yuan

  • Cresce nel mondo l’alternativa all’uso del dollaro

    Riceviamo e pubblichiamo un articolo di Mario Lettieri e Paolo Raimondi apparso su ItaliaOggi il 15 aprile 2023

    Il fronte economico e monetario internazionale è molto più attivo di quanto si pensi o si ammetta. Poca attenzione è stata data alla dichiarazione di Vladimir Putin quando, durante i colloqui di Mosca con il presidente cinese Xi Jinping, ha affermato che «la Russia è favorevole all’uso dello yuan negli accordi con i Paesi dell’Asia, dell’Africa e dell’America Latina». Putin ha fatto notare che due terzi delle transazioni tra Russia e Cina sono già regolati in rubli e yuan. Adesso Mosca si impegna ad impiegare la moneta cinese anche nei pagamenti con altre nazioni. Chiaramente è uno stimolo verso molti altri Paesi a sostituire il dollaro nelle loro transazioni e nei loro commerci.

    L’effetto internazionale di tali scelte monetarie non può essere sottovalutato anche perché i timori suscitati dalle recenti turbolenze bancarie negli Usa stanno rendendo meno attraenti gli asset basati sul dollaro. Certo esso continua a mantenere la sua centralità rispetto alle valute dei Paesi cosiddetti avanzati e a quelle dei mercati emergenti. È ancora utilizzato per il 41% nel commercio globale. Il mondo, però, percepisce che è in corso un cambiamento tettonico.

    Persino Jim O’Neill, l’ex economista di Goldman Sachs, sostiene che «il dollaro gioca un ruolo troppo dominante nella finanza globale» e invita i mercati emergenti a ridurre i propri rischi al riguardo.

    Notevole disagio aveva creato la propensione dell’Arabia Saudita all’utilizzo della moneta cinese nei pagamenti delle sue esportazioni di petrolio verso la Cina. Vi sono anche nuovi accordi tra la Cina e il Brasile per commercializzare in yuan e in real soprattutto nel campo minerario e in quello alimentare e delle tecnologie. Durante un recente seminario organizzato dall’Agenzia brasiliana per la promozione del commercio e degli investimenti, ApexBrasil, si è concordato che il Banco Bocom Bbm, nato dall’incontro di una banca brasiliana con una cinese, aderisca al Cips (China Interbank Payment System), l’alternativa cinese allo Swift, che è il sistema internazionale più usato per trasferire denaro. Inoltre, la filiale brasiliana della Banca industriale e commerciale della Cina diventerebbe l’hub di compensazione in yuan. Si noti che il commercio tra i due Paesi ha già superato i 170 miliardi di dollari.

    I ministri delle finanze e i governatori delle banche centrali dell’Asean, l’associazione che coinvolge dieci nazioni del sud-est asiatico, riuniti a Bali, in Indonesia, hanno proposto l’utilizzo delle monete locali nei loro commerci e di ridurre la dipendenza dalle principali valute. Il presidente dell’Indonesia, Joko Widodo, ha sostenuto la necessità di proteggersi da «possibili ripercussioni geopolitiche». Da ultimo, il primo ministro della Malesia, Anwar Ibrahim, dopo la sua recente visita in Cina, porta avanti la creazione di un Fondo monetario asiatico per ridurre la dipendenza dal dollaro e per aumentare l’uso delle monete nazionali nel commercio.

    L’India è un caso a parte. Essa si reputa troppo grande per accodarsi alle iniziative di altri, in particolare della Cina. Nella dirigenza indiana è in corso da parecchio tempo una discussione su come trasformare la rupia in una moneta internazionale per i suoi commerci e per quelli di altri Paesi interessati.

    Più sorprendente è l’accordo in yuan tra l’impresa petrolifera cinese, la China National Offshore Oil Company, con la francese TotalEnergies su 65 mila tonnellate di gas naturale liquefatto importato dagli Emirati Arabi. L’operazione è gestita attraverso la Shanghai Petroleum and Natural Gas Exchange, la borsa creata anche per favorire i pagamenti in yuan. Sarà interessante conoscere gli accordi economici stipulati dal presidente francese Macron durante la sua recente visita in Cina.

    Si ricordi anche che, nonostante l’opposizione americana, il cancelliere tedesco Scholz pochi mesi fa ha guidato una folta delegazione di industriali a Pechino. Degli incontri e degli accordi si conosce veramente poco. Chissà come saranno saldate le fatture commerciali: in euro, in yuan, in dollari o un mix? La Germania è il primo partner commerciale europeo con la Cina, con un volume di scambi bilaterali pari a circa 300 miliardi di euro.

    Sono iniziative prettamente nazionali ma interessanti. Quale sia l’atteggiamento dell’Unione europea, non è chiaro. D’altra parte l’Ue non ha una sua precisa politica d’interesse europeo su molte, troppe, questioni strategiche importanti.

    *già sottosegretario all’Economia **economista

  • Il dollaro da solo non basta più

    Riceviamo e pubblichiamo un articolo di Mario Lettieri e Paolo Raimondi pubblicato su ‘ItaliaOggi’ il 13 settembre 2019.

    Alla recente riunione di banchieri a Jackson Hole il governatore della Bank of England, Mark Carney, ha proposto di sostituire il dollaro, come moneta di riferimento negli scambi commerciali e nelle riserve internazionali, con la Synthetic Hegemonic Currency (Shc), una nuova valuta, non più fisica ma digitale. Un’idea temeraria, come lui stesso ammette. Secondo noi, si tratta di una proposta che potrebbe rendere ancor più instabile il già precario sistema monetario internazionale.

    Il governatore centrale inglese prende come esempio la moneta digitate Libra, recentemente proposta da facebook.com, che dovrebbe diventare il nuovo strumento di pagamento per le transazioni commerciali fatte sempre più online. Libra dovrebbe essere la nuova moneta privata che sostituirebbe le valute nazionali finora utilizzate, a cominciare dal dollaro. Sarebbe utilizzata da acquirenti e altri clienti privati che operano con strumenti telematici.

    La Shc, invece, dovrebbe essere emessa dall’autorità pubblica, cioè dalle banche centrali attraverso una loro rete di monete digitali. L’intento britannico sembra essere soprattutto volto a opporsi alla tendenza egemonica dello yuan cinese che, come Carney afferma, dal 2018 avrebbe già superato la sterlina nei contratti petroliferi. Naturalmente la nuova moneta digitale ridurrebbe anche l’influenza dominante del dollaro stesso. Un mondo con due monete competitive di riserva, afferma il governatore, renderebbe instabile l’intero sistema monetario mondiale. La Grande depressione del ’29, aggravata dalle tensioni tra la sterlina e il dollaro, dovrebbe essere d’insegnamento.

    La nota di Carney rivela che la Bank of England è consapevole di ciò che avviene a livello globale. Del resto egli sottolinea che «la City è il principale centro finanziario internazionale». La conclusione della Bank of England è sicuramente azzardata. Le sue analisi di fondo, però, meritano una certa considerazione.

    Il governatore afferma che la globalizzazione ha accresciuto l’impatto e i riverberi degli eventi internazionali sulle varie economie. Di conseguenza, il sistema del tasso d’inflazione flessibile e dei tassi d’interesse fluttuanti, adottato dalle banche centrali, non regge più. Ciò ha determinato destabilizzanti asimmetrie nel sistema monetario internazionale. Infatti, mentre l’economia mondiale è passata attraverso processi di aggiustamenti, il ruolo del dollaro, invece, è rimasto uguale a quello che aveva quando il sistema di Bretton Woods nel 1971 collassò. È innegabile il fatto che le decisioni monetarie della Federal Reserve stiano producendo effetti negativi in molti paesi, anche in quelli che hanno pochi rapporti economici con gli Usa.

    Egli afferma giustamente che «un sistema unipolare non è adatto per un mondo multipolare». Ricerche ufficiali dimostrano come una rivalutazione del dollaro dell’1% comporterebbe una contrazione dello 0,6% nei volumi di commercio nel resto del mondo. Si ricordi che metà delle transazioni commerciali mondiali è effettuata ancora in dollari! Ma la quota delle importazioni Usa è solo un quinto del totale dell’import mondiale. Perciò, a nostro avviso, anche la riforma delle regole dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto), è sempre più necessaria.

    Il dollaro, in quanto moneta dominante del commercio mondiale, è anche la valuta principale di riserva e di riferimento per la maggior parte dei titoli emessi nei paesi emergenti. Per circa due terzi del totale. Ciò ha inevitabilmente indotto queste economie a creare delle misure di sicurezza, aumentando le loro riserve in dollari e contribuendo così a creare quello che da tempo è chiamato «carenza mondiale di risparmi». Si stima che le riserve monetarie dei paesi emergenti potrebbero raddoppiare nei prossimi dieci anni, con un aumento di ben 9.000 miliardi di dollari.

    Noi riteniamo che la nuova moneta digitale Shc non sia la soluzione giusta. Essa, di fatto, annullerebbe progressivamente il ruolo, anche di controllo, delle banche centrali e degli stessi governi. Una questione, affatto secondaria, riguarda la sicurezza e le garanzie monetarie: chi sarebbe il «prestatore di ultima istanza»?

    Finora, e lo abbiamo visto nella Grande Crisi anche se con ritardi e lacune, il garante finale è stato la banca centrale dei vari paesi coinvolti. Il dollaro, da solo, non è oggettivamente più in grado di sostenere l’intero sistema monetario, finanziario, economico e commerciale mondiale. Riteniamo perciò che sia giunto il tempo per la creazione di un sistema monetario multipolare basato su un paniere di monete importanti e per l’attivazione di una nuova «moneta di conto» simile ai Diritti Speciali di Prelievo.

    *già sottosegretario all’Economia **economista

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