol far credere

    Gli specchi dovrebbero pensare più a lungo prima di riflettere.

    Jean Cocteau

    “Non è un colpo di Stato, ma una marcia di giustizia”. Così dichiarava e garantiva nelle prime ore della mattina del 24 giugno scorso il proprietario e comandante del gruppo militare di mercenari Wagner. Ed ha aggiunto convinto: “Andremo fino in fondo”. Lo ha fatto mentre si trovava a Rostov sul Don, una città nel territorio russo che si trova vicino all’Ucraina. Una città che, vista la sua posizione geografica, ha un’importanza strategica particolare per le sorti della guerra in corso dal 24 febbraio 2022. Quanto accadeva in Russia in quelle ore, ma anche in seguito, ha tenuto con il fiato sospeso gli stessi russi, l’opinione pubblica internazionale e le più importanti cancellerie del mondo. Per tutta la giornata di sabato scorso, le notizie di quello che stava accadendo in Russia hanno preso tutto lo spazio mediatico. Ed era più che comprensibile, visto che si trattava di una marcia di un numeroso e ben noto contingente militare verso la capitale della Russia. Una marcia di truppe di mercenari che, dall’inizio della guerra in Ucraina, hanno determinato gli sviluppi sul campo. In più, si trattava di una ribellione messa in atto da uno dei più stretti collaboratori del dittatore russo. Colui che, oltre ad essere un collaboratore, si vantava anche della “stretta amicizia” con il presidente. Ovviamente tutti sanno che lui non è uno stinco di santo, anzi!

    Quando era ancora giovane lui era stato condannato per furti e rapina, frode e coinvolgimento di minori nella prostituzione. In seguito, dopo aver avviato la sua attività vendendo cibi di strada e poi con dei negozi alimentari, è diventato noto per alcuni suoi lussuosi ristoranti a San Pietroburgo. E proprio in quei suoi ristoranti il dittatore russo aveva ospitato illustri ospiti internazionali. L’attuale proprietario del gruppo militare Wagner ha vinto molti appalti milionari per fornire pasti alle scuole e all’esercito russo. Si è inserito con successo anche nel campo delle attività informatiche. Nel 2013 fonda la società militare Wagner, composta da mercenari, carcerati, veterani delle forze armate e dei servizi segreti russi, ma anche da altri Paesi dell’Europa orientale. Nel 2014 l’appena costituito gruppo Wagner prese parte nella guerra del Donbass. In Ucraina il gruppo ritornò dopo l’aggressione russa del 24 febbraio 2022. I mercenari del gruppo Wagner, facendo sempre “il lavoro sporco”, hanno preso parte attiva anche nei conflitti in Libia, Siria, Mali ed altri Paesi africani. Ed è proprio in Africa che il proprietario del gruppo ha investito anche nell’industria mineraria. Nel frattempo la “collaborazione attiva” e la “stretta amicizia” tra il dittatore russo ed il proprietario del gruppo militare Wagner sono state rafforzate. Ovviamente tutti sanno che anche il dittatore russo non è uno stinco di santo, anzi! Ma i due si sono trovati da anni e poi hanno stabilito “con molta naturalezza” i loro rapporti. Si potrebbe dire che il caso abbia voluto che i loro interessi si incrociassero. Ne erano convinti i saggi dell’antichità e lo affermava anche Cicerone: “Pares cum paribus facillime congregantur”. Un detto che, come testimoniano le innumerevoli esperienze umane, vissute e sofferte dalla notte dei tempo ad oggi, conferma: “Ciascuno frequenta il suo simili con facilità”. Si, perché chi si somiglia si piglia.

    Sabato scorso, mentre il suo “stretto amico e collaboratore” marciava verso la capitale, il dittatore russo si è rivolto alla nazione con un discorso trasmesso dai media. Senza mai nominare il capo dei mercenari del gruppo Wagner, e ha ribadito che “il nome e la gloria degli eroi della Wagner che hanno combattuto nell’operazione militare speciale in Ucraina e hanno dato la vita per l’unità del mondo russo sono stati traditi da coloro che hanno organizzato la ribellione”. Il presidente russo, durante il suo discorso alla nazione di sabato scorso ha sottolineato, riferendosi sempre al suo ormai ex “stretto amico e collaboratore”, che “ambizioni esorbitanti e interessi personali hanno portato al tradimento della Russia e del popolo russo”. Poi riferendosi alla storia, il dittatore russo ha ricordato che “Questo colpo è stato dato al popolo russo anche nel 1917 quando combatteva la prima guerra mondiale, quando la vittoria gli è stata praticamente rubata”. Aggiungendo, parlando di guerra civile, sia nel 1917 sia adesso, che “…i russi uccidevano altri russi, i fratelli uccidevano altri fratelli. I vari avventurieri politici hanno tratto vantaggio da questa situazione. Noi non permetteremo la ripetizione di una situazione del genere”. L’annunciata “marcia su Mosca” il dittatore russo la ha considerata una “pugnalata alle spalle”, affermando: “Quello che stiamo affrontando e’ un tradimento. Gli interessi personali hanno portato al tradimento del nostro Paese e alla causa che le nostre forze armate stanno combattendo”. Ovviamente, chi aveva preparato il discorso del presidente è stato attento a dare anche dei messaggi rassicuranti. “Difenderemo il nostro popolo e il nostro Stato da ogni tradimento interno”, ha detto il presidente e dittatore russo. Immediata è stata anche la replica del proprietario e comandante del gruppo militare di mercenari Wagner, il diretto accusato senza essere mai stato nominato. Riferendosi al suo ex “caro amico”, ha detto che lui Si sbaglia, io non sono un traditore, basta con la corruzione e la menzogna”.

    Nel frattempo però, mentre i due ex “amici” si scambiavano delle accuse reciproche, a Mosca venivano prese delle misure di sicurezza. Sono stati rafforzati molti punti di ingresso nella capitale e sono stati evacuati diversi musei e centri commerciali. I cittadini sono stati invitati a rimanere a casa ed in più, il sindaco della capitale ha deciso di dichiarare il lunedì 26 giugno una giornata non lavorativa. Sempre sabato scorso il ministero degli Esteri russo ha avvertito i Paesi occidentali di non approfittare dalla situazione in corso. “Stiamo mettendo in guardia i Paesi occidentali contro qualsiasi accenno di un potenziale utilizzo della situazione interna russa per il raggiungimento dei loro obiettivi russofobici. Tali tentativi sono privi di prospettive e non saranno incoraggiati ne’ in Russia, ne’ tra le forze politiche di buon senso all’estero.” si leggeva in un comunicato del ministero. Nello stesso comunicato si affermava che “tra non molto la situazione troverà una soluzione degna della secolare saggezza del popolo russo e dello Stato russo”, In più si rassicurava che “La Russia continuerà il suo corso sovrano per garantire la sua sicurezza, difendere i suoi valori, rafforzare la sua autorità sulla scena globale, formare un giusto ordine mondiale multipolare”. E sempre sabato scorso, mentre i mercenari del gruppo Wagner si stavano avvicinando a Mosca, il Patriarca Kirill ha invitato i russi a pregare per il presidente russo. Lui non a caso ha scelto di parlare, nella sua omelia, del “tradimento e delle sue conseguenze”. E anche il Patriarca, come il dittatore russo nel suo discorso alla nazione, ha fatto riferimento a quello che viene considerato come l’odiato “Occidente collettivo”. Proprio quell’occidente che “vorrebbe portare un Paese cosi’ ricco e forte nell’orbita della propria influenza”. Il Patriarca Kirill ha invitato tutti a pregare per il presidente russo “affinche’ il Signore rafforzi, illumini, protegga dai peccati e dagli errori e, allo stesso tempo, ispiri azioni che portino alla protezione della nostra Patria da tutte le minacce esterne, forse anche le più pericolose e terribili”.

    Sabato pomeriggio però la marcia dei mercenari del gruppo militare Wagner è stata fermata. Chissà perché?! Si sa ormai però che un altro amico e stretto collaboratore del dittatore russo, il presidente della Bielorussia si è proposto come mediatore tra le parti. Una simile iniziativa non poteva però essere stata presa senza il consenso, se non, addirittura, senza la richiesta del presidente russo. Anche perché si trattava di una situazione veramente seria e pericolosa. E nel caso di un accordo raggiunto, non si potevano dare delle garanzie senza il beneplacito della parte russa, cioè del presidente. Sabato pomeriggio l’ufficio stampa della presidenza bielorussa ha confermato che i negoziati tra il proprietario del gruppo Wagner ed il presidente bielorusso “sono andati avanti tutto il giorno”. L’ufficio stampa della presidenza bielorussa ha altresì confermato che “sono giunti ad accordi sull’inammissibilità di scatenare un sanguinoso massacro”. In più il comandante del gruppo Wagner “ha accettato la proposta del presidente della Bielorussia Alexander Lukashenko di fermare l’avanzata di membri armati della compagnia Wagner sul territorio russo e di compiere ulteriori passi per allentare le tensioni”. In seguito, sempre nel pomeriggio di sabato scorso, sono state rese note le richieste del proprietario del gruppo Wagner. Lui confermava di non voler cambiare il presidente della Russia e neanche le autorità centrali ed il sistema costituzionale della Federazione Russa. Il comandante del gruppo Wagner, come risulta dalle richieste rese note sabato scorso, “…è tenuto ad ottenere la guida del ministero della Difesa russo”.

    Dopo queste dichiarazioni ed altre “garanzie” ottenute durante i negoziati tra il capo del gruppo Wagner ed il presidente bielorusso, il contingente dei mercenari ha fermato la sua avanzata verso la capitale. E non solo hanno fermato la loro avanzata, ma hanno cominciato la loro ritirata verso le loro basi. Una simile decisione è stata presa, secondo il proprietario del gruppo Wagner, perchè, “…è arrivato il momento nel quale si rischia di versare sangue russo”. Aggiungendo: “Oggi non abbiamo versato una sola goccia del sangue dei nostri combattenti”. Allo stesso tempo però il proprietario del gruppo militare di mercenari Wagner, riferendosi ai suoi avversari a Mosca, ministro della Difesa compreso, ha dichiarato che loro “Volevano sciogliere Wagner. Siamo partiti il 23 giugno per la ‘Marcia della giustizia’. In un giorno abbiamo marciato a poco meno di 200 km da Mosca”. Alla fine, “rendendoci conto di tutta la responsabilità per il fatto che il sangue russo verrà versato”, lui ha confermato: “stiamo girando le nostre colonne e partendo nella direzione opposta, verso i nostri campi, secondo il piano”. Allo stesso tempo il comandante del gruppo militare di mercenari Wagner ha avuto la garanzia che non sarà processato in Russia per aver organizzato ed attuato il tentativo del colpo di Stato. E “visti i loro meriti sul fronte ucraino”, non saranno processati neanche i mercenari che avevano seguito il loro comandante nella loro “marcia su Mosca”. Così ha dichiarato sabato scorso il portavoce del presidente russo. Aggiungendo anche che “…Alcuni di loro, se lo desiderano, firmeranno contratti con il ministero della Difesa”. Così si è conclusa sabato pomeriggio la “marcia su Mosca” del contingente militare dei mercenari del gruppo Wagner, guidati dal loro comandante. Da colui che, fino a pochi giorni fa, era ancora uno “stretto collaboratore ed amico” del dittatore russo. Si tratta però di “amicizie” basate su degli interessi che possono cessare appena cessano gli interessi. Sia tra singole persone, sia tra dei “rappresentati politici ed istituzionali”, ma anche tra cancellerie, per delle “ragioni di Stato”. “Ragioni” che, in realtà, sono sempre legate a degli interessi geopolitici e geostrategici.

    Nel frattempo Pechino ha garantito che “…in qualità di vicino amichevole e partner di cooperazione strategica globale nella nuova era, la Cina sostiene la Russia nel mantenere la stabilità nazionale e nel raggiungere lo sviluppo e la prosperità”. Un simile appoggio alla Russia lo ha dichiarato anche l’Iran. Mentre le cancellerie occidentali sono state prudenti con le loro dichiarazioni durante e dopo la fine della “marcia su Mosca”, attuata sabato scorso dal comandante dei mercenari del gruppo Wagner. Dagli Stati Uniti d’America è arrivata la conferma che “non sono stati coinvolti e non saranno coinvolti in questa situazione”. Mentre l’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza ha detto che “non abbiamo la sfera di cristallo per sapere che cosa succederà. […]. Bisogna essere molto prudenti”.

    Chi scrive queste righe pensa che è ancora molto presto per sapere tutto quello che ha portato alla “marcia su Mosca” di sabato scorso. Ma egli è convinto che niente è come appare e come si vuol far credere. Aveva ragione Jean Cocteau: “Gli specchi dovrebbero pensare più a lungo prima di riflettere”. E non solo riferendosi all’apparenza delle singole persone, ma ben altro e ben oltre.

  • Il gioco delle parti

    Putin, con la scellerata guerra che ha portato in Ucraina, non ha soltanto ucciso civili, deportato bambini, seviziato donne, distrutto intere città, condannato alla fame anche altri popoli, procurato una tragedia ambientale che si è riversata e si riverserà per anni su gran parte del pianeta, ma ha anche mandato al massacro centinaia di migliaia di russi trascinando il suo Paese in una crisi profonda.

    Prigozhin è il padrone di una milizia sanguinaria che prima di portare le sue efferatezze in Ucraina ha insanguinato, per seguire gli interessi ed i voleri di Putin, tanta parte dell’Africa e di altri Paesi.

    Putin è un dittatore che ha violato il diritto internazionale, che da sempre ha impedito, in Russia, ogni espressione di libertà: per suo ordine sono stati ammazzati ex amici e collaboratori anche fuori dal territorio della Federazione Russa e si è arricchito smodatamente ai danni della sua popolazione.

    Prigozhin è un oligarca di grande potenza economica, privo di scrupoli e assettato di potere, almeno quanto Putin, e oggi sta giocando la sua carta: chiede alla popolazione, all’esercito di ribellarsi alla catastrofe voluta dall’ex amico e padrone o, in un gioco delle parti, fa un altro servizio al capo del Cremlino?

    Entrambi più o meno vengono dal nulla ma con una volontà implacabile, un cinismo esasperato, una preponderante vena sanguinaria ed una dose considerevole di furbizia e spregiudicatezza sono arrivati, nei rispettivi ruoli, ai massimi livelli.

    E’forse giunto il tempo della resa dei conti, ed i conti si fanno quando il capo è più vecchio e più debole, o semplicemente è una manovra per ottenere altra libertà di movimento, la testa di qualcuno, generale o ministro, scomodo ad entrambi ? O l’alibi per arrivare finalmente a mettere i presupposti per una trattativa di cessate il fuoco, se non di pace, o per scatenare una ancora maggior repressione interna?

    O anche questa fase che sembrava preannunciare l’avvio di una guerra interna è invece l’ennesima matrioska?

    E’, ancora una volta, un’operazione di contro controinformazione?

    Un’apparente ribellione per sconfiggere altri nemici interni o, soprattutto, per confondere la Nato e gli ucraini?

    Può essere tutto e il contrario di tutto come siamo abituati da tempo a vedere, senza mai imparare, fino in fondo, cosa si cela dietro le minacce od i sorrisi degli uomini di potere, non solo in Russia.

    Il ruolo del presidente bielorusso è quello di pontiere o la paura di una rivolta popolare potrebbe portare Lukashenko  a scelte diverse da quelle che Putin dà per scontate?
    Sappiamo che, da sempre, il compromesso fa parte della vita e specialmente della politica, la ragion di stato è superiore a qualunque considerazione morale, bisogna saper fare di necessità virtù come ha dimostrato l’alleanza con Stalin fatta prima da Hitler e poi dagli alleati per sconfiggere Hitler. La ragion di stato per Putin è mantenere il suo potere oggi sempre più vacillante sia per la coraggiosa resistenza Ucraina, appoggiata da tutto il mondo libero, che per le più variegate e nuove opposizioni interne.

    La priorità, non solo per l’Occidente, è che la guerra finisca riconoscendo all’Ucraina i suoi diritti, dalla sicurezza all’integrità territoriale, dalla ricostruzione alla capacità di tornare ad essere granaio del mondo perché troppi altri popoli stanno soffrendo, per Putin la priorità potrebbe essere trovare quella via di uscita che forse proprio la misteriosa avanzata e poi ritirata di Prigozhin gli sta fornendo.

    Il gioco delle parti continua ma per tanti, troppi è un gioco di morte che non avevano voluto e che non possono evitare.

  • L’attacco alla diga ucraina distrugge la biodiversità

    La distruzione della diga di Kakhovka probabilmente distruggerà centinaia di specie animali e vegetali rare in Ucraina.

    “A causa dei danni ingenti arrecati all’area, questo è il più grande ecocidio in Ucraina dall’inizio dell’invasione su vasta scala”, ha detto il vice ministro della Protezione ambientale e delle Risorse naturali, Oleksandr Krasnolutskyi. Gli ecologisti ucraini prevedono che la Riserva della biosfera del Mar Nero, che ospita migliaia di specie, e il deserto di Oleshky Sands saranno i più colpiti dalle inondazioni.

    La riserva idrica di Kakhovsk esisteva sopra la diga ed era utilizzata dagli uccelli migratori nell’area: il fatto che le inondazioni possano trasportare sostanze inquinanti, metalli pesanti e fertilizzanti fino al Mar Nero influenzerà gravemente la vita marina nell’area.

    Circa il 70% del territorio dell’Ucraina è utilizzato per scopi agricoli, il che significa che la flora e la fauna sono in gran parte concentrate attorno ai suoi fiumi. La lista delle specie minacciate, redatta dall’Unione internazionale per la conservazione della natura, è una fonte di informazioni completa sullo stato del rischio di estinzione globale di specie animali, fungine e vegetali.

    Sono state colpite anche aree in Ucraina che fanno parte della Rete Smeraldo, una rete paneuropea di aree di particolare interesse per la conservazione.

    Il Dnipro è il fiume più grande e importante dell’Ucraina e la popolazione locale ha un profondo attaccamento emotivo all’estuario, che ha svolto un ruolo centrale nella storia e nell’agricoltura del Paese.

    La Russia attualmente occupa quella che è conosciuta come la riva sinistra del Dnipro: lo scorso novembre, Mosca ha aperto gli sfioratori della centrale idroelettrica di Kakhovka e il serbatoio è sceso al livello più basso degli ultimi tre decenni, mettendo a rischio le risorse di irrigazione e di acqua potabile, nonché i sistemi di raffreddamento della centrale nucleare di Zaporizhzhia.

  • L’Ucraina aderisce al meccanismo di protezione civile dell’UE

    L’Ucraina è diventata uno Stato partecipante al meccanismo di protezione civile dell’UE, il quadro di solidarietà europeo che sostiene i paesi colpiti da un disastro. A Kiev, il Commissario per la Gestione delle crisi, Janez Lenarčič, ha firmato ufficialmente a nome dell’Unione europea un accordo che garantisce all’Ucraina piena adesione al meccanismo. Durante la visita, il Commissario ha partecipato all’International Summit of Cities and Regions con il Presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy, la Vice Prima ministra Olha Stefanishyna, il Ministro degli Affari interni Ihor Klymenko e il Capo del Servizio per le emergenze Serhiy Kruk.

    Il meccanismo di protezione civile dell’UE ha erogato assistenza emergenziale all’Ucraina da tutta Europa sin dall’inizio della guerra di aggressione intrapresa dalla Russia a febbraio 2022. Grazie alla più vasta e lunga operazione intrapresa ad oggi, il meccanismo ha consentito l’invio di più di 88.000 tonnellate di presidi salvavita, cibo e medicinali. Più di 1.000 generatori di energia interamente finanziati dall’UE sono stati recentemente inviati in Ucraina dalle riserve energetiche strategiche del dispositivo rescEU. Essendo ora membro a pieno titolo, l’Ucraina potrà inviare aiuti tramite il meccanismo qualora un altro paese dovesse trovarsi in una situazione di crisi.

    L’UE ha inoltre stanziato ulteriori 55 milioni di € di finanziamenti umanitari per l’Ucraina in aggiunta ai 145 milioni già forniti all’inizio di quest’anno. Questi nuovi finanziamenti saranno utilizzati in preparazione al prossimo inverno.

  • L’amore di una figlia strappata al papà che aveva condannato l’attacco di Putin all’Ucraina

    «Tutto andrà bene e torneremo insieme. Sappi che vinceremo, che la vittoria sarà nostra, indipendentemente da quello che accade…”. E’ un breve stralcio della lettera che Masha Moskaleva, ragazzina russa di 13 anni, ha scritto a suo padre condannato il 28 marzo a due anni di carcere per aver postato commenti contro la guerra scatena da Putin in Ucraina, e fuggito il giorno prima dagli arresti domiciliari. Quella di Masha e suo padre è una storia di dolore e di grande amore cominciata l’anno scorso quando suo papà, Alexei Moskaley, sui social aveva espresso forte disappunto per l’offensiva di Mosca e la bimba, a scuola, aveva fatto un disegno contro la guerra. E’ iniziata così la tremenda persecuzione, durata mesi, nei confronti di padre e figlia fatta di arresti e interrogatori durante i quali l’uomo è stato anche picchiato.

    Un tribunale russo, dopo un processo lampo, ha condannato al carcere Moskaley mentre la ragazzina, mandata dapprima in orfanotrofio in una località sconosciuta, è stata successivamente internata in una struttura «per la riabilitazione sociale».  Alexei Moskaley è fuggito dagli arresti domiciliari ai quali era già sottoposto, togliendosi anche il braccialetto elettronico e diventando di fatto latitante per sfuggire a un caso giudiziario costruito ad arte contro di lui. La difesa ha annunciato che farà appello contro il verdetto del tribunale e Masha rimarrà per il momento nella struttura statale russa dove potrebbe restare ancora a lungo per poi essere trasferita in un orfanotrofio, dopo che sarà quasi sicuramente tolta la custodia al genitore. La piccola sta però dimostrando grande forza come si evince dalle parole della lettera che scrive a suo padre: «Non arrenderti. Abbi fiducia. Tutto andrà bene e torneremo insieme. Sappi che vinceremo». «Voglio che tu non ti preoccupi. Io sto bene. Ti voglio molto bene e so che non hai alcuna colpa per nulla. Ti sosterrò sempre e qualunque cosa tu faccia va bene». Un messaggio di amore e speranza, quella della figlia per il padre, che conclude: «Tutto andrà bene e torneremo insieme. Sappi che vinceremo, che la vittoria sarà nostra, indipendentemente da quello che accade… Siamo insieme, siamo una squadra, sei il migliore. Sei forte, siamo forti, persevereremo. Sono orgogliosa di te. Non voglio scrivere di come sto, di che umore sono, non voglio darti pensieri, ma capisco che la verità amara è meglio di una dolce bugia. Ma non preoccuparti, ci vedremo e ti dirò tutto».

  • I delitti non resteranno impuniti

    Tutti coloro che credono nei valori e nei diritti universali oggi si sentono particolarmente vicini alla Corte dell’Aja dopo la condanno di Putin, e aspettano l’ulteriore passo: l’elenco e la condanna di coloro che hanno eseguito gli ordini di Putin. Costoro devono sapere che i loro delitti non resteranno impuniti, che non potranno più uscire da confini della Russia, che quando un giorno, nella Federazione Russa, ci sarà un governo di persone civili saranno condannati anche nel loro Paese.

    Ogni russo che ha deportato un bambino, ogni russo che, in un modo o nell’altro, è stato connivente di questo spaventoso delitto dovrà pagarne le conseguenze e da oggi ogni russo, sapendo che nulla sarà perdonato, dovrebbe cominciare ad opporsi, a dare il suo contributo per denunciare, per tentare di riportare a casa, in Ucraina,i bambini rapiti.

    La condanna di Putin apre anche una nuova speranza per i tanti cittadini russi che vorrebbero vivere in un paese libero.

Pulsante per tornare all'inizio