violenza

  • Violenza di genere: il silenzio della politica

    Colpisce, di fronte alla spaventosa escalation di delitti contro le donne, dalle più anziane alle quasi bambine, la mancanza di un serio ragionamento politico e sociale non solo sulle cause ma sulle contromisure culturali e pratiche da adottare.

    Alcuni media dedicano al problema intere puntate ricche di opinionisti che, più o meno esperti in criminologia, sociologia od altro, si affannano a stigmatizzare quanto è noto da anni a tutti coloro che nella quotidianità vivono, non obnubilati dal politicamente corretto che implica, ormai da tempo, la giustificazione di qualunque tipo di comportamento e, lasciatemelo dire, di devianza.

    Avremmo immaginato, nella nostra ingenuità, che il governo, o magari autonomamente le singole forze politiche, le stesse parti sociali, iniziassero una capillare campagna pubblicitaria, manifesti, spot televisivi, radiofonici, sulla Rete, per mandare messaggi contro la violenza, messaggi educativi per il rispetto verso ogni essere vivente, ogni sesso, anche quello liquido…

    Avremmo immaginato che partissero fin dalle scuole elementari e forse, visto l’uso degli smartphone da parte dei più piccoli, anche dall’asilo, specifici insegnamenti contro la violenza, i rapporti scorretti, l’incapacità di accettare i no ed i divieti, accompagnati da quegli insegnamenti che aiutano alla comprensione ed al rispetto reciproco.

    Certo in una realtà dove la violenza verbale, spesso la menzogna e più spesso la controinformazione, fanno costantemente parte del confronto politico diventa difficile ottenere che si comincino ad usare strumenti culturali che invitino alla comprensione dell’altro e alla giusta severità verso figli, allievi, giovani ed adulti perché quando le persone, i giovani cominciano ad avere comportamenti scorretti sempre più spesso possono diventare manipolatori, violentatori, nelle parole e nelle azioni, e poi anche assassini.

    Certo è che la situazione è degenerata e la mancanza di una concreta e solerte iniziativa culturale ad ampio raggio porta sempre più a ritenere che siamo di fronte ad una classe politica, comprese le associazioni di categoria e tutti coloro che, a vario titolo, hanno voce nel Paese, completamente incapaci di affrontare i temi più tragici e pericolosi della nostra epoca.

    Molti anni fa in Guadalupe e Martinica, terre francesi metropolitane, contro la piaga della violenza contro le donne, dovuta all’abuso di alcool, vi erano ovunque manifesti, rivolti in molti casi anche agli adolescenti, per condannare la violenza, per invitare a non bere in modo smodato, insomma vi erano segnali che facevano comprendere come la politica non fosse indifferente e cercasse di mandare messaggi sociali e culturali.

    Oggi in Italia, tolta qualche dichiarazione post delitto e qualche programma di elencazione dei fatti, tutto tace il che la dice molto lunga sulla capacità di comprensione, da parte della politica, di questo terribile problema della violenza, una classe politica incapace anche di ragionare e confrontarsi sulla realtà di un sempre più evidente astensionismo, gli italiani, al di là delle percentuali di questo o quel partito, sanno che al momento non si possono aspettare di essere compresi ed aiutati.

  • Perché accade?

    Di fronte a certe tragedie, delitti, nefandezze in molti ci chiediamo perché, come è potuto succedere.

    Perché gli uomini di Hamas hanno violentato, torturato, ucciso tante persone innocenti ed indifese, perché Putin, stravolgendo ogni regola internazionale, ha deciso di diventare un criminale dando il via libera ad altri criminali che in Ucraina, a suo nome, hanno trucidato donne, uomini, vecchi e rapito bambini, perché ci sono nel mondo così tanti assassini e pedofili, perché un uomo uccide la moglie, una donna che non vuole sottostare al suo potere, perché un datore di lavoro, un lavoro irregolare e mal pagato, lascia morire senza soccorsi un uomo con il braccio troncato da un suo macchinario?

    Perché, nonostante la maggior parte di noi si consideri una persona “corretta, responsabile, giusta”, viviamo, invece, in una realtà fatta di violenze e soprusi, di ingiustizie e violenze?

    Il male è forse più forte del bene o invece il problema è che il buonismo ha preso il posto della capacità di essere buoni e ci ha tramutati da giusti in indifferenti?

    Pecunia non olet, il denaro non puzza e per averlo troppi sono disposti a tutto, denaro e potere, anche il piccolo potere da esercitare verso un essere più debole, anche contro un piccolo animale pur di sentirsi forti guerrieri del macabro.

    Satnam, scaricato in strada morente, senza che a nessuno fosse stato permesso, per volere del “padrone”, di chiamare i soccorsi, è l’ennesima vittima di una società nella quale ogni rispetto per la dignità e per vita è stato cancellato, sepolto, annullato.

    Una società dove violenza, interesse, stupidità, cinismo, indifferenza, cattiveria si mescolano insieme in una miscela tragica che induce a sperare, con tutte le forze, che esista l’inferno, la dannazione eterna per tutti coloro che con tanta crudeltà hanno fatto e fanno scempio della vita altrui.

    Intanto aspettiamo la nostra giustizia, lenta, farraginosa, spesso distratta e come tanti altri scriviamo parole nella speranza che un po’ di empatia, di umanità arrivi nella mente e nel cuore di chi pensa solo al denaro ed al potere.

  • Entra in vigore la direttiva dell’UE sulla lotta alla violenza contro le donne

    Sono entrate in vigore il 13 giugno le prime norme dell’UE sulla lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica. Si stima che 1 donna su 3 dei 228 milioni di donne nell’UE abbia subisca violenza. Configurando come reato alcune forme di violenza contro le donne, comprese quelle online, e migliorando l’accesso delle vittime alla giustizia, alla protezione e all’assistenza, la direttiva mira a garantire i diritti fondamentali di parità di trattamento e non discriminazione tra donne e uomini.

    Le nuove norme sono risolute contro la violenza di genere e vietano le mutilazioni genitali femminili, i matrimoni forzati e le forme più diffuse di violenza online, come la condivisione non consensuale di immagini intime (compresa la generazione di deepfake, ossia video intimi realistici ma falsi), lo stalking e le molestie online (compreso l’invio non richiesto di immagini intime o cyberflashing). La violenza online è una questione da affrontare urgentemente, data la sua diffusione esponenziale e il suo impatto drammatico. Le nuove norme dell’UE aiuteranno le vittime di violenza online negli Stati membri che non hanno ancora configurato come reato tali atti.

    Gli Stati membri hanno tempo fino al 14 giugno 2027 per recepire la direttiva nel loro diritto nazionale.

  • Surge of children crossing dangerous Darién Gap jungle

    More than 30,000 children have crossed the Darién Gap, the dense expanse of jungle straddling Panama and Colombia, in the first four months of this year.

    According to figures released by the United Nations’ children’s agency, Unicef, the number of minors embarking on the dangerous journey is up 40% compared to last year.

    Most of them are trying to reach the United States.

    Migrants making the jungle crossing are often robbed or extorted by criminal gangs and many have been sexually abused.

    Doctors Without Borders (MSF) recorded 214 cases of sexual violence in the Darién jungle in the month of December alone.

    The international medical organisation said migrants had described how they had been detained by armed men who had forced them to remove their clothes and sexually abused them.

    While MSF said that most victims of sexual violence were women, its teams have also provided treatment to men and children.

    Unicef deputy executive director Ted Chaiban said that many children had died “on this arduous, dangerous journey”.

    There are no roads through the Darién Gap and crossing it on foot can take a week.

    According to Unicef, 2,000 out of the more than 30,000 children who had embarked on the journey in the first four months of 2024 did so unaccompanied.

    “The Darién Gap is no place for children,” Mr Chaiban said.

    Unicef has helped migrant children, providing them with water, sanitation and hygiene as well as health services, but the organisation says it needs more funds to address their most urgent needs.

    The large number of migrants through the Darién Gap has become a political issue in Panama, with President-elect José Raúl Mulino saying during his acceptance speech that he will “close” the route.

    “This is not a transit route, no, this is our border,” said Mr Mulino, who will be sworn in in July. He did not clarify how he would block the route.

  • Chiapas violence: Hundreds flee cartel battles in southern Mexico

    Hundreds of people have fled their homes in southern Mexico as rival cartels fight for control of routes used to smuggle drugs and migrants.

    Locals described cowering in their homes while bullets flew through their homes during a seven-hour gun fight.

    More than 700 residents had been displaced from their communities near the Guatemala border, an official said.

    The Jalisco New Generation cartel (CJNG) is trying to wrest the area from the grip of the Sinaloa cartel.

    Criminal organisations like the CJNG and the Sinaloa cartel have been infiltrating the region because of its proximity to the border with Guatemala and important transit routes for migrants, whom they extort.

    The worst-hit communities are Chicomuselo and La Concordia in Chiapas state. Residents of Chicomuselo said 20 people – 18 gang members and two locals – were killed in a cartel battle on 4 January.

    In a statement, the community described “the pain at seeing children and youths trembling in fear and getting sick from having to live through these traumatic experiences”. They also accused the state of failing to protect them.

    However, the Chiapas state prosecutor’s office released a statement five days later saying that it had not received any reports of any killings in the area.

    The military has been deployed to the region but locals say they are now getting caught in the crossfire when the security forces confront the cartels.

    Entire families have left their homes and crossed the nearby Angostura lake by boat to escape the violence over the past days.

    Local journalists said that their villages now resembled ghost towns.

    Chiapas civil protection official Luis Manuel García Moreno told Radio Fórmula that 701 people had fled to the city of Comitán, most of them women and children.

  • L’Oms fissa a 250 dollari l’indennizzo per le donne congolesi vittime di stupro

    L’Organizzazione mondiale della sanità ha offerto un risarcimento di 250 dollari alle 150 donne in Congo che tra il 2018 e il 2020 hanno subito violenze sessuali da parte di membri dell’agenzia inviati nel Paese africano a contrastare un focolaio di Ebola. La notizia è stata fornita, sulla base di documenti riservati, dall’agenzia di stampa americana Associated Press, evidenziando che l’indennizzo è “inferiore a quanto prendono su base giornaliera alcuni funzionari delle Nazioni Unite“. Dagli stessi documenti è emerso anche che degli 1,5 milioni di dollari stanziati dall’Oms per la prevenzione degli abusi sessuali in Congo per l’anno 2022-2023, più della metà è destinata agli stipendi degli operatori, mentre solo il 35% del totale è dedicato al “supporto delle vittime”. Sempre secondo quanto denuncia Ap, alcuni ufficiali di alto livello all’interno dell’agenzia Onu sarebbero stati a conoscenza delle violenze subite dalle donne del Paese, ma non avrebbero fatto nulla per impedirli e anche a scandalo scoperto nessuno di loro è stato licenziato. Nel settembre del 2021 una commissione di inchiesta indipendente, guidata da Gaya Gamhewage, direttrice dell’Oms per la prevenzione e la risposta allo sfruttamento, all’abuso e alle molestie sessuali, aveva concluso che decine erano state abusate sessualmente centinaia di donne locali (tra cui una 13enne), che gli abusi avevano portato a 29 gravidanze e che alcuni degli autori hanno insistito affinché le donne abortissero.

    Per quanto riguarda il risarcimento invece, avendo l’Oms il divieto di elargire somme di denaro direttamente ai cittadini dei Paesi che ospitano i loro programmi, alle donne è stato richiesto di seguire dei “corsi di formazione” tra cui corsi di pasticceria e gestione dei budget prima di ottenere l’indennizzo. Un “pacchetto completo” come descritto dalla stessa Onu, per aiutare le vittime di abuso a diventare autosufficienti. Messa di fronte ai dubbi di Ap relativi all’esiguo ammontare del rimborso, l’Oms ha dichiarato di avere scelto il compenso per le vittime sulla base delle line guida globali dell’organizzazione e sulle stime del potere di acquisto in Congo, aggiungendo che in futuro chiederà alle vittime cosa fare per essere ulteriormente confortate. In un caso specifico, l’Oms avrebbe pagato per le spese mediche di una donna rimasta incinta dopo un abuso, che avrebbe ricevuto anche un lotto di terra come compensazione per il danno subito.

  • 25 novembre, quando Giulia diviene il simbolo di tutte le donne che hanno subito violenza

    Silenzio per Giulia

    Rumore per Giulia

    Azioni per Giulia

    Azioni, non più soltanto parole, più o meno pie intenzioni, strumentalizzazioni e confusioni tra posizioni ideologiche e partitiche, tra violenze diverse.

    Azioni per riportarci tutti ad una presa di coscienza, ad un impegno che deve essere personale per poter diventare collettivo.

    Nelle nostre famiglie,nei percorsi educativi e formativi, nella comunicazione mediale,nell’attività lavorativa, nell’azione politica, nello sport e nelle varie forme artistiche, nella costruzione di rapporti con gli altri bandire la violenza contro le donne, e contro i bambini, diventi, per ciascuno, l’impegno quotidiano, solo così la società cambierà.

    La strada è lunga ma ora, forse, in molti hanno cominciato il cammino

  • Una donna che, nella notte, urla aiuto, tu che fai?

    La morte di Giulia è una tragedia, prima di tutto per Giulia, per la violenza, la paura, la percezione del più atroce tradimento con il quale la sua vita è stata spezzata, poi per la sua famiglia e per tutti coloro che continuano a credere nei rapporti normali tra le persone e nella capacità delle istituzioni di isolare il male.

    Non torneremo sulle importanti manifestazioni di solidarietà, sulle nuove leggi che il governo sta varando, sulle tante considerazioni, proposte, che abbiamo sentito e ancora sentiremo: tutto utile se si raggiungerà l’obiettivo di una presa di coscienza collettiva libera da colorazioni partitiche.

    Vogliamo però cercare, con i nostri lettori, di trovare risposte ad alcune domande.

    Per quale motivo il testimone della prima aggressione che, a quanto risulta, ha visto dalla finestra Giulia presa a calci e l’ha sentita urlare disperatamente se, giustamente, ha avvertito i carabinieri, non ha ritenuto anche di intervenire direttamente, almeno urlando? Cosa gli ha impedito di effettuare un minimo tentativo di dissuasione a Filippo?

    In quanto tempo è arrivata la macchina di pattuglia? E specialmente sono state perlustrate subito le altre strade?

    La seconda e fatale aggressione a Giulia è avvenuta poco distante dalla prima, una manciata di minuti, poche centinaia di metri, una donna che urla disperatamente aiuto, tracce di sangue per terra, qualunque donna fosse stata ad urlare, a tentare di scappare, a lasciare il suo sangue sulla strada avrebbe dovuto essere cercata perlustrando immediatamente, con mezzi adeguati, tutte le strade. E’ stato così?

    In quei momenti certo non si sarebbe cercata Giulia, che ancora non risultava scomparsa col suo ex fidanzato, ma qualunque altra donna che era in pericolo e che perciò andava cercata con ogni mezzo, specie quando ormai tutti sappiamo che femminicidi e violenze sono all’ordine del giorno.

    Dei tanti buoni propositi che abbiamo sentito ci sembra che ancora manchino alcune basilari iniziative:

    1) una norma europea per mettere al bando su internet i giochi violenti, la diffusione di messaggi che portano, non solo i giovani, a trovare normale la violenza, non sarà semplice ma è necessario

    2) far comprendere ai genitori che, oltre al parental control, è non solo diseducativo ma pericoloso, per il futuro dei loro figli, mettere loro in mano, già ad un anno di età, smartphone, tablet e quanto d’altro li colleghi ad un mondo virtuale allontanandoli, non avendo ancora gli strumenti culturali necessari a decodificare notizie ed immagini, dalla realtà

    3) fare capire a tutti che bisogna crescere, far crescere i bambini ed i ragazzi, sapendo che i no fanno parte della vita, altrimenti ogni rifiuto sarà visto come una diminuzione dei propri diritti, una frustrazione delle proprie aspirazioni scatenando, di conseguenza, o rabbia e violenza o rinuncia ed isolamento.

  • La “cultura contemporanea” incapace di tutelare Giulia

    “L’’obiettivo del Salone è di osservare il mondo, individuare i temi per descriverlo attraverso la letteratura, offrire un racconto del presente”. La mission del Salone del Libro, quindi, è quella di proporre e successivamente di valutare le diverse tematiche contemporanee attraverso letture dalle quali possano scaturire confronti dialettici approfonditi. Di conseguenza ogni suo rappresentante dovrebbe esprimere, in ogni occasione, il medesimo approccio culturale come sintesi di conoscenza e competenza delle diverse tematiche che affliggono la nostra società.

    In questo contesto, invece, la direttrice del medesimo Salone, pochi giorni fa, ha affermato come considerasse umiliante per il proprio figlio avere preso tre in un compito in classe.

    Un brutto voto è giustificato da una valutazione in relazione alla esecuzione del compito, ma non dovrebbe mai rappresentare un’umiliazione perché riguarda un elaborato e non è di certo una valutazione della persona. In più rappresenta anche un avvertimento fornito allo studente per invitarlo a modificare il proprio approccio allo studio e ottenere così un rendimento migliore.

    L’affermazione del direttore del Salone del Libro, Annalena Benini, risulta invece di una gravità inaudita in quanto dimostra come il mondo che si considera culturale nella sua massima espressione consideri avvilente un semplice voto negativo.

    In altre parole, si richiede implicitamente un sostanziale appiattimento valutativo, come già in passato con il 18 garantito, generando contemporaneamente una incapacità gestionale della avversità rappresentata anche solo da un voto negativo e questo si ripercuote inevitabilmente nella formazione educativa e valoriale successiva del ragazzo.

    Non ci si rende conto che se il mondo culturale intende abituare i ragazzi, gli studenti e successivamente gli uomini ad una vita senza avversità, gli stessi di fronte al primo rifiuto di una povera ragazza che intenda chiudere un rapporto reagiranno senza alcuna esperienza in quanto saranno di fronte ad una situazione mai gestita precedentemente.

    E si pongono quindi le basi perché questi possano avere reazioni assolutamente smisurate fino arrivare al tragico epilogo della povera Giulia.

    In questo contesto, poi, in seguito al drammatico epilogo della vicenda di questa povera ragazza si sente ripetere in ogni trasmissione ed intervista affermazioni relative ad una presunta responsabilità della società patriarcale e di altre stupidaggini del genere.

    Quando è proprio il mondo della cultura nella sua massima espressione che allestisce un substrato culturale tossico tale da creare falsi supporti educativi a ragazzi i quali poi si rivelano incapaci di gestire qualsiasi minima avversità come quella di un semplice rifiuto. Questo approccio educativo rappresenta la vera ragione di reazioni assolutamente immotivate e smisurate da parte di troppi giovani.

    Tornando quindi al contesto sociale nel quale si cercano di trovare le ragioni di questo dramma, il problema è di natura culturale, laddove la cultura non rappresenta più la felice sintesi di conoscenza ed apertura al nuovo unita ad una reale competenza.

    In questi ambiti, invece, ormai domina ampiamente una espressione ideologica culturale la quale tende, in ragione di un falso egualitarismo, a negare lo stesso sistema piramidale amministrativo e annullare i ruoli formativi che nel crescere di un ragazzo vengono riconosciuti ai diversi livelli di istruzione.

    Il senso di inadeguatezza di questa cultura di matrice ideologica rappresenta il vero problema allestendo un substrato sociale all’interno del quale, poi, possono prendere forma queste aberrazioni giovanili i quali si dimostrano incapaci di gestire qualsiasi tipo di avversità.

  • La trappola del sesso online

    Si chiama gaslighting uno dei fenomeni perversi che possono avere luogo sulla rete e in particolare sui social. Si tratta della manipolazione psicologica che un individuo esercita su un altro, mettendo in discussione la sua vita, il suo vissuto, facendo dubitare la persona della sua stessa memoria, intelligenza. La continua esposizione di sé, la biografia costante che molti postano sui social, può infatti dar luogo a reazioni critiche, se non  di aperta derisione, che possono minacciare i soggetti più deboli, che cercano conferma e approvazione sui social e ricevono invece reazioni di segno avverso.

    Accanto a questo, c’è il problema, ormai classico, della pornografia vera e propria. Psicologi e psichiatri  mettono in allarme rispetto al fatto che la possibilità dell’adolescente, o addirittura del bambino, di attingere a immagini e video pornografici senza difficoltà alcuna stia modificando il rapporto delle nuove generazioni con il sesso.  Avere come paradigma la pornografia – avvisano gli esperti – ha portato i giovani a due forme di relazione antitetiche col sesso. Una percentuale importante dei ragazzi lo vive il sesso in modo inattivo, perché temono di non riuscire a competere con quello che vedono sullo schermo. Altri, all’estero opposto, trovano nella pornografia un modello aspirazionale e non esitano quindi ad assumere sostanze come il Viagra per sentirsi più performanti. La pornografia peraltro ha fatto perdere il senso di gravità di uno strupro, anche di gruppo, posto che immagini di sesso di gruppo sono ricorrenti nei film hard core (dove però tali pratiche sono svolte di norma da adulti tutti consenzienti).

    Ci sono poi il revenge porn e la pornografia a scopo estorsivo. La normalità con cui si è ormai sommersi da immagini di sesso e nudità spinge molti a filmare i propri momenti di intimità. Un diletto privato pienamente lecito finché resta tale ed è svolto col consenso di tutti i partecipanti (due o più che siano), ma che non è più lecito quando quelle immagini vengono diffuse fuori dalla cerchia dei diritti interessati. Accade, di norma, quando in una coppia o in gruppo qualcuno vuole vendicarsi di qualcun altro, tipicamente dopo la rottura di una coppia. Da tempo, peraltro, la diffusione di simili immagini può essere anche solo minacciata, con la richiesta (estorsiva) di pagare del denaro per evitare la messa in rete di tali immagini. Non è una novità, eppure accade ancora, che sui social vi siano tentativi di adescamento, inviti a spogliarsi, toccarsi e masturbarsi. Le immagini registrate di chi cade in questi adescamenti, che accadono ancora nonostante il fenomeno sia ormai notorio, vengono poi utilizzate per estorcere denaro a chi è caduto nell’adescamento (in realtà si può fare denuncia alla polizia postale, il pudore che impedisce a molti di fare denuncia consente solo a chi opera il ricatto di continuare a chiedere denaro sotto minaccia di diffondere le immagini).

    La rete offre infine nuove opportunità alla prostituzione. Il sesso mercenario online è più difficile da stroncare di quello per strada, perché non consente di multare chi accosta lungo la strada, e rende sicuramente più difficile scoprire se si sia in presenza di sfruttamento di persone obbligate a offrire il proprio corpo a pagamento. Ma l’aspetto più drammatico è che la facilità di accesso alla rete da ogni luogo consente anche a minorenni di offrirsi a sconosciuti. E’ successo, è finito sui giornali, ma ad oggi non è stata individuata soluzione per scongiurare tale eventualità.

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