Uiguri

  • Canada’s Trudeau hits China on human rights, ‘coercive diplomacy’

    Canada’s prime minister Justin Trudeau on Tuesday criticised China’s “coercive diplomacy,” repressive measures in Hong Kong and detention of Uyghur Muslims, saying they are counterproductive both for Beijing and for the rest of the world.

    “We will remain absolutely committed to working with our allies to ensure that China’s approach of coercive diplomacy, its arbitrary detention of two Canadian citizens alongside other citizens of other countries around the world is not viewed as a successful tactic by them”, Trudeau said. He also stressed Canada’s “concern for the protection of human rights and places like Hong Kong” and “with the Uyghurs”.

    The Chinese embassy in Ottawa did not have an immediate response to Trudeau’s criticism of its diplomacy. China has repeatedly said Canada must set Meng Wanzhou, a senior executive of Chinese telecoms giant Huawei, free before relations can improve.

    Ties between the two countries deteriorated in 2018 after Canadian police arrested Meng on a US extradition warrant. She is charged with bank fraud related to violations of US sanctions against Iran. Soon after, China detained two Canadians and charged them with spying.

    Tuesday marked the 50th anniversary of Canada’s diplomatic ties with China. Trudeau said that Canada would “continue to work with our fellow like-minded nations around the world, to impress upon China that its approach to internal affairs and global affairs is not on a particularly productive path for itself or for all of us”.

     

  • In Cina donne uigure sterilizzate con la forza

    Continuano le atrocità di Pechino nei confronti degli uiguri e questa volta le vittime sono le donne, stando ad un nuovo rapporto sulla persecuzione che si protrae da anni. Pare infatti che molte donne siano costrette ad essere sterilizzate o dotate di dispositivi contraccettivi nello Xinjiang nel tentativo di limitare l’aumento della popolazione di uiguri musulmani. Il Partito Comunista Cinese ha relegato negli ultimi tre anni la comunità uigura nel campo di rieducazione dello Xinjiang, una regione autonoma della Cina che confina con le ex repubbliche sovietiche dell’Asia centrale. Pechino ha etichettato i campi come “centri di aiuto”, progettati, secondo il Partito Comunista, per combattere l’estremismo religioso. Precedenti documenti trapelati hanno però mostrato che si tratta invece di campi di rieducazione ideologica. Le Nazioni Unite stimano che oltre un milione di musulmani siano stati incarcerati nello Xinjiang. Il motivo principale per il quale le persone vengono mandate nei campi è quello di avere troppi bambini. Il rapporto cita statistiche del governo, documenti statali e interviste con ex detenuti e un ex istruttore del campo di detenzione. Le detenute hanno dichiarato di aver ricevuto iniezioni che hanno interrotto le mestruazioni o causato sanguinamenti insoliti in linea con gli effetti dei farmaci anticoncezionali. L’indagine ha rilevato che i funzionari sottopongono regolarmente le donne di minoranza uigura ai controlli di gravidanza e costringano centinaia di esse ad usare dispositivi intrauterini, alla sterilizzazione e persino all’aborto. Le associazioni per la difesa dei diritti hanno denunciato la pratica come un “genocidio lento e doloroso”. E’ probabile, secondo il rapporto in questione, che le autorità dello Xinjiang si stiano impegnando nella sterilizzazione di massa di donne con tre o più bambini. La Cina ha negato le accuse, definendole “prive di fondamento”.

  • US Congress approves China sanctions over Uyghur crackdown

    The United States House of Representatives on Wednesday approved a legislation calling for human rights sanctions on Chinese officials deemed responsible for the oppression of Uyghur Muslims.

    The Chinese Communist Party has for the last three years forced the Uyghur community into re-education camp in Xinjiang, an autonomous region in China that borders the former Soviet republics of Central Asia.

    Beijing has labelled the camps as “help centres”, which the Communist Party claims are designed to combat religious extremism. Leaked documents showed that the centers are forced ideological re-education camps. The United Nations estimates that more than a million Muslims have been incarcerated in the camps.

    The bill singles out the region’s Communist Party secretary, Chen Quanguo, a member of China’s political bureau, or Politburo, as responsible for “gross human rights violations” against the Uyghurs.

    In support of the bill, congressman Michael McCaul stressed that Beijing is out to “completely eradicate an entire culture simply because it doesn’t fit within what the Chinese Communist Party deems ‘Chinese’”.

    The Uyghur Human Rights Act will now be sent to the White House, where president Donald Trump can either veto the bill or sign it into law. Uyghur activists urged Trump to sign it into law “as a matter of priority and take immediate steps to implement it”.

  • Made in Italy: valore economico, etico e politico

    Le delocalizzazioni produttive rappresentavano il trasferimento del vantaggio culturale e tecnologico (espressione dell’evoluzione tecnica e culturale) dei paesi occidentali ai paesi a basso costo manodopera.

    All’interno di questo processo produttivo, frutto dell’applicazione dell’aspetto speculativo tipico del mondo finanziario al mondo industriale, si inserisce una nazione come la Cina che utilizza la propria struttura politica, certo non soggetta ad approvazione elettorale, per rendere ancora più vantaggioso il costo del lavoro cinese con i carcerati di una minoranza etnica e religiosa all’interno delle strutture produttive (https://it.fashionnetwork.com/news/Cina-molti-grandi-marchi-legati-al-lavoro-forzato-degli-uiguri-,1193322.html). Non è più tollerabile per i consumatori occidentali accettare prodotti made in China frutto non tanto di economie in scala a basso costo di manodopera ma anche della volontà di uno Stato dittatoriale che utilizza i propri sudditi detenuti. In questo senso, infatti, va inserita la proposta di legge statunitense Shop Safe Act la quale attribuisce la responsabilità anche al gestore dell’e-commerce nel caso di una proposta commerciale di prodotti contraffatti made in China, rispondendo così in modo attivo alle richieste dell’American Apparel &Footwear Associaton che aveva sollevato questo problema in nome ed in rappresentanza di oltre mille aziende associate.

    Ovviamente in Italia iniziative del genere da parte delle associazioni di categoria risultano nulle come l’annunciata blockchain ministeriale che si è arenata per mancanza di fondi.

    Tornando quindi allo sfruttamento di maestranze già sotto il vincolo della detenzione risulta evidente come questa situazione rappresenti una versione 4.0 dello schiavismo, con buona pace dei sostenitori dell’economia globale priva di un senso e soprattutto di un quadro normativo generale a tutela del lavoro condiviso.

    In questo contesto privo di ogni minimo comune denominatore normativo a tutela dei lavoratori le delocalizzazioni rappresentano semplicemente l’extra guadagno per gli azionisti in quanto molto spesso non vengono trasferite sul prezzo finale al consumatore.

    Ora più che mai la tutela del Made in Italy rappresenta una risorsa economica ma anche etica e politica. Magari copiando protocolli dello Swiss Made ed iniziative legislative Made in Usa.

  • Le Nazioni Unite chiedono alla Cina di accedere incondizionatamente alla regione uigura

    L’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, Michelle Bachelet, ha accolto con favore l’invito della Cina a visitare la regione dello Xinjiang, a maggioranza musulmana, nota per i suoi campi di rieducazione, ripetutamente condannati dall’Occidente perché violano i diritti umani, che il Partito comunista sostiene essere stati progettati solo per combattere l’estremismo religioso.

    L’invito di Pechino prevede però una condizione, e cioè che le Nazioni Unite rimangano fuori dagli affari interni della Cina. Da New York fanno sapere invece di volere analizzare attentamente la situazione dei diritti umani, compresa quella della minoranza uigura. Secondo documenti recentemente trapelati dai campi sembra che la Cina stia monitorando ogni famiglia e ogni movimento delle minoranze musulmane uigure. Dal documento risulterebbe che siano state arrestate persone perché avevano la barba troppo lunga, per i digiuni e per avere numerosi figli. I detenuti nei campi ottengono punti seguendo rigide regole, una pratica questa che permette alle autorità cinesi di classificare ‘gli ospiti’ come studenti e laureati ‘dai campi’.

    L’ambasciatrice cinese presso le Nazioni Unite, Chen Xu, naturalmente ha respinto le accuse al mittente definendole “inaccettabili”.

  • Uiguri cinesi sempre più minacciati, Pechino distrugge perfino i loro cimiteri

    Il governo cinese negli ultimi sembra aver ordinato la distruzione di alcuni cimiteri appartenenti agli uiguri, minoranza musulmana di lingua turca che vive nel paese asiatico. A raccontarlo è un reportage della CNN che, grazie alla collaborazione con la comunità uigura e analizzando centinaia di immagini satellitari, ha scoperto che più di 100 cimiteri sono stati distrutti negli ultimi due anni. I cimiteri sono un luogo di incontro per gli uiguri, con la loro distruzione i funzionari comunisti cinesi cercano controllare le pratiche islamiche tradizionali di questa minoranza musulmana.

    Il Partito Comunista Cinese non ha negato quanto raccontato dal colosso televisivo statunitense ma al tempo stesso ha fatto sapere, con una certa veemenza, che i governi “rispettano e garantiscono pienamente la libertà a tutti i gruppi etnici … di scegliere i cimiteri, nonché i funerali e i diritti di sepoltura”. Pechino ha definito la distruzione dei cimiteri una “delocalizzazione” perchè non sono stati rispettati i codici urbanistici ostacolando così le costruzioni future.

    Un’altra inchiesta realizzata dall’agenzia di stampa francese AFP rivela che sono 45 i cimiteri musulmani distrutti dal 2014. I giornalisti di AFP hanno visitato diversi luoghi nei cimiteri distrutti dove hanno trovato numerose ossa disperse che gli scienziati hanno successivamente confermato essere resti umani.

    Nel suo rapporto annuale per il 2020, Human Rights Watch ha criticato fortemente la Cina per le sue enormi violazioni contro diversi gruppi di minoranze religiose ed etniche all’interno del Paese sottolineando che questa è la più grave violazione al mondo dei diritti umani degli ultimi decenni. Pechino “vede i diritti umani come una minaccia esistenziale. La sua reazione potrebbe rappresentare una minaccia ancora maggiore per i diritti delle persone in tutto il mondo”, è il monito Human Rights Watch.

  • Uiguri, minoranze e diritti umani per celebrare l’edizione 2019 del Premio Sacharov

    L’Ufficio a Milano del Parlamento europeo organizza lunedì 27 gennaio 2020 alle ore 10.00, presso la Sala Conferenze al terzo piano di Corso Magenta 59, un incontro pubblico in occasione dell’edizione 2019 del Premio Sacharov per la libertà di pensiero conferito mercoledì 18 dicembre a Ilham Tohti.

    L’incontro, organizzato in collaborazione con Il Post, sarà l’occasione per discutere di diritti umani e approfondire la situazione della minoranza uigura in Cina insieme a giornalisti e rappresentanti delle associazioni che si occupano di difesa dei diritti umani.

    All’incontro prenderanno parte Giuliano Pisapia, parlamentare europeo, Giulia Sciorati, ISPI, Claudio Francavilla, Human Rights Watch e Cristin Cappelletti, Open. Modererà il dibattito Luca Misculin, il Post.

    Durante il convegno sarà proiettato il videomessaggio di Jewher Ilham, figlia di Ilham Tothi.

    Assegnato per la prima volta nel 1988 a Nelson Mandela, il Premio Sacharov per la libertà di pensiero è il massimo riconoscimento che l’Unione europea conferisce agli sforzi compiuti a favore dei diritti dell’uomo. È attribuito a singoli, gruppi e organizzazioni che abbiano contribuito in modo eccezionale alla causa della libertà di pensiero.

  • Una marcia per gli Uiguri in occasione delle celebrazioni per il 70° anniversario della nascita della Repubblica Popolare Cinese  

    Il primo ottobre, il World Uyghur Congress con l’Organizzazione delle Nazioni e dei Popoli non rappresentati (UNPO), la Compagnia Internazionale per il Tibet (TIC), l’Associazione uigura belga e la Comunità tibetana in Belgio ha organizzato una marcia e una manifestazione congiunte a Bruxelles per chiedere la fine delle violazioni dei diritti umani in Cina. La comunità uigura e le comunità tibetane e di Hong Kong si sono unite per solidarizzare e condannare il regime autoritario che vige nella Repubblica Popolare. Alla marcia hanno partecipato oltre 700 persone, tra cui molti membri del Parlamento europeo e alcuni studiosi che hanno tenuto vari discorsi per sollecitare la comunità internazionale, ed in particolare il Parlamento europeo, a denunciare in modo più veemente l’abuso dei diritti umani da parte della Cina e sostenere con più vigore la causa uigura.

    Il presidente del WUC, Dolkun Isa, in vista della marcia, celebrata proprio a ridosso del  70° anniversario della fondazione della Repubblica Popolare Cinese, in un editoriale aveva denunciato la forte violazione dei diritti umani nel Turkistan orientale da parte di Pechino, dove 1-3 milioni di uiguri sono detenuti nei campi di internamento. Durante la manifestazione di Bruxelles il presidente ha invitato la comunità internazionale a continuare ad esercitare pressioni sulla Cina, esprimendo anche la sua profonda delusione per la scarsa presa di posizione del mondo musulmano, nonostante la Cina abbia definito l’Islam una malattia ideologica che deve essere sradicata. La manifestazione, seguita da molti media, si è conclusa davanti alla Commissione europea.

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