Ucraina

  • I delitti non resteranno impuniti

    Tutti coloro che credono nei valori e nei diritti universali oggi si sentono particolarmente vicini alla Corte dell’Aja dopo la condanno di Putin, e aspettano l’ulteriore passo: l’elenco e la condanna di coloro che hanno eseguito gli ordini di Putin. Costoro devono sapere che i loro delitti non resteranno impuniti, che non potranno più uscire da confini della Russia, che quando un giorno, nella Federazione Russa, ci sarà un governo di persone civili saranno condannati anche nel loro Paese.

    Ogni russo che ha deportato un bambino, ogni russo che, in un modo o nell’altro, è stato connivente di questo spaventoso delitto dovrà pagarne le conseguenze e da oggi ogni russo, sapendo che nulla sarà perdonato, dovrebbe cominciare ad opporsi, a dare il suo contributo per denunciare, per tentare di riportare a casa, in Ucraina,i bambini rapiti.

    La condanna di Putin apre anche una nuova speranza per i tanti cittadini russi che vorrebbero vivere in un paese libero.

  • Campi profughi a gestione europea, Cristiana Muscardini scrive alla Presidente del Parlamento europeo Roberta Metzola

    A seguito dell’articolo sul problema migranti pubblicato da Il Patto Sociale lo scorso 8 marzo, l’On Muscardini ha scritto alla Presidente del Parlamento europeo, Roberta Metzola.

    Nella lettera si chiede che la Presidente 1) si faccia promotrice, presso le altre Istituzioni europee, della costituzione di campi profughi a gestione europea, previo accordo con i paesi che si affacciano sul Mediterraneo nei quali i migranti vivono spesso in condizioni disumane  e dai quali  partono verso l’Europa, incontrando anche la morte; 2) di costituire una delegazione di parlamentari europei con lo scopo di visitare i campi profughi di questi paesi per potere concretamente relazionare sulle condizioni di vita dei migranti.

    Dopo la notizia arrivata dall’intelligence che segnala la reale possibilità dell’arrivo, specie dalla Libia, di centinaia di migliaia di migranti l’On. Muscardini ha inoltre dichiarato che: “vi può essere una specifica regia dietro l’aumento di questo esodo. Vi sono noti interessi a cercare di dividere, destabilizzare l’Europa, tuttora priva di una politica comune efficace anche sul tema immigrazione. L’arrivo di centinaia di migliaia di extracomunitari porterebbe a nuove tensioni tra i paesi membri stornando in parte l’attenzione dagli aiuti all’Ucraina. Per questo andrebbe valutato quanto la presenza russa e della Wagner in Libia, possa influire su quanto sta avvenendo, tenuto conto dell’aumento esponenziale di sbarchi dall’inizio della guerra e delle sanzioni europee alla Russia”

    On. Roberta Metzola

    Presidente del Parlamento europeo

    Rue Wiertz, 600

    1047 Bruxelles

    Milano, 13 marzo 2022

    Gentile stimata Presidente,

    sono stata per 25 anni parlamentare europeo e ora mi sento in dovere di rivolgermi a lei per alcune proposte e considerazioni sul tema immigrazione.

    Non staremo a ripetere che l’immigrazione è un problema che l’Europa non ha affrontato a tempo debito e che anche ora, per problemi politici nazionali, lunghezze burocratiche ed istituzionali, non riesce a risolvere con la necessaria tempestività.

    Non tutti sembrano conoscere, con la sufficiente chiarezza, la reale situazione dei campi profughi esistenti da anni non solo in vari Paesi africani, campi a volte gestiti o controllati dall’Unhcr, a volte da autorità locali o da nessun soggetto istituzionale.

    Nei campi, abitati da centinaia di migliaia di persone disperate, senza nulla, non vi è un minimo di vita dignitoso, si consumano inaudite violenze e si propagano malattie ed epidemie mentre i bambini perdono ogni speranza di poter aspirare ad un futuro degno.

    Come pensare di fermare la disperata volontà di tanti di scappare per cercare, anche a rischio della morte, di attraversare il Mediterraneo e arrivare in Europa? Non certo soltanto fermando gli scafisti, né facendo ipotetici accordi con governi, come quello libico, che non possono garantire sicurezza neppure a se stessi, o che hanno un concetto della libertà e dei diritti inesistente.

    Penso che si potrebbe cercare un accordo dell’Europa con Paesi come Marocco, Tunisia, Egitto, in base al quale l’Unione prenda in affitto per tot anni aree sufficienti per costruire campi profughi organizzati come veri villaggi, con scuole, negozi, luoghi dove le persone possano vivere senza torture e vessazioni e i più giovani possano studiare, imparare un mestiere per essere pronti alla vita sia in Europa che tornando nei loro Paesi una volta terminati guerre e terrorismo. Campi villaggio ovviamente sotto il controllo di personale europeo.

    Gli Stati dell’Unione spendono molto per la cooperazione e gli aiuti ai Paesi più poveri che però non arrivano agli abitanti dei villaggi africani, privi di acqua e condannati a non poter né coltivare né allevare. Siccità significa carestia, morte per fame, chi non tenterebbe di scappare?

    E’ cosi difficile dare vita subito a progetti per i pozzi e la desalinizzazione nei villaggi?

    Chi, potendo provare, non tenterebbe di scappare dall’Afghanistan, dalla Somalia, dai lager libici?

    Possiamo dimostrare con nuove iniziative che il grado di civiltà della nostra parte di Occidente è capace di impedire che noi si sia sopraffatti da un’immigrazione incontrollata e che coloro che fuggono trovino la morte.

    I campi come quelli terribili vicino a Garrissa in Kenya, gestiti dalle Nazioni Unite, non ci competono ma quanto avviene nei Paesi sulle coste del Mediterraneo,Turchia compresa, è un nostro problema.

    Credo inoltre si debba chiedere, visti i recenti numerosi sbarchi e la notizia che ci sono decine di migliaia di persone pronte ad imbarcarsi dalla Libia, se non ci sia dietro un disegno specifico dovuto alla presenza russa e della Wagner. Sappiamo infatti che l’arrivo di altre decine di migliaia di immigrati potrebbe destabilizzare l’Unione ed i rapporti tra i suoi membri e questo sarebbe vantaggioso per la Russia. Non sono forse aumentate gli sbarchi da quando è noto l’appoggio europeo all’Ucraina?

    La ringrazio per l’attenzione, spero che Lei possa dare un forte segnale e che valuti l’invio di una delegazione del PE col compito di visitare i campi profughi siti nei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Se i parlamentari vedranno coi propri occhi forse riusciranno a smuovere le istituzioni europee e i loro governi.

    In attesa di cortese risposta Le rinnovo il mio vivo apprezzamento per il suo lavoro.

    Cristiana Muscardini

    Alcuni esempi

    Algeria

    Quattro campi a sud est della città di Tindouf accolgono circa 175.000 persone su un altopiano desertico. Risalgono agli anni 70.

    Etiopia

    Il campo di Nguenyyiel nella regione di Gambella ospita 424mila persone. L’Unhcr è attiva nel Paese.

    Gibuti

    Il campo di Marzaki accoglie profughi dallo Yemen.

    Kenya,

    A Dadaab contea di Garissa 350mila persone sono distribuite in 5 campi. La gestione dei migranti avviene in collaborazione con l’Unhcr.

    Libia

    Misrata, Khoms e Tajoura erano centri di detenzione di migranti intercettati in mare, risultano ufficialmente chiusi dal 2019.

    Marocco

    I campi sono suddivisi in 5 wilaya (province) che derivano il nome da 5 città del Sahara occidentale, ora territorio occupato: El Aaiun, Auserd, Smara, Dakhla e più recentemente anche Capo Bojador che ha inglobato il piccolo campo 27 Febbraio, costituito dal collegio femminile; infine Rabouni.

    Siria

    Campi profughi al Hol (60-70mila persone, perlopiù bambini) e al Roj. Il campo Shallash, a nord di Raqqa, in una zona vicina al confine con la Turchia, ospita circa 300 persone. L’Unhcr fornisce assistenza.

    Tunisia

    Er-roued, a 20 km da Tunisi, è un campo di recente istituzione. Prima c’erano i campi di Sfax, Medenine, Zarzis, nel Sud del Paese. L’Unhcr è attiva nel Paese.

    Turchia

    Campi profughi Nizip 1 e Nizip 2. Il campo profughi di Boyunyogun nei pressi della cittadina di Altınözü nella provincia di Hatay/Antiochia a pochi chilometri dal confine siriano, ospita circa 5.000 persone; sul confine ci sono altri 3 campi profughi analoghi e un quinto è in costruzione. E ancora: struttura informale (non ufficiale) presso Izmir; nel 2018 c’erano 21 Temporary Accomodation Centers (TACs) locati nelle province turche a ridosso del confne siriano vicino le 10 città di Sanlurfa, Gaziantp, Hatay, Kilis, Osuaniye, Adana, Mardin, Adiyauan, Malatya e Kahrauanuarasxii.

    L’Unhcr collabora con le autorità del Paese.

    Uganda

    I 10 campi profughi operativi sono: Achol Pii e Palabek nel nord del paese (ospitano per lo più rifugiati del Sud Sudan); Bidi Bidi, Imvempi, Rhino, Palorinya e Pagirinya situati nel nordovest del Paese ed essi pure hanno in maggioranza rifugiati sud-sudanesi. Kyakaii, Nakivale e Kyangwali si trovano nell’Uganda dell’ovest e ospitano rifugiati da Repubblica democratica del Congo, Rwanda ed Eritrea. Mentre Kiryandongo – nell’area centronord del Paese ospita profughi da Sud Sudan, Repubblica democratica del Congo ed Eritrea. Infine Kampala ospita rifugiati da Repubblica democratica del Congo, Eritrea, Etiopia, Rwanda, Burundi e Sud Sudan.

    L’Unhcr è presente nel Paese.

  • Raccolti altri 13.000 computer portatili e smartphone per l’Ucraina

    Ulteriori 13.000 computer portatili, smartphone e tablet sono stati raccolti con il sostegno della Commissione nel quadro dell’iniziativa “Computer portatili per l’Ucraina”. Dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, la Commissione aveva già contribuito all’invio in Ucraina di 12.000 dispositivi donati attraverso il meccanismo di protezione civile dell’UE. Gli ulteriori 13.000 dispositivi ora raccolti verranno trasportati in Ucraina nelle prossime settimane.

    In risposta all’urgente necessità di dispositivi nelle scuole, negli ospedali e nei comuni ucraini, nel dicembre 2022 la Commissione – insieme al ministero ucraino della Trasformazione digitale e a DIGITALEUROPE, un’organizzazione europea che rappresenta l’industria delle tecnologie digitali – ha contribuito a lanciare l’iniziativa “Computer portatili per l’Ucraina”. I dispositivi digitali servono a preservare il funzionamento dei servizi di base nei settori dell’istruzione, dell’assistenza sanitaria e della pubblica amministrazione in Ucraina, dove a causa della guerra sono migliaia gli sfollati e le persone che cercano sicurezza nei rifugi al di fuori delle loro case, mentre sono centinaia le scuole e gli ospedali distrutti.

    Le imprese e i privati cittadini possono ancora donare computer portatili, smartphone o tablet nuovi o usati e funzionanti in uno dei 17 centri di raccolta in Belgio, Repubblica Ceca, Estonia, Francia, Germania, Lituania, Romania, Slovenia, Spagna e Ungheria. Inoltre sono in allestimento nuovi centri di raccolta. I cittadini sono invitati a donare i dispositivi direttamente presso uno dei centri, mentre le imprese private possono mettersi in contatto con la Commissione per organizzare il trasferimento di donazioni più consistenti.

  • La Commissione pubblica inviti a presentare proposte per un importo di 7,5 milioni di € per sostenere l’integrazione delle PMI ucraine nel mercato unico

    La Commissione pubblica due inviti a presentare proposte con il titolo congiunto “ReadyForEU”, con un bilancio totale di 7,5 milioni di €. I due inviti mirano ad aiutare gli imprenditori e le imprese ucraine a beneficiare del mercato unico. Gli inviti sono finanziati nell’ambito del programma per il mercato unico e fanno seguito al recente accordo sull’adesione dell’Ucraina al programma per il mercato unico, firmato dalla presidente von der Leyen e dal primo ministro ucraino Denys Shmyhal il 2 febbraio 2023.

    Il primo invito, denominato “Business Bridge” e dotato di un bilancio di 4.5 milioni di €, fornirà alle piccole e medie imprese ucraine (PMI) colpite dalla guerra un sostegno finanziario sotto forma di buoni per accedere ai servizi e partecipare a fiere commerciali nell’UE. Il progetto sarà gestito da organizzazioni di sostegno alle imprese come la rete Enterprise Europe (EEN), la rete europea dei cluster e altre organizzazioni.

    Scopo dell’invito è istituire un consorzio di organizzazioni imprenditoriali che selezionerà fino a 1 500 PMI ucraine orientate alla crescita e alla sostenibilità per beneficiare di un sostegno diretto fino a 2 500 €. Questo sostegno diretto coprirà i costi sostenuti dalle PMI ucraine per i servizi di sostegno alle imprese, quali: ricerche di mercato per individuare partner europei; consulenza giuridica, organizzativa o finanziaria per la costituzione di una nuova impresa o l’adattamento di un’impresa esistente; aiuto per partecipare e recarsi a fiere commerciali nell’UE; e consulenza legale sui diritti di proprietà intellettuale.

    In ultima analisi, il “Business Bridge” non solo andrà a vantaggio delle imprese interessate, ma potrà aprire mercati alternativi alle imprese dell’UE colpite dalla perdita dei mercati russi e bielorussi e contribuire alla ricostruzione dell’Ucraina.

    Il secondo invito, denominato “Erasmus per giovani imprenditori – Ucraina”, che ha una dotazione di 3 milioni di €, consentirà ai nuovi imprenditori ucraini di acquisire esperienza lavorativa in altri paesi europei. Il progetto sarà gestito nell’ambito del già consolidato programma Erasmus per giovani imprenditori, che ha offerto a oltre 22.000 imprenditori di tutta Europa la possibilità di condividere il loro know-how imprenditoriale. Il programma Erasmus per giovani imprenditori nel 2022 ha registrato il picco di domande presentate (154) e di partecipazioni (79) da parte di imprenditori ucraini.

    L’invito selezionerà organizzazioni in Ucraina e nell’UE per reperire fino a 430 nuovi imprenditori ucraini e abbinarli agli imprenditori ospitanti nell’UE. Fornirà quindi sostegno finanziario a tali imprenditori e contribuirà alle loro spese di soggiorno e di viaggio.

    Gli inviti sono aperti a partire dal 28 febbraio 2023 e le imprese e gli imprenditori ucraini possono presentare domanda entro la fine di quest’anno.

  • 24 febbraio

    Sappiamo che gli ucraini sfollati, rifugiati fuori dall’Ucraina in cerca di scampo dalle bombe e dalla distruzione sono, al momento, 8 milioni.
    Non sappiamo quanti sono i morti,
    quanti sono i feriti, quanti bambini sono stati sottratti alle loro famiglie e portati in Russia, quanti bambini sono rimasti orfani, quante donne, persone hanno subito violenze e torture.
    Non sappiamo quante case, edifici civili e pubblici, ospedali, scuole, sono stati distrutti, quante abitazioni rase al suolo completamente o comunque sono inagibili.
    Quante persone, che  hanno perso completamente tutto, soffrono il freddo e la fame, hanno dovuto rinunciare alle cure mediche.

    Quante migliaia di ettari di terreno coltivato è stato reso, per anni improduttivo, per le bombe, i missili, le mine antiuomo, i residuati bellici contaminati e contaminanti.

    Non sappiamo quante persone, quanti vecchi, quanti bambini saranno un domani in grado di dimenticare gli orrori e le paure che hanno vissuto.
    Non sappiamo quanti oggetti preziosi o di uso comune sono stati rubati dai soldati di Mosca né quanti russi siano stati mandati scientemente  al macello per soddisfare le follie megalomani di un despota supportato da un miscredente ammantato da paludamenti religiosi e coadiuvato o da macellai o da pavidi.
    Non sappiamo quanto sangue e quanto dolore ingiusto il popolo ucraino dovrà ancora sopportare.

    Sappiamo, sappiamo con certezza inoppugnabile, che tutto questo sangue, tutto questa distruzione si devono solo ad un uomo, Putin, che  per coronare la sua smania di  onnipotenza, per passare alla storia, non ha nessun freno: la sua amoralità lo protegge da ogni sentimento umano.
    Sappiamo con certezza che i suoi sodali Kirill ed Evgeny Prigozhin sono le facce della stessa medaglia: potere e denaro
    Sappiamo con certezza che la  pace per essere tale deve essere giusta, che le regole del diritto internazionale non possono essere calpestate, che un popolo che vive in uno stato libero e sovrano ha diritto di difendersi e di chiedere aiuto.

    Sappiamo che troppi di coloro che chiedono pace vorrebbero che gli aiuti militari all’Ucraina cessassero con la immediata, ovvia  conseguenza di consentire a Putin di invadere completamente il Paese e di continuare a sterminare, deportare, distruggere.

    Sappiamo che troppi di coloro che parlano di iniziative diplomatiche non sono in grado di proporre un progetto realistico perché non c’è pace reale se non riaffermando il diritto internazionale, il diritto alla libertà ed integrità di uno stato sovrano e non c’è un interlocutore in Russia per parlare di questo.

    Sappiamo che siamo stati e saremo a fianco di questo popolo aggredito, a fianco dell’Ucraina fino a che la sua libertà ed indipendenza, la sua sicurezza saranno riconfermate ovunque.

    Sappiamo che ogni totalitarismo, ogni autocrazia  sono un pericolo per tutti, ovunque nel mondo, e che la tragedia dell’Ucraina deve farci riflettere anche sui nostri rapporti commerciali perchè tutto quanto rende più forti i prevaricatori, i violenti, prima o poi si ritorcerà anche contro di noi.

  • Ad un anno dall’invasione russa Milano ricorda il Premio Sakharov per la libertà di pensiero al popolo ucraino

    Venerdì 24 febbraio l’ufficio del Parlamento europeo a Milano, in collaborazione con la Rappresentanza a Milano della Commissione europea, il Consolato generale ucraino a Milano, Linkiesta e la sua sezione in lingua ucraina Slava Evropi promuove un’iniziativa per ricordare, a un anno dalla brutale invasione russa, l’assegnazione del premio Sakharov per la libertà di pensiero al coraggioso popolo ucraino.

    Alle ore 18, al Centro Brera (Via Formentini 10) tavola rotonda moderata da Christian Rocca (direttore editoriale Linkiesta) con i saluti istituzionali Maurizio Molinari, capo dell’Ufficio del Parlamento europeo a Milano Massimo Gaudina, capo della Rappresentanza della Commissione europea a Milano Andrii Kartysh, console generale d’Ucraina a Milano, e gli interventi di Pina Picierno, vice presidente del Parlamento europeo, Yaryna Grusha Possamai, scrittrice, docente di lingua e letteratura ucraina, curatrice di Slava Evropi Viktoriia Lapa, Lecturer, Università Bocconi, UaMi Artem Zaitsev, testimone e rappresentante di UaMi Olga Tokariuk, giornalista, fellow al Reuters Institute (in collegamento). Momento musicale con Nelly Kolodii, violinista ucraina orchestra dell’Accademia della Scala

    Dalle ore 20 in piazza Duomo partecipare al sit-in giornaliero della Comunità ucraina.

    Il prossimo 24 febbraio ricorrerà il primo anniversario dell’aggressione contro l’Ucraina della Federazione russa. Questa data assume un forte significato simbolico, poiché il popolo ucraino ha dimostrato una capacità incredibile di resistenza e risposta ad un’invasione ingiustificata, violenta e non provocata. Infatti, l’esercito russo e le loro forze armate per procura – come il gruppo di mercenari «Wagner» – hanno ripetutamente commesso esecuzioni sommarie, violenze sessuali, torture o veri e propri massacri, prendendo di mira i civili residenti in alcune città (come e Bucha, Irpin, Izium e Lyman), oppure edifici pubblici (come l’attacco al teatro di Mariupol), provocando migliaia di vittime. Lo scorso dicembre anche il Parlamento europeo ha formalmente riconosciuto gli sforzi eccezionali compiuti dal popolo ucraino, dedicandogli il Premio annuale Andrej Sakharov per la libertà di pensiero. Per ricordare e riflettere sul primo anno di guerra in Ucraina, venerdì 24 febbraio si terrà l’evento «Il Premio Sakharov per la libertà di pensiero al coraggioso popolo ucraino».

  • Ricostruire l’Ucraina: principi, politiche e ruolo dell’UE

    Il CEPR e la Solvay Brussels School of Economics & Management presso l’ULB, in collaborazione con il Global Economic Challenges Network presso la Georgetown University, giovedì 2 marzo 2023 alle 16,30 a Bruxelles (Palazzo della Resistenza) e on line presentano e discutono Ricostruire l’Ucraina: principi e politiche di Yuriy Gorodnichenko, Beatrice Weder di Mauro. Gli autori Tymofiy Milovanov, Veronika Movchan e Alex Pivovarsky che saranno presenti alla tavola rotonda.

    Il libro offre un’analisi completa di ciò che l’Ucraina dovrebbe diventare dopo la guerra e di quali strumenti politici può utilizzare per raggiungere questi obiettivi. Fornisce prospettive di eminenti studiosi e professionisti. Mentre ogni capitolo del libro copre un settore specifico, c’è una naturale continuità tra i capitoli perché la ricostruzione dell’Ucraina dovrebbe comportare una trasformazione globale del paese. Il filo conduttore di questo libro è chiaro: la ricostruzione non riguarda la ricostruzione dell’Ucraina allo stato prebellico; si tratta di una profonda modernizzazione del paese nel suo cammino verso l’adesione all’Unione Europea. Tutti gli elementi critici dell’economia e della società dovranno fare un balzo in avanti e sottoporsi a riforme per aiutare l’Ucraina a sfuggire alla sua eredità post-sovietica e diventare una democrazia a tutti gli effetti con un’economia moderna, istituzioni forti e un potente settore della difesa. La responsabilità della ricostruzione da parte dell’Ucraina sarà la chiave del suo successo.

  • Cosa c’è in Donbass e cosa c’è dopo

    Il Donbass è una delle più importanti aree industriali e minerarie ucraine con circa 23.000 km quadrati a sud del Donets, con i suoi giacimenti di carbone si estendono fino al Dnepr.

    Dal 2014, dopo il conflitto separatista organizzato dalla Russia, la produzione industriale si è più che dimezzata, è aumentato l’inquinamento, strade e ferrovie sono state in parte distrutte.

    Il progetto di Putin di occupare parte dei territori ucraini nasce da lontano e l’invasione dell’Ucraina del 2022 è la logica, per lui, conseguenza di quel progetto, progetto che non ha nulla a che vedere con motivi religiosi o culturali o con il proposito di dare al Donbass protezione e libertà contro Kiev.

    Il progetto è strettamente economico e di potere, il potere di Putin e di Mosca che vogliono tornare il più possibile ai confini dell’Unione sovietica, economico in quanto impadronirsi delle vaste miniere di carbone, senza sottovalutare gli altri essenziali giacimenti, garantisce alla Russia di poter accontentare la Cina rispettando l’accordo per la fornitura, da parte della Russia, di quasi 100 milioni di tonnellate nei prossimi anni. Inoltre la Russia deve anche rispettare l’accordo con l’India, per la fornitura di 40 milioni di tonnellate di carbone all’anno.

    Non entriamo qui nel merito del problema inquinamento ma occorrerà meditare sui giusti sacrifici chiesti all’Occidente e sul consumo di carbone che Cina ed India non intendono diminuire e sul fatto che ci sono anche guerre, in apparenza meno sanguinose, che si combattono anche sul piano ambientale.
    Il Donbass, inoltre, ha molte ricchezze, giacimenti di gas, ferro, uranio (necessario per i reattori nucleari), titanio (serve dalla costruzione di missili a quella di navi spaziali), manganese (necessario per produrre varie leghe e acciaio), mercurio (componente per sistemi spaziali, missilistici e per spolette per munizioni.

    In sintesi il Donbass è un grande affare per lo zar, un affare per il quale ha violato ogni noma internazionale, mandato a morte certa decine di migliaia di cittadini russi, distrutto e raso al suolo città e villaggi ucraini mietendo vittime e lasciando commettere stragi ed atrocità si suoi soldati e mercenari.

    Alcuni analisti si sono chiesti per quale motivo lo zar non sia ancora riuscito nel suo disegno conquistatore.

    Certamente nessuno al Cremlino, e neppure in occidente, si aspettava lo straordinario coraggio degli ucraini, soldati e civili, una resistenza che dimostra un amore per la libertà e per la propria terra che dovrebbe essere di insegnamento a molti.

    Contando su informazioni sbagliate e sulla propria smodata presunzione di ritenere gli altri deboli ed inferiori, Putin ha scatenato una guerra di conquista per la quale di fatto non era preparato, non era preparato alla resistenza ucraina ed alla solidarietà ed agli aiuti che gran parte delle democrazie hanno fornito a Kiev.

    Così lo zar ha cambiato strategia, non potendo prendere in breve tempo l’Ucraina ha unito tentativi di conquista di precisi territori alla specifica distruzione di acquedotti, centrali elettriche per rendere sempre più difficile la vita dei civili privati in inverno di luce, acqua, riscaldamento, e poi di abitazioni, ospedali, scuole per spargere ovunque la paura.

    Nel frattempo continua a minacciare il mondo agitando la possibilità di una terza guerra mondiale, addirittura di una guerra nucleare che colpirebbe tutti, con lo scopo di cercare di indurre l’Occidente a non fornire più all’Ucraina i mezzi effettivamente necessari a difendersi. Putin sta saggiando il terreno, fino a dove le democrazie saranno in grado di proseguire nella concreta solidarietà a Kiev?

    Se l’Occidente desiste l’Ucraina soccombe, Putin ha vinto e diventa il padrone di un’area immensa che presto potrebbe aumentare con l’annessione di altri paesi. La sua vittoria segnerebbe l’inesorabile declino, almeno per alcuni decenni, della democrazia, un sistema politico che con i suoi difetti continua ad essere l’unico che garantisce libertà ed opportunità per tutti.

    Se l’Occidente continua, giustamente, a difendere la sovranità di un paese violentemente attaccato presto, casuale o voluto, potrebbe esserci l’incidente necessario a Putin per ampliare i suoi obiettivi ed il campo di battaglia e per diventare, nell’immaginifico di coloro che hanno bisogno di un capo supremo, l’uomo che da solo si è contrapposto al consesso internazionale.

  • Inutile retorica

    Se gli ucraini colpiscono, difendendosi da una guerra di aggressione, un edificio civile secondo i russi è un crimine contro l’umanità ma se i russi, ormai da quasi un anno, radono al suolo edifici civili, ospedali, scuole, università, centrali elettriche, intere città in tutta l’Ucraina per Putin è normale, è giusto.

    Se gli ucraini ottengono, sempre dopo grandi pressioni e spesso in ritardo, aiuti militari dagli alleati occidentali, per difendersi dai bombardamenti e dai carri armati russi, Mosca minaccia la terza guerra mondiale ma se Mosca, come avviene da mesi, ottiene armi dall’Iran, dalla Corea del Nord, e  anche da altri paesi, questo deve essere considerato lecito e non come la vera escalation che può portare ad una guerra più vasta!

    Può essere accettato, da chiunque abbia un minimo di discernimento e di onestà intellettuale, che gli ucraini, che combattono per difendere la loro vita, la loro terra, la loro cultura siano chiamati dai russi  nazisti, mentre l’arruolamento fatto da Putin di centinaia di migliaia di uomini, con una chiamata coatta, mandandoli al fronte a morire, ed il suo finanziamento, con l’amico Prigožin, alle milizie della Wagner e alle le più crudeli formazioni cecene si deve considerare lecito e normale?

    Si può ragionevolmente pensare che un popolo libero possa accettare, nel terzo millennio, di essere invaso con la forza, soggiogato, annesso ad altro Stato senza opporsi, combattere, chiedere aiuto a chi può fornirlo?

    Si può ragionevolmente pensare che i paesi confinanti con quello aggredito non temano anch’essi per la propria  libertà, per la democrazia conquistata dopo anni di gioco comunista?

    Si può ragionevolmente credere che noi si possa essere immuni da ogni conseguenza nascondendo a noi stessi la verità ed il pericolo, negando le armi necessarie agli ucraini? Pensiamo sia sufficiente mandare, per sgravarci la coscienza, qualche cassa di vestiti usati, qualche camion di cibo in scatola o di giubbotti antiproiettile? Che basti accogliere un po’ di profughi e fare qualche donazione alla Croce Rossa per dire che abbiamo fatto il nostro dovere?

    Pensiamo veramente che Putin ci guardi con benevolenza perché un po’ di suoi gerarchi venivano in vacanza da noi e comperavano ville e tenute e che oggi sia stupito, addolorato perché l’Italia sta dimostrando di essere un paese serio non asservito ai suoi interessi? Pensiamo veramente che basterebbe stare un po’ defilati per essere un domani trattati con riguardo dallo zar per poterci dedicare tranquillamente a riannodare le fila di antichi affari?

    Veramente c’è qualcuno in Italia che non ha capito la portata dello scontro tra il potere mafioso di Putin che minaccia, blandisce, ricatta con la paura e la democrazia, difficile, sofferta, necessaria per garantire libertà ed uguaglianza di diritti e doveri a tutti?

    Certo non bisogna mai abbandonare la speranza della via diplomatica e se la via non c’è bisogna tentare di ricostruirla ma non sulla pelle degli altri, non sulle spoglie della libertà e della giustizia.

    Solo chi ha invaso l’Ucraina può scegliere la pace riportando le sue armi dentro i confini legittimi della Russia, abbandonando le terre strappate con la forza, fino ad allora gli ucraini, dopo tanti morti, feriti, stupri, violenze, distruzioni subiti hanno il diritto  di continuare a difendere la loro nazione e noi abbiamo il dovere di aiutarli in modo concreto ed immediato.

    Le armi per difendersi non servono domani quando le stragi saranno già compiute ma oggi per impedirle.

    Tutto il resto è inutile retorica.

  • Il non senso

    La sospirata e tardiva decisione di Germania e Stati Uniti di fornire finalmente all’Ucraina i carri armati, dei quali ha bisogno da mesi e che da mesi Polonia e Repubbliche baltiche chiedono di poter inviare, non servirà nel breve tempo a dare un vero aiuto per impedire le scellerate violenze dei russi. Infatti, dato l’annuncio dell’invio è stato anche specificato che occorreranno circa tre mesi per addestrare i soldati ucraini al loro utilizzo.

    Ed eccoci ad uno dei tanti non senso di questa guerra perché non ha senso non aver addestrato per tempo i soldati Ucraini anche all’uso di questi super tecnologici carri armati, carri armati che rischiano di arrivare in un tempo troppo lontano, visti i massacri di oggi, ed in condizione meteo, il fango della primavera, che potrebbe renderli meno attivi per parecchio.

    Le guerre si fanno con molti strumenti che si possono predisporre in anticipo o in ritardo ma le condizioni meteo non dipendono né da presidenti o generali e non tenerne conto è improvvido e pericoloso.

    Tra tre mesi, se è questo il tempo che occorre, come comunicato ieri da Stati Uniti e da Germania, perché gli ucraini possano utilizzare i carri armati sarà aprile, la stagione del disgelo ed il fango regnerà sovrano più che mai rendendo molto più difficoltoso il passaggio dei tank, l’abbiamo già visto l’anno scorso.

    Tra pochi giorni entreremo nel secondo anno di guerra, l’Ucraina è stata quasi tutta rasa al suolo dalle bombe e dai missili russi ma i sistemi antimissili sono stati consegnati dagli alleati, anche questa volta, con molti ritardi e tutt’ora manca un supporto aereo adeguato per contrastare i bombardieri di Putin.

    Gli ucraini hanno dimostrato un coraggio fuori dal comune sia come soldati che come civili, sono inenarrabili le violenze fisiche ed i patimenti che questa popolazione ha dovuto sopportare senza cibo, acqua, luce, riscaldamento e troppo spesso senza casa, senza più nulla della propria vita passata.

    Inutile negarlo, per mettere d’accordo tra loro, per contemperare le paure, gli interessi, chiari o più oscuri, di ciascuno Stato dell’Unione e poi per mettersi d’accordo con Stati Uniti, Onu, Nato, ed altri alleati non è stato né semplice né veloce.

    I ritardi, le titubanze, le promesse non seguite da azioni immediate non hanno ammorbidito Putin, nessun tentativo, più o meno autorevole, di mediazione ha portato risultati se non quello di perdere ulteriore tempo mentre le varie milizie, dalla Wagner alle altre, hanno sempre intensificato le loro atrocità.

    Tutti coloro che conoscono un po’ di storia della guerre recenti sanno bene come la tempestività sia fondamentale mentre gli stalli, i tentennamenti, i ritardi incancreniscono i conflitti, né hanno grande esperienza i russi e gli americani in Afghanistan, gli americani anche in Vietnam.

    In questo conflitto non tutti gli interessi degli alleati sono chiari mentre è chiarissimo che se Putin continua a trovare sulla sua strada gli ucraini non armati a sufficienza, e tempestivamente, il destino, non solo dell’Ucraina, è segnato, sarà bene cominciare a tenerne conto in modo più adeguato.

    Molte possono essere le giustificazioni per i ritardi anche nell’addestramento degli ucraini ma in tempo di guerra non ci sono giustificazioni accettabili se non sono chiari i percorsi ed i tempi, come sempre dovremmo sentire meno annunci e più tempestività nel dare gli aiuti promessi.

    Certo è che non potremo guardare con serenità al futuro della democrazia e della pace nel mondo se Putin non sarà fermato o portato a miti consigli, inoltre il mondo di domani ha bisogno già da oggi di una totale riorganizzazione dell’Onu, della Nato e della stessa Unione Europea.

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