virus

  • Ha un senso ridurre la quarantena?

    Il governo e il comitato tecnico scientifico sta valutando la possibilità di ridurre il tempo di quarantena in caso di contatto stretto con un soggetto positivo al covid che attualmente prevede 10 giorni per i non vaccinati e di 7 giorni per i vaccinati. La proposta prevede la diminuzione di questo tempo di quarantena che potrebbe essere portato a 5 giorni o addirittura a 3. Credo sia una proposta molto sensata in virtù della considerazione che la variante che sta o è già predominante, la omicron, ha una rapidità di contagio velocissima, in genere tre giorni: questo giustificherebbe la riduzione del tempo di quarantena. Inoltre ridurre la quarantena per i vaccinati avrebbe anche l’impatto positivo di non bloccare il Paese nelle sue normali attività e il mondo produttivo. Quarantene estese e lunghe bloccherebbero molte funzioni fondamentali di attività giornaliere di pubblica utilità quali mezzi di trasporto, ospedali (mancherebbe personale medico e infermieristico, fra i primi ad infettarsi per contatto cronico con pazienti malati e  vivendo per ore al giorno nelle strutture ospedaliere), servizi al pubblico come farmacie, tribunali, con fortissimo disagio personale e lavorativo per tutti noi. Inoltre la vaccinazione, meglio ancora con terza dose, potrebbe permettere in caso di contatto stretto e di contagio di avere una carica virale molto bassa, spesso insufficiente per essere trasmissiva a terzi, così da rendere poco utile il ricorso a una quarantena lunga. Ciò ancora una volta testimonia il ruolo fondamentale della vaccinazione nel controllo della pandemia e della necessità di mantenere attivo il livello anticorpale di una popolazione molto estesa, soprattutto nella fascia over 65 e dei fragili in particolare. La lunghezza o l’accorciamento della quarantena andrà comunque in un prossimo futuro valutato sulla base della evoluzione delle varianti e del comportamento epidemiologico del virus stesso , testimoniando ancora come la risposta a questo  evento pandemico necessiti di risposte veloci e rapide, sostenute da gruppi di esperti incaricati che abbiano in mano dati aggiornati su cui prendere decisioni veloci, senza così permettere al virus di giocare in anticipo rispetto alle nostre mosse preventive.

  • E dopo omicron?

    Dai miei ricordi di studi classici le lettere dell’alfabeto greco sono tante, ben 24, e con omicron siamo alla numero 15. Questo ci deve indurre a pensare che oramai in due anni di esordio nel genere umano ha fatto tanta strada e che speriamo si esaurisca con la omega… ma così non sarà. Questo è dovuto al fatto che quando un virus entra nel circuito umano ci resta per molto, molto tempo, ma dobbiamo considerare che dal punto di vista evolutivo il virus subisce sempre continue e progressive trasformazioni e mutazioni: questo riflette la capacità del virus di sopravvivere in un ospite che presenta un importante sistema immunitario che lo combatte. Il Coronavirus ha però una variabilità genetica che è dalle dieci alle cento volte inferiore a quella del virus dell’HIV.

    Ricordiamoci che lo “scopo” di un virus non è quello di essere letale o sempre più letale per il l suo ospite, ma l’essere più contagioso, ed è per questo che subisce mutazioni. Guardate bene che la cosa non è di poco conto! E i virus non sono per fortuna dotati di intelligenza: sono microorganismi acellulari che proprio per questo motivo non possono riprodursi da soli ma necessitano dell’invasione in cellule viventi per replicarsi e così evolvono con noi anche a fronte di pressioni esterne quali i vaccini. Anzi, maggiori pressioni esterne ha, maggiore è la velocità di possibili mutazioni (come è successo) che possono andare verso due direzioni: 1) lo spillone, cioè salto in una altra specie (molto poco probabile ahimè); 2) oppure si adatta, trasformandosi in un virus endemico potenzialmente meno patogeno. Cosa che sembra accadere con la variante omicron. Proprio qualche giorno fa il New York Times ha pubblicato un interessante articolo che riportava come il Sud Africa, paese in cui è nata e partita la variante omicron, abbia messo fine al tracciamento dei contatti e alle quarantene, anche ai contagiati (purché non sintomatici), a fronte di un enorme numero di contagiati ma con ricoveri ospedalieri fermi a poco più del 5%.. Persino gli Usa hanno tolto il blocco aereo dal Sud Africa. Eppure il più illustre virologo mondiale, Dott. Fauci, non crediamo sia uno sprovveduto principiante. Una qualche ragione ci sarà.

    Probabilmente si può sperare che la difesa selettiva adottata dai vaccini e dall’uso delle mascherine stia forzando il virus a continue varianti che però (speriamo) non sempre conducono a una maggiore patogenicità, ma a una maggior contagiosità.

    Per questo sarà importante nel prossimo futuro:

    individuazione precoce delle varianti e la condivisione mondiale immediata fra i vari scienziati;

    protezione dei vaccini che evitano la insorgenza grave della malattia (ma che non limitano né la contagiosità né tanto meno sono e saranno in grado di dare immunità di gregge, nonostante grandi proclami in merito l’anno scorso);

    mantenere alta la guardia nelle persone immunocompresse in cui il virus può essere ospitato meglio e in cui può produrre le sue mutazioni;

    coordinare la comunicazione: in Italia, come raramente in altri paesi evoluti, abbiamo assistito a un proliferare di comparsata in varie tv e in riviste non scientifiche di medici (a volte neppure medici, ma veterinari, statistici, epidemiologi ecc) che con vario titolo hanno diffuso notizie drammatiche, terroristiche, con previsioni catastrofiche, con scenari apocalittici e autovalidando teorie di evoluzione della pandemia mai verificatesi e che hanno letteralmente terrorizzato ampie fasce della popolazione creando ansia, sconforto, depressione, paura. E’ ora di dire basta!!!!. Un  governo forte mette in campo (come hanno fatto gli Usa con Fauci) una sola persona autorevole, medico internazionalmente riconosciuto per il suo alto  profilo professionale, accademico e di esperienza sul campo, che comunica sui media e riferisce alla popolazione le cose come stanno (magari anche in concerto preventivo con un gruppo di esperti).

    In conclusione, quindi, dopo omicron? Mandiamo in onda al posto dei  talk show in cui son  presenti questi tele catastrofisti una bella serie di film di Lino Banfi. Ritroveremmo qualche sorriso  in più che questa situazione ci ha rubato.

  • Dai nuovi dati covid quello che si dovrebbe cominciare a fare

    Ieri, 16 novembre, in Italia ancora 7.698 casi e 74 morti con 481 pazienti in terapia intensiva mentre si susseguono manifestazioni dei no vax e no pass, tutti che sfilano assembrati e senza mascherina continuando ad ignorare ogni precauzione e regola ed infischiandomene della salute degli altri. Intanto sulla rete aumentano i messaggi di odio e di violenza contro scienziati, giornalisti, politici, persone vaccinate. La gran parte dei malati più gravi ricoverata negli ospedali è non vaccinata, è morta anche una giovane mamma con la neonata ma nulla ferma l’irrazionale protesta contro gli unici strumenti in grado di proteggerci dal virus- Protesta che ormai è evidente ha sponsor e fomentatori anche in forze ed interessi transnazionali perché la ricerca dell’instabilità per alcuni è il modo per incanalare frustrazioni, per altri di trovare nuovi spazi ai propri interessi sia economici che di notorietà. Per cercare di arginare l’ulteriore diffondersi del virus si apprestano, ancorché un po’ tardive, nuove misure di controllo come sui mezzi pubblici in Italia, mentre alcuni presidenti di regione chiedono di seguire l’esempio di quei paesi, in primis l’Austria, che applicano il lockdown ai non vaccinati. Proprio il premier austriaco ha rilevato che dopo il lockdown è aumentato il numero delle persone che vanno a vaccinarsi, la linea severa è l’unica soluzione se vogliamo convincere a vaccinarsi quei cittadini che, in buona fede, non l’hanno ancora fatto. In Europa la situazione è molto grave, in Olanda vi è stato un picco di 1.920 casi in 24 ore, il numero più alto dal 19 maggio con una media in aumento del 19% solo nella settimana dal 7 al 13 novembre. L’Oms rivela che l’Europa è l’unica area al mondo nella quale contagi e decessi sono in costante aumento. Particolarmente grave la situazione nel Paesi dell’est, in questi paesi la resistenza e contrarietà alla vaccinazione porta ad un continuo aumento di infettati. In Romania sono da tempo ormai saturi gli ospedali, in repubblica ceca da fine ottobre si è passati da una media di 2.000 contagi a 8500, Croazia, Bulgaria e Serbia sono in grave difficoltà per i ricoveri. In Russia si è arrivati a 1.239 decessi in 24 ore con più di 40.000 contagi al giorno e solo il 35% della popolazione è vaccinata mentre in Spagna, con una copertura vaccinale del 89% i contagi sono contenuti il che dimostra, ancora una volta, che quei paesi, come l’Italia, nei quali la popolazione si è vaccinata si può contenere l’epidemia. Pesantissima la situazione in Germania, nonostante i reiterati appelli della cancelliera, solo il 67% della popolazione si è vaccinata, in Francia la percentuale dei vaccinati è del 69% e la media dei contagiati non si arresta, nel Regno Unito la situazione comincia a migliorare invece grazie al fatto che già 12 milioni di persone hanno ricevuto la terza dose.

    La rapida scorsa di questi dati e la memoria di quanto abbiamo vissuto dal febbraio 2020 dovrebbe finalmente far comprendere all’Europa la necessità, per andare in aiuto agli Stati membri, di mettere in atto una immediata campagna di incentivazione alla vaccinazione per aiutare gli Stati a convincere i cittadini e di indicare obbligatorie, come Unione, quelle norme di protezione che oggi solo alcuni paesi tengono in vita: la mascherina al chiuso e anche all’aperto in casi di affollamento e sempre durante le manifestazioni, l’obbligo di controllo sia  alle frontiere esterne che a quelle interne per evitare che si possa arrivare, con un aumento esponenziale dei casi, a delle chiusure. Ancora oggi mentre per viaggiare in aereo c’è il controllo di tamponi e certificati vaccinali per i viaggi in treno e in autobus con percorso transnazionale non c è alcun controllo, lo stesso problema riguarda chi viaggia in macchina. Sono misure semplici che possano salvare vite, socialità ed economia ma sono misure che bisogna avere il coraggio di prendere, l’Europa deve ritrovare coraggio sempre nella speranza che quell’Unione politica della quale si è tanto parlato per anni, senza alcun risultato, cominci a prendere forma ora partendo proprio da quanto il virus ci ha insegnato: senza il principio che nessuno si salva da solo non si va da nessuna parte.

  • Il Sistema Sanitario Nazionale ed il paradosso “progressista”

    Il perdurare della pandemia da covid-19 con tutte le varianti del virus sta mettendo a dura prova il sistema sanitario nazionale di ogni singolo paese. Il senso di inadeguatezza dimostrato durante il primo periodo (primavera 2020) ed il conseguente lockdown dal sistema sanitario gestito dalle regioni per l’eccezionalità della stessa pandemia lascia ora il posto alla complessa ed articolata discussione relativa alle strategie economiche e sanitarie delle quali il sistema stesso è oggetto. Il tutto con l’obiettivo ovviamente di contenere se non annullare tanto i contagi quanto gli effetti dell’infezione virale.

    A questa legittima ricerca si aggiunge, inoltre, la sempre più forte contrapposizione all’interno della campagna vaccinale tra i sostenitori dei vaccini e la compagine dei no-vax. Gli stessi toni hanno raggiunto livelli insostenibile ed incompatibili con un confronto democratico da entrambe le parti. In quanto alle minacce verbali anche sui social attribuibili alla compagine dei no-vax la parte avversa risponde con concetti altrettanto pericolosi e minacciosi. Emerge, infatti, un pensiero preoccupante relativo proprio alle strategie “sanitarie” proposte e magari imposte per vincere, se non convincere, la riottosità di una buona parte dei non vaccinati.

    All’interno di quella compagine politica che si definisce “progressista”, quindi vicina agli ideali una volta espressione della sinistra, ottiene un sempre maggiore consenso quella proposta per la quale i “non vaccinati” dovrebbero pagarsi le spese sanitarie per gli eventuali ricoveri. Un’affermazione ma soprattutto l’espressione di una ideologia massimalista lontana anni luce proprio da quegli ideali che hanno caratterizzato dal dopoguerra ad oggi il pensiero progressista e di sinistra e lontana anche dai principi democratici contenuti nella Carta Costituzionale. In questo senso va ricordato proprio a questi Falsi Progressisti come il sistema sanitario (SSN) del nostro Paese sia pubblico, quindi ogni cittadino italiano o chiunque si trovi sul nostro territorio possa accedere nel momento del bisogno alla totalità dei propri servizi, indipendentemente dalla nazionalità (1), residenza regionale (2), censo (3), colore della pelle (4), reddito (5) o religione (6).

    In più la strategia proposta per combattere la resistenza dei no-vax (ripeto pagare per una prestazione sanitaria invece prevista gratuita come atto costitutivo stesso del SSN pubblico) è esattamente identica a quella adottata dalle compagnie di assicurazioni sanitarie statunitensi le quali stanno aumentando ai “non vaccinati” di circa 200 dollari al mese il premio assicurativo (circa 2.500 dollari all’anno quindi) in virtù di un accresciuto profilo di rischio.

    Va ricordato come la complessa struttura sanitaria statunitense si basi sul principio della privatizzazione del sistema stesso al quale si accede attraverso la stipula di una polizza sanitaria. La perfetta simbiosi tra la soluzione proposta dal “mondo progressista italiano” da inserire nel nostro SSN pubblico e quella liberista statunitense ma pensata per un SSN privato dimostra in modo evidente il paradosso politico, strategico ed ideologico italico. In più emerge in modo cristallino come l’approccio ideologico ed etico alla complessa problematica sanitaria apra le porte ad uno Stato etico.

    All’interno di questa istituzione etica i cittadini e successivamente i pazienti potranno accedere alle cure mediche garantite dal SSN pubblico gratuitamente SE, e solo SE, il loro profilo comportamentale e sanitario risulterà in linea con i protocolli ed i modelli comportamentali elaborati dallo stesso Stato.

    In altre parole: nasce lo Stato Orwelliano.

  • Libertà vo cercando

    “Libertà vo cercando, che è sì cara come sa chi per lei vita rifiuta”: nel Purgatorio di Dante sono queste le parole che Virgilio rivolge a Catone Uticense.

    Mai come in questo anno, che commemora Dante Alighieri e che vede l’Italia, come gran parte del resto del mondo, combattere ancora contro la pandemia, questa parole dovrebbero ricordare a tutti che per difendere la propria libertà non si può mettere a rischio la libertà e la salute degli altri. I nostri diritti individuali trovano confine nel rispetto dei diritti altrui, della collettività. Chi dimentica questo, sia che si tratti di un politico, di un giornalista, di una persona immagine o di un semplice cittadino, si mette fuori da quell’ordine sociale che ha dato vita, e tiene in vita, la democrazia. Tutte le polemiche e le proteste messe in essere in questi giorni, in totale spregio di qualunque misura cautelare contro il diffondersi del virus, dimostrano come intolleranza, ignoranza, disprezzo degli altri e confusione mentale si stiano diffondendo in una società che preferisce sposare acriticamente qualunque falsa notizia che appaia sulla rete che tenere conto della realtà. Una realtà tragica che, in questi lunghissimi mesi, ha visto morire 127.971 persone ed altre decine di migliaia a non essere completamente guarite e ancora portatrici di patologie gravi ed invalidanti. Una società che sembra accettare che battere la gran cassa dei propri personali interessi sia consentito a prescindere dalle conseguenze che ci saranno e dove l’intolleranza è alleata alla stupidità di chi, per non mettere la mascherina, mette a rischio gli altri e se stesso, salvo poi pretendere di essere curato a spese di tutti, in ospedale. La libertà individuale, se non si svolge un’attività che porta a contatto con gli altri, dà diritto a non vaccinarsi, a non mettere la mascherina, a non lavarsi le mani ma, in questo caso, il diritto alla libertà di tutti gli altri deve imporre che chi non accetta le regole comuni deve starsene a casa sua fino alla fine della pandemia, deve pagarsi le spese sanitarie, se contrae il virus, deve rispondere, a termini di legge, se ha infettato altri e procurato danni ai singoli o alla collettività.

    Avvilisce che per alcuni il vaccinarsi o meno sia diventato un elemento divisivo che porta a vere manifestazioni di violenza, non solo verbale, e a posizioni pseudo politiche e pseudo culturali che danneggiano una vita civile e relazionale corretta. Anche questi sono tra i danni del covid. Tra i possibili scenari invece ottimisti quello che questa pandemia possa portarci ad affrontare più preparati il futuro, partendo dalla Medicina del territorio, dalla prevenzione ed organizzazione a monte, dal controllo globale sulle ricerche scientifiche per evitare quelle scorrette e pericolose, dallo scambio tempestivo di informazioni utili ad una maggior serietà e consapevolezza di tutti coloro che, a vario titolo, si occupano della cosa pubblica, dalla gestione delle reti all’informazione, dalla politica, all’economia, alla cultura.

  • Il green pass e la presunta libertà perduta

    Le polemiche sul Green Pass e, soprattutto, le argomentazioni dei focosi oppositori dovrebbero preoccupare gli antropologi perché sono evidenti espressioni di una collettiva, sebbene per fortuna fortemente minoritaria mutazione della capacità di comprendere il senso logico dei ragionamenti e il nesso tra cause ed effetti dei comportamenti umani.

    A parte la sempre inevitabile strumentalità di alcuni contestatori, appare infatti evidente la profonda convinzione della maggioranza di questi delle proprie ragioni, specie sotto il profilo del dettato costituzionale della tutela della propria libertà.

    Ecco perché è doveroso spiegare, fino allo sfinimento se necessario, che non è assolutamente vero che il Green Pass produrrebbe discriminazioni tra i cittadini, mentre al contrario la sua mancanza le determinerebbe senz’altro. Infatti non c’è nessuna discriminazione in un Paese in cui si rispetta, forse perfino al di là di ogni oggettiva ragionevolezza, il diritto a non vaccinarsi, mentre ovviamente non si può penalizzare chi sceglie di vaccinarsi, rendendolo uguale a chi non accetta di farlo. Questa sarebbe appunto una discriminazione inaccettabile. Non è il caso di ricordare che il rifiuto a vaccinarsi, con la sola eccezione di impedimento sanitario a farlo, è un atto di asocialità perché oltre ad esporre il non vaccinato ai rischi dell’infezione, lo rende oggettivamente responsabile della salute altrui e questo comporta che un atto di libertà non può costituire nocumento per altre persone. Ma che un non vaccinato possa invocare i diritti costituzionali alla parità di trattamento, oltre che sbagliato, appare come una pretesa ingiustificata. I vaccinati hanno il sacrosanto diritto di accedere a qualsiasi luogo desiderino in assoluta sicurezza, senza la preoccupazione di essere insidiati da potenziali untori non vaccinati. Quindi il grido di libertà per tutti senza presunte discriminazioni della Meloni è sbagliato e politicamente scorretto, ed ha solo la funzione di adescare i pasdaran no vax a caccia di protettori delle loro pretese.

    Gli oppositori del Green Pass, nelle loro analisi basate su slogan senza supporti di contenuti scientifici né logici, ignorano o sottovalutano la pericolosità del Covid che, a parte la letalità, lascia al 10-15% di infettati conseguenze gravi riconosciute come patologie da “Long Covid”, che durano anche oltre sei mesi dopo la guarigione, e perfino patologie permanenti gravi o gravissime con conseguenti costi enormi per la collettività.

    Per tutte queste ragioni si impongono le limitazioni del Green Pass, che non sono punizioni, ma misure di contenimento della pandemia a chi non vuole per sua scelta l’immunità e quindi rimane soggetto a rischio. Ma poi dove sarebbe lo scandalo? Il vaccino è lo strumento riconosciuto per tornare liberi a fare una vita normale, chi lo rifiuta, rinuncia a tornare alla vita normale. E’ come se un dipendente pubblico con la licenza elementare protestasse per ottenere l’incarico di dirigente, per il quale occorre la laurea. Si tratta di una condizione e la libertà non solo non si può invocare a difesa, ma proprio perché essendo la carenza del titolo frutto di libera scelta è stata pienamente rispettata. Inoltre è assolutamente noto che il vaccino non esclude in assoluto il rischio di infezione, ma lo limita fortemente e, soprattutto, ne esclude totalmente il pericolo di mortalità. E su questo nessuno ha mai mentito. Sono stati sempre noti infatti i livelli di immunizzazione dei vaccini, le cui percentuali mai sono state superiori al 94-95%, che non è il 100%. Per questo è strumentale il tentativo di ridicolizzare i vaccini sostenendo con le battutine la loro inutilità. Senza i vaccini, almeno fino a quando non si troveranno cure efficaci per sconfiggere il virus, non c’è libertà e ritorno alla normalità per nessuno. Ma è proprio per questo che occorre che tutti si vaccinino e chi non lo vuole fare sia necessariamente assoggettato ad un regime diverso rispetto a chi invece accetta di farlo. Ecco perché insegnanti e studenti debbono essere vaccinati, perché le scuole devono riaprire ed operare in presenza, ma non possono in alcun caso diventare focolai per la diffusione del contagio.

    Per fortuna che al governo c’è Draghi, e non i soliti sensali della politica italiana, che ha istituito il Green Pass, ma deve fare di più e cioè estenderlo ai viaggi in treno, in aereo e nei mezzi di trasporto in generale e introdurre l’obbligatorietà del vaccino, dopo quella del personale sanitario, anche al personale della scuola, insegnante ed ausiliario, agli alunni dai 12 anni in su ed a tutte le categorie che hanno rapporti e contatti con il pubblico.

    Questo è il senso vero di un Paese ordinato, con un governo che tutela i diritti fondamentali dei cittadini come sancito dalla Costituzione, che stabilisce le norme a tutela della salute pubblica e la loro applicazione, con tutti i necessari controlli e relative sanzioni e che garantisce anche la libertà a chi, per sua scelta, rifiuti l’unico strumento di liberazione dal virus e dal rischio di morte, ma con le limitazioni imposte dal buon senso e dal principio etico che la libertà di ciascun cittadino finisce dove comincia la libertà degli altri.

    *Già sottosegretario ai BB.AA.CC.

  • Il Covid, la Cina e l’errore di laboratorio

    Nelle ultime settimane sono aumentate le voci che sostengono come la pandemia possa essere stata ingenerata da un “errore” di laboratorio. Anche nelle prime settimane del 2020 alcuni organi di informazione, tra i quali il nostro, e alcuni studiosi avevano sostenuto questa tesi viste le molte manchevolezze e i colpevoli ritardi del governo cinese nell’avvertire il resto del mondo. I dubbi sono ripresi in modo più consistente dopo che il gruppo di scienziati recatisi in Cina, per analizzare sul posto la nascita della pandemia, non ha potuto effettuare un indagine libera e completa. Qualche tempo fa diversi studiosi di vari Stati avevano firmato, congiuntamente, un documento nel quale manifestavano le loro perplessità sul fatto che il virus fosse passato dai pipistrelli ad altro animale per poi infettare esseri umani.

    Nei giorni scorsi l’oncologo Angus Dolgleish ed il virologo Birger Sorensen hanno pubblicato uno studio con il quale sostengono che il covid è nato da esperimenti di laboratorio alterando il genoma di un virus per renderlo più infettivo, questo tipo di esperimento che si fa nei laboratori cinesi è vietato negli Stati Uniti per la sua pericolosità. La prova, secondo i due scienziati, è la catena dei quattro aminoacidi della Spike attraverso la quale il virus si lega alle cellule umane, infatti in natura è praticamente impossibile che tre, in questo caso addirittura quattro, aminoacidi positivi possano legarsi insieme in quanto tra di loro si respingono. Non vogliamo credere che la diffusione del covid sia un test mal riuscito sulla capacità di diffusione e di cura o, ancor peggio, un vero attacco economico senza tenere conto delle ricadute in termini di morti ma ci sembra difficile escludere a priori altre ipotesi come abbiamo scritto nel libro “I nostri domiciliari”. Riteniamo possibile, a fronte della realtà cinese, che uno o più animali usati ed infettati per i test di laboratorio siano potuti uscire per negligenza o che le loro carcasse siano state smaltite male lasciandole all’esterno della struttura. Non è neppure impossibile che animali infettati siano stati venduti da inservienti sui mercati di Wuhan. Certo è comunque che la Cina è l’unico paese nel quale il virus non si è propagato come è successo in tutti gli altri paesi, che il loro vaccino è stato approntato con grande velocità e venduto in molti altri paesi pur essendo efficace in modo ridotto. Altro dato certo è che la Cina, nonostante la pandemia globale, ha aumentato il Pil e aveva a disposizione quantità enormi di mascherine ed altri presidi sanitari che ha venduto al resto del mondo in tempi record anche quando non avevano le caratteristiche necessarie a difendere dal virus.

  • Italia nona per mortalità da Covid in Europa

    Nella mappa europea della mortalità per Covid-19 l’Italia si colloca al nono posto. Considerando infatti il numero totale dei decessi provocati dalla pandemia di Covid-19, l’analisi delle curve di mortalità indica per il nostro Paese un valore di 1,79 decessi per mille abitanti, al di sopra della media europea, pari a 1.19.  Lo studio nel tempo del gruppo di Stati che eccedono significativamente la media europea rivela inoltre che la diffusione ha avuto tre fasi espansive e che si è propagata in modo analogo al calore, dalla sorgente alla periferia. Lo indicano le analisi del matematico Giovanni Sebastiani, dell’Istituto per le Applicazioni del Calcolo ‘Mauro Picone’ del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr-Iac).

    “Dall’inizio epidemia nel 2020 fino al 31 marzo 2021, risulta che il nostro Paese, pur essendo stato il primo ad essere colpito, impreparato da un’epidemia sconosciuta, non è primo per numero totale di decessi per mille abitanti, ma solamente nono nella graduatoria”, osserva Sebastiani. “Attualmente i Paesi che eccedono significativamente il valore medio europeo formano un blocco nell’Europa centro-meridionale che si estende da Ovest, col Regno Unito, verso Est, con la Bulgaria”.  L’analisi indica inoltre che nella prima fase espansiva dell’epidemia di Covid-19, nel marzo 2020, il numero degli Stati colpiti in modo significativo è aumentato in modo esponenziale, mentre nelle altre 2 si, quella estiva e quella autunnale, è cresciuto in modo lineare. “Osservando la distribuzione spaziale di questi Paesi nel tempo, si comprende – osserva l’esperto – che la diffusione è avvenuta in modo simile a quella del calore da una sorgente verso la periferia. Essendo molto limitati gli spostamenti aerei, l’epidemia sembra essersi propagata principalmente tra Paesi confinanti. Questo sottolinea l’importanza sia del tempestivo isolamento di Paesi non appena si notino i primi segni di ripresa della diffusione che della vaccinazione di lavoratori che traversano giornalmente la frontiera”.

    Con 2,42 decessi ogni mille abitanti, la Repubblica Ceca è al primo posto nella mappa europea della mortalità per Covid-19, seguita da Ungheria (2.07), Montenegro (1.98), Belgio (1.97), Slovenia (1.93), Bosnia (1.90), Regno Unito (1.86), e Bulgaria (1.83). Se a questi Stati si aggiungono Macedonia (1.76), Slovacchia (1.74), Portogallo (1.65), Spagna (1.60), Francia (1.44) e Croazia (1.44) si ottengono i Paesi il cui valore della mortalità fino a oggi, rapportata alla popolazione, eccede in modo significativo il valore medio europeo. Si collocano invece leggermente al di sopra della media europea Polonia (1.37), Svezia (1,33), Lituania (1.31), Moldavia e Romania (1.2), mentre la Svizzera (1,19) la eguaglia. Al di sotto della media europea sono Lussemburgo (1,18), Austria (1,03), Kosovo e Lettonia (rispettivamente con 1), seguiti da Olanda (0.96), Irlanda (0,94), Germania (0,91),

    Albania e Ucraina (ognuno con 0,77), Grecia (0.76), Russia (0.66), Estonia (0.65), Serbia (0,59), Danimarca (0.42), Turchia (0,37). Registrano infine i valori più bassi Bielorussia (0.23) Finlandia (0,15), Norvegia (0,12) e Islanda (0.08). 

  • Ricavi delle multinazionali in frenata, tranne che per quelle cinesi

    Le maggiori multinazionali mondiali nel 2020 hanno perso in media il 3,1% dei ricavi, ma ci sono state differenze significative sia per settori che per aree geografiche, esempio fra tutte le cinesi (+11,2%), al contrario di europee (-14,5%) e italiane (-29%), le ultime più colpite per l’assenza di grandi operatori nella new economy e nell’high tech. Il digitale inoltre ha funzionato come spinta o leva di tenuta. Se si guardano i comparti, i ricavi sono cresciuti soprattutto per il websoft (+19,5%), che ha sfruttato digital skill e potenzialità dei big data. Decisa crescita di food delivery, videogame e e-commerce. Forti Gdo (+8,5%) e alimentare (+7,9%), approfittando dell’accelerazione impressa dalla pandemia ai cambiamenti negli stili di vita e nelle abitudini di acquisto, più orientate verso nuove tecnologie, oltre che per la necessità di soddisfare i bisogni primari, ottenendo fatturato in aumento in ciascun trimestre del 2020. L’analisi è dell’Area studi Mediobanca, su quasi 200 grandi multinazionali con fatturato annuale sopra i 3 miliardi di euro e ricavi complessivi di oltre 8.000 miliardi e 21 milioni di occupati.

    Saliti i ricavi anche per elettronica (+5,4%) e farmaci (+3%). Resilienti telecomunicazioni e paytech, con ricavi tendenzialmente stabili (a -0,6% e -0,7%). In sofferenza colossi dell’oil e gas (-32,9%), produttori di aeromobili (-26,8%), automotive (-12,1%) e moda (-17,3%), che peraltro hanno visto un’accelerazione record del fashion online (+50%). Tutti però con cali a due cifre anche di margini, investimenti e occupazione. Telecomunicazioni e automotive sono tornare a crescere nel quarto trimestre dopo tre periodi in calo. Tutti e quattro in rosso i trimestri di bevande e moda, produttori di aeromobili, gli ultimi due col blocco del turismo, e colossi petroliferi, questi anche per fattori contingenti come il crollo delle quotazioni. Primo semestre 2020 a parte, per le multinazionali però è cresciuta la capitalizzazione (+15,4% al 26 marzo 2021 rispetto a fine 2019), soprattutto per elettronica (+41,9%) e websoft (+37,4%), ma anche per automotive (+39%).

    Quanto a occupazione, Asia Pacifico (+8%) e, trainate dalle big tech, le Americhe (+7,1%) hanno contribuito al leggero aumento del 2020 (+1,5%), insieme alle misure per la salvaguardia messe in campo da molti Stati e alla spinta di alcuni settori, come i big del web (+29,6%), col solo personale di Amazon cresciuto del 63%. In calo invece i dipendenti di chi ha sede in Europa (-0,9%), in particolare in Italia (-4%).

  • L’Oms critica la Cina e vuole nuove indagini sul Covid

    E’ passato un anno ma l’origine della pandemia resta un mistero e la Cina è tornata sul banco degli imputati. L’Ue, gli Stati Uniti, altri Paesi ma soprattutto l’Oms hanno accusato Pechino di non aver fornito pieno accesso ai dati agli esperti internazionali, compromettendo l’esito della missione che si è svolta lo scorso gennaio a Wuhan. Sullo sfondo di queste nuove accuse torna ad aleggiare l’ipotesi di una fuga del virus da un laboratorio, che non è stata affatto archiviata, anzi: la stessa Organizzazione mondiale della sanità, oggi, ha chiesto ulteriori indagini.

    Il rapporto elaborato dagli esperti internazionali nominati dall’Oms e dalle loro controparti cinesi dopo la visita nel primo focolaio della pandemia, appena pubblicato, ha stimato come “molto probabile” che il Covid-19 sia passato dai pipistrelli all’uomo attraverso un animale intermedio. Ed “estremamente improbabile” che il virus sia fuggito da un laboratorio. Il lavoro degli scienziati è stato “importante” ma si è limitato a classificare una serie di ipotesi in base al loro grado di attendibilità, senza fornire conclusioni definitive, ha tenuto a chiarire il direttore dell’agenzia Onu Tedros Adhanom

    Ghebreyesus in un briefing con gli Stati membri, ribadendo un concetto già espresso. Più inaspettato, invece, è stato l’attacco alla Cina. Il capo dell’Oms, accusato da alcuni nei mesi scorsi di sudditanza nei confronti di Pechino, si è detto “preoccupato” per il fatto che il team internazionale abbia avuto un difficile accesso ai dati grezzi durante la visita a Wuhan. Ed ha auspicato una condivisione dei dati “più tempestiva e completa”. A quel punto l’alto funzionario etiope ha riproposto la necessità di “ulteriori indagini” sull’ipotesi della “fuoriuscita del virus da un laboratorio”, con “nuove missioni di esperti specializzati”. Di nuovo la fuga dal laboratorio, quindi, che è stata al centro delle tesi complottiste ma anche delle critiche dell’Occidente nei confronti della Cina. Per scarsa trasparenza e tempestività nella condivisione delle sue informazioni, dopo i primi casi di contagio. Allo stesso modo, gli Stati Uniti e 13 Paesi alleati hanno espresso “preoccupazione” per l’esito dell’indagine del team Oms a Wuhan ed hanno esortato la Cina a fornire “pieno accesso agli esperti”. Quanto all’Ue, pur giudicando il rapporto un “utile primo passo”, ha anch’essa sollecitato “ulteriori indagini” e soprattutto “l’accesso a tutti i luoghi appropriati ed a tutti i dati disponibili”.

    In attesa comunque che si faccia piena luce sul Covid-19, la comunità internazionale prova ad unire i suoi sforzi per affrontare meglio le crisi future. Una ventina di leader mondiali, da Draghi a Merkel, da Macron a Johnson, hanno firmato un appello per un nuovo trattato per la preparazione e la risposta alle pandemie. La proposta, lanciata dal presidente del Consiglio Ue Michel, dovrebbe essere discussa a maggio nell’assemblea generale dei 194 Stati membri dell’Oms. L’obiettivo, ha spiegato Tedros, è un approccio coordinato alle nuove crisi, perché “il Covid ha messo in luce le debolezze e le divisioni delle nostre società” ed ha aumentato le diseguaglianze tra i più ricchi ed i più poveri. Tra i firmatari dell’appello, per la verità, mancano membri chiave del G20 come Stati Uniti, Russia, Cina, Giappone, India e Brasile, ma l’Oms ha assicurato di aver ricevuto segnali positivi da Pechino e Washington.

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