violenza

  • In aumento la violenza minorile

    Negli ultimi 12 anni, secondo la direzione generale  della polizia criminale, i reati perpetrati da minori  sono aumentati  del 12% e nello stesso periodo, secondo il rapporto criminalità minorile in Italia, vi è stato  un aumento del 31% di giovani denunciati  o arrestati nel nord ovest.

    Continua ad abbassarsi l’età di chi commette crimini o violenze come dimostrano le sempre più frequenti aggressioni perpetrate da bande di ragazzini, sia a danno di loro coetanei che di adulti.

    L’arrivo di molti migranti minorenni non accompagnati, o figli di famiglie disagiate, ha aumentato il fenomeno che, dopo il covid ed i problemi causati dalla forzata mancanza di socialità e di frequentazioni scolastiche,si è ulteriormente aggravato e  ha reso ancora più evidente l’insicurezza, e la sensazione di pericolo per le persone più fragili, non solo nelle aree metropolitane.

    La violenza che porta a risse, furti, soprusi, pestaggi non è un fenomeno legato solo alle periferie e alle grandi metropoli ma si è spostato anche in città di provincia, addirittura in paesi dove si poteva presupporre che vi fosse maggior capacità di controllo ed educazione da parte  delle famiglie e della scuola.

    Vi è una sempre maggior diffusione, in età adolescenziale, del consumo di stupefacenti e di alcool e la presenza, sui social, di video che mostrano la violenza, il compimento di reati come fatti da imitare perché creano maggiore considerazione nel gruppo, ha acuito il fenomeno.

    Le bande di strada aumentano così come la diffusione di reati sessuali e di stalkeraggio e nei più piccoli cresce l’imitazione dei gesti negativi, come dimostra quanto avvenuto recentemente a Piacenza, in una terza elementare, dove un ragazzino di 8 anni, già noto per le sue eccessive turbolenze fisiche e verbali, ha reagito ad una reprimenda dell’insegnante minacciandola con un coltello.

    Da tempo gli insegnanti subiscono atti intimidatori o vere e proprie aggressioni, purtroppo a volte anche da parte dei genitori, e da tempo si parla, inutilmente, di come certi strumenti tecnologici dovrebbero non essere usati dai bambini così come non dovrebbe essere permessa, ai minori, la visione di molto di quanto trasmesso dai social.

    Troppe famiglie sembrano non in grado di occuparsi seriamente della crescita corretta dei loro figli, di non essere più in grado di vietare alcunché, troppi minorenni, anche giovanissimi, non hanno nessun controllo, figure di riferimento, remore che facciano comprendere come non può esistere una libertà totale nel disprezzo delle libertà e dei diritti altrui.

    La recente intervista, sul Corriere della Sera, al magistrato e procuratore di Napoli Nicola Gratteri dovrebbe richiamare tanta parte della politica ad occuparsi con più attenzione e a tutto campo  dell’educazione dei giovani partendo dalla scuola, dalla famiglia, dall’informazione e all’uso della rete.

    Bisogna occuparsi dei giovani, degli adolescenti, dei bambini  prima che il baratro, davanti al quale si trova la società dell’apparire, che ha spodestato la società dell’essere, diventi per tutti la tomba del futuro.

  • La convenzione di Istanbul entra in vigore per l’UE

    La convenzione di Istanbul entrerà in vigore il 1º ottobre per l’UE. La convenzione è un quadro giuridico completo volto a proteggere le donne da ogni forma di violenza, al fine di prevenire, perseguire ed eliminare la violenza sulle donne e la violenza domestica, e di attuare politiche globali e coordinate.

    Essendo l’UE nel suo complesso vincolata dalla convenzione, gli Stati membri dovranno adottare le misure necessarie. “La violenza sulle donne è una censura delle società democratiche. Una donna su tre al di sopra dei 15 anni ha subito violenze fisiche o sessuali”, ha dichiarato Vera Jourová, Vicepresidente per i Valori e la trasparenza.”Molte non lo denunciano. Molti aggressori rimangono impuniti. Dobbiamo agire e la Convenzione di Istanbul è la nostra risposta giuridica per rafforzare i diritti delle donne. Continueremo a incoraggiare gli Stati membri ad adottare le misure necessarie per prevenire la violenza sulle donne e per garantire protezione e sostegno efficaci a tutte le vittime”.

  • Milano: la cronaca ci parla ancora di violenza sessuale e abuso di alcol

    La mattina di domenica 10 settembre si è consumata a Milano l’ennesima violenza sessuale, questa volta a danno di una ragazza diciottenne la quale, secondo quanto riportano i media, ha raccontato alle Forze dell’Ordine che, dopo aver passato una serata, fino all’alba, con il fratello e degli amici, a seguito di un litigio, era rimasta sola ed ubriaca in mezzo alla strada.

    Un giovane, anch’egli diciottenne, l’avrebbe avvicinata offrendosi di aiutarla e poi invece l’avrebbe costretta a rapporti sessuali in un giardinetto.

    Inutile sottolineare come Milano abbia, come altre località più degradate, il problema di avere maggiore sicurezza nelle strade, a qualunque ora.
    Sappiamo bene che l’indifferenza con la quale tanti uomini commettono abusi e violenze sulle donne è in continuo aumento, quello che impensierisce ulteriormente è che siano anche i più giovani ad agire in modo tanto brutale, senza paura e con estrema sicurezza di impunità.

    Preoccupa anche la mancanza di solidarietà tra congiunti od amici e la spaventosa ingenuità di troppe ragazze che non comprendono i pericoli, specie di notte, ed i rischi che comporta il non avere più capacità di difesa e di attenzione per colpa dell’abuso di alcol o di stupefacenti.

    Forse se la giovane, che ha subito questa terribile violenza, non fosse stata obnubilata dall’alcool, come ha dichiarato, avrebbe potuto salvarsi, certamente se il fratello ed i suoi amici non l’avessero lasciata sola non sarebbe accaduto nulla.

    Sappiamo bene che, come dicevano i nostri vecchi, “dei se e dei ma sono piene le fosse” ciò non toglie che molti dovrebbero, senza le inutili polemiche degli amanti del politicamente corretto, dire che mentre, senza giustificazioni e sconti, si devono severamente punire tutti i violentatori si deve anche insegnare alle donne, specie più giovani, che i pericoli esistono e poi insegnare loro come cercare di evitarli.

    Il male esiste, non è ignorandolo che non ci colpisce.

    La libertà è un bene prezioso ed irrinunciabile ma, come tutte le cose, diventa a rischio se non sappiamo difenderla.

    Non siamo tutti uguali, purtroppo, gli assassini, gli stupratori, gli indifferenti sono tra noi, per difenderci dobbiamo saper vigilare e non perdere la nostra capacità di ragionamento e difesa, il male è anche l’abuso di alcol e di droga, male in se e male perché ci mette in pericolo, senza difese, alla mercé dei violenti.

  • Ora si parta subito con la prevenzione

    Bene il decreto del governo per contenere il dilagare del crimine specie nelle fasce più giovani della popolazione e bene la legge per aiutare le donne e prevenire violenze ed uccisioni

    Sono iniziative necessarie proprio per contenere ma ora è il momento di una radicale azione di prevenzione che deve vedere coinvolta la scuola, fin dalle primarie, la famiglia e tutte le istituzioni pubbliche, le varie rappresentanze della società civile a partire dai media.

    Insegnare il rispetto dell’altro, essere umano o animale, il rispetto di quanto ci circonda, che è un bene di tutti, insegnare il valore dei sentimenti, il dovere comune di osservare le leggi e le regole, ritornare, insieme ai nostri studenti e ai nostri figli, a provare empatia ed emozioni che nascano dal sentirsi in sintonia con gli altri, insegnare ad avere coraggio, a denunciare il male, ad essere sicuri di se senza sentire la necessità, per essere parte di qualche gruppo, di impasticcarsi, di bere smodatamente, di dimostrare con violenza la propria presunta superiorità

    La scuola, certo, ma non può mancare la famiglia e troppe situazioni di grande disagio, economico, culturale, sociale, dimostrano l’urgenza di creare reti di supporto e politiche ad hoc che impediscano realtà disagiate, spesso al limite dell’illegalità e della disperazione.

    La nostra società, negli ultimi decenni, pur facendo un balzo in avanti per le conquiste scientifiche e tecnologiche ha fatto troppi passi indietro e al benessere di alcune categorie corrisponde il grave disagio di altre come dimostrano le troppe persone emarginate e quelle che vivono in strada.

    Una società che corre troppo rispetto ai tempi di adattamento dell’essere umano e che perciò crea insicurezze, paura di non farcela, rifiuto di quella competizione, che per alcuni è l’unica leva per vivere pensando a maggiore denaro o potere, ha portato all’aumento di chi usa stupefacenti per essere più competitivo o per rifugiarsi nel limbo della deresponsabilità, di chi, fin da giovanissimo, abusa di alcool e di sostanze, di chi pensa di avere solo diritti senza alcun dovere.

    La scuola dovrebbe insegnare a non abusare di sostanze che impediscono la piena consapevolezza di se, che donne ed uomini sono veramente forti quando sanno affrontare le difficoltà, quando sanno che l’attenzione verso gli altri, il rispetto delle leggi, non è una diminuzione ma un accrescimento della propria personalità.

    Lo stesso messaggio dovrebbe arrivare dagli strumenti di comunicazione che, troppo spesso, magari anche inconsapevolmente, fanno sembrare il delitto, la brutalità, il sopruso come azioni normali e comunque non controllabili, sempre la scuola dovrebbe, in questo era super tecnologica, insegnare a decodificare i messaggi della Rete.

    I dati parlano chiaro: nei più giovani l’uso di sostanze ed alcool favorisce la creazioni di bande che li portano ad atti estremi, a causare incidenti mortali sulle strade, alle violenze e gli stupri contro le ragazze, ad atti di bullismo, all’incapacità di comprendere la differenza tra quello che vedono in Rete, la cosiddetta realtà virtuale, dalla realtà reale, dal sangue e dal dolore vero.

    Non sarà semplice ma senza mirati interventi che blocchino nella Rete i messaggi fortemente negativi e pericolosi, specie per i più giovani, dalla pornografia a quelli che inducono al suicidio o a giochi tragici, come le corse in auto contromano, le gare con i treni e via discorrendo, non ci sarà il ritorno ad una capacità di vita consapevole

    Ai più piccoli l’uso, fin dalla più tenera età, di cellulari di ultima generazione porta ad una totale libertà di guardare qualunque cosa trasmessa dalla Rete e di apprendere non dall’educazione famigliare e scolastica ma proprio dalla Rete che diventa un autentico sistema di manipolazione.

    Come in tutti i processi di crescita autorità, educatori, famigliari dovrebbero tornare a comprendere che vi è un età diversa per esperienze diverse e, di conseguenza, che ai più giovani non possono essere forniti, senza regole e controlli, strumenti che da utili diventano invece gravemente lesivi della loro crescita culturale, sociale ed umana.

    I problemi connessi alla Rete, e che la hanno trasformato, in troppe occasioni, da strumento per migliorare a strumento per distruggere se stessi e gli altri, avranno bisogno di iniziative ferme ed immediate ma anche di un coordinamento, inizialmente almeno all’interno dell’Unione Europea, per perseguire insieme provider e siti incriminati.

    Dalla lotta al consumo di stupefacenti e di alcool passa anche una diversa normativa per gli orari di apertura e chiusura dei locali notturni che devono avere, come un tempo, orari più corrispondenti alla necessità di tutelare coloro che non sono in grado di tutelarsi da soli. I locali notturni che aprono a mezzanotte per chiudere all’alba portano i loro frequentatori ad arrivare all’ora di ingresso già ampiamente preda di sostanze tossiche e superalcolici, e chi non lo ha fatto diventa la loro vittima.

    Non sarà facile, non sarà veloce raggiungere gli obiettivi per ridare ai giovani la consapevolezza di scelte e comportamenti ma, come ho spesso ricordato, chi non parte non arriva, oggi il governo ha dato un segnale importante per il contenimento di particolari, pericolose e delittuose situazioni, ora si parta subito con la prevenzione, dalle scuole alla Rete, dalla lotta al degrado sociale al modo di fare informazione dei media tradizionali senza dimenticare la famiglia.

  • Potere della Rete

    A pochi giorni dallo stupro di una ragazza diciannovenne, dalla scoperta di altri ripetuti  stupri  fatti da adolescenti ai danni di due ragazzine, dalla scoperta che un uomo ai domiciliari, dopo essere uscito dal carcere per violenza sessuale contro la fidanzatina del figlio, violentava la figlia, dalla notizia che alcune palestre utilizzano, per gli uomini, un orinatoio a forma di bocca femminile, sarebbe una “creazione  olandese”, oggi, a coronare questa serie di agghiaccianti notizie, il video che alcuni ragazzi hanno fatto e postato e che riprende le parti intime di una loro amica svenuta, per un malore, durante una festa in spiaggia.

    A fronte di queste notizie delle quali i media hanno parlato abbiamo la triste consapevolezza che ve ne siano molte altre delle quali non si è saputo nulla.

    C’è un incrudelirsi della violenza che non ascolta né la paura del castigo né alcun monito o concetto di rispetto, empatia, umanità.

    Tra violenze, femminicidi, disprezzo, la donna vive oggi in una società dove non vi più sicurezza mentre le leggi non riescono ad essere applicate in modo tempestivo, se a volte  colpiscono il colpevole non sono però in grado di prevenire, impedire il delitto.

    Molti anni fa, all’inizio di quella che sarebbe diventata, in una inesorabile escalation, la situazione attuale, siamo stati indicati come oscurantisti perché chiedevamo leggi comuni e condivise per l’uso della rete, per i provider, per gli stessi utenti.

    La rete di fatto e nei fatti è l’unico sistema, al mondo, che non ha regole, che sfugge ad ogni vero controllo se non, qualche volta, a posteriori quando il danno è ormai fatto ed è irrimediabile.

    Rete senza controllo e nessun insegnamento, dalle scuole primarie, per usarla in modo corretto, per saper decodificare il messaggio, per segnalare quello che è sbagliato e pericoloso. Per anni si sono lasciati veicolare i giochi più sanguinari e crudeli nei quali non vi era nessun rispetto per la vita umana o capacità di distinguere il dolore reale, il sangue reale, da quello virtuale.

    Questi giochi, sempre più violenti, sono stati lasciati liberi di circolare e di essere visti ed usati da ragazzini i quali, arrivati all’adolescenza, hanno cominciato a mettere in pratica i malvagi insegnamenti di quella grande  parte della rete che si nutre di violenze, a copiare nella realtà gli orrori che avevano visto e sperimentato nel mondo virtuale nel quale hanno vissuto e vivono troppe ore di giorno e di notte.

    Bambini di un anno che già smanettano col cellulare dei genitori, a casa o al ristorante, che da subito, comprendono come usarlo e che già a pochi anni via via navigano dove  vogliono mentre così non disturbano gli adulti!e in questo modo imparano a ritenere normale, giusto, quello che non è né normale né giusto.

    Ecco allora lo smisurato aumento di violenze prima tra coetanei a scuola, gli atti di bullismo esasperato, e poi le violenze nelle strade, i ‘giochi” estremi che inducono alla morte o che spingono al suicidio e, nel frattempo, ecco aumentare i delitti sessuali di ogni ordine e grado.

    Se in alcuni paesi Tik Tok è stato definito pericoloso, se la Cina ha addirittura messo delle regole temporali per l’utilizzo della Rete da parte dei minorenni, calibrando le varie fasce d’età, se ormai è acclarato da anni che, proprio per la  mancanza di regole e la conseguente impossibilità di prevenire ed intervenire, gli spacciatori di  droga, i terroristi che insegnano a costruire ordigni e reclutano adepti, i pedofili, i molestatori etc etc hanno vita facile e comunicano tra di loro sulla rete ampliando la loro area di influenza, come è possibile che  sfugga alla politica, di ogni ordine e grado e ovunque, la necessità di un accordo globale che ponga un limite a tutto questo?

    La verità è che la rete è più forte di tutti i governi messi insieme, che toccare la rete porterebbe a piazze che incitano alla libertà del suo utilizzo, che la rete è comunque veicolo di grande potere per alcuni, che l’uomo non è più capace di fermare, modificare quello che lui stesso ha costruito e presto avremo problemi altrettanti  gravi con l’intelligenza artificiale, ma gli appelli a fermarsi, che già molti scienziati rivolgono alle varie autorità, cadono nel vuoto.

    C’è una responsabilità non solo morale per aver lasciato che uno strumento meraviglioso, per veicolare cultura, conoscenza, informazioni, per contrastare tirannie, per migliorare la possibilità di socializzare anche  a distanza, sia diventato uno strumento di collegamento e supporto a vari tipi di criminalità e riesca a far diventare criminali tanti ragazzi.

  • Il numero antiviolenza non smette di squillare

    Squilla incessantemente il 1522, il numero nazionale antiviolenza e antistalking promosso nel 2006 dalla Presidenza del Consiglio dei ministri-Dipartimento per le Pari Opportunità, gestito dal 2020 da Differenza Donna, associazione con sede operativa in un appartamento di Roma confiscato alla criminalità. Dopo fatti di cronaca, o nelle giornate di sensibilizzazione come il 25 novembre, il telefono squilla anche di più. A spiegare all’agenzia Ansa come funziona è Maria Spiotta, responsabile del numero 1522.

    Tra chiamate e messaggi via chat, il 1522 raggiunge in media 150 contatti al giorno. Provengono da tutta Italia, non c’è distinzione territoriale né sociale e le vittime di violenze hanno le età e le situazioni più varie. A chiamare sono in prima persona le donne che subiscono violenze o stalking; ma spesso sono familiari, vicini di casa allarmati dalle liti, amici e colleghi, insegnanti e educatori che hanno bisogno di capire come comportarsi, anche operatori sanitari e delle forze dell’ordine. In alcuni casi a contattare il 1522, come per Telefono Azzurro, sono i bambini, i figli che assistono o sono anch’essi vittime della violenza domestica. Il numero è gratuito, attivo 24 ore su 24, tutto l’anno. A rispondere, in 11 lingue, ci sono operatrici specializzate, mediatrici culturali, avvocate, anche un’esperta di disabilità, perché la violenza colpisce tutte, con un sommerso enorme, ma colpisce in modo spietato le fasce più deboli. Le chiamate tutelano la privacy, avvengono in forma anonima e non sono registrate. Non si risponde con un protocollo fisso ma ogni donna viene consigliata per quella che è la sua situazione.

    «Il 1522 non è un numero solo per le emergenze, che purtroppo ci sono, ma anche un luogo di ascolto dove la donna viene creduta», spiega Spiotta. L’obiettivo è innanzitutto accogliere le donne, far emergere in loro la consapevolezza che quello che raccontano spesso non è solo una lite. Perché a volte è difficile anche dare un nome alla violenza, che può assumere aspetti diversi: violenza fisica, sessuale, psicologica, economica, digitale. Spesso la chiamata al 1522 è il primo passo con cui la donna chiede aiuto. Dunque il lavoro delle operatrici, nel tempo di una telefonata, è quello di instaurare un legame, supportare e spesso indirizzare verso i Centri antiviolenza vicini. Mai come in questo caso una telefonata può cambiare un destino.

  • In attesa di Giustizia: violenza chiama violenza

    Recenti, ma purtroppo non inusuali, fatti di cronaca sono lo spunto per la settimanale riflessione sulla Giustizia. La tematica è quella della violenza sessuale, il suo rapporto in termini di prova con principi irrinunciabili del processo penale che ruota, principalmente, intorno ad un presupposto fondante ma altrettanto impalpabile: il consenso.

    ll tema del consenso non può essere relegato ad uno scontro tra opposte linee di pensiero né diventare opportunità per speculazioni di natura politica poichè con il rapporto sessuale si coniuga tramite esiti chiarissimi e parametri condivisi: deve essere esplicito e non equivocabile; il consenso implicito (in un atteggiamento, in un comportamento, peggio che mai in un abbigliamento) è sintomatico di un approccio culturale e sociale indecente ed inaccettabile, che appartiene ad epoche e contesti sociali che sono – o dovrebbero essere – fortunatamente trapassati remoti.

    Ad un consenso esplicito, poi, deve corrispondere una persona in condizioni fisiche e psichiche tali da consentirne la consapevole manifestazione. Questo canone non ha alcuna ragione di essere modificato o derogato se sia stata la vittima stessa a porsi in condizione di incapacità, ubriacandosi o drogandosi perchè un approccio sessuale con una persona in stato di manifesta alterazione, non può trascurare l’ipotesi che il consenso all’atto, ovvero il mancato dissenso, potrebbe essere condizionato proprio da quelle condizioni.

    L’inosservanza di questi criteri discretivi di una libera e consapevole volontà rendono la condotta penalmente rilevante: il che significa che ne entrano in gioco altri ed altrettanto fondamentali del vivere civile, dotati di rango costituzionale equivalente a quello della inviolabilità della libertà e della intangibilità della integrità fisica e morale della persona. Per primo la riferibilità del reato ad un autore che deve essere provata al di là di ogni ragionevole dubbio. In secondo luogo, l’onere della prova, quanto mai difficile in questi casi, che è a carico a chi accusa. La peculiarità specifica del tema di prova, la difficoltà della sua ricostruzione con le implicazioni psicologiche, culturali, ambientali, sociali che inesorabilmente lo connotano, non possono invertire ma neppure affievolire il rispetto delle due regole cardinali del processo.

    Nella quotidiana realtà dei giudizi per violenza sessuale non è, purtroppo, infrequente un loro sovvertimento ed è questo è il nocciolo della questione sul quale occorre interrogarsi senza ipocrisie. La percezione della “debolezza” della (presunta) vittima della violenza sessuale, e la forza culturale del (giusto) tema del consenso, determina quella che si potrebbe definire una “autosufficienza probatoria della versione dei fatti” offerta dalla persona offesa. Lo ha raccontato, ripetuto, perché mai dovrebbe mentire? Quindi è successo.

    In tal modo si perviene ad una forma di attendibilità pregiudiziale, si potrebbe dire preconcetta e ad oltranza del “soggetto debole”, che indebolisce sia il principio dell’onere probatorio che quello dell’oltre ogni ragionevole dubbio. E ciò anche attraverso una sorta di stigma di indegnità da attribuire ad ogni tentativo difensivo di metterla in dubbio.

    Tutto ciò ha anche un nome: la confutazione della credibilità della versione accusatoria, viene immancabilmente bollata come “vittimizzazione secondaria”. Una categoria, questa, certamente rilevante sotto il profilo sociologico, ma tanto inconcepibile quanto suggestiva nelle dinamiche del processo penale.

    La parola di uno contro quella dell’altro: quale altra difesa potrebbe avere, allora, un imputato se non insinuando il dubbio, se ve ne sono gli estremi, che la propria versione dei fatti, e non quella della (presunta) vittima, sia quella giusta? Il controinterrogatorio di chi accusa, costituzionalmente normato, serve proprio a questo e laddove soccorrano indicatori di mendacio deve essere anche duro per far risaltare la falsità del dichiarante.

    Il tema del consenso resti, dunque, intangibile: e che sia un consenso esplicito ed inequivocabile al rapporto purchè questo principio di civiltà non diventi il grimaldello volto a pretendere e, talvolta, ottenere, un processo con regole probatorie modificate per i reati di violenza sessuale.

    In tal modo si aggiunge dolore al dolore, violenza alla violenza, ingiustizia all’ingiustizia.

  • Japan sterilisation law victims included nine-year-olds

    Two nine-year-olds were among the 25,000 people forcibly sterilised in Japan under its post-World War Two eugenics law, a parliament report has revealed.

    The law, in place for 48 years, forced people to undergo operations to prevent them having children deemed “inferior”.

    Many of them had physical or cognitive disabilities, or mental illness.

    The law is widely recognised as a dark chapter in Japan’s post-war recovery and was repealed in 1996.

    On Monday, parliament released a long-awaited 1,400-page study, based on a government investigation which began in June 2020.

    It acknowledged that about 25,000 people had been subjected to operations – more than 16,000 of which were performed without consent.

    Some people were told that they were undergoing routine procedures like appendix operations, the report disclosed. Local governments at the time had the power to arbitrarily assign the surgery.

    The two nine-year-olds who were sterilised were a boy and a girl, the report said.

    An 80-year-old victim, who was forced to have the surgery at 14, told local media the report was proof the government had deceived children.

    “I would like the state not to shroud the issue in the darkness but take our sufferings seriously soon,” said the victim who wished to be known as Saburo Kita.

    Critics of the report say it does not address why it took nearly 50 years for the law to be scrapped, nor explain the reason behind the creation of the law.

    The report’s wider findings have drawn outrage on social media.

    One Twitter user said it was sickening to find out that children as young as nine were sterilised.

    Another criticised the government for being too slow to repeal the eugenics law, while expressing hope that Tokyo would also look at laws that limit the rights of women and LGBTQ persons.

    Tokyo apologised in 2019 and agreed to pay each survivor 3.2 million yen ($28,600; £22,100).

    Then Prime Minister Shinzo Abe said in the official apology that the eugenics law caused “great suffering” to its victims.

    Other countries that have had forced sterilisation policies include Germany, Sweden, and the US. They have also apologised and paid reparations to surviving victims.

  • UN chief ‘appalled’ by Darfur’s ethnic and sexual violence

    UN chief António Guterres says he is appalled by reports of large-scale violence in the Darfur region of Sudan.

    His spokesperson says Mr Guterres has called on all warring parties to stop fighting and commit to a durable cessation of hostilities.

    “He is highly worried about the increasing ethnic dimension of the violence, as well as by reports of sexual violence,” Stéphane Dujarric said.

    “With nearly nine million people now urgently requiring humanitarian aid and protection in Darfur, he stresses the need for an end to looting and widened access so aid can reach those who most need it.”

    Earlier the UN’s head of mission for Sudan, Volker Perthes, said these attacks appeared to have been committed by Arab militia and the paramilitary Rapid Support Forces (RSF).

    “These reports are deeply worrying and, if verified, could amount to crimes against humanity,” he said in a statement.

    Meanwhile, Saudi Arabia has announced it will jointly lead a conference on the humanitarian response to the war in Sudan next week. Saudi Arabia and the US have been trying to mediate in the eight-week conflict between the army and the RSF.

  • Cocktail

    Caro barman, ora che hai confessato il brutale omicidio di Giulia ed hai spento con lei la vita in divenire del bimbo che portava in grembo,metto da parte ogni riflessione sulla gravità del delitto e sul danno immenso che hai procurato e mi soffermo su un aspetto della tua personalità: la stupidità, per altro ampiamente dimostrata dall’intero tuo “modus operandi”.

    Sul punto molti si sono ingannati, compresa tua madre che, in televisione, utilizzando un’espressione ampiamente abusata ti ha definito mostro.

    La verità è più semplice perché, se mostro sei diventato, scemo lo sei sempre stato.

    Non intendo risultare offensivo poiché il termine, in senso etimologico, significa mancanza e, nel tuo caso, rinvia all’assenza totale di senso morale, empatia e pietà.

    C’è un cocktail che, purtroppo, non hai mai imparato a miscelare. E’ probabile che non sarebbe stato gradito alla tua abituale clientela a ben altro abituata, ma, forse, ti avrebbe salvato.

    Si trattava semplicemente di mescolare insieme amore con amicizia, allegria con tenerezza, gentilezza e rispetto. E allora sì che l’ultimo selfie con Giulia sarebbe stato sincero e gioioso.

    Ora è quello che è, una commedia, un ipocrita esibizione, e così resterà a futura memoria per tutto il tempo a venire.

    Vuoto e falso come te e la tua vita.

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