violazioni

  • Caso Salis: dati a confronto

    Per ogni cittadino italiano è doveroso portare rispetto al Capo dello Stato poiché rappresenta l’Italia e tutti gli italiani. Inoltre, la sua funzione non è solo al di sopra delle parti ma anche degli altri poteri istituzionali: il legislativo (può sciogliere le Camere e non controfirmare le leggi), l’esecutivo (è lui a nominare i ministri) e il giudiziario (è Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura). Naturalmente tale rispetto è giustamente dovuto anche all’attuale Presidente, l’On. Sergio Mattarella che, prima di diventare Deputato, ministro e Presidente della Repubblica, fu perfino docente di diritto presso l’Università di Palermo.

    È proprio per queste sue indiscutibili competenze ed esperienze che stupisce quanto, a detta del sig. Salis, gli abbia espresso nella telefonata in risposta alla lettera di quest’ultimo e cioè una particolare solidarietà per il caso di sua figlia che sembrerebbe essersi recata in Ungheria con l’innocente scopo di picchiare dei locali manifestanti. La cosa più strana è che il nostro Presidente avrebbe pure affermato che la differenza tra il nostro sistema giudiziario e quello ungherese stia nel fatto che il nostro si ispira a “valori europei” mentre quello magiaro non si sa. Purtroppo, credo che il nostro rispettato Capo dello Stato sia stato vittima di alcune spiacevoli dimenticanze che, proprio in quanto Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, avrebbe dovuto ricordare.

    Vediamo di ricordarglielo noi.

    -L’Italia, così come l’Ungheria, ha aderito alla Convenzione di Roma del 1950 che impone la tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali verso tutti. Tuttavia, tra il 1959 e il 2021 il nostro Paese è stato condannato ben 2466 volte per aver violato i principi di quella Convenzione ponendosi, tra i firmatari, al terzo posto dopo Turchia e Russia. L’Ungheria ha subito 614 condanne*.

    -Per nove volte l’Italia è stata condannata per torture. L’Ungheria mai.

    -Come tutti gli italiani sanno, la nostra magistratura non brilla per velocità e la Corte di Strasburgo l’ha condannata per questa ragione ben 1203 volte. L’Ungheria ha subito la stessa sorte 344 volte.

    -A proposito di “giusto processo”, noi abbiamo subito 297 condanne per non averlo rispettato. L’Ungheria ha subito “solo” 33 condanne.

    -Da noi più di un detenuto su tre è imprigionato per oltre sei mesi in attesa di giudizio.

    – Gli italiani attualmente detenuti in Stati esteri sono circa 2600 e molti di loro stanno al di fuori dell’Unione Europea. In Ungheria ce ne sono 32 di cui 12 in attesa di giudizio come la signorina Salis accusata di terrorismo. Anche i parenti di costoro scriveranno al Presidente e riceveranno la sua telefonata di risposta?

    -Dal 1991 al 2022 sono stati appurati da noi circa 30.000 casi di errori giudiziari e sembrerebbe che, in media, ogni anno si scopre che almeno 961 cittadini sono incarcerati e poi giudicati innocenti.

    -È meglio non fare paragoni tra le nostre carceri e quelle ungheresi poiché quasi la metà delle nostre non dispone di acqua calda per le docce e i suicidi tra i detenuti nel 2022 sono stati 85. Non risulta che sia lo stesso in Ungheria.

    -Si accusava il Paese magiaro di non rispettare l’indipendenza della magistratura ma il Presidente avrebbe annunciato di chiedere al nostro Governo che si interessi presso il Governo di Budapest affinché intervenga nel processo a favore della nostra connazionale? Pretendiamo una magistratura indipendente e poi vogliamo un’interferenza del loro esecutivo?

    Ho dovuto citare tutti questi dati anche perché sappiamo che il nostro amato Presidente è dichiaratamente un cristiano osservante e quindi conscio del detto evangelico che invita a non guardare la pagliuzza negli occhi altrui se i nostri bulbi ospitano addirittura una trave.

    *Tutte le cifre citate sono contenute in una lettera aperta che Augusto Sinagra ha inviato al Presidente basandosi su una accurata ricerca effettuata dal generale Raimondo Caria.

  • A trent’anni dalla Convenzione sui diritti dell’infanzia ancora troppi minori senza tutela e diritti

    Il 20 novembre 1989, trenta anni fa, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite approvò la Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia, composta da 54 articoli e da tre protocolli opzionali che riguardano il coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati, la vendita di bambini e il loro utilizzo in attività pornografiche e di prostituzione, e le procedure di reclamo. Questo è stato il primo documento nel quale sono elencati tutti i diritti che devono essere riconosciuti ai bambini di tutto il mondo. Ad oggi la Convenzione è stata ratificata da 196 Stati e il 20 novembre, ogni anno, viene ricordato con la giornata internazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.

    Purtroppo ancora oggi sono più di 380 milioni i bambini che non hanno una minima istruzione, più di 220 milioni i bambini che lavorano e spesso effettuano lavori pericolosi e più di 20 milioni le bambine o adolescenti costrette a matrimoni forzati, più di un milione i bambini vittime di sfruttamento sensuale. Numeri spaventosi, realtà agghiaccianti non solo per quello che questi bambini subiscono ma anche perché non potranno diventare i portatori di una società migliore avendo subito così tanta ingiustizia e violenza. Il mondo si sta tranquillamente privando del suo futuro non tutelando i più piccoli e deboli e distruggendo l’ambiente. Ma a questo breve ma spaventoso elenco mancano altri bambini, altri numeri fortunatamente più piccoli ma comunque inquietanti, i bambini strappati ingiustamente alle loro famiglie nelle tante Bibbiano non solo d’Italia e manca qualunque riferimento a quel triste istituto tedesco, lo Jugendamt, in italiano “Amministrazione per la gioventù”, strutturato durante il nazismo e mai abolito, ma anzi potenziato.

    Questa istituzione affida sempre i bambini al genitore tedesco in caso di separazione e spesso a famiglie affidatarie tedesche, se i genitori sono entrambi stranieri, per esempio italiani emigrati in Germania. Non importa dove è nato il bambino e quale nazionalità abbia. Dopo sei mesi di residenza in Germania questi bambini diventano proprietà tedesca. I genitori così “cancellati” non avranno più nessun contatto con il bambino, ma solo l’obbligo di pagare. Con il genitore straniero viene cancellata anche la lingua e la cultura non tedesca, così come tutto quel ramo familiare.

    Tutto questo è possibile in barba a Convenzioni e Regolamenti, semplicemente con un semplice stratagemma interpretativo: in Germania l’interesse superiore del minore coincide con la sua permanenza in quel paese e con la sua educazione tedesca, anche se per questo perderà i genitori. Ormai sempre più voci si levano parlando di “germanizzazione”.

    I membri dell’Unione Europea tacciono, fingono di non sapere o minimizzano.

    L’Italia, nonostante le centinaia di vittime italiane, è il Paese più silenzioso. Sia i governi di centro destra, sia quelli di centro sinistra non hanno mai mosso un dito per difendere i diritti dei bambini sottratti dallo Jugendamt, sia direttamente, sia imponendo tali scelte ai tribunali.

    La Convenzione resta un caposaldo importante, ma la politica sembra decisa ad accontentarsi di aver scritto una serie di buone intenzioni. Nei fatti le violenze e le ingiustizie contro i bambini continuano anche in quei paesi dove il livello di civiltà e cultura dovrebbe averle azzerate, bambini violentati nel corpo e nella mente dalla pedopornografia, bambini usati come corrieri della droga, bambini rapiti da assistenti sociali corrotti o impreparati, bambini che vivono nel degrado di case senza igiene e anche bambini italiani che lo Jugendamt si porta via nel più totale silenzio delle nostre autorità.

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