vita

  • La cultura della vita

    Sembra strano ma la cultura della vita, del rispetto della propria e dell’altrui vita, manca dagli obiettivi didattici e della politica

    Ogni giorno piangiamo nuove vittime sul lavoro così come nelle strade, alla fine di un anno migliaia di persone sono morte per mancanza di misure di sicurezza, per incapacità di guidare rispettando le regole, per non parlare delle donne ammazzate.

    La cultura della vita, del rispetto, del valore della vita dovrebbe essere materia di insegnamento perché non basterà aumentare il numero degli ispettori e delle sanzioni alle ditte inadempienti, i posti di controllo sulle strade, i codici rossi, spesso troppo inefficaci, se i ragazzi, fin da piccoli, non impareranno che il rispetto di se stessi e degli altri è una necessità comune.

    Imparare il valore, l’importanza di tutelarsi con adeguate misure di protezione sui luoghi di lavoro, sappiamo bene che troppo spesso i singoli non le usano per accelerare i tempi e pensando che non capiterà proprio a loro la disgrazia, la conoscenza  delle conseguenze dell’abuso di alcool e droga quando si guida o si compiono azioni pericolose e che coinvolgono altri, il rispetto reciproco o  sono appresi da piccoli o si continuerà con l’indifferenza, il pressappochismo, il falso credo dell’invincibilità ed i morti continueranno ad aumentare.

    Non basta fare leggi e norme se non si insegna dalla scuola il valore delle stesse, perché sono state fatte e perché vanno rispettate.

    Le associazioni criminali cominciano ad insegnare le loro malvagie regole quando i ragazzi sono ancora piccoli e queste regole entrano in ognuno di loro, noi siamo incapaci di insegnare ai nostri figli la cultura della vita, della democrazia, del rispetto di se e di conseguenza del rispetto degli altri.

    Si parta finalmente dalla scuola se si vuole arrivare ad una società nella quale ogni giorno non muoiono lavoratori, donne, persone sulla strada e tanti ragazzi sono a rischio per l’abuso di droga, per la perdita di se stessi.

  • Enea

    Ciao piccolo Enea,

    le cronache dicono che sei appena venuto al mondo e già ti hanno abbandonato. Con te portavi un bigliettino di accompagnamento, una sorta di certificato di qualità: “sono nato in ospedale e sono super sano”. Sono parole queste che, forse, nelle intenzioni di chi le ha scritte dovevano essere da stimolo e viatico ad una pronta adozione.
    Io, invece, penso che siano espressione di un certo orgoglio per averti concepito e donato la vita. D’altronde traspare fierezza e cultura dal nome che ti ha dato. Pensa che si chiamava come te un grande e coraggioso guerriero. Era fortissimo tanto che, quando fu costretto a lasciare la sua città, se ne andò in giro a lungo portandosi sulle spalle l’anziano padre che non voleva abbandonare. Lo so che tu ora mi dirai: ma io sono piccino e non pesavo niente. È vero, però devi sapere che questi greci vengono da levante e non sono affidabili: sono spesso figli degli dei ed è facile per loro avere super poteri. Qui da noi non è così e molte mamme sono costrette a deporre il loro “fardello”. Capita da sempre, da tempi immemorabili. Tante sono le cause e molto se ne discute. Qualcuno un po’ feroce parla di colpa ma si dice pronto a perdonare. Una cosa però è certa: nessuno domanda di tuo padre e, questo, mi pare molto grave. Chissà come sarebbero andate le cose se solo ti avesse preso in braccio e portato sulle spalle. Ma è acqua passata e tutto si sistemerà. Ora dormi sereno Enea bambino fortunato che hai ricevuto la vita e sei stato abbandonato ma…con il “certificato”.

  • L’ONU doit rappeler que l’euthanasie viole les droits fondamentaux

    Riceviamo e pubblichiamo una dichiarazione dell’European Centre for Law and Justice

    Madame, Monsieur,

    Vous avez la mission de défendre et de promouvoir les droits de l’homme sur la base des déclarations et traités adoptés au sein des Nations unies.

    Vous le savez, l’interdiction de tuer est le fondement des droits de l’homme. Elle constitue un principe intangible du droit international.

    Ce principe fut réaffirmé au lendemain de la Seconde Guerre mondiale, après que des médecins furent condamnés à Nuremberg pour avoir euthanasié des personnes handicapées[1]. Ce principe ne prévoit aucune exception d’euthanasie. Dès lors, toute euthanasie – même présentée comme volontaire – est une violation des droits de l’homme.

    La Convention européenne des droits de l’homme pose très clairement que « La mort ne peut être infligée à quiconque intentionnellement » (art. 2). L’article 6 du Pacte international relatif aux droits civils et politiques stipule que « le droit à la vie est inhérent à la personne humaine ».

    Même présentée de façon libérale et volontaire, la dépénalisation de l’euthanasie viole frontalement l’interdiction de tuer.

    En outre, comme l’expérience de pays tels que la Belgique le prouve, une fois dépénalisée, la pratique de l’euthanasie devient incontrôlable et s’étend aux dépens des personnes les plus vulnérables, handicapées et âgées.

    La dépénalisation de l’euthanasie entraîne donc non seulement une violation systématique des droits de l’homme, mais aussi une régression culturelle et juridique extrêmement grave.

    La dépénalisation de l’euthanasie ouvre la voie à la normalisation de la suppression des personnes les plus fragiles, dont vous avez la mission de défendre la vie et les autres droits fondamentaux.

    C’est pourquoi nous vous demandons, vous qui avez spécifiquement le mandat de protéger les droits des personnes les vulnérables, âgées et handicapées :

    • de rappeler l’interdiction fondamentale de l’euthanasie ;
    • d’initier une procédure de rapport et d’enquête sur les pays ayant légalisé l’euthanasie.

    [1] Trials of the War Criminals before the Nuremberg Military Tribunals under Control Council Law No. 10, Nuremberg October 1946-April 1949, Volume V, Washington, DC: Government Printing Office, 1950.

     

  • Al Sud si vive 19 mesi meno che al Nord

    Le distanze tra Nord e Sud negli indicatori del benessere equo e sostenibile restano marcate e aumentano per quanto riguarda la speranza di vita e il reddito dei lavoratori: secondo il Report dell’Istat “Misure del Benessere equo e sostenibile” la speranza di vita alla nascita nel 2021 era nel Sud di circa un anno e 7 mesi inferiore a quella del Nord con 81,3 anni a fronte degli 82,9 del Nord. In pratica la forbice che si era ristretta all’inizio della pandemia con il Nord colpito più duramente nel 2020 con un picco di decessi, l’anno successivo si è riallargata con il Nord che ha recuperato quasi un anno di speranza di vita e il Sud che ha perso altri 6 mesi.

    Le aree più colpite dalla prima ondata della pandemia hanno registrato aumenti significativi dell’aspettativa di vita con Bergamo che recupera nel 2021 quasi completamente i circa 4 anni di speranza di vita alla nascita persi nel 2020 posizionandosi al 13° posto della graduatoria, quando si trovava al 106esimo. Se  si guarda al Sud, invece, a Campobasso si era perso un anno nel 2020 ma a questo si sono aggiunti un ulteriore anno e 4 mesi di perdita di aspettativa di vita.

    Ma lo svantaggio tra le aree del Paese si evidenzia anche nell’istruzione: nell’anno scolastico 21/22 se in media in Italia il 43,6% degli studenti di terza media aveva una competenza numerica non adeguata, al Nord la percentuale si attestata al 35,8% in crescita di 1,2 punti rispetto all’anno precedente anche se in calo di 4,5 punti rispetto al 2018/2019 prima dell’inizio della pandemia. La percentuale degli studenti in difficoltà con la matematica era al 60% al Sud (migliora di 1,6 punti sul 20/21) e al 40% al Centro. La situazione è critica a Crotone (69,5%), Agrigento e Palermo con la percentuale degli studenti con carenze in matematica che supera largamente i 2 terzi.

    Il divario tra Nord e Sud si riduce invece sull’occupazione, anche se resta ampio. Il tasso di occupazione in media tra i 20 e i 64 anni nel 2021 è salito di 0,8 punti al 62,7% ma se le province del Nord colpite dalla pandemia restano ancora al di sotto dei livelli del 2019 nel Sud la maggior parte delle province ha recuperato il terreno perduto. Il distacco tra la  provincia con il più alto tasso di occupazione (Bolzano, 75,8%) e quella con il tasso più basso (Caltanissetta, 40,8%) è nel 2021 di 35 punti percentuali in calo dai 40,5 nel 2019. Se si guarda alla retribuzione media annua dei lavoratori dipendenti nel 2020 il reddito medio nella provincia di Milano è di 29,631 euro, 2,7 volte quello di Vibo Valentia. Nel 2021 – sottolinea l’Istat – il reddito si è ridotto del 6% a livello nazionale ma la flessione è stata mediamente più contenuta al Nord (-5%) rispetto al Mezzogiorno (-8%) dove i livelli iniziali erano più bassi.

    Anche sulle scuole accessibili ai disabili gli abitanti del Sud sono penalizzati con appena il 27,7% degli edifici adeguati(29,8% nelle Isole) a fronte del 38% al Nord. Per la sanità continua la migrazione ospedaliera anche se su questo i dati sono fermi al 2020 e sono viziati dall’esplosione della pandemia con il conseguente impossibilità di spostarsi tra regioni per alcuni mesi. Nonostante la riduzione complessiva dei ricoveri (-17% la media italiana, -21% nel Mezzogiorno) le differenze territoriali restano grandi con l’11,4% dei ricoverati residenti nel Sud che si è spostato per motivi di cura a fronte del 5,6% dei residenti nel Nord. Fermi al 2020 sono anche idati sulla mobilità dei giovani laureati con una perdita netta per l’Italia di 5,4 giovani laureati ogni 1.000 cittadini della stessa età (25-39 anni) e lo stesso livello di istruzione (4,9 nel 2019). Ma se il saldo con l’estero resta negativo in tutte le province italiane al Centro-Nord è più che compensato dai flussi migratori interni.

  • Il dubbio

    Dallo scorso 7 aprile  ArchieBattersbee era tenuto in vita dalle macchine in seguito ad un incidente domestico. I medici avevano assicurato i genitori di non avere più speranze di riportarlo ad una vita autonoma e di come il distacco delle apparecchiature rappresentasse l’unica opzione che lo Stato britannico potesse prendere in considerazione, peraltro confermata da numerose sentenze dei tribunali anglosassoni.

    Nonostante la strenua opposizione dei genitori, domenica alle 13:15 sono state staccate le apparecchiature e successivamente è subentrato il decesso del bimbo. Uno dei motivi, espressione cristallina della logica secondo quale la pena di morte, essendo definitiva e perciò impossibile da rimediare, in presenza di un errore risulta inaccettabile, va  identificato proprio nella natura stessa di un ordinamento statale il quale, nonostante la complessità delle norme, esprime comunque la fallibilità umana.

    In altre parole, in una società secolarizzata deve sempre essere tenuta in debita considerazione la possibilità dell’errore come espressione di un sistema giuridico e quindi la necessità di porre rimedio anche attraverso istituti quali il risarcimento in denaro.

    Il dubbio quindi, o quanto meno la certezza della propria fallibilità, dovrebbe rappresentare sempre il principio ispiratore di una società secolarizzata la quale non può prevedere delle pene, come quella di morte, la  quale, per sua stessa natura, non contempla la possibilità di rimediare alla natura umana e quindi alla sua fallibilità.

    Viceversa, in questa terribile contemporaneità, la scienza, esattamente come una qualsiasi religione assolutistica, o peggio, come una sorta di  ideologia massimalista, diventa dispensatrice di verità assolute e per questo incontestabili.

    Sulla base di questi “Comandamenti scientifici” il sistema giuridico di un Paese, anche se secolarizzato, si assume l’arbitrio di togliere la vita ad un bimbo. Un sistema giuridico statale quindi che, all’interno di un delirio tecnologico e scientifico assurto a vera e propria religione, nega qualsiasi possibilità di dubbio in relazione alla evoluzione della degenza del bimbo e contemporaneamente non prende in considerazione la possibilità di un errore adottando la “certezza teologica” dispensata dalla scienza.

    Molto spesso questi sistemi politici, individuando teocrazie, adottano la certezza assoluta dei principi religiosi come ordinamento statale.

    La  nostra contemporaneità, invece, dimostra che la teocrazia può manifestarsi come l’espressione dell’adozione dei principi assoluti della scienza che, per propria stessa natura, invece, dovrebbe partire, come principio ispiratore, dal dubbio da cui avviare una  costante e continua evoluzione…

    Un dubbio che solo l’ottusità umana e il delirio tecnologico/scientifico, divenuto  un vero e proprio integralismo religioso, possono ignorare.

  • Il Covid ha portato al più grande calo dell’aspettativa di vita dal ’45

    Non solo in Italia, anche nel resto d’Europa e negli Stati Uniti, l’effetto Covid è stato dirompente come una guerra e ha tagliato l’aspettativa di vita delle persone. La pandemia, infatti, certifica l’Università di Oxford, ha ridotto la speranza di vita alla nascita in una misura che non si vedeva dalla seconda guerra mondiale in Europa occidentale e “in modo tale da spazzare via anni di progressi sulla mortalità”.

    I ricercatori del Centro di Leverhulme per la scienza demografica hanno assemblato un set di dati relativo a 29 paesi per i quali erano state pubblicate i dati ufficiali dei decessi per il 2020 e che abbracciano la maggior parte dell’Europa, oltre a Stati Uniti e Cile. I dati, pubblicati sulla rivista scientifica International Journal of Epidemiology, hanno dimostrato che 27 dei 29 Paesi hanno visto riduzioni dell’aspettativa di vita nell’annus horribils della pandemia. Nel 2020 le donne in 15 Paesi e gli uomini in 10 paesi, avevano un’aspettativa di vita alla nascita inferiore anche rispetto al 2015, anno che era già stato penalizzato da una stagione influenzale molto severa. “Per i Paesi come Spagna, Inghilterra e Galles, Italia, Belgio, l’ultima volta che sono stati osservati cali così grandi dell’aspettativa di vita alla nascita in un solo anno è stato durante la seconda guerra mondiale”, ha detto il co-autore dello studio, José Manuel Aburto. La diminuzione maggiore è stata osservata tra gli uomini negli Stati Uniti, con 2,2 anni rispetto ai livelli del 2019, seguiti dagli uomini in Lituania (1,7 anni). A confermare, per l’Italia, una riduzione di 1,2 anni di vita nel 2020 a causa della pandemia, è stata pochi giorni fa anche l’Istat: fino al 2019 questo indicatore era stato sempre in crescita e ora si attesta a 82 anni.

    I dati ufficiali parlano di circa 4,7 milioni di persone nel mondo fino ad oggi decedute per Covid ma, sottolinea il coautore principale dello studio Ridhi Kashyap, “ci sono diversi problemi legati al conteggio dei decessi e il fatto che i nostri risultati evidenzino un impatto così grande attribuibile alla pandemia, mostra come questa sia stata uno shock devastante per molti Paesi”. I ricercatori chiedono quindi “con urgenza” la pubblicazione “di più dati disaggregati, anche da Paesi a basso e medio reddito, per comprendere meglio gli impatti della pandemia a livello globale”.

    Intanto, l’obiettivo è far restare bassi i contagi nonostante la ripresa delle attività e delle scuole. Per farlo, gli studi continuano a confermare la necessità di far indossare la mascherina a scuola anche ai più piccoli. I Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc) statunitensi hanno esaminato i dati delle contee degli Stati Uniti, scoprendo che, in media, i casi pediatrici sono aumentati dopo la riapertura delle scuole. Ma le contee senza requisiti di mascherina hanno visto gli aumenti maggiori: circa 18 casi ogni 100.000 in più. Inoltre, nelle contee in cui non c’è obbligo, le scuole avevano circa tre volte più probabilità di avere un focolaio rispetto alle altre.

  • La Commissione lancia uno strumento interattivo per monitorare e anticipare i cambiamenti demografici nell’UE

    La Commissione ha presentato un “Atlante della demografia” dell’UE – uno strumento interattivo online per visualizzare, monitorare e anticipare i cambiamenti demografici nell’Unione europea, che è stato elaborato dal Centro comune di ricerca della Commissione (JRC).

    L’atlante fornisce un accesso rapido e agevole a un corpus completo di informazioni e dati demografici, raccolti a livello dell’UE, nazionale, regionale e locale.

    Presenta statistiche e proiezioni ufficiali di Eurostat, nuovi dati ad alta risoluzione spaziale prodotti dal JRC, nonché storie tematiche che collegano le tendenze demografiche a settori strategici specifici.

    L’atlante contribuirà a migliorare la comprensione dei cambiamenti demografici e ad anticipare le dinamiche in questo ambito. Si tratta di uno “strumento vivo” che può essere ampliato e adattato alle esigenze delle diverse politiche e che può contribuire al processo decisionale nell’ambito della coesione sociale, apportando benefici a tutti i cittadini dell’UE. Una migliore comprensione delle dinamiche demografiche nell’UE consente infatti alla Commissione di migliorare le proprie politiche.

    L'”Atlante della demografia”, che è disponibile al pubblico, può sostenere gli interventi in diversi settori, tra cui la sanità, l’occupazione, l’istruzione, l’accesso ai servizi, nonché le politiche territoriali e di coesione.

    I cambiamenti demografici sono uno dei principali processi alla base del futuro dell’Europa. La popolazione europea sta invecchiando e di pari passo si riduce quella in età lavorativa. La mobilità giovanile, sospinta in gran parte dalle opportunità di lavoro e di studio, presenta opportunità e sfide sia per le città che per le zone rurali europee.

    Da una recente relazione del JRC emerge che tra il 2015 e il 2019 22,9 milioni di giovani europei sono entrati a far parte della popolazione in età lavorativa, mentre nello stesso periodo 26,6 milioni di lavoratori hanno raggiunto l’età pensionabile: ovvero un possibile deficit di circa 3,8 milioni di lavoratori.

    Se da un lato gli interventi politici possono influire solo in parte sulle tendenze demografiche, dall’altro possono tuttavia contribuire a fare sì che i cambiamenti demografici non abbiano ripercussioni negative sull’economia, la produttività, la coesione sociale o la vita democratica.

    Nel giugno 2020 la Commissione ha avviato la propria azione in questo ambito con la Relazione sull’impatto dei cambiamenti demografici. L’Atlante della demografia presentato è finalizzato a sostenere tale azione, fornendo alla Commissione elementi oggettivi che saranno utilizzati per tre importanti iniziative politiche: il Libro verde sull’invecchiamento, la prospettiva a lungo termine per le zone rurali e la strategia dell’Unione europea sui diritti dei minori.

    Le edizioni future dello strumento comprenderanno informazioni sui fattori demografici quali la fertilità, la mortalità e la migrazione netta e le ultime proiezioni di Eurostat al di fuori dell’UE, con l’obiettivo di arrivare nel 2022 a una copertura globale di queste tematiche.

    Idee e opinioni sulla demografia nell’UE possono essere condivise nell’ambito della Conferenza sul futuro dell’Europa.

    Fonte: Commissione europea

  • Addio a Carlo Casini: magistrato, politico e strenuo difensore della vita

    Lo scorso 23 marzo è venuto a mancare, dopo una lunga malattia, Carlo Casini, magistrato, deputato italiano ed europeo per più legislature. Esponente della Democrazia Cristiana e successivamente del PPI, del Centro Cristiano Democratico (CCD) e infine dell’UDC fu protagonista del cattolicesimo impegnato nella società civile a difesa della vita nascente e contro l’aborto. Fondatore nel 1980 del Movimento per la vita italiano del quale fu a lungo presidente e dal quale sono nati i CAV (Centri di aiuto alla Vita), ha sempre creduto fortemente in un’Europa unita sulla base dell’autentica cultura dei diritti umani e per questo ha combattuto con coraggio e lealtà per il riconoscimento del diritto alla vita dei più poveri tra i poveri quali sono i bambini non nati. L’ultima battaglia di Carlo Casini è stata la campagna ‘Uno di Noi’ del 2013 che con una mobilitazione popolare in tutti e 28 (allora) paesi dell’Unione Europea consentì la raccolta di ben due milioni di firme a sostegno della petizione europea per la salvaguardia dell’embrione umano e dei suoi diritti.

  • Correva l’anno…?

    Un giorno i due si incontrarono e la loro prima conversazione iniziò con una domanda: “Ho sentito che in passato” disse il primo “ognuno viveva cento anni senza che si vedessero i comuni segni dell’età. Ai nostri giorni le persone invecchiano prematuramente […] Questo è dovuto ad un inevitabile processo evolutivo umano o si deve alla perdita del corretto modo di vivere?”.

    In passato” rispose il secondo“la maggior parte delle persone curava il proprio corpo e si nutriva con una dieta bilanciata ad intervalli regolari. Si svegliava e si coricava ad orari consoni ed evitava di usurare il proprio corpo e la propria mente rifuggendo ogni sorta di eccesso. Mantenevano il benessere di corpo e di mente così che non dobbiamo sorprenderci che essi potevano vivere più di cento anni. Ai nostri giorni, al contrario, le persone hanno cambiato il loro stile di vita. […] Cercano eccitamento emotivo e piaceri momentanei, indifferenti al ritmo naturale. Falliscono nel regolare il loro stile di vita e la propria dieta e dormono impropriamente […] Prima le persone conducevano un’esistenza calma e onesta, si distaccavano da desideri e ambizioni inadeguati;vivevano con coscienza incorrotta e senza paura. Erano attivi ma senza mai depauperarsi. Poiché vivevano semplicemente, conoscevano l’appagamento, come si notava nella loro dieta di prodotti semplici ma nutrienti e nell’abbigliamento che era appropriato alla stagione ma mai lussuoso. Essendo la maggior parte felici del loro posto nella vita, non soffrivano di gelosia o cupidigia. Avevano compassione per gli altri, si aiutavano ed erano onesti, liberi da comportamenti distruttivi. Non si facevano scuotere o destabilizzare dalle tentazioni ed erano in grado di stare concentrati anche quando le avversità giungevano di fronte a loro. Trattavano gli altri con correttezza, senza considerare l’altrui intelligenza o posizione nella società”.

    In quale dei seguenti anni è stata pubblicata questa conversazione?
    2020, 1920, 1420, 1020, 220, 220 a.C., 1020 a.C., 2020 a.C., 2620 a.C.

     

    Risposta: Questa conversazione (di cui la traduzione è stata leggermente modificata nella forma ma non nei contenuti, n.d.r.) si trova nelle prime pagine del Huangdi Neijing Suwen (Le domande semplici dell’Imperatore Giallo). Primo tomo del Huangdi Neijingun antico trattato di medicina tradizionale cinese attribuito al leggendario imperatore Huangdi.

    La datazione di questo testo è molto dibattuta. Si va dal 2697 a.C. al 222 a.C., per cui non c’è una risposta certa a questo quiz che vi ho proposto per riflettere insieme su due aspetti.

    Il primo è il fatto che la saggia domanda ed, ancor più, la saggia risposta del perché chi vive in città (quella volta ci si trovava a Pechino) cambia così radicalmente le sue prospettive di qualità e quantità della propria vita potrebbero essere state pubblicate l’altro ieri. La sola differenza rispetto ad oggi, infatti, è che avremmo trovato certamente nella risposta un riferimento al fatto che il comportamento delle popolazioni urbanizzate (oggi oltre il 53% a livello mondiale) sta compromettendo anche la sopravvivenza di tutte le specie viventi sul Pianeta.

    Il secondo è il fatto che studiare la storia è fondamentale, a tutti i livelli. Anche per comprendere che ci sono problemi apparentemente solo attuali che, al contrario, l’uomo ha dovuto affrontare anche migliaia di anni fa, facendosi, come in questo caso, le giuste domande e, soprattutto, trovando le giuste risposte (e soluzioni).

    Ben vengano, quindi, in merito al tema trattato, tutti i progetti, le azioni e le interazioni sociali volte a salvaguardare e a diffondere la cultura di tutti i popoli nativi e di tutte le comunità rurali autonome ancora esistenti e resistenti. Luoghi custodi della capacità e della possibilità di resistere all’antica e moderna tentazione umana di mettere le proprie esigenze al di sopra di quelle degli altri, della comunità.

    Voi occidentali, avete l’ora ma non avete mai il tempo

    (Mohandas Karamchand Gandhi, 1869-1948)

  • Grazie Camilleri per averci richiamati alla complessa semplicità della vita

    Camilleri ci lascia un messaggio semplice e grandioso: la cultura è assaporare, amare, rispettare la vita nostra ed altrui, niente di più normale e niente di più difficile nella nostra epoca. Niente di più difficile della capacità di osservare, capire, apprezzare quello che ci circonda, di trovare, ritrovare quell’empatia che dovrebbe distinguere l’essere umano dal mostro. Camilleri ha riportato ciascuno alla sua reale dimensione e quanto ci lascia, con il suoi scritti e le sue parole, è una dimensione di comprensione, partecipazione, condivisione con l’essere umano e la natura, con la realtà che ci circonda. Quanto ci ha lasciato  resterà un monito, una speranza, per tutti coloro che vorranno  dedicare un po’ del loro tempo e della loro intelligenza a capire ed ascoltare. Molti anni fa avevo scritto “i libri ed i film sono la nostra vita negli occhi degli altri”, e i libri di Camilleri sono proprio questo, cerchiamo di apprezzare di più quello che viviamo e ringraziamo ancora una volta Camilleri per averci richiamato alla complessa semplicità della vita.

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