Università

  • La Commissione celebra il 20° anniversario dei master congiunti Erasmus Mundus

    Bruxelles celebra i 20 anni di Erasmus Mundus e per l’occasione l’Agenzia esecutiva europea per l’istruzione e la cultura (EACEA) ha pubblicato lo studio d’impatto “20 anni di Erasmus Mundus: impatto trasformativo e percorsi per il futuro“, che evidenzia come in 20 anni Erasmus Mundus abbia contribuito a migliorare la qualità dell’istruzione e della collaborazione internazionale negli istituti di istruzione superiore in Europa. Dall’avvio del programma, quasi 50 000 studenti provenienti da 179 paesi hanno partecipato ai master Erasmus Mundus e più di 34 000 studenti hanno ricevuto una sovvenzione dall’UE.

    Erasmus Mundus è un’azione europea di cooperazione nell’istruzione superiore finanziata dal programma Erasmus+ dell’UE che sostiene la creazione di prestigiosi master internazionali congiunti, concepiti ed erogati da un gruppo di università in Europa e nel resto del mondo. Le borse di studio finanziate dall’UE sono assegnate ai candidati che si sono classificati nelle prime posizioni della graduatoria, a copertura di tutti i costi per il conseguimento di un master congiunto in due o più istituti di istruzione superiore.

    L’UE sta investendo circa 1 miliardo di euro in Erasmus Mundus, di cui 153,1 milioni per l’invito a presentare proposte del 2024.

  • L’Unione europea investe per la realizzazione del nuovo Campus dell’Università degli Studi di Milano

    L’UE scende in campo per finanziare il nuovo m dell’Università Statale di Milano con la Banca Europea per gli investimenti (BEI) che sosterrà la creazione di nuovi spazi didattici per studenti e ricercatori universitari nell’ambito di un più ampio progetto di rigenerazione urbana della città di Milano improntato alla sostenibilità.  La linea di credito messa a disposizione da Cassa Depositi e Prestiti beneficia a sua volta in parte della garanzia del Fondo InvestEU, il programma della Commissione Europea per il rilancio degli investimenti privati nell’Unione Europea che ha l’obiettivo di favorire la competitività e la crescita nel lungo periodo.

    L’intervento di riqualificazione permetterà all’Università Statale di Milano di realizzare una struttura innovativa in grado di concentrare in un unico insediamento competenze scientifiche multidisciplinari trasferendo le attività di ricerca didattica e dipartimentale nell’ambito di un programma complessivo di sviluppo dell’ateneo. Il nuovo Campus sarà a regime entro la fine del 2027 e accoglierà oltre 23mila persone tra studenti, ricercatori docenti e staff, si svilupperà su una superficie costruita di 190mila metri quadrati con laboratori per la ricerca avanzata, oltre 8mila metri quadrati di biblioteca, auditorium e spazi comuni, cui si aggiungono spazi verdi e un orto botanico.

  • La delocalizzazione intellettuale

    Dagli anni ‘90 l’intera classe accademica, ed in particolare quella bocconiana, affermava come le delocalizzazioni produttive verso i paesi a basso costo di manodopera rappresentassero la soluzione ideale in quanto le professioni ad alto valore aggiunto sarebbero rimaste all’interno dei paesi occidentali più evoluti.

    Questa banale strategia ideologica ha aperto le porte ad un’infinita possibilità di posizioni speculative, come conferma l’attuale scelta di Stellantis, perfettamente in linea con quella di Google e di altre grandi aziende internazionali che smentiscono clamorosamente la infantile dottrina accademica e definiscono quello che potrebbe essere chiamato il ritardo culturale ed economico dell’intero mondo accademico e politico italiano.

    Il lavoro e il suo prodotto, indipendentemente dal contenuto tecnologico, rappresentano una sintesi di molteplici apporti professionali complessivi e proprio per questo la loro tutela non può che risultare complessiva.

    La esternalizzazione di determinate produzioni o servizi ha rappresentato sicuramente il modo per ridurre i costi fissi e parallelamente aumentare la flessibilità in rapporto alla complessità dei mercati.

    Tuttavia, questo processo ha creato anche delle filiere talmente complesse e distribuite nel mondo le quali ora, all’interno di una crisi legata agli eventi bellici come la guerra russo-ucraina e nel medio oriente, risultano insostenibili anche economicamente.

    A queste problematiche si aggiunge ora anche l’opportunità fornita dalla digitalizzazione dei sistemi nel loro complesso, la quale, di fatto, favorisce l’avvio di un processo di delocalizzazione intellettuale relativa a quelle professionalità che il miope mondo accademico aveva assicurato sarebbero rimaste all’interno dei paesi evoluti occidentali.

    In altre parole, la stessa definizione e distinzione delle diverse fasi di realizzazione di un prodotto o di un servizio in rapporto ad un diverso valore aggiunto nella fase di realizzazione di per sé rende impossibile la tutela complessiva del prodotto finale e quindi delle medesime professionalità utilizzate nel ciclo produttivo.

    La complessità di un prodotto, infatti, si rivela come l’espressione di articolate fasi e rappresenta, come si diceva prima, una sintesi di diverse professionalità ognuna delle quali assolutamente meritevole di tutela giuridica e normativa, in quanto espressione dei più diversi contributi professionali.

    L’inconsistenza strategica dimostrata dalla classe politica e da quella accademica che hanno, invece, sempre sostenuto questa “valutazione” del lavoro e in base a questa decidere quale fosse meritevole di una tutela, si rivela come il più grande fallimento economico e strategico nel mondo occidentale in relazione al proprio futuro.

    Il mercato globale può rappresentare un’occasione di sviluppo se e solo se i diversi attori che vi partecipano si dimostrano in grado di tutelare la propria cultura industriale ed economica.

    Viceversa, senza queste tutele ogni traguardo culturale e sociale delle singole Nazioni viene azzerato e con loro lo stesso futuro economico, favorendo così le posizioni speculative.

  • L’UE stanzia 4,3 miliardi di € per Erasmus+ 2024

    La Commissione ha pubblicato l’invito a presentare proposte del 2024 nell’ambito di Erasmus+, il programma dell’UE per l’istruzione, la formazione, la gioventù e lo sport in Europa. Con un bilancio di 4,3 miliardi di € per il prossimo anno, Erasmus+ continuerà a sostenere le esperienze transnazionali di alunni e studenti dell’istruzione superiore e dell’istruzione e formazione professionale. Il programma offre inoltre opportunità ai discenti adulti, agli educatori e al personale, nonché ai giovani nell’ambito di programmi di apprendimento informale.

    Per attenuare gli effetti dell’inflazione sui partecipanti che studiano all’estero e consentire un’ampia partecipazione, il programma aumenterà gli importi delle borse di mobilità. Seguendo lo stesso approccio adottato per l’invito del 2023, gli importi delle borse individuali per gli studenti all’estero saranno adeguati del 5,9% per la maggior parte delle azioni di mobilità dell’invito del 2024. Nel 2024 il programma offrirà maggiori incentivi a favore dei viaggi sostenibili. Per la prima volta saranno offerte sovvenzioni di viaggio anche per la mobilità all’interno dell’UE nell’ambito dell’istruzione superiore.

    Erasmus+ continuerà a sostenere l’Ucraina mediante numerosi progetti, come la promozione dell’integrazione dei rifugiati in un nuovo sistema di istruzione.

  • Dalla Fondazione Italia USA 200 borse di studio per il master online “Leadership per le relazioni internazionali e il made in Italy”

    La Fondazione Italia USA ha rinnovato per il 2024 il bando che offre 200 borse di studio Next Generation per il master online “Leadership per le relazioni internazionali e il made in Italy”, allo scopo di sostenere concretamente i giovani nel loro ingresso nel mondo del lavoro globale e delle sfide internazionali.

    Il sito del master da cui presentare la candidatura è masteritaliausa.org, sezione Borse di Studio Next Generation.

    Il master è svolto in collaborazione con Agenzia ICE e GEDI Gruppo Editoriale che commissionano il project work, è diretto dall’ex ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca prof. Stefania Giannini, presieduto dall’ambasciatore Umberto Vattani, presidente della Venice International University, e si avvale di un panel didattico di prestigio internazionale formato da oltre 35 docenti. Il master opera all’interno del programma accademico delle Nazioni Unite, UNAI – United Nations Academic Impact del quale la Fondazione Italia USA fa parte.

    “Sono i giovani – ha indicato il ministro dell’Università Anna Maria Bernini nel suo messaggio agli studenti del master – che hanno il compito di immaginare e realizzare l’Italia del futuro. Auspico che questa esperienza formativa contribuisca a formare menti aperte, visionarie, coraggiose ed internazionali. Il Paese ha bisogno della vostra tenacia, del vostro entusiasmo e della vostra creatività”.

  • L’università e la banda dei quattromila

    Risulta sempre molto difficile individuare la corretta definizione di cultura, in quanto molto spesso questa si può più agevolmente identificare  attraverso l’individuazione di  “comportamenti elevanti” dei singoli più che  da generiche  figure retoriche.

    La cultura, per propria natura, rappresenta un valore aggiunto e fornisce gli strumenti idonei per adottare  comportamenti i quali trascendano dai banali interessi di schieramenti politici ed ideologici. La sua acquisizione, quindi, dovrebbe sempre assicurare il conseguimento dell’obiettivo principale di questo valore, rappresentato dalla possibilità di un confronto umano e dialettico anche tra esponenti con posizione  opposte ed anche estreme.

    Al tempo stesso risulta assai facile accorgersi della sua assenza, basti ricordare la recente follia massimalista  espressa con il  divieto opposto all’esibizione di concertisti ed artisti in quanto nel DNA presentavano una  “russa” colpa,  cioè di rappresentare il paese  di Putin.

    Una scelta anticulturale e contemporaneamente un esempio classico di come in quei momenti la politica si sia dimostrata assolutamente incapace di assicurare anche il minimo flusso culturale garantito dalla stessa performance dell’artista.

    Tuttavia, la peggiore versione dell’anticultura (la negazione di tutti i valori che la cultura invece dovrebbe assicurare) viene ora rappresentata da quel mondo universitario impregnato di ideologia e massimalismo politico il quale chiede di interrompere ogni rapporto culturale e di confronto con le università israeliane.

    In questo contesto andrebbe ricordato ai quattromila (4.000) eruditi docenti universitari come un qualsiasi mondo accademico nazionale non possa venire identificato con l’indirizzo politico dello Stato, sia esso  dislocato tanto in Corea del Nord, Cina.  Israele o Stati Uniti.

    Al contrario, l’università, se veramente democratica, può talvolta venire definita come la rappresentazione,  anche se  parziale, di una variegata cultura contemporanea, ma non certo l’espressione di una realtà politica e governativa  nazionale.

    Questa degradante richiesta si rivela come la classica affermazione di quella anticultura, per di più in ambito accademico, e si conferma come l’antitesi di quel “comportamento elevante”  a cui si faceva riferimento prima. Un comportamento che, proprio grazie alla disponibilità di strumenti culturali, dovrebbe permettere alle persone di elevarsi a latitudini ben superiori rispetto alle terrene contrapposizioni politiche ed ideologiche espresse dalla “banda dei quattromila”.

    Mai come ora questa porzione del mondo accademico si rivela come una  mediocre espressione di quella anticultura nella sua forma più mediocre in quanto questa dimostra di non possedere il livello minimo di strumenti culturali i quali permetterebbero il mantenimento di un canale aperto e praticabile all’interno del quale valorizzare la possibilità di un confronto dialettico rispetto al contesto politico ed  ideologico.

    Il declino di un paese trova le proprie conferme proprio là dove dovrebbe regnare la cultura come valore aggiunto, ed invece si rivela il terreno di conquista di una qualsiasi “banda dei quattromila”.

  • Londra aggira la Brexit su scienza e ricerca

    Il Regno Unito non vuole rischiare di segnare il passo nel settore della ricerca d’avanguardia, né tanto meno di ridurre le potenzialità di collaborazione internazionale delle sue prestigiose università e così ha deciso di rimanere legata, almeno nell’ambito scientifico, all’Unione europea. A inizio settembre infatti è arrivata un’ulteriore conferma dell’approccio pragmatico adottato dal premier conservatore Rishi Sunak rispetto ai rapporti con Bruxelles nel post-Brexit con l’annuncio del rientro britannico in due ambiziosi programmi europei: Horizon, il più grande al mondo in ambito civile per la ricerca e l’innovazione, e Copernicus, creato per l’osservazione della Terra tramite i satelliti e leader di settore a livello globale.

    Londra ne era stata esclusa negli ultimi tre anni a causa dei dissidi sorti con l’Ue sul Protocollo per l’Irlanda del Nord e poi risolti di recente grazie all’intesa nota come Windsor Framework. Sempre Sunak aveva giocato anche in quel caso la carta del dialogo nei rapporti con la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, rispetto alle dimostrazioni muscolari dei suoi due predecessori Tory, Liz Truss e Boris Johnson, cercando sempre di portare a casa risultati utili. «Abbiamo lavorato con i nostri partner dell’Ue per garantire che questo sia l’accordo giusto per il Regno Unito, sbloccando opportunità di ricerca senza precedenti, e anche per i contribuenti britannici», ha dichiarato Sunak facendo un riferimento, non casuale, alle casse dello Stato.

    Sì perché Londra accetta di pagare piuttosto salato la sua quota – stimata in un esborso annuo di 2,2 miliardi di sterline (più di 2,5 miliardi euro) – per partecipare ai 2 programmi da partner esterna all’Unione. La mossa può rientrare, a seconda dei punti di vista, in un nuovo esempio di ‘Bregret’, il neologismo creato per definire il rimpianto britannico dopo l’addio all’Ue e le contromisure introdotte per mitigarne gli effetti negativi; ma anche in un approccio piuttosto lucido da parte del Regno nel mantenere legami con l’Unione nei dossier considerati più strategici. Allo stesso tempo, pure Bruxelles saluta le intese di questo tipo come dei successi e lo ha fatto anche stavolta: «L’Ue e il Regno Unito sono partner e alleati strategici fondamentali e l’accordo di oggi lo dimostra. Continueremo a essere all’avanguardia nella scienza e nella ricerca globale», ha affermato la presidente Von der Leyen.

    I più soddisfatti sono comunque gli scienziati, a partire dal professor Paul Nurse, 74enne premio Nobel per la medicina nel 2001, che in un rapporto inviato nei mesi scorsi al governo Tory aveva lanciato l’allarme sui rischi rispetto a un abbandono britannico di Horizon. Oggi si è detto «entusiasta» per la notizia dell’accordo. Mentre in un comunicato congiunto l’Academy of Medical Sciences, la British Academy, la Royal Academy of Engineering e la Royal Society hanno salutato «un grande giorno per i ricercatori nel Regno Unito e in tutta Europa». In base all’intesa gli scienziati britannici potranno chiedere sovvenzioni e partecipare ai tanti progetti del programma Horizon. E’ esclusa invece la collaborazione di Londra all’interno di Euratom per lo sviluppo di tecnologia nucleare, in quanto il Regno vuole portare avanti la propria strategia nazionale.

  • Guinean cycles across six countries for spot at Egypt’s Al-Azhar University

    A student has cycled 4,000km (2,500 miles) across West Africa, enduring arrests and blazing heat, for a spot at his dream university.

    Mamadou Safayou Barry set off from Guinea for Egypt’s prestigious Al-Azhar in May, hoping he would be accepted.

    The 25-year-old cycled for four months through countries wracked by Islamist militants and coups.

    He told the BBC he was “very, very” happy to have been given a scholarship when he finally reached Cairo.

    The married father of one said although he could not afford the Islamic Studies course at Al-Azhar, or flights to Egypt, the university’s reputation spurred him to take his chances on the epic trek through Mali, Burkina Faso, Togo, Benin, Niger and Chad.

    Al-Azhar is one of the most influential centres for Sunni Islamic learning in the world. It’s also one of the oldest, having been founded in the year AD670.

    Mr Barry set off from his home “seeking Islamic knowledge” but experienced suspicion and adversity in some of the countries he biked through.

    In Mali, Burkina Faso and Niger, attacks by Islamist militants on civilians are frequent and recent coups have led to political instability.

    “To travel through these countries is very hard because they don’t have security at this time,” he said.

    “They have so many problems and people there are very scared – in Mali and Burkina Faso people were looking at me like I am a bad man. All over I was seeing the military with their big guns and cars,” Mr Barry said.

    He said that he was arrested and detained three times for no good reason – twice in Burkina Faso and once in Togo.

    However, Mr Barry’s luck took a turn when he reached Chad. A journalist interviewed Mr Barry and posted his story online, prompting some good Samaritans to fund a flight to Egypt for him.

    This meant he avoided cycling through Sudan, parts of which are currently war-zones.

    On 5 September, he finally arrived in Cairo. His determination earned him a meeting with the Dean of Islamic studies, Dr Nahla Elseidy. After speaking to Mr Barry, Dr Elseidy offered him a place on Al-Azhar’s Islamic Studies course, with a full scholarship.

    The dean said on her social media channels that the university was keen to offer its knowledge to students worldwide and that this philosophy “not only covers international students in Egypt but also extends abroad. Al-Azhar receives students from all countries, takes care of them, and offers them grants”.

    Mr Barry said he was “very, very happy” to have received the scholarship.

    “I cannot tell you how happy I was. I thanked God,” he said.

    Mr Barry added that the trials of his expedition are long forgotten – erased by the joy of being able to call himself an al-Azhar scholar.

  • ‘Sex for grades’ outlawed by Nigeria’s parliament

    Nigeria’s outgoing parliament has finally passed a bill that aims to prevent the sexual harassment of university students.

    Once it is signed into law by newly elected President Bola Tinubu it will be illegal for lecturers to make any sexual advances towards students.

    Those who do have sexual relationships with their students could face up to 14 years in jail.

    The anti-sexual harassment bill was originally introduced in 2016 but did not pass both houses of parliament.

    It was reintroduced by the senate in 2019 following a BBC investigation that uncovered alleged sexual misconduct by lecturers in Nigeria and Ghana.

    BBC Africa Eye’s Sex for Grades documentary prompted outrage, but the bill was further delayed as the house of representatives wanted some changes – and two parliamentary committees had to come to an agreement on the final wording.

    Outgoing lawmakers are trying to wrap up business before newly elected MPs are sworn in next week.

    A student told BBC news she was happy about the development and hoped President Tinubu would pass it into law soon.

    Earlier in the month, a group of students had issued a statement to express their displeasure that the National Assembly had failed to pass it in time for his predecessor – President Muhammadu Buhari – to assent to it before leaving office.

  • Il calo demografico espone gli atenei del sud al rischio di chiusura

    Il calo demografico mette a rischio la sopravvivenza di molti atenei italiani: a certificarlo è Talents Venture, società di consulenza specializzata in istruzione universitaria, secondo la quale il declino demografico può mettere in crisi molti corsi sia per motivi numerici che finanziari: nell’anno accademico 21/22, il 18% dei corsi di laurea aveva 20 iscritti o meno al primo anno, con una concentrazione dei corsi a numerosità ridotta nel Mezzogiorno.

    Inoltre se il gettito relativo ai corsi di laurea registrasse una contrazione pari a quella della popolazione di 18-21 anni, le minori entrate nel 2040 rispetto al 2020 potrebbero ammontare a oltre 600 milioni, un valore prossimo a quello che oggi realizzano i 7 atenei statali con il gettito maggiore dai corsi di laurea. “Parlare di declino demografico significa discutere dell’esistenza stessa di molte sedi didattiche oggi attive. Le preoccupazioni riguardano soprattutto i territori più fragili, come quelli del Mezzogiorno, in cui gli atenei dovrebbero essere fondamentali leve di sviluppo. Si pensi che le 15 sedi didattiche presenti nei territori che registreranno il declino demografico più severo entro il 2030 sono tutte situate nel Mezzogiorno, e 6 di queste avevano già meno di 100 studenti iscritti al primo anno nell’anno accademico 2021/22”, commenta Pier Giorgio Bianchi, Ceo e Co-Founder di Talents Venture. Gli atenei che potrebbero vedere ridursi maggiormente in termini percentuali gli immatricolati “in sede” (cioè senza considerare i “fuori sede”, che arrivano nelle sedi didattiche da altre province) sono Enna Kore, Basilicata, Foggia, Sannio e Federico II. Questi atenei – secondo il report – potrebbero assistere a una riduzione degli immatricolati “in sede” nelle proprie sedi didattiche tra il 15% e il 24% entro il 2030 rispetto all’anno accademico 2021/22.

    La riduzione demografica del Mezzogiorno riguarderà direttamente anche i grandi atenei del Centro-Nord, che dalle regioni del Sud e dalle Isole attraggono molti fuori sede. L’università La Sapienza, per esempio, potrebbe registrare riduzioni degli immatricolati fuori sede provenienti da altre regioni al 2030 del 6% rispetto ai valori dell’anno accademico scorso, a causa della diminuzione della popolazione di 18-21enni che in questi anni riguarderà Sicilia, Puglia, Campania, Calabria e Basilicata.

    Nel 2040, tutti i 10 grandi atenei che oggi attraggono il maggior numero di immatricolati da altre regioni – Bologna, La Sapienza, Ferrara, Politecnico di Milano, Milano Cattolica, Perugia, Padova, Parma, Torino Politecnico e Trento – secondo Talents Venture potrebbero registrare contrazioni nelle immatricolazioni di fuori sede da altre regioni superiori al 20%.

    Nelle conclusioni, gli economisti di Talents Venture sottolineano da una parte la necessità di un coordinamento a livello nazionale, che accompagni gli atenei nelle sfide legate ai trend demografici, evitando l’ingenerarsi di squilibri non governati interni al sistema universitario ed assicurando risorse finanziarie destinate ad investimenti, a partire da quelle del Pnrr destinate alle residenze universitarie. Dall’altra la necessità di iniziative specifiche a livello di singoli atenei e territori, volte all’analisi dei trend demografici in atto presso i propri “bacini” di riferimento e al rafforzamento della sostenibilità della propria offerta formativa.

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