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  • Il Leviatano fiscale lamenta mancati introiti per circa 1800 miliardi dalle multinazionali della rete

    Nel corso del 2022, il complesso giro d’affari delle prime 25 aziende del web a livello globale ha raggiunto la cifra di 1.792 miliardi di euro, equivalente al 90% del prodotto interno lordo italiano. La stragrande maggioranza dei proventi è stata generata da Usa e Cina: il 70% del fatturato delle aziende WebSoft proviene da imprese statunitensi, il 26% da quelle cinesi e solo il 4% da gruppi con sede in altre nazioni. Questi dati emergono dall’indagine annuale condotta dall’Area Studi di Mediobanca sui principali gruppi mondiali attivi nel settore Software & Web e basata sui dati relativi ai primi 9 mesi del 2023 e al periodo triennale compreso tra il 2019 e il 2022, riguardanti le prime 25 aziende WebSoft internazionali per quanto concerne i ricavi (di cui 11 hanno sede negli Stati Uniti, 10 in Cina, 2 in Germania e una ciascuna in Giappone e Corea del Sud).

    Le imprese WebSoft, come spiega il Wall Street Journal Italia riportando l’analisi, sono le grandi società attive nell’ambito di Internet, nello sviluppo di software e nei servizi online, inclusi social media e motori di ricerca. Mediobanca solitamente le suddivide in 4 macro-aree: E-commerce, produzione di software, servizi internet e media, trasporti e cibo a domicilio.

    Nel corso degli anni, queste aziende hanno attirato l’attenzione non solo per il loro ruolo ormai quasi “sociale” data la dimensione (basti pensare che, a fine 2022, la forza lavoro delle WebSoft contava quasi quattro milioni di persone in tutto il mondo e che la loro capitalizzazione di mercato aggregata ha raggiunto a novembre 2023 quota 8.767 miliardi di euro, il 9,5% del valore complessivo delle borse mondiali, oltre dieci volte l’intera Borsa Italiana), ma anche per la loro capacità di pagare imposte ridotte, spesso operando in paradisi fiscali o comunque in Paesi dove vige una tassazione agevolata. Caratteristica che ha portato i governi di tutto il mondo a lavorare per definire una regolamentazione che possa mettere la parola fine a tutta la serie di agevolazioni fiscali di cui godono questi giganti del Web.

    Proprio a proposito di tasse, l’evidenza più interessante emersa dall’indagine di Mediobanca è che, nel 2022, circa un terzo dell’utile ante imposte delle maggiori WebSoft mondiali è stato tassato in Paesi a fiscalità agevolata, con conseguente risparmio fiscale di 13,6 miliardi di euro nel 2022 e di 50,7 miliardi cumulati nei quattro anni 2019-2022. La tassazione media si attesta al 15,1% nel 2022, inferiore all’aliquota teorica del 21,9%, calcolata in base al Paese di residenza delle multinazionali del Web. Nel periodo 2019-2022, la tassazione in Paesi a fiscalità agevolata ha determinato per Tencent, Microsoft e Alphabet un risparmio fiscale rispettivamente di 19,2 miliardi di euro, 12,3 miliardi di euro e 7,1 miliardi di euro.

    Guardando all’Italia, dal 2024 dovrebbe diventare operativa anche nel nostro Paese la Global Minimum Tax che porterà ad applicare l’aliquota del 15% sugli utili realizzati dalle multinazionali con fatturato annuo superiore a 750 milioni.
    Le WebSoft presidiano l’Italia tramite società controllate, ubicate in gran parte al Nord, soprattutto a Milano e provincia. Il fatturato aggregato delle filiali italiane dei giganti del WebSoft, che contano circa 26.400 lavoratori dei quali 16.250 di Amazon, ha raggiunto 9,3 miliardi di euro nel 2022, con 162 milioni versati al fisco italiano, per un tax rate effettivo del 28,3%. Considerando anche l’accantonamento per il pagamento della Digital Service Tax, il tax rate salirebbe al 36%.

    Oltre alla malizia nella fiscalità, le big del WebSoft si contraddistinguono per una crescita a doppia cifra, una considerevole capitalizzazione di mercato e la mancanza di interferenze da parte di azionisti eccessivamente influenti. Riguardo a quest’ultimo aspetto, diverse aziende WebSoft, tra cui Alphabet, Facebook e le società cinesi JD.com e Baidu, hanno adottato una struttura a voto multiplo, suddividendo le azioni in categorie multiple con diritti differenziati. Tale sistema consente ai fondatori di mantenere il controllo completo dell’azienda senza detenere la maggioranza del capitale sociale.

  • La trappola del sesso online

    Si chiama gaslighting uno dei fenomeni perversi che possono avere luogo sulla rete e in particolare sui social. Si tratta della manipolazione psicologica che un individuo esercita su un altro, mettendo in discussione la sua vita, il suo vissuto, facendo dubitare la persona della sua stessa memoria, intelligenza. La continua esposizione di sé, la biografia costante che molti postano sui social, può infatti dar luogo a reazioni critiche, se non  di aperta derisione, che possono minacciare i soggetti più deboli, che cercano conferma e approvazione sui social e ricevono invece reazioni di segno avverso.

    Accanto a questo, c’è il problema, ormai classico, della pornografia vera e propria. Psicologi e psichiatri  mettono in allarme rispetto al fatto che la possibilità dell’adolescente, o addirittura del bambino, di attingere a immagini e video pornografici senza difficoltà alcuna stia modificando il rapporto delle nuove generazioni con il sesso.  Avere come paradigma la pornografia – avvisano gli esperti – ha portato i giovani a due forme di relazione antitetiche col sesso. Una percentuale importante dei ragazzi lo vive il sesso in modo inattivo, perché temono di non riuscire a competere con quello che vedono sullo schermo. Altri, all’estero opposto, trovano nella pornografia un modello aspirazionale e non esitano quindi ad assumere sostanze come il Viagra per sentirsi più performanti. La pornografia peraltro ha fatto perdere il senso di gravità di uno strupro, anche di gruppo, posto che immagini di sesso di gruppo sono ricorrenti nei film hard core (dove però tali pratiche sono svolte di norma da adulti tutti consenzienti).

    Ci sono poi il revenge porn e la pornografia a scopo estorsivo. La normalità con cui si è ormai sommersi da immagini di sesso e nudità spinge molti a filmare i propri momenti di intimità. Un diletto privato pienamente lecito finché resta tale ed è svolto col consenso di tutti i partecipanti (due o più che siano), ma che non è più lecito quando quelle immagini vengono diffuse fuori dalla cerchia dei diritti interessati. Accade, di norma, quando in una coppia o in gruppo qualcuno vuole vendicarsi di qualcun altro, tipicamente dopo la rottura di una coppia. Da tempo, peraltro, la diffusione di simili immagini può essere anche solo minacciata, con la richiesta (estorsiva) di pagare del denaro per evitare la messa in rete di tali immagini. Non è una novità, eppure accade ancora, che sui social vi siano tentativi di adescamento, inviti a spogliarsi, toccarsi e masturbarsi. Le immagini registrate di chi cade in questi adescamenti, che accadono ancora nonostante il fenomeno sia ormai notorio, vengono poi utilizzate per estorcere denaro a chi è caduto nell’adescamento (in realtà si può fare denuncia alla polizia postale, il pudore che impedisce a molti di fare denuncia consente solo a chi opera il ricatto di continuare a chiedere denaro sotto minaccia di diffondere le immagini).

    La rete offre infine nuove opportunità alla prostituzione. Il sesso mercenario online è più difficile da stroncare di quello per strada, perché non consente di multare chi accosta lungo la strada, e rende sicuramente più difficile scoprire se si sia in presenza di sfruttamento di persone obbligate a offrire il proprio corpo a pagamento. Ma l’aspetto più drammatico è che la facilità di accesso alla rete da ogni luogo consente anche a minorenni di offrirsi a sconosciuti. E’ successo, è finito sui giornali, ma ad oggi non è stata individuata soluzione per scongiurare tale eventualità.

  • Attenzione alla mail che ci avvisa di un pacco in consegna, è una nuova truffa on line

    Attenzione alle mail che vi avvisano di non essere riusciti a consegnare un pacco e di cliccare per scegliere l’orario in cui riceverlo. Si tratta di #phishing e quindi cliccando vi verranno rubate le informazioni personali”. Il monito arriva via Twitter dalla Polizia di Stato che ha svelato un nuovo tentativo di truffa on line, il phishing. Come rivela Wall Street Italia “Si tratta di una particolare tipologia di truffa realizzata sulla rete Internet attraverso l’inganno degli utenti e si concretizza principalmente attraverso messaggi di posta elettronica ingannevoli. Attraverso un’e-mail, solo apparentemente proveniente da istituti finanziari (banche o società emittenti di carte di credito) o da siti web che richiedono l’accesso previa registrazione (web-mail, e-commerce ecc.). Il  messaggio invita, riferendo problemi di registrazione o di altra natura, a fornire i propri riservati dati di accesso al servizio. Solitamente nel messaggio, per rassicurare falsamente l’utente, è indicato un collegamento (link) che rimanda solo apparentemente al sito web dell’istituto di credito o del servizio a cui si è registrati.  In realtà, il sito a cui ci si collega è  stato artatamente allestito identico a quello originale. Qualora l’utente inserisca i propri dati riservati, questi saranno nella disponibilità dei criminali.

    Con la stessa finalità di carpire dati di accesso a servizi finanziari on-line o altri che richiedono una registrazione, un pericolo più subdolo arriva dall’utilizzo dei virus informatici. Le modalità di infezione sono diverse. La più diffusa? Il classico allegato al messaggio di posta elettronica; oltre i file con estensione .exe, i virus si diffondono celati da false fatture, contravvenzioni, avvisi di consegna pacchi, che giungono in formato .doc .pdf. Nel caso si tratti di un ‘financial malware’ o di un ‘trojan banking’, il virus si attiverà per carpire dati finanziari. Altri tipi di virus si attivano allorquando sulla tastiera sono inseriti ‘userid e password’. Si parla in tal caso ‘keylogging’, quando i criminali sono in possesso delle chiavi di accesso ai vostri account di posta elettronica o di e-commerce”.

    Le banche non chiedono mai dati personali per mail e questo basterebbe a far comprendere al malcapitato utente di essere davanti ad una e-mail dubbia sulla cui provenienza è sempre opportuno contattare il proprio istituto di credito e chiedere informazioni.

    La Polizia di Stato ha stilato 7 consigli per evitare di cadere vittime delle truffe online:

    1. Gli istituti di credito o le società che emettono carte di credito non chiedono mai la conferma di dati personali tramite e-mail ma contattano i propri clienti direttamente per tutte le operazioni riservate. Diffidate delle e-mail che, tramite un link in esse contenute, rimandano ad un sito web ove confermare i propri dati.
    2. Nel caso riceviate una e-mail, presumibilmente da parte della vostra banca, che vi fa richiesta dei riservati dati personali, recatevi personalmente presso il vostro istituto di credito.
    3. Se credete che l’e-mail di richiesta informazione sia autentica, diffidate comunque del link presente in questa, collegatevi al sito della banca che l´ha inviata digitando l’indirizzo internet, a voi noto, direttamente nel browser.
    4. Verificate sempre che nei siti web dove bisogna immettere dati (account, password, numero di carta di credito, altri dati personali), la trasmissione degli stessi avvenga con protocollo cifrato.
    5. Controllate, durante la navigazione in Internet, che l’indirizzo URL sia quello del sito che si vuole visitare, e non un sito “copia”, creato per carpire dati.
    6. Installate sul vostro computer un filtro anti-spam.
    7. Controllate che, posizionando il puntatore del mouse sul link presente nell´e-mail, in basso a sinistra del monitor del computer, appaia l’ indirizzo Internet del sito indicato, e non uno diverso.
  • Gli italiani leggono le news sempre più online

    Una fotografia in chiaroscuro, tra crescita continua di dispositivi digitali e del web, declino della carta stampata e bisogno di sicurezze nell’informazione, èquella che offre il 18/o rapporto Censis sulla comunicazione, intitolato ‘I media delle crisi’ (la pandemia e la guerra, ndr) presentato a Roma.

    Venendo ai numeri, resta stabile nel 2022 il pubblico della televisione, guardata dal 95,1% degli italiani, con il forte rialzo della tv via internet (web tv e smart tv arrivano al 52,8%, +10,9% in un anno) e il boom della mobile tv, passata dall’1% di spettatori nel 2007 al 34% di oggi. I radioascoltatori sono il 79,9% degli italiani, stabili da un anno all’altro, con la fruizione attraverso lo smartphone sempre più rilevante (29,2%, +5,4% in un anno).

    Tra le voci negative del rapporto, realizzato con la collaborazione di Intesa SanPaolo, Mediaset, Rai, Tv2000 e Windtre, il continuo declino dei media a stampa: i quotidiani cartacei venduti in edicola, che nel 2007 erano letti dal 67% degli italiani, si sono ridotti al 25,4% nel 2022. Si registra ancora una limatura dei lettori dei settimanali (-1,6%) e dei mensili (-0,6%). Gli utenti dei quotidiani online invece sono il 33% degli italiani (+4,7% in un anno) mentre il 58,1% (+4,3%) utilizza i siti web d’informazione generici. Dopo un breve arresto del calo di lettori di libri nel 2021, gli italiani che oggi leggono libri cartacei sono il 42,7% del totale (-0,9% rispetto allo scorso anno e -16,9% rispetto al 2007). La flessione è parzialmente compensata dall’aumento dei lettori di e-book, pari al 13,4% degli italiani (+2,3%). La spesa per libri e giornali ha subito un vero e proprio crollo (-37,7% rispetto al 2007).

    Tra il 2021 e il 2022 c’è un forte aumento dell’impiego di internet (88% di utenza, +4,5%), mostrando una perfetta sovrapposizione con quanti utilizzano gli smartphone (l’88,0%: +4,7%). Lievitano all’82,4% gli utenti dei social network (+5,8% in un anno). Tra i giovani (14-29 anni) cresce l’impiego delle piattaforme online: il 93,4% usa WhatsApp, l’83,3% YouTube, l’80,9% Instagram. C’è un forte incremento dei giovani utenti di TikTok (54,5%), Spotify (51,8%) e Telegram (37,2%). In flessione, invece, Facebook (51,4%) e Twitter (20,1%). Tra il 2007 (l’ultimo anno prima della grande crisi del 2008) e il 2021, la spesa per l’acquisto di telefoni ed equipaggiamento telefonico ha segnato un vero e proprio boom (+572,0%) e quella dedicata all’acquisto di computer, audiovisivi e accessori è più che raddoppiata (+138,9%).

    I media “considerati più affidabili nell’ultimo anno sono nell’ordine, radio, tv e carta stampata; mentre all’ultimo posto ci sono i social network – spiega Massimiliano Valerii, direttore generale del Censis -. Fare un forte ricorso ai media digitali non vuole dire attribuirgli un alto grado di credibilità”. Rispetto però al modo in cui sono stati raccontati pandemia e guerra in Ucraina, “scende il livello di fiducia verso i media tradizionali, mentre sale quello verso i social». Ad esempio “quasi il 72% degli utenti della tv ha critiche per come sono stati affrontati questi temi”. Inoltre Il 60,1% degli italiani ritiene legittimo il ricorso a una qualche forma di censura: in particolare, per il 29,4% non dovrebbero essere diffuse le fake news accertate; per il 15,7% le opinioni intenzionalmente manipolatorie e propagandistiche; per il 15% i pareri espressi da persone senza competenze per parlare. Al contrario, per il 39,9% non è mai giustificata alcuna forma di censura. “Questo sulla censura è l’elemento meno atteso – commenta il presidente del Censis Giuseppe De Rita – significa che le persone hanno bisogno di sicurezza. Se non c’è questa si va incontro a un degrado crescente dell’informazione”.

    Gina Nieri, consigliere di amministrazione Mediaset, è “convinta che i media tradizionali, percepiti come di riferimento, offrano ancora un ambito di confidenza perché sono un ambiente regolamentato, dove c’è una cultura della sicurezza”. Sul web, invece “la profilazione degli utenti favorisce l’esposizione delle persone alle fake news – spiega il direttore Marketing Rai Vincenzo Nepote – Penetrare con un’informazione più equilibrata a volte è difficile. Bisogna riuscire a creare un dialogo”.

  • L’arresto del militante del Daesh segnale del pericolo reale di proselitismo che arriva dal web

    I carabinieri del Ros hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare a carico di un 37enne egiziano, per i reati di partecipazione a un’associazione con finalità di terrorismo internazionale. Le indagini sono partite due anni fa in seguito ai sospetti scaturiti dall’attivismo sul web dell’uomo che visionava e rilanciava materiale di propaganda jihadista a favore di una vasta comunità virtuale di utenti. L’uomo risultava segnalato, proprio in quel periodo, assieme a un altro co-indagato, come frequentatore dell’area turistica del Vaticano.

    Il 37enne egiziano militante del Daesh arrestato dai carabinieri del Ros nell’ambito della cosiddetta “jihad della penna”, era un combattente virtuale per conto dello Stato Islamico.

    Secondo gli investigatori il materiale diffuso esaltava lo Stato Islamico attraverso video ad alta valenza evocativa e aggiornamenti sui ‘successi’ delle campagne di insorgenza nei territori di conflitto, diffondendo l’idea che esso potesse continuare a sopravvivere, cooptando sotto la propria bandiera ideologica il maggior numero di aderenti, i quali erano chiamati a colpire nei territori di origine, anche in Occidente.

    Del pericolo che continua ad arrivare, malgrado non sia più notizia da prima pagina, dallo stretto rapporto web e propaganda terroristica ne abbiamo parlato, qualche giorno fa anche sulle nostre colonne con l’articolo di Cristiana Muscardini Mantenere alta la guardia sul terrorismo in Rete che è possibile leggere al seguente link https://www.ilpattosociale.it/attualita/mantenere-alta-la-guardia-sul-terrorismo-in-rete/

  • Rakuten Viber aderisce al codice di condotta dell’UE contro le forme illegali di incitamento all’odio online

    La Commissione europea accoglie con favore la decisione di aderire al codice di condotta dell’UE per contrastare le forme illegali di incitamento all’odio online presa da Rakuten Viber, un’applicazione per la comunicazione vocale e la messaggistica istantanea tra piattaforme.

    Rakuten Viber è l’undicesimo partner ad aderire al codice di condotta. Presentato nel 2016 insieme a Facebook, Microsoft, Twitter e YouTube, il codice ha successivamente registrato l’adesione di Instagram, Snapchat, Dailymotion, Jeuxvideo.com, TikTok e LinkedIn. Come sottolineato dai risultati della sua sesta valutazione pubblicata nell’ottobre 2021, il codice di condotta ha ottenuto risultati positivi.

    In media, le imprese informatiche hanno esaminato l’81% delle notifiche ricevute entro 24 ore e hanno rimosso il 62,5% dei contenuti segnalati. Insieme alla legge sui servizi digitali, il codice di condotta contribuisce a creare una risposta più solida a livello dell’Unione contro l’incitamento all’odio online.

    Fonte: Commissione europea

  • I minori che campiono reati online sono quasi triplicati in 5 anni

    Sono cresciuti addirittura del 250%, negli ultimi 5 anni, i minori che commettono reati on line, anche di particolare gravità, come la pedopornografia. Un fenomeno a cui ha contribuito la pandemia, che ha fatto crescere a dismisura il tempo di connessione alla rete di ragazzi e bambini, spesso senza controllo da parte dei genitori. Nello stesso arco temporale sono saliti del 130% i casi di pedofilia e si è abbassata l’età dell’adescamento e dei consumatori di pornografia on line. Dati gravi e allarmanti che arrivano dalla relazione finale del gruppo di lavoro sui Social e i minori, presieduto dalla sottosegretaria alla Giustizia Anna Macina, il gruppo di lavoro ha anche avanzato una serie di proposte che verranno consegnate alla ministra della Giustizia Marta Cartabia. Si prevedono più tutele per i minori che navigano sulla rete, anche con il riconoscimento del diritto all’oblio. E una protezione mirata ai baby influencer, con garanzie che investono pure il patrimonio accumulato con la loro attività.

    I dati raccolti dicono inoltre che sono sempre più piccole le vittime dei pedofili: se nel 2018 nella fascia d’età compresa tra 0 e 9 anni c’erano state 14 denunce, nel 2020 sono salite a 41, quasi il quadruplo in tre anni. Sempre negli ultimi cinque anni si sono registrati 14 estorsioni sessuali, nella fascia d’età compresa tra 0 e 13 anni, di cui quattro nella fascia d’età 0-9 anni. In crescita anche il consumo precoce della pornografia on line. Stavolta a lanciare l’allarme davanti al gruppo di lavoro è stata l’Associazione Prometeo Onlus, secondo la quale il fenomeno interessa, a livello globale, il 30% dei bambini fra gli 11 e i 12 anni e, in Italia il 44% dei ragazzi fra i 14 e 17 anni.

    Da Terre des Hommes arrivano cinque proposte per proteggere i minori: le notifiche alle piattaforme, la rimozione di contenuti illeciti, il favorire l’individuazione degli autori di reato e del luogo in cui è stato commesso il reato, l’istituzione di un’Autorità garante dei diritti degli utenti della rete e di protezione dei minori. In Italia l’Osservatorio indifesa, condotto ogni anno da Terre des Hommes e OneDay Group, conferma che 7 ragazzi su 10 dichiarano di non sentirsi al sicuro quando navigano in rete. “Tutelare i minori nel digitale è diventato importante perché il digitale non è più quel mondo virtuale separato dal reale che pensavamo, il mondo della Rete è molto reale perché reali sono le conseguenze che si riflettono nella  nostra realtà. Poi con la pandemia c’è stata una forte accelerazione e tutto è cambiato, c’è stata una rivoluzione”, ha osservato Carla Garlatti, Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, aprendo i lavori dell’incontro “Violenza online. I Social Network nuovi protagonisti della protezione dei minorenni?”, promosso da Terre des Hommes. Per affrontare con successo questi temi è necessario il coinvolgimento delle piattaforme – hanno convenuto tutti – ma non è facile, per problemi di privacy, per problemi economici e perché è evidente che si va ad impattare in un mondo in cui gli interessi economici sono elevati.

  • I presidi propongono un codice redatto nelle scuole per le chat di classe

    Non abolirle ma regolamentarle. Utilizzarle sono per le emergenze ma, secondo Antonello Giannelli presidente dell’Associazione Nazionale Presidi (Anp), sulla base di un codice di autodisciplina redatto direttamente dalle scuole. Le chat di classe in questi giorni sono al centro di un ampio dibattito nel mondo della scuola A scatenarlo sono stati i dirigenti scolastici dell’Anp di Roma favorevoli alla revisione del Codice Deontologico e all’emanazione di un regolamento utile per le scuole di tutta Italia.

    Nei due anni di pandemia le chat sono diventate uno strumento indispensabile soprattutto nel rapporto tra docenti e genitori. Ma in altre situazioni l’uso distorto ha generato situazioni così eclatanti da essere pubblicate sulle pagine delle cronache nazionali. E’ il caso di un bambino di una scuola primaria di Pavia che sarebbe stato bullizzato da tre maestre colleghe della mamma. Vicenda finita con una denuncia ai Carabinieri e un esposto all’ufficio scolastico dopo la scoperta in un computer della scuola delle chat di WhatsApp fra le maestre in cui definivano il bambino ‘sporco’, ‘pirla’ e con altri pessimi appellativi. Ma non è una situazione isolata, un bambino autistico sarebbe stato denigrato a Roma dalle sue maestre sempre su una chat di WhatsApp. E ancora nella Capitale il caso delle presunte chat tra uno studente e la preside del liceo Montale.

    Per il presidente Nazionale dei Presidi (Anp) Antonello Giannelli “la tecnologia in sé non è mai negativa o positiva. Di conseguenza anche l’utilizzo delle chat può apportare vantaggi ma può anche prestarsi ad un uso distorto. È necessario capire che devono essere utilizzate in modo corretto e a questo proposito è fondamentale – puntualizza – la formazione di tutti i soggetti coinvolti”. Per Giannelli “un eventuale codice di autodisciplina” dovrebbe essere redatto direttamente dalle scuole. “Non dimentichiamo che – conclude – queste tecnologie sono di recente introduzione e non c’è ancora un patrimonio comune di comportamenti”.

    Mario Rusconi presidente Anp (Associazione Nazionale Presidi) di Roma è tornato a ribadire che “le chat di classe devo essere usate solo per le emergenze. Altrimenti stravolgono completamente il rapporto che ci deve essere con le famiglie”. A suo giudizio “le chat tra famiglie e insegnanti e tra insegnanti e studenti stanno dilagando e stanno creando una sorta di cortocircuito”. Tanti gli esempi quotidiani citati da Rusconi: “C’è il genitore che dice ‘perchè mio figlio ha preso 7 e non’ 8? oppure ‘perchè avete spiegato con due mesi di ritardo la perifrastica passiva’? ed ancora ‘perchè aveva cambiato posto a mio figlio?'”. “Non siamo abolizionisti – ci tiene a precisare Rusconi – semplicemente vogliamo una regolamentazione che non faccia scadere le chat in una sorta di continuo ping pong aggressivo”.

    Le chat di classe per il presidente Anp di Roma devono essere adoperate “in via solamente emergenziale quando succedono dei fatti molto gravi: la sera precedente alla partenza all’aeroporto una gita viene sospesa. Un ragazzo sta male, una classe ha avuto un incidente e così via”.

  • Non sempre il web è la via migliore per scegliere un amico a quattro zampe

    Il Patto Sociale ha, in diverse occasioni, lanciato un allarme per invitare tutti coloro che volevano prendere un cane a non rivolgersi al web soprattutto per gli acquisti. Infatti sui siti si sono consumate moltissime truffe, come testimoniano le diverse indagini, seguite da arresti, svolte da carabinieri e polizia. Nelle truffe erano e sono coinvolte persone apparentemente insospettabili oltre a noti truffatori. In questi giorni anche l’ANMVI lancia un nuovo allarme perché, proprio negli anni della pandemia, le truffe sono aumentate.

    Purtroppo in Europa il traffico di animali viaggia per la massima parte sul web. In Italia il traffico di animali da compagnia è un reato ma ora occorrerebbe una legge che vietasse l’acquisto on line di animali. Se è possibile vedere sui siti foto e caratteristiche dell’animale che si vuole comperare poi dovrebbe essere obbligatorio vedere l’animale dal vivo presso l’allevamento o il negozio e l’acquisto deve essere fatto solo dopo aver visionato anche tutti i documenti e, sarebbe meglio, anche la madre del cucciolo. Solo così si può essere certi della salute dell’animale che si acquista e dare un duro colpo al traffico di cuccioli che arrivano da paesi esteri e che sono trasportati in condizioni terribili che spesso portano a gravi malattie o alla morte in tenera età.

    Chi desidera avere un amico peloso deve, per la sua sicurezza e per quella del animale, rivolgersi a centri di vendita legali che devono fornire tutti i documenti necessari e validi ed essere responsabili per l’eventuale insorgere di patologie nei primi mesi di vita dell’animale. Ma per avere un cane o un gatto che diventi un compagno di vita ci si può rivolgere anche ai rifugi e canili ufficiali che ospitano migliaia di cani e gatti abbandonati spesso anche cuccioli. Salvare la vita ad un animale abbandonato, ad un cucciolo, che in canile crescerebbe senza quel valore affettivo che è tanto necessario per avere una vita equilibrata, è una bella scelta e chi la farà sarà ampiamente ricompensato perché gli animali salvati hanno ancora più affetto da dare.

    Cerchiamo di contribuire tutti a debellare il traffico illecito che procura tante sofferenze agli animali e un danno economico ed affettivo a chi li compra, perché spesso questi animali che arrivano illecitamente dall’estero hanno gravi patologie, mentre sono grandi i guadagni illegali dei malfattori e dei loro complici.

  • Per il capo della Polizia la narrazione sul web si sta facendo sempre più preoccupante

    “Attenti ai gruppi che cercano disordine”. E’ questo il monito che qualche giorno fa, dal Salone della Giustizia durante il dibattito “Pandemia in sicurezza”, ha lanciato il Capo della Polizia Lamberto Giannini. “Il cittadino che vuole manifestare il proprio dissenso – continua Giannini – lo può fare nelle regole perché altrimenti diventa portatore d’acqua di gruppi che cercano il disordine o la confusione. E poi purtroppo non è semplice andare a vagliare e discernere. Abbiamo assistito in questo periodo a una serie di minacce, come blocchiamo le stazioni, blocchiamo i caselli autostradali o le varie attività, e questo ha comportato problemi”. Giannini invita a tenere alta la guardia rispetto al web poiché è preoccupante la narrazione della realtà che ne scaturisce, soprattutto a causa dei sempre più frequenti lupi solitari. “Il web sta tenendo viva una fiamma. A fronte di una serie di sconfitte sul territorio e del restringimento degli spazi – sottolinea il capo della Polizia – c’è un rilancio continuo della propaganda, che invita nei Paesi dove c’è un problema di controllo del territorio a riproporre l’esperienza come il Califfato per noi c’è la necessità di attivarsi sui lupi solitari”. “La situazione e il periodo sono piuttosto delicati con una narrativa sul web preoccupante – dice Giannini – tante persone traducono la preoccupazione in sentimenti di rabbia e anti-sistema e si uniscono spesso estremismi opposti con il pericolo di soggetti che sono professionisti delle iniziative non legali cerchino di cavalcare la protesta. Tanta messaggistica è sul web, che non ti dà la percezione dei reali numeri di quello che può accadere. Stiamo passando da una fase in cui i promotori delle iniziative venivano in questura e davano un’idea dei numeri e degli umori, mentre oggi abbiamo qualcosa di veramente insidioso: gruppi anonimi nel web, su siti che rimbalzano in varie parti del mondo che magari lanciano delle iniziative spesso illegali nel web”.

    Chiaro il monito a non sottovalutare la ancora attiva minaccia che arriva dal terrorismo fondamentalista.

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