Venezuela

  • Londra manda una cannoniera per prevenire l’Anschluss della Guyana da parte di Maduro

    Il Regno Unito si sta preparando a inviare una nave da guerra in Guyana per dimostrare sostegno diplomatico e militare verso l’ex colonia britannica a fronte delle rivendicazioni del Venezuela sul Territorio Essequibo, vasta regione guyanese ricca di risorse naturali. Lo ha confermato il ministero della Difesa all’emittente “Bbc”, precisando che la nave, la Hms Trent, prenderà parte a esercitazioni militari congiunte da svolgersi dopo Natale. L’imbarcazione si trova già nei Caraibi ed è attualmente impegnata in attività di pattugliamento contro i traffici di droga. Dispone di un equipaggio di 65 membri, ha una velocità massima di crociera di 24 nodi ed è armata con cannoncini calibro 30 millimetri. Può dispiegare anche droni ed elicotteri Merlin.

    L’invio della nave segue la visita a Georgetown del sottosegretario agli Esteri per le Americhe David Rutley, lo scorso 18 dicembre, il primo rappresentante di un governo del G7 a recarsi in Guyana dopo il referendum sull’annessione del Territorio Essequibo organizzato dal Venezuela lo scorso 3 dicembre. Rutley ha confermato “l’inequivocabile appoggio” di Londra alla Guyana e ha accolto con favore la promessa di Caracas di non ricorrere alla forza per annettere il territorio conteso. “La disputa – ha aggiunto – è risolta da 120 anni. I confini sovrani vanno rispettati ovunque”. Sempre la scorsa settimana il segretario agli Esteri, David Cameron, ha chiarito che il Regno Unito “continuerà a lavorare con i partner nella regione per assicurare l’integrità territoriale della Guyana e per evitare un’escalation”.

    La visita di Rutley e le parole di Cameron sono state fortemente criticate dai vertici venezuelani. Il presidente Nicolas Maduro ha invitato il Regno Unito a tenere “le sue sporche mani già dall’America latina”. Il ministro degli Esteri Yivan Gil ha accusato Londra di destabilizzare la regione. “L’ex impero invasore e schiavista – ha scritto su X – dopo aver occupato illegalmente il territorio della Guyana Esseqiba e aver agito in maniera subdola contro gli interessi del Venezuela, insiste nell’intervenire in una controversia territoriale che esso stesso ha generato”.

    Forte del mandato “sacro” ricevuto dal referendum consultivo di domenica 3 dicembre – con cui il governo ha visto riconosciute ad ampia maggioranza le rivendicazioni storiche sulla regione -, Maduro ha presentato un piano per rendere il “Territorio” un nuovo Stato del Venezuela, dando anche ordine di stampare e diffondere una nuova mappa geografica aggiornata. La zona, una ampia fascia di terra tra il fiume Esequibo e l’attuale confine orientale del Venezuela, è oggetto di una contesa iniziata oltre cento anni fa. Georgetown difende un confine territoriale stabilito nel 1899 da un tribunale arbitrale a Parigi, quando la Guyana era ancora una colonia britannica. Caracas rivendica l’Accordo di Ginevra, firmato nel 1966 con il Regno Unito prima dell’indipendenza della Guyana, che pose le basi per una soluzione negoziata e annullò il trattato del 1899. Il Venezuela ritiene che il confine naturale tra i due Paesi sia il fiume Esequibo, oggi margine orientale del Territorio. Nonostante la contrarietà del Venezuela, che in un primo tempo ammetteva la sola possibilità di un arbitrato bilaterale, il caso è dal 2018 nelle mani della Corte internazionale di giustizia (Cig). Respingendo una serie di obiezioni di Caracas, il tribunale Onu ha confermato di avere i titoli per decidere sulla contesa, avviando ora l’esame del merito.

  • Number of Venezuelan migrants at US-Mexico border halves

    The number of Venezuelans illegally crossing the US-Mexico border has nearly halved since deportation flights restarted last month.

    Statistics from Customs and Border Patrol (CBP) indicate a 46% drop in such arrivals.

    In early October, US President Joe Biden’s government announced it would deport Venezuelans who were ineligible for asylum or temporary legal status.

    More than seven million people have fled Venezuela in recent years.

    According to the CBP figures released on Tuesday, border agents apprehended 29,637 Venezuelans at the border last month, a sharp drop from September’s record high of 54,833.

    Overall illegal entries along the southern border also decreased in October by 14% – from nearly 219,000 in September.

    On 18 October, US Immigration and Customs Enforcement (ICE) began deportation flights to Venezuela. Since then, hundreds of Venezuelans have been sent home.

    Acting CBP Commissioner Troy Miller said the “resumption of removal flights… consistent with delivering consequences for those who cross the border unlawfully” had contributed to the dramatic decline of Venezuelan illegal migrant detentions.

    In September, the US also said that about 472,000 Venezuelans would be eligible for Temporary Protected Status (TPS) for a period of 18 months.

    Those granted TPS status are eligible to work while they wait for their asylum cases to be heard.

    The influx of Venezuelan migrants into US cities such as New York, Denver and Chicago has become a politically contentious issue, with even some Democratic elected officials criticising the Biden administration for its handling of the issue.

    New York City Mayor Eric Adams, for example, blamed the federal government for not providing enough assistance to help the city house and provide services for newly arrived migrants.

    The economy of oil giant Venezuela has collapsed under socialist President Nicolás Maduro, who has been in power since 2013.

  • Venezuela’s National Assembly asks government to expel EU ambassador

    Venezuela’s National Assembly has called on the government to expel the European Union’s ambassador to Caracas, Isabel Brilhante Pedrosa, after the bloc adopted fresh sanctions against 19 Venezuelan officials.

    The 2015 National Assembly (NA) on Tuesday urged President Nicolas Maduro to call Brilhante Pedrosa persona non grata and to close the EU office in Caracas. The country’s Foreign Minister, Jorge Arreaza would meet with the EU ambassador on Wednesday, along with ambassadors and diplomatic representatives from other EU countries, including from France, Germany, Spain and the Netherlands.

    Earlier in the week, the Union’s foreign affairs ministers decided to add 19 leading Venezuelan officials to their sanctions list, due to their “role in acts and decisions undermining democracy and the rule of law in the country, or as a result of serious human rights violations.”

    The officials are targeted for undermining the oppositions’ electoral rights and the democratic functioning of the National Assembly, and for serious violations of human rights and restrictions of fundamental freedom, according to a statement issued on Monday.

    In January, the EU’s heads of state and government had stated they were ready to adopt additional targeted restrictive measures following the outcome of December’s elections in the country.

    The EU move brings to 55 the total number of individuals subject to sanctions.

  • Maduro vince ma Usa e Ue giudicano non credibile il voto in Venezuela

    Nicolas Maduro parla di ‘vittoria del popolo’, incassando un risultato elettorale che ha visto il suo partito ‘Grande Popolo patriottico’ conquistare i due terzi dell’assemblea nazionale. Ma solo il 30% dei venezuelani è andato a votare, e mentre il principale leader dell’opposizione Juan Guaidò parla di una ‘truffa’ anche l’occidente prende le distanze dal risultato. Con l’Ue che ha fatto sapere di non ritenere ‘credibile’ l’esito delle urne che “non hanno rispettato gli standard internazionali’. E il segretario di stato americano, Mike Pence, che si è spinto oltre: “Gli Stati Uniti continueranno a riconoscere Guaidò come presidente’, ha fatto sapere con un comunicato. “La comunità internazionale non può permettere a Maduro di rubare una seconda elezione” dopo quella del 2018, ha aggiunto Pompeo. Da Mosca, forte sostenitrice del ‘chavismo’ arriva invece la benedizione con la diplomazia russa che parla di ‘un processo più responsabile e trasparente di quello di certi Paesi che hanno l’abitudine di presentarsi come un esempio di democrazia’.

    La grande protagonista della giornata è stata di certo la scarsa affluenza alle urne (31%), a cui, oltre alle preoccupazioni per la pandemia da Covid-19, hanno contribuito i ripetuti appelli al boicottaggio lanciati da Guaidó. In forte ritardo sul previsto, e a quanto pare per la mancanza di elettricità in alcuni Stati, la presidente del Consiglio nazionale elettorale (Cne), Indira Alfonzo, ha indicato che sulla base dello scrutinio dell’82,35% dei voti espressi, il Gran Polo Patriottico ha ottenuto il 67,6%. Da parte sua, l’Alleanza Democratica di opposizione (AD, Copei, CMC, Avanzada Progresista e El cambio), è stata votata dal 17,95% degli elettori, mentre altre forze politiche, fra cui il Partito comunista del Venezuela, si sono aggiudicate il 13%.

    Per Maduro si è trattato di “una grande vittoria popolare”. “Arriva – ha aggiunto – un cambiamento del ciclo, un cambiamento positivo, virtuoso, di lavoro, di ripresa economica e di superamento dell’embargo”. Dura la reazione di Guaidó: “La dittatura si è messa in mostra. E dopo il ricatto, il sequestro dei partiti, la censura, la fabbricazione dei risultati, la diffusione del terrore, annunciano quello che avevamo detto: una truffa con il 30% (di partecipazione) di pure bugie”.

    Livelli bassi di affluenza, come quelli della tornata elettorale di ieri, non sono inusuali in Venezuela e in America latina, ma per gli analisti rappresenta un chiaro avvertimento per il ‘chavismo’. La palla è ora nel campo di Guaidó che dal 5 gennaio perderà il seggio in Parlamento, e dovrà legittimare diversamente la sua condizione di autoproclamato presidente ad interim. Per questo ha convocato una ‘Consultazione popolare’, ed una manifestazione il 12 dicembre, con cui confermare il ruolo di “unica alternativa democratica” a Maduro.

  • Sul blog di Grillo e su quello del M5S una lunga liason col Venezuela

    La liason tra grillini e Hugo Chavez e poi Nicolas Maduro è un tema ricorrente nel Blog di Beppe Grillo e nel Blog delle Stelle (house organ ufficiale del Movimento). E, come ha scoperto l’agenzia Adnkronos, il ‘bolivarismo’ grillino non nasce da interesse per Los Roques o Isla Margarita, mete turistiche di pregio.

    Il 22 febbraio 2019, sul sito di Grillo, Fabio Massimo Parenti scrive che “il mondo non accetta più i diktat statunitensi” e che “la maggioranza dei paesi rappresentati all’Onu” riconoscono “la legittimità dell’unica presidenza votata, quella di Maduro”. Pochi giorni prima sullo stesso Blog appare un post dal titolo ‘Venezuela: l’oro nero che fa gola a molti’ firmato da Danilo Della Valle (studioso di relazioni internazionali che scrive per ‘L’antidiplomatico’). Nel pezzo non mancano critiche a Juan Guaidó, presidente dell’Assemblea nazionale venezuelana dal 5 gennaio 2019 al 28 marzo 2019 e riconosciuto come presidente del Venezuela, tra gli altri, da Usa, Francia, Regno Unito. Ma non dall’Italia. “Prima dell’elezione a presidente dell’Assemblea nazionale” solo “un venezuelano su cinque conosceva Guaidó”, definito dal “sociologo Marco Teruggi un ‘personaggio creato ad hoc in laboratorio. Un mix di elementi che portano alla costruzione di un personaggio a metà tra il preoccupante e il ridicolo’; secondo lo scrittore venezuelano Sequera ‘Guaidó è più popolare all’estero, soprattutto nei circoli delle èlite della Ivy League di Washington”: sono solo alcuni dei giudizi sferzanti riportati dal Blog di Grillo, dove si ricorda che “il Paese che diede i natali a Bolivar possiede la più grande riserva al mondo di oro nero” e che dopo la morte di Chavez sono arrivate le “sanzioni imposte da Usa ed Ue, che costano al Venezuela circa 33 miliardi di dollari” gettando il Paese in una crisi, “con scarsità di beni di prima necessità e medicine, e un aumento della pressione interna ed internazionale, ai danni del governo in carica”.

    E’ del 2015 il post ‘Uscire dai #petrodollari, uscire dalle guerre’, questa volta a cura di Marinella Correggia, dove il Venezuela di Chavez viene citato tra i Paesi che si sono ribellati al petrodollaro. “Nel mirino – scrive l’autrice – sono del resto tutte le nazioni dell’Alleanza Alba (Venezuela, Cuba, Bolivia, Ecuador, Nicaragua) che non solo si sottraggono ai diktat del Fondo Monetario Internazionale ma cercano anche di sviluppare un proprio sistema finanziario basato sulla moneta virtuale sucre e perfino sul baratto”. Sempre nel 2015 il Blog di Grillo ospita un intervento del regista americano Oliver Stone dal titolo ‘Il colpo di Stato della Cia in #Ucraina’. “Ricordate il cambio di regime/colpo di stato del 2002, quando Chavez è stato temporaneamente estromesso, dopo che manifestanti pro e anti-Chavez erano stati colpiti da misteriosi cecchini nascosti in palazzine di uffici? Assomiglia anche alla tecnica usata all’inizio di quest’anno in Venezuela quando il governo legalmente eletto di Maduro è stato quasi rovesciato con l’uso di violenza mirata contro i manifestanti anti-Maduro”, si legge nel post del cineasta.

    Nel 2014 compare un articolo di Massimo Fini dedicato sempre alla situazione in Ucraina, dove però non mancano passaggi sul Paese sudamericano: “Prendiamo il Venezuela, adesso, dopo la morte di Chavez, guarda caso ci sono queste rivolte. E’ chiaro che in ogni Paese c’è del malcontento, a parte il fatto che la politica di Chavez in Venezuela era stata una politica non alla Castro. Chavez non era un comunista, ma un socialista e eletto democraticamente. E’ altrettanto chiaro che gli Stati Uniti soffiano su questi malcontenti o li foraggiano”.

    Facendo un salto indietro nel tempo – è il 2007 – ci si può imbattere in una lettera dello scrittore americano Gore Vidal con uno sperticato elogio a Chavez: “Guardo con ammirazione a quello che sta facendo Hugo Chavez, per esempio. E’ un’ispirazione per il mondo intero, a differenza degli Stati Uniti, che non sono un’ispirazione per nessuno, tranne per potenziali dittatori”. Non è da meno il Blog delle Stelle quando il 12 febbraio 2019 riporta il lungo intervento pronunciato in Aula dal deputato Pino Cabras sulla situazione in Venezuela. “Siamo ben lontani dal considerare Maduro un modello”, affermava il parlamentare, sottolineando però che riconoscere Guaidó presidente “in termini diplomatici, è un atto impraticabile, avventato e incompatibile con gli obiettivi dell’Italia”. Sempre il Blog delle Stelle ospitò il 4 febbraio dello stesso anno un post di Alessandro Di Battista che invitava il governo a mantenere una posizione “neutrale” rispetto alla crisi venezuelana: “L’Europa – scriveva l’ex deputato – dovrebbe smetterla una volta per tutte di obbedire agli ordini statunitensi”. Si contano poi diversi interventi a firma Manlio Di Stefano: tra questi, il post del 4 marzo 2017, nei giorni in cui l’attuale sottosegretario agli Esteri guidava una delegazione pentastellata in visita in America Latina: in Venezuela, racconta il parlamentare, il M5S tenne “diversi incontri con i rappresentanti delle organizzazioni regionali dell’America Latina, come la Celac, l’Unasur e l’Alba-TCP” nonché “incontri bilaterali con i diversi rappresentanti governativi della regione” che arrivarono a Caracas il 5 marzo in occasione dell’anniversario della morte di Hugo Chavez.

     

  • Borsino delle immigrazioni: boom di richieste di asilo nella Ue da parte di venezuelani

    I richiedenti asilo registrati per la prima volta nella UE nel 2019 sono stati 612.700, in aumento del 12% rispetto al 2018. In termini assoluti, fa sapere Eurostat secondo quanto riporta l’Ismu, quasi 1 su 4 ha chiesto asilo in Germania, seguita da Francia (20% del totale) e Spagna (19%). L’Italia rappresenta il 6% del totale per numero di prime richieste di asilo nella UE.

    A fronte di un aumento generale, in alcuni paesi però si registrano importanti diminuzioni rispetto al 2018: in particolare proprio in Italia (-34%), Germania (-12%) e Austria (-7%).  Secondo i dati Eurostat, le persone in cerca di asilo nella UE provengono soprattutto dalla Siria (74mila), seguita dall’Afghanistan (53mila) e dal Venezuela (45mila). Dei 45mila venezuelani che nel 2019 hanno chiesto protezione d’asilo per la prima volta nella UE, la stragrande maggioranza (90%) ha fatto domanda di asilo in Spagna (40.300). E mentre il numero di richiedenti provenienti dalla Siria è diminuito rispetto al 2018 (-7%), il numero di afghani e di venezuelani è aumentato rispettivamente del 35% e del 102%.

    Per quanto riguarda l’Italia, sempre in base ai dati elaborati Ismu, questa volta su dati del ministero dell’Interno, emerge che a fronte della rilevante diminuzione del totale delle richieste di asilo registrata (nel

    2018 erano 54mila), nel 2019 in Italia il numero totale dei richiedenti asilo è stato di 39mila unità (mentre i dati Eurostat sopracitati si riferiscono solo al sottogruppo di coloro che hanno fatto domanda per la prima volta). Nel 2019 si è riscontata la crescita del collettivo proveniente dall’America Centrale e Meridionale: oltre 6.700 richiedenti asilo – il 17% del totale – provengono infatti da Paesi di quest’area geografica, le cui domande di asilo sono quadruplicate in tre anni. Inoltre questi Paesi sono tra quelli con un tasso di riconoscimento di protezione alto.

  • Telenovela Venezuela: i pm americani accusano Maduro, quelli venezuelani Guaido

    Le sorti della governabilità del Venezuela passano sempre più per le vie giudiziarie. Dopo che gli Stati Uniti hanno posto una taglia di 15 milioni di dollari su Nicolas Maduro, ciò che dovrebbe bastare in un Paese letteralmente alla fame a organizzare la cattura del presidente, in quanto accusato dalla magistratura yankee di narcotraffico, il procuratore della Repubblica venezuelano, Tarek William Saab ha fatto sapere che il leader dell’opposizione Juan Guaido sarà chiamato a testimoniare nell’ambito di una indagine aperta contro l’ex generale venezuelano rifugiatosi in Colombia, Cliver Alcala Cordones, accusato di aver coordinato un piano per uccidere alti responsabili governativi ed eseguire un colpo di stato in Venezuela.

    Guaido, ha riferito la tv statale Vtv, è stato chiamato a comparire davanti a due pm nazionali giovedì “2 aprile per dichiarare riguardo alla confessione di Alcala Cordones realizzata dopo il sequestro di un arsenale da guerra in Colombia, a partire del quale il disertore ha riconosciuto che lo stesso Guaido sarebbe stato il mandante dell’operazione”. Il procuratore Saab ha concluso il suo annuncio affermando: “Vediamo come ci siano dei soggetti al margine della legge, totalmente ossessionati dalla conquista del potere solo per ottenere vantaggi economici, per promuovere come già lo hanno fatto a livello nazionale ed internazionale la corruzione”.

    La sera precedente l’esternazione del magistrato, il 30 marzo, in un discorso dal palazzo presidenziale, il presidente Maduro aveva avvertito che “la giustizia arriverà, con una ‘operazione tun-tun’ a tutti i terroristi, cospiratori violenti e complottisti”. E, aveva aggiunto: “arriverà anche da te (riferendosi a Guaido) che mi vedi, arriverà. Pensi che non verrà da te, la giustizia verrà da te e quando ti toccherà ‘tun-tun’, non metterti a piangere sui social”.

  • Maduro narcotrafficante, taglia da 15 milioni di dollari

    Gli Stati Uniti hanno accusato il presidente del Venezuela Nicolas Maduro e altri alti funzionari del Paese di “narco-terrorismo” e hanno messo sulla testa del capo di Stato una taglia da 15 milioni di dollari. Le accuse a carico del novello ‘Pablo Escobar’ che è subentrato a Chavez nella sciagurata gestione del Paese sudamericano sono state formulate dalle corti di New York e Miami e rese note dal ministro della Giustizia a stelle e strisce, William Barr: cospirazione con una organizzazione terroristica per inondare gli Stati Uniti di cocaina e usare la droga come arma per minare la salute degli americani, nonché favorire il traffico di cocaina dalla Colombia agli Stati Uniti, grazie all'”alleanza” tra governo venezuelano e le rinate Farc, le Forze armate rivoluzionarie della Colombia. Il Venezuela avrebbe anche sostenuto il gruppo militare libanese di Hezbollah.

    La Casa Bianca aveva già riconosciuto ufficialmente l’oppositore di Maduro, Juan Guaidò, come legittimo presidente del Venezuela. “Il regime di Maduro – ha commentato Barr – è inondato da corruzione e criminalità”. Insieme al presidente sono stati incriminati altri dirigenti del governo, dal direttore dell’intelligence venezuelana al generale dell’esercito, fino al ministro dell’Industria. Su di loro è stata posta una taglia da 10 milioni di dollari.

    Secondo la procura di Miami, alcuni membri del governo venezuelano avrebbero riciclato il denaro sporco in Florida, investendo in proprietà immobiliari. Secondo Washington i ribelli colombiani “hanno ottenuto il sostegno del regime di Maduro, che sta permettendo loro di usare il Venezuela come un rifugio sicuro dal quale possono continuare a condurre il loro traffico di cocaina”. Maduro ha negato tutto e su Twitter ha accusato gli Stati Uniti e la Colombia di voler “scatenare la violenza in Venezuela”. “Come capo di Stato – ha aggiunto – ho l’obbligo di difendere la pace e la stabilità di tutto il Paese in ogni. Non ce la faranno neanche stavolta”.

    Era da 32 anni che il dipartimento di Stato americano non accusava un capo di stato straniero: l’ultima volta era avvenuto nel 1988, quando era toccato al leader panamense Manuel Noriega, accusato di essere un narcotrafficante in combutta con il cartello colombiano di Medellin.

  • Scontri in Venezuela tra l’opposizione e la polizia di Maduro

    Scontro tra le forze di sicurezza venezuelane fedeli al presidente Nicolas Maduro e i manifestanti guidati dal leader dell’opposizione Juan Guaido nella capitale del paese, Caracas.

    Dopo aver contestato la controversa rielezione di Maduro nel 2018, Guaido si è proclamato presidente provvisorio del paese ed è stato sostenuto da quasi 60 paesi, tra cui UE, Stati Uniti e Regno Unito. Tale mossa aveva scatenato numerose proteste ontro il governo socialista di Maduro.

    “Oggi torniamo di nuovo in piazza, lo spazio in cui i cittadini sono liberi”, è stato il commento di Guaido, aggiungendo che i manifestanti sono la legittima rappresentazione del popolo venezuelano.

    I manifestanti chiedono nuove elezioni. La polizia ha sparato gas lacrimogeni sulla folla. Nel frattempo, il partito al potere ha invitato il Paese ad un’altra mobilitazione in concomitanza con quella dei sostenitori di Guaido.

    Sotto la guida di Maduro, il Venezuela ha subito un collasso economico. Più di 4 milioni di cittadini sono fuggiti dal paese, molti in Colombia. Coloro che rimangono affrontano carenze di elettricità, cibo e medicinali.

    Gli attivisti per i diritti umani hanno ripetutamente condannato la situazione e gli attacchi del governo Maduro contro manifestanti e giornalisti.

     

  • La Ue proroga le sanzioni a carico del Venezuela

    Il Consiglio dell’Ue ha deciso di prorogare fino al 14 novembre 2020 le misure restrittive nei confronti del Venezuela per azioni contro la democrazia, lo stato di diritto e il rispetto dei diritti umani. Un comunicato rilasciato dal consiglio di Bruxelles afferma che la decisione è stata presa in relazione alla «crisi politica, economica, sociale e umanitaria» che il Paese sudamericano sta attualmente vivendo.

    Tra le misure adottate dal Consiglio dell’Ue c’è embargo sulla fornitura di armi e attrezzature adatte a scopi repressivi interni. Inoltre, stiamo parlando di un divieto d’ingresso nell’Ue e del congelamento di partecipazioni bancarie per 25 persone che ricoprono incarichi ufficiali nello stato e sono responsabili della violazione dei diritti umani o di attentati contro la democrazia e lo stato di diritto in Venezuela.

    «Queste misure hanno lo scopo di promuovere la ricerca di soluzioni democratiche comuni al fine di garantire la stabilità politica nel paese e soddisfare le urgenti esigenze della popolazione. Queste misure mirate sono flessibili e reversibili e progettate in modo da non danneggiare la popolazione venezuelana», spiega il Consiglio dell’UE.

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